FONTE:varese news


Si vende ancora droga e il rave non è finito, e solo stasera (il 2 gennaio) il popolo techno andrà via . Le casse sono in funzione, e lo spettacolo è tutto da vedere. Una festa incredibile, in tutti in sensi. A cominciare dall'operazione con cui tutto è cominciato.

E’ stato un gioco da ragazzi assaltare la cartiera di Vedano. Il blitz funziona così, te lo raccontano i ragazzi dei collettivi Techno che scaricano le casse mentre smontano il rave party. Si cercano fabbriche dismesse, in giro per il nord Italia, si fa un appostamento che può durare anche una settimana, si guarda chi ha le chiavi, dove sono i punti di entrata, la sorveglianza, se ci passano i camion con le casse, se girano polizia e carabinieri.
Come a Vedano, si entra di notte, dopo un tam tam tra vari collettivi alleati, dentro e fuori dall’Italia: i primi portano dentro gli amplificatori, le casse, e sono le avanguardie del popolo rave. Nel frattempo, gli altri aspettano con furgoni e camion e auto, magari nel paese prima: un convoglio di “sballoni” che vuole la terra promessa. Ci si raduna, poi, con il buio, si entra tutti insieme, si fa massa, e a quel punto non ti smuove più nessuno. La mattina del 30 dicembre la cartiera di Vedano era già una festa rave, un \"teknival\" di capodanno a pieno ritmo. Sgomberarli? “E’ impossibile e loro, i poliziotti, lo sanno – spiega Paolo, milanese, nessun lavoro – non possono entrare, succederebbe un macello, è sempre così, basta stare un po’ attenti: non farti vedere quando entri e non essere l’ultimo ad andare via”.

La moda nasce negli anni ottanta in Inghilterra e negli Usa. E’ cultura underground, rivolta, espressione artistica. Ma anche droga a non finire. Oggi chi viene da qual mondo parla apertamente di deriva verso “supermarket della droga”. Ma Paolo no, e difende la sua scelta: «Noi lo facciamo per stare insieme, per la musica, per vivere un’esperienza, per ridare vita a forme di architettura urbana abbandonate e oppressive: poi c’è chi si sballa, ma quelli non hanno capito niente». La carriera di Vedano è ancora divisa in tante isole di musica techno, tanti sound sistem diversi, anche da collettivi o gruppi diversi.
Marisa viene da Pesaro e vende bibite, 3 euro una birra, 1 euro l’acqua, ha i capelli arancioni, e un furgone pieno di rifornimenti: “E’ stato bello no? Abbiamo ridato vita a un posto morto. Perché lo facciamo? Per stare insieme ma è anche una rivolta. Contro cosa? Contro tutto e contro tutti. Perché dovremmo omologarci agli altri, in un sistema che fa schifo e che ci obbligherebbe ad andare in discoteca dicendoci anche come dobbiamo vestire. Qui siamo liberi e non paghiamo niente a nessuno, noi vogliamo degli spazi per stare insieme e se non ce li danno ce li prendiamo. Lavoro? No, io non lavoro, però ho lavorato in passato”.

In questa mattina di prima neve, giorno lavorativo, lavori in corso allo svincolo, e sotto, nella cartiera, sembra ancora che stiamo girando un film come “blade runner”. I fuochi accesi, i generatori, bottiglie per aspirare la chetamina, che è la droga più usata: “Se vuoi ti dò questo pezzo più piccolo – dice un ragazzo che la vende ma che sembra l’unico lucido – costa venti euro e sei a posto per oggi”. Ha un sacchetto trasparente di plastica, e le dosi piegate in pezzi di cartoncino piegato in otto parti. La chetamina é bianco scura, ma ce n’era tante diverse varietà. “Guarda io ne ho presa ieri sera una indiana da sballo – spiega Francesco, punkabbestia – certo che fa male, al midollo osseo, ma come tutte le cose, non bisogna esagerare, ma qui c’è tutta la droga che vuoi”.
Francesco si aggira con un gruppetto di amici. Sono qui dal trentuno, e rivendicano la cultura rave al popolo dei punkabbestia. “Nasce tutto da noi punkabbestia è il nostro mondo questo”. Il resto non si può raccontare, bisognerebbe vederlo. Gli ultimi rimasti sniffano polverine banche, tutti cercano sostanze, intorno ai fuochi si rollano cartine per droghe più leggere, altri strisciano nei detriti con la faccia nera di polvere. Molti vomitano. La festa sta finendo.



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