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Discussione: Nuove conseguenze della sentenza della Corte Costituzionale

  1. #1
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    ULTERIORI EFFETTI DELLA SENTENZA N. 32
    DELLA CORTE COSTITUZIONALE

    A) La struttura dell'art. 73 dpr 309/90 e la rilevanza delle sostanze stupefacenti tabellate nella formazione della parte precettiva.
    B) I decreti di adeguamento delle tabelle ministeriali.
    C) Conseguenze pratiche e problemi quotidiani.

    Ho riletto con piacere e sempre viva attenzione l'articolo del prof. FRANCESCO VIGANO' “Droga: il governo corre ai ripari con un d.l. sulle tabelle, ma la frittata è fatta (e nuovi guai si profilano all'orizzonte...)” .
    Volevo verificare se avevo effettivamente compreso ed interpretato correttamente il contenuto di un passaggio di tale commento, che mi sembrava di particolare importanza e che, a mio avviso, potrebbe risultare foriero di decisive conseguenze, anche se, allo stato, esso mi pare non adeguatamente sottolineato.
    Il passaggio, testualmente, recitava “Per effetto della sentenza della Corte, dunque, dovranno considerarsi come non validamente abrogate dalla "Fini-Giovanardi" le tabelle ministeriali precedenti al 2006, alle quali dovrà pertanto continuare a farsi riferimento per l'intero periodo dal 2006 al 21 marzo 2014, data di entrata in vigore del presente decreto legge. Né potranno considerarsi validi i successivi decreti ministeriali di aggiornamento delle tabelle emanati sulla base dell'art. 13 t.u., nella formulazione modificata dalla "Fini-Giovanardi": il travolgimento della base normativa primaria non può, infatti, che comportare il travolgimento dei regolamenti che su quella base si fondavano.
    L'avvenuto reinserimento nelle tabelle, per effetto del presente decreto legge, delle nuove sostanze già (invalidamente) introdotte nelle tabelle della "Fini-Giovanardi" ad opera della stessa legge 49/2006 o dai decreti ministeriali successivi varrà allora ad assicurare per il futuro la rilevanza penale delle condotte aventi ad oggetto tali sostanze; ma certo non potrà produrre effetto retroattivo rispetto alle condotte compiute sino al 21 marzo 2014, a ciò ostando il principio costituzionale di irretroattività della legge penale di cui all'art. 25 co. 2 Cost. “.
    Le considerazioni svolte dal prof. VIGANO' dimostrano inequivocabilmente una realtà non altrimenti ancora colta in dottrina e giurisprudenza.
    Vale a dire che il decisum della Corte Costituzionale, oltre alle conseguenze più note, ed eclatanti in tema di trattamento sanzionatorio, viene, altresì, ad incidere profondamente
    a) sia sulla parte strettamente precettiva dell'art. 73, [che ha un suo caposaldo nell'individuazione e nell’inserimento tabellare delle sostanze vietate (attraverso i numerosi decreti ministeriali succedutisi nel tempo), in relazione alle quali le condotte materiali tassativamente previste nella norma divengono penalmente perseguibili],
    b) sia de relata sui criteri quantitativi utilizzabili per definire i limiti massimi di sostanze stupefacenti, riferibili all'uso personale introdotti dal DM 11 aprile 2006 (G.U. 24 aprile 2006 n. 95).

    A)
    LA STRUTTURA DELL'ART. 73 DPR 309/90
    E LA RILEVANZA DELLE SOSTANZE STUPEFACENTI TABELLATE
    NELLA FORMAZIONE DELLA PARTE PRECETTIVA.

    Per meglio comprendere la portata degli effetti più sopiti della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 4 vicies ter DL 272/05 è necessaria una rapida disamina della struttura della norma incriminatrice per eccellenza del dpr 309/90.
    L'art. 73 comma 1 – vera e propria spina dorsale del sistema sanzionatorio del TU sugli stupefacenti – ha sempre presentato un carattere di “norma dinamica”, la cui parte di natura precettiva è concepita in modo da permettere una sua composizione e riscritturazione sostanzialmente progressiva, attraverso il costante aggiornamento e la modifica delle tabelle che classificano le sostanze (stupefacenti ) vietate.
    Il precetto ivi contenuto [“Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I e III prevista dall'articolo 14...”] si compone di tre segmenti , tra loro direttamente ed intimamente connessi, si che l'assenza di uno di essi toglie effetto di rilevanza penale agli altri.
    Il primo segmento prevede una condizione di puro diritto, tipicamente soggettiva e negativa.
    Esso, infatti, concerne la assenza di titolarità - in capo all'agente che compisse una delle condotte successivamente indicate - di una specifica, quanto necessaria, autorizzazione pubblica di natura obbligatoria (quella dell'art. 17 ).
    Una volta accertato, quindi, che il singolo agisce in assenza dell’autorizzazione (venutasi, pertanto, così a verificare la indispensabile condizione negativa), si viene a creare una situazione che costituisce l’essenziale presupposto pregiudiziale, de jure, per pervenire alla qualificazione, successiva, della illiceità di quell'azione che si perfezioni attraverso la commissione di una delle condotte successivamente descritte dalla norma in funzione dell’oggetto finale.
    Il secondo segmento, poi, individua tutte quelle condotte che il legislatore ha, con piglio casistico, descritto (e che sono, altrimenti e di per sé, lecite).
    Esse – solamente in assenza del rilascio della ricordata obbligatoria autorizzazione pubblica (dunque in presenza della menzionata condizione pregiudiziale negativa in cui viene a versare l'agente) – configurano l'elemento materiale, in senso stretto, del reato.
    Questi comportamenti appaiono l’anello intermedio perché devono essere conseguenti al presupposto di diritto e devono essere, indi, riferite alle sostanze stupefacenti tabellate.
    Se inserite nella sequenza descritta assumono, quindi, per quanto di loro competenza, un carattere di illiceità penale.
    La terza parte, puntualizza, a propria volta, quale sia il bene oggetto delle condotte.
    Essa chiude, quindi, il cerchio della parte precettiva dell'art. 73, poichè perfeziona formalmente la struttura complessiva dell'illecito (già in fase di esecuzione attraverso la trasgressione dell'art. 17 e la commissione di una delle condotte indicate), in forza del finale e del risolutivo riferimento alle “..sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I e III prevista dall'articolo 14...”.
    Appare di tutta evidenza, quindi, che il precetto penale contenuto nell'art. 73 (al quale si riconnette la sanzione prevista sia dal comma 1, che dal comma 4, che in via autonoma dal comma 5) si compone obbligatoriamente dei tre presupposti menzionati, la violazione dei quali determina il reato.
    Solo la coesistenza effettiva (e contemporanea) dei tre segmenti, si che si addivenga alla costituzione del necessario rapporto di correlazione fra il bene materiale (lo stupefacente tabellato) ed il comportamento dell'agente (una delle specifiche condotte contemplate), in assenza del titolo giuridico autorizzativo, determina l’avvenuta violazione del precetto e la legittimità della relativa pretesa punitiva.

    B)
    I DECRETI DI ADEGUAMENTO DELLE TABELLE MINISTERIALI .

    Dalle considerazioni che precedono emerge, quindi, il carattere di dinamