Secondo la legislazione italiana i derivati naturali della canapa non possono essere impiegati per scopi farmacologici, Grassi ci spiega la scelta dell’Olanda e le prospettive italiane per l’applicazione di un modello simile.
La canapa è conosciuta da più di duemila anni, anche prima di Cristo, in Cina e in India per cure e per piacere. Ancora adesso viene usata per estratti e componenti farmacologici. È stata eliminata dalla farmacopea da diverso tempo. Erano ventotto in America, ma nel ‘61 è stata indicata come pianta da categoria prima, cioè ad alto potenziale di abuso e non è più stata impiegata per scopi medici. Questo è stato accompagnato da una propaganda assurda da parte del governo americano. Nei testi ufficiali, infatti, si descrivevano gli aspetti negativi della pianta, però certe affermazioni non erano fondate su dati certi. Forse è arrivato il momento di reintrodurla? Se lo chiedono gli olandesi.
La più usata in campo farmaceutico e oggetto di studio è il tetraidrocannabinolo. Sessantasei sono i tipi identificati e si questi se ne conosce la sintesi e si sa come vengono sviluppati dalla molecola di base. Nella pianta ce ne sono 400 e più di sostanze, ne vengono scoperte di nuove quotidianamente e settimanalmente. I più interessanti sono i cannabinoidi, esclusivi della cannabis, e i terpeni che agiscono analogamente a questi ultimi. Il primo ad essere usato per scopi terapeutici, autorizzato dalla Federal Drug Administration è il marinol, che è un prodotto sintetico, un escamotage che molte aziende farmaceutiche adottano per proteggere il loro prodotto. In pratica, copiano ciò che esiste in natura e lo riproducono in maniera sintetica. In questo modo, possono garantire i loro investimenti per almeno una ventina di anni. L’effetto collaterale, però, è che non viene supportata dall’azione di modulazione di altre sostanze, cosa che avviene nella canapa. Dalla canapa è estraibile la stessa sostanza. In Italia con l’attuale legislazione, la sostanza estraibile dalla pianta non può essere impiegata così come è per scopi terapeutici. Affinché ciò sia possibile, devono essere rispettati dei parametri: la standardizzazione e le norme sanitarie, ovvero non devono esserci contaminazioni. Contaminanti, pesticidi e metalli pesanti potrebbero avere un riscontro drammatico nel contatto con malati terminali. Quindi, è difficile far rientrare la canapa in questi parametri. Questo però è successo per l’oppio, perché sono stati effettuati accurati studi e ricerche.
La via olandese è scaturita sette, otto anni fa e consiste da una parte dai pazienti che richiedono la produzione di materia prima, che viene passata ad una azienda che la trasforma da sostanza naturale a prodotto farmaceutico. Questa sostanza vegetale deve passare diverse analisi e test di valutazioni per essere collocata nella categoria dei farmaci; se non c’è questo passaggio intermedio non può essere commercializzata. Perché questo procedimento funzionasse, c’è stato un intervento significativo da parte dei medici generici. Da noi questo non si è mai verificato. Farmalyse ha fatto un’analisi qualitativa sul prodotto. Il tutto supportato dall’Università di Leiden che ha impiegato nei propri laboratori strumenti ad alto livello tecnologico.
Lavoro per un ente pubblico, ma qui da noi mancano sviluppo e vendita. Ci sono aziende, ricercatori e università che potrebbero fare ricerche sui cannabinoidi anche in Italia. Noi abbiamo dalla nostra, proprio per le difficoltà che abbiamo avuto, il fatto che ci siamo concentrati sulla canapa agricola e non sulla canapa da droga. Ci siamo, quindi, concentrati sui cannabinoidi per uso non psicotropo: cannabidiolo, cannabigerolo, che si stanno dimostrando interessanti per le loro qualità terapeutiche superiori quasi al Thc. Il sativex è costituito per il 50 per cento da Thc e per il restante 50 dal Cbd, il che rende più efficace e fruibile questo farmaco.
Possiamo offrire un’alternativa realistica, però ritengo che bisogna mantenere una distinzione tra uso ricreativo e uso farmacologico. Seguendo la strada del prodotto medicinale, possiamo raccogliere più consensi. Sarà meno probabile incorrere in ostacoli di tipo politico. Bisogna fare molta informazione e promozione limpida.
È necessario, in quest’ottica, instaurare una maggiore collaborazione con le strutture olandesi. Il governo e i dipartimenti coinvolti dal Ministero della Salute potrebbero almeno cercare soluzioni per oltrepassare gli ostacoli. Concludo evidenziando che con un prodotto naturale si avrebbe un abbattimento dei costi. Allo stato attuale delle cose per ogni dose di marinol il costo è di 27 euro, per i fiori di canapa 0,5 centesimi, per il té solo 0,25 centesimi, infine per il sativex 7 euro a dose.
di Giampaolo Grassi (fonte: lucacoscioni.it)