Venerdì scorso, 9 novembre, a Piazza Montecitorio si è svolta un’iniziativa nonviolenta avente come protagonista Rita Bernardini, nell’ambito della sua disobbedienza civile (clicca qui) contro il proibizionismo sulle droghe – o, come nel caso della cannabis, sulle “non droghe” -. La deputata radicale ha non solo esibito il prodotto della propria coltivazione di alcune piante di marijuana, ma ne ha anche cedute dosi a dei malati, per ricordare l’importanza talvolta decisiva in talune patologie della marijuana a scopo terapeutico. Il mancato arresto in flagranza della Bernardini rappresenta il punto focale di una questione che viene posta a pochi giorni da un voto americano, fortemente connotato dal vento antiproibizionista.
La notizia di cronaca è ormai nota. Rita Bernardini – alla presenza di altri militanti fra cui Marco Pannella – ha dato vita a una cessione gratuita di alcune cime di piante che, dallo scorso mese di giugno, la deputata sta coltivando in disobbedienza civile contro la legge Fini-Giovanardi. Focus dell’iniziativa di ieri, promossa da Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito, Associazione Luca Coscioni, Radicali Italiani e associazione “Il Detenuto Ignoto”, è stato quello dell’uso terapeutico della cannabis. Nel corso della manifestazione, alcuni malati di Sla hanno ricevuto la cannabis dalla Bernardini, incappando nella sanzione amministrativa, di rito in questi casi. Per questi, come per molti altri malati, i farmaci cannabinoidi rappresentano strumenti di cura difficilmente rinunciabili ma la legislazione nazionale resta proibizionista sul tema e solo in poche regioni tali farmaci sono disponibili. La novità rispetto ad altre iniziative di questo tipo – si ricordino, ad esempio, le iniziative del Babbo Natale Giallo, Marco Pannella, tra gli anni ’80 e ’90 – risiede nel fatto che le forze dell’ordine sono intervenute a reprimere la disobbedienza civile con inaspettata ritrosia e dopo alcune ore. È stata infatti la stessa Rita Bernardini a invocare il proprio arresto, come nello stile delle disobbedienze civili radicali, di stampo più che mai socratico.
Se, da un lato, ciò può far pensare a un cambiamento in atto perfino nella mente dei poliziotti, dall’altro non si può non osservare che il mancato – per ora – arresto della Bernardini ha privato la lotta di uno strumento fondamentale, ovvero il dibattito pubblico sul tema. Per legge la Bernardini, a cui sono stati sequestrati 600 grammi di marijuana autoprodotta in terrazzo per di più nell’atto di cederne alcune dosi, andava arrestata immediatamente. La flagranza di reato, infatti, autorizza l’arresto anche nel caso in cui sia un deputato o un senatore a incappare nelle maglie delle forze dell’ordine. Ma perché Rita Bernardini non è stata arrestata? Intanto la misura non è scattata venerdì ma nulla esclude che possa scattare anche dopo alcuni giorni e in questo caso, data la flagranza, non esistono immunità o garanzie speciali in capo al parlamentare. Eppure, come fatto notare dalla stessa Rita Bernardini ai microfoni di Radio Radicale – dove ha anche ricordato le altre iniziative in corso sul divorzio breve e sulla legge elettorale oltre agli scioperi della fame in atto come quello di Maurizio Turco, ormai in corso da 50 giorni – l’arresto di una parlamentare per le proprie idee e non per aver intascato soldi pubblici, avrebbe indubbiamente creato un moto di indignazione e di dibattito pubblico, le cui conseguenze sarebbero state facilmente immaginabili. Sull’esempio del recente caso Sallusti nell’ambito della diffamazione a mezzo stampa, si sarebbe messa in discussione l’opportunità del proibizionismo su una sostanza che sta trovando ormai apertura e tolleranza quasi ovunque in giro per il mondo.
Non a caso, la manifestazione di venerdì scorso è stata intitolata “Italia chiama Usa”, proprio per evocare il recente successo di numerosi referendum che, in diversi stati americani, hanno portato alla legalizzazione sia a scopo ludico che a scopo medico della cannabis. Ora questi stati dovranno affrontare le incompatibilità con le leggi federali, ma oltre oceano il dibattito è ormai aperto, anche sulla base di quanto affermato un anno fa dalla Global Commission in merito alla necessità di porre fine alla guerra alle droghe. Il mancato arresto della Bernardini impedirà dunque che si discuta della legge depositata in Parlamento quasi due anni fa, proprio dalla Bernardini, che chiede la legalizzazione della coltivazione domestica di cannabis per uso personale. La deputata ha quindi ricordato come in questo paese sia più tollerata la pratica di rivolgersi al mercato nero, punita con una pur pesante sanzione amministrativa, rispetto alla coltivazione di poche piantine, ritenuta grave come l’appartenenza a un cartello di narcotrafficanti. Proprio in merito alla proposta di legge Bernardini, da queste pagine abbiamo più volte informato sulle numerose iniziative che, anche sul nostro territorio, hanno portato a conoscenza dei cittadini l’esistenza di questa proposta. In calce ad essa, come spesso capita in questi casi, l’associazione Per la Grande Napoli ha nel tempo raccolto migliaia di firme, che saranno preziose quando si renderà necessaria – come suggellato anche dall’ultima mozione congressuale – l’apertura di una grande stagione referendaria antiproibizionista.
Del resto, nonostante il governo tecnico, la svolta ancora non è stata impressa neppure alla luce di una legge sulle depenalizzazioni che, di fatto, non depenalizza assolutamente nulla andando a impattare su meno di due mila soggetti in tutt’Italia. Come nel 1993, ancora una volta, c’è bisogno dei Radicali e di tutti quei cittadini che, pur senza saperlo o capirlo, da radicali hanno sempre dato corpo e forza, a iniziative apparentemente destinate a fallire. Dopo il divorzio, l’aborto e i referendum traditi su droghe e finanziamento pubblico ai partiti, c’è bisogno di ‘un’altra pagina di storia da scrivere. Stavolta a lieto fine.
di Fabrizio Ferrante
Fonte: Epressonline.net