In risposta alle dichiarazioni in merito alle proposte di legalizzazione dell’uso di sostanze stupefacenti, in aperta opposizione con le attuali politiche antidroga portate avanti da tutte le Nazioni Unite, lanciate da una “commissione globale sulle politiche sulla droga” (composta da ex-funzionari dell’ONU ed ex-presidenti di Stato, ma anche persone particolarmente note quali intellettuali, attori, cantanti), il Dipartimento Politiche Antidroga italiano risponde con i seguenti 16 punti, commentati dallo scrittore Giuseppe Nicosia, favorevole alla legalizzazione:
1 Non può essere minimamente condivisa la proposta della legalizzazione del commercio e dell’uso delle droghe (a partire dalla cannabis) quale principale soluzione alla diffusione della droga nel mondo.
Ciò che afferma il DPA italiano nel primo punto denota ancora una volta il bigottismo e la scarsa civilizzazione del nostro Paese (scusate se generalizzo, ma chi espone questo punto di vista è anche chi ci rappresenta nel mondo). Ostinarsi a combattere una battaglia, persa già 80 anni fa dal proibizionismo all’alcol, è pazzesco. Un docente di storia mi insegnò che studiare gli avvenimenti passati serviva a non ripetere gli errori in futuro. Forse, i membri del DPA, dovrebbero tornare a studiare un po’ di storia.
2 La posizione ufficiale del nostro governo relativamente alle politiche antidroga, ben espressa nel Piano di Azione Nazionale approvato dal Consiglio dei Ministri nell’ottobre 2010, riconosce prima di tutto che la tossicodipendenza è una malattia prevenibile, curabile e guaribile. Pertanto, tutte le politiche e le strategie sono impostate a riconoscere che tale condizione costituisce, oltre un problema sociale e di sicurezza, anche un serio problema di sanità pubblica che riguarda non solo la salute delle persone dipendenti dalle droghe, ma anche terze persone che possono venire danneggiate dai loro comportamenti a rischio mediante, per esempio, la guida di autoveicoli o lo svolgimento di lavori che comportino rischi per terzi. L’assumere sostanze stupefacenti non può essere considerato come facente parte dei diritti individuali della persona, proprio per le conseguenze che questo comportamento può avere anche sui diritti degli altri.
Questo punto, che ribatte “tossicodipendenza = malattia”, è discriminatorio e discriminante. Chi fuma cannabis non è né tossico né dipendente. Chi beve alcolici assume una sostanza stupefacente molto più tossica della cannabis, è molto più a rischio di dipendenza di chi fuma marijuana. Assumere alcol è pericoloso per se e per gli altri, ma è legale. Se siamo liberi di “bere”, perché non dovremmo esserlo di “fumare?”. Basta generalizzare, le droghe non sono tutte uguali. Per l’uomo l’assunzione di stupefacenti è antropologico, ed è suo diritto poter scegliere di farne uso, a condizione di essere abbastanza maturo e informato per non recare danni a se stesso e a terzi.
3 Contemporaneamente, azioni illegali quali la produzione, il commercio e lo spaccio delle sostanze stupefacenti, costituiscono un rilevante problema di sicurezza pubblica a cui è necessario dare risposte concrete e permanenti in termini di prevenzione e contrasto, senza criminalizzazione delle persone tossicodipendenti per il loro uso di sostanze (così come specificatamente già previsto dalla normativa italiana in materia).
– La produzione di marijuana costituisce un rilevante problema di sicurezza pubblica? E’ il contrario: non produrla ma acquistarla è reato! Quando si acquista per strada, si incrementa l’introito delle associazioni criminali che lucrano sullo spaccio di droghe. La legge italiana, permettendo l’uso personale ma non l’auto produzione, garantisce il monopolio delle droghe alla mafia, alla ‘ndrangheta, alla camorra, ecc..
Arrestando onesti cittadini non si fa altro che incrementare i problemi delle carceri italiane, sprecare soldi pubblici, rovinare la vita di chi vive onestamente.
4 I tossicodipendenti, in quanto tali, non vengono e non devono essere quindi trattati come criminali ma come malati bisognosi di cure a cui lo Stato italiano e le Regioni garantiscono gratuitamente un’ampia gamma di offerte terapeutiche sia in regime di libertà che all’interno delle carceri, nel caso queste persone vi si trovino per aver commesso dei reati (tra i quali nel nostro paese non è contemplato l’uso di sostanze). La legislazione italiana prevede espressamente che i tossicodipendenti in carcere possano e debbano essere curati (su adesione volontaria) in carcere e possano anche uscire dal carcere per curarsi presso strutture socio-sanitarie esterne in alternativa alla pena.
Perché, chi usa cannabis, dovrebbe “curarsi”?… e da cosa? …..e soprattutto CON COSA? Nei Ser.T, per “disintossicarti” dalla cannabis usano somministrare psicofarmaci. Consiglio vivamente di leggere gli effetti collaterali di certe “medicine”, e invito tutti i responsabili delle strutture socio-sanitaria a rivalutare velocemente i metodi di trattamento di chi fa uso di cannabis. Diverso discorso per le dipendenze da droghe pesanti, ma la “Fini-Giovanardi” non fa distinzione!
5 Il Dipartimento ritiene inoltre che tutte le cure debbano essere fortemente orientate al recupero integrale della persona e che debbano sempre essere associate alla prevenzione delle patologie correlate quali l’infezione da HIV, le epatiti, la TBC e le overdose. Queste azioni devono essere considerate atti dovuti dai sistemi sanitari per la tutela della salute, non solo delle persone tossicodipendenti ma dell’intera comunità. La politica di “harm reduction” (riduzione del danno), se applicata da sola e al di fuori di un contesto sanitario orientato alla cura, alla riabilitazione ed al reinserimento delle persone, risulta, nel lungo termine, fallimentare e di scarso effetto preventivo, oltre al fatto che è in grado di cronicizzare lo stato di tossicodipendenza.
– Si riferisce ancora evidentemente solo a droghe pesanti. Sottolineo che la politica della RIDUZIONE DEL DANNO, se applicata con la repressione e il proibizionismo, come avvenuto negli ultimi anni, non portano a nulla. In paesi come la Svizzera, in cui si è fornita una seria assistenza a tossicodipendenti da eroina, assecondandoli e non perseguitandoli, si è realmente avuta una riduzione di casi, e danni alla salute, in individui che usano questa sostanza.
Tra le righe del punto 5 si leggono le parole “recupero e reinserimento”. Ho visitato da poco una casa di recupero per tossicodipendenti. Mi è stato spiegato qual è la politica e i metodi adottati per “cambiare” individui che facevano uso di droghe, mi hanno spiegato quali sono le regole da rispettare all’interno di quell’istituto, qual’è il percorso che i ragazzi devono fare, a quali privazioni o punizioni sono soggetti quando non si attengono alle regole. Ho avuto modo di discutere anche delle terapie farmacologiche usate per attutire le crisi d’astinenza. Questo per quanto riguarda, teoricamente, il recupero. Non ho visto ne sentito di vere attività finalizzate al reinserimento.
6 Va chiaramente evidenziato che le vere misure che si sono dimostrate realmente efficaci nel medio e lungo termine per la riduzione del rischio infettivo (HIV, Epatiti, TBC, ecc.) e delle overdose, sono le terapie per la dipendenza e quelle antiretrovirali che devono quindi essere offerte quanto più precocemente possibile anche attivando un contatto attivo e precoce con le persone che fanno uso di droghe.
Cosa si intende con “terapie per la dipendenza”? Stiamo parlando ancora di persecuzione? In questo punto si parla di contatto attivo e precoce con le persone che fanno uso di droghe; nel nostro paese, se capita che ti fermano e ti trovano con mezzo grammo di hashish in tasca, ti portano in questura, vieni segnalato, ti impongono di fare delle analisi che, se dovessero risultare positive, possono farti finire a far sedute dallo psicologo o, ancora peggio, a seguire un percorso di disintossicazione al Ser.T. Per la riduzione del rischio infettivo, Paesi più civili del nostro, hanno applicato una politica più tollerante, mettendo a disposizione le “stanze del buco”, dove si possono trovare siringhe sterili, in ambienti puliti, con assistenza medica in caso di problemi. L’unico metodo realmente efficace nel medio e lungo termine, è l’informazione, quella corretta e non quella forviata per indurre il terrore (ridicola e inefficace).
7 L’uso di sostanze stupefacenti, soprattutto nei giovani e sulla base delle evidenze scientifiche sempre più numerose anche nel campo delle neuroscienze, deve essere considerato, da un punto di vista sanitario, un comportamento ad alto rischio per la salute e quindi assolutamente da evitare creando e mantenendo campagne di prevenzione, di sostegno alla famiglia e alla scuola, ma contemporaneamente anche deterrenti sociali, legali e movimenti culturali antidroga positivi, affinché si realizzi e si mantenga un alto grado di disapprovazione sociale di tale consumo. Questo importante fattore è effettivamente in grado di produrre una riduzione dei consumi, soprattutto di marijuana (spesso droga di iniziazione verso l’uso di altre droghe quali cocaina ed eroina), tra gli adolescenti, come è stato scientificamente dimostrato da studi trentennali.
– Si torna a battere sulla necessità di reprimere l’uso di sostanze stupefacenti negli adolescenti. Pienamente d’accordo, ma con campagne informative e non repressive. Aggiungo inoltre che gli adolescenti non dovrebbero far uso di tabacco e alcol e non evitare solo marijuana e altre droghe. Se un minorenne finisce al Ser.T. quando lo beccano a “fumare erba”, dovrebbe finirci anche quando esce brillo da un pub! …ma nessuno vuole la riduzione del consumo di alcol.
Anche se non è visto come sostanza stupefacente, il tabacco è causa di 3 milioni di morti l’anno, moltissimi adolescenti ne fanno uso, e nessuno di questi viene mai sottoposto a percorsi di disintossicazione o altro. Non mi risulta che ci sia un assistente sociale che è mai andato a casa di famiglie, i cui figli adolescenti fumano sigarette durante la ricreazione a scuola, per risolvere questo problema di dipendenza. Seguendo i principi del nostro DPA, e se poi il ragazzo che fuma sigarette non si accontenta più e vuol passare alla marijuana?….
8 La legalizzazione delle sostanze stupefacenti porterebbe ad un più facilitato accesso a tutte le droghe, soprattutto da parte delle giovani generazioni, accompagnato dallo sviluppo e dal mantenimento della percezione, da parte di costoro, che l’uso di tali sostanze è comunque socialmente tollerato, sia dalla popolazione, sia dallo Stato. Ciò provocherebbe, quindi, una riduzione del fattore “disapprovazione”, così importante ed in grado di condizionare l’uso di sostanze da parte dei giovani.
La legalizzazione farebbe cessare il mito della trasgressione legato all’uso di certe sostanze! Questo concetto di disapprovazione che tanto vantaggio porta è mera illusione creata da chi lucra col proibizionismo.
9 Non esiste alcuno studio né evidenza scientifica che dimostri che la legalizzazione sia in grado di ridurre efficacemente gli introiti delle organizzazioni criminali. Pertanto, allo stato attuale, questa resta solamente un’utopica soluzione. E’ noto infatti che tali organizzazioni criminali trafficano e commerciano in vari tipi di droghe e che, legalizzando uno solo di questi prodotti, quale ad esempio la marijuana, non si produrrebbero danni commerciali tali da mettere le organizzazioni in crisi, come dimostrato da studi statunitensi in merito.
Si evince da quanto dichiarato in questo punto che, chi pensa e fa certe discorsi, non è mai stato tra le strade in cui si spaccia! Consiglio vivamente ai rappresentanti del DPA di procurarsi legalmente (magari acquistandola in Olanda) della marijuana e poi di recarsi nei quartieri in cui è risaputo che si spaccia. Una volta giunti in loco, invito i Signori a regalare marijuana ai consumatori che altrimenti l’avrebbero comprata dagli spacciatori…. Penso che quelli del DPA non torneranno a casa con le loro gambe, e questo “solo” perché con quel piccolo gesto hanno realmente contrastato lo spaccio sul territorio. Coltivare pianta di canapa ha un costo pari a zero, la marijuana costa dalle 5 alle 15 euro a grammo; potendola coltivare, chi andrebbe più a rifornirsi per strada? Il business della marijuana, gestito dalla criminalità organizzata, non andrebbe in crisi, fallirebbe e basta! La marijuana è diventata l’oro verde per le associazioni criminali, e spesso è anche il capro espiatorio per sviare l’attenzione da traffici di sostanze ben più redditizie. Legalizzare la marijuana sarebbe un buon inizio, altro che utopica soluzione.
10 Oltre a questo, non è pensabile di rendere disponibili alla popolazione generale senza alcun controllo o regolamentazione, legalizzandole, tutte le sostanze, per le gravi conseguenze, scientificamente provate e ampiamente documentate, che esse provocano sulla salute fisica, mentale e sociale delle persone. Le sostanze stupefacenti sono sempre sostanze fortemente tossiche e questo non va mai dimenticato. L’aumento dell’uso di massa di queste sostanze porterebbe ad un forte incremento delle patologie fisiche e psichiatriche per i consumatori (come ampiamente dimostrato dalle evidenze scientifiche), ma anche ad un aumento dei danno a terzi.
Nessun controllo? Adesso, col proibizionismo, non vi è alcun controllo: tutti possono comprare droga anche i minorenni. Invece col proibizionismo non c’è controllo sulla merce venduta, che potrebbe essere tossica o addirittura letale. Legalizzare vuol dire permettere la vendita delle droghe in ambienti in cui il prodotto è certificato e dove, per essere comprato, bisogna mostrare un documento.
11 Un’ulteriore problematica, irrisolvibile, legata alla legalizzazione di queste sostanze, risulta dal fatto che per tutte le persone che legalmente potrebbero usarle si dovrebbe prevedere, comunque, l’impossibilità di accedere a mansioni lavorative che prevedano rischi per terzi (piloti di aereo, guidatori di autobus, treni, camion, medici, ecc.) e di avere quindi la patente di guida, il porto d’armi e tutta una lunga serie di abilitazioni professionali, salvo non si voglia riconoscere anche che chi usa sostanze stupefacenti possa svolgere tale mansione e avere tranquillamente la patente di guida o il porto d’armi.
Questo punto fa molto riflettere su una terribile realtà: anche se di nascosto, sono migliaia le persone che fanno uso di sostanze stupefacenti. Uomini delle forze dell’ordine sono stati arrestati per spaccio di droga, risultando anche consumatori. Era gente che, da “fatta”, aveva una pistola nel cinturone. Molti autisti usano cocaina per tenersi “svegli” durante le ore di lavoro. Quando “Le Iene” hanno provato a fare il drug-test ai nostri politici, nonostante il test fosse anonimo, sono stati denunciati (?!). Devo ripetermi: legalizzando le droghe bisognerebbe mostrare una carta di identità per acquistarle, così (se ritenuto necessario) si potrebbe realmente controllare chi ne fa uso.
12 Risulta chiaro pertanto che l’aumento delle persone che utilizzano sostanze a causa della legalizzazione potrebbe incrementare notevolmente i costi sanitari nel tempo con un bilancio assolutamente negativo per lo Stato sia in termini di perdite finanziarie che di risorse umane, oltre che di sofferenza per le famiglie di queste persone.
Il lievitare dei costi delle spese sanitarie è ipotetico. Il costo del proibizionismo è reale. Alcuni dati: 30% della popolazione carceraria italiana è dentro per reati legati alla droga (da coltivazione a detenzione ai fini di spaccio), siamo a circa 20.000 persone, moltiplicate per 113.04€ al giorno (costo della detenzione), aggiungete il costo dei processi che dovranno subire, il costo dei servizi sociali che seguono i condannati in pene alternative alla detenzione. Da non dimenticare il costo sociale del pregiudizio che rende difficile se non impossibile il reinserimento di un ex detenuto nella società. A questi vanno aggiunti i costi derivati dall’impiego di migliaia di agenti di polizia, carabinieri, guardia di finanza, mezzi di trasporto, tecnologie di controllo ecc. impiegati per contrastare il mercato delle droghe. E il costo delle campagne pubblicitarie? Ci preoccupiamo di costi ipotetici e sperperiamo molto di più con questa fallimentare politica proibizionista.
13 Pertanto, la politica nei confronti dell’uso di droghe deve necessariamente prevedere un bilanciamento tra le azioni di prevenzione, cura e riabilitazione e le azioni di repressione e contrasto con un sistema generale basato soprattutto sui diritti di salute delle persone, in particolare se minorenni e vulnerabili, ad essere difese dall’offerta di sostanze stupefacenti, ad essere curate precocemente se tossicodipendenti, ma con un orientamento alla piena riabilitazione ed al reinserimento sociale. E’ quindi un dovere dello Stato fare in modo, con permanenti azioni di contrasto, che le organizzazioni criminali vengano perseguite costantemente sia nelle fasi di produzione e traffico, sia nelle fasi dello spaccio.
Lo Stato deve contrastare le organizzazioni criminali e non perseguitare cittadini che pensano d’essere liberi. Il “caro” Giovanardi ha criticato quella pubblicità in cui due omosessuali si tengono per mano… se fosse per lui magari sbatterebbe in galera anche chi ha gusti sessuali diversi dai suoi. Mi piacerebbe incontrare personalmente il Ministro per fargli presente che, secondo quanto scritto sulla nostra costituzione, siamo liberi di amarci come vogliamo, di professare il nostro credo, di vivere come vogliamo la nostra vita se il nostro comportamento non è lesivo nei confronti di nessuno. Il dirotto alla salute è negato a tutti coloro che sono finiti dietro le sbarre per aver coltivato una pianta, perché si rischia di cader malati subendo certi trattamenti che qualcuno ha il coraggio di definire “necessari”.
14 Le politiche di repressione delle organizzazioni criminali, compresi i coltivatori, i corrieri e i piccoli spacciatori, in questo contesto bilanciato di azione, sono quindi un atto dovuto e non precludono ne’ impediscono affatto le misure di sanità pubblica per le tossicodipendenze e per l’infezione da HIV.
Continuando quanto detto nel commento del punto 13: le politiche di repressione di coltivatori e “piccoli spacciatori” danneggiano la salute di persone oneste, perseguitate per aver commesse azioni che non sono lesive nei confronti di nessuno. Chi coltiva marijuana per fumarla, da solo o con gli amici, reca un danno solo a se stesso, e minore comunque di chi tracanna litri di alcolici o fuma uno o più pacchetti di sigarette al giorno. Penso che le misure adottate dalla sanità pubblica per le tossicodipendenze e per l’infezione da HIV devono continuare, con le dovute modifiche per quanto riguarda il trattamento delle tossicodipendenze.
15 In questi ultimi 10 anni, grazie agli sforzi congiunti di tutte le Amministrazioni centrali, regionali, locali e le organizzazioni del volontariato, che hanno fondamentalmente condiviso questa impostazione di azione bilanciata, i consumi di sostanze stupefacenti nel nostro Paese sono diminuiti, le overdose sono fortemente calate e costantemente in decremento, le nuove infezioni da HIV nei tossicodipendenti si sono fortemente ridotte e la diffusione dell’infezione da HIV nei tossicodipendenti è sicuramente sotto controllo. Si sono inoltre ridotte le incidenze di nuove infezioni di epatite B ed epatite C e nessuna persona tossicodipendente è stata arrestata semplicemente per aver usato sostanze stupefacenti, ma sempre e solo in relazione alla violazione delle leggi che puniscono il traffico, lo spaccio, la coltivazione illegale, ecc. di sostanze stupefacenti, oltre che altre violazioni delle normali leggi.
Negli ultimi 10 anni ho visto scendere la soglia di età di chi inizia a far uso di tabacco, alcol, marijuana, droghe sintetiche e cocaina. Dieci anni fa dovevi andare in una grossa città per comprare un po’ d’erba, ora puoi acquistarla veramente ovunque, e non solo quella. Analizziamo tutti i dati, non solo quelli che più convengono al vostro fine!
16 L’utopica e semplicistica proposta della legalizzazione nelle droghe per risolvere il problema soprattutto legato ai grandi guadagni delle organizzazioni criminali, derivanti dalla vendita delle droghe, ha illuso e ammaliato da sempre molte persone, ma la realtà complessa e articolata di questo fenomeno, merita una riflessone tutt’altro che semplicistica e di grande responsabilità da parte delle Amministrazioni centrali e regionali competenti.
La riflessione della commissione globale sulle politiche sulla droga, annunciate il 2 giugno scorso, risultano tutt’altro che semplicistiche e sono sicuramente state concepite con grande responsabilità, da persone molto competenti e con grande esperienza. L’invito alla profonda riflessione avviene anche dalla parte antiproibizionista: – A cosa ci avete portato? – Quanta gente avete rovinato? – Quanti soldi avete garantito alla criminalità organizzata e quanti ne avete sprecati? – Quanto ha guadagnato la stessa classe politica dal proibizionismo?
Giuseppe Nicosia per Dolce Vita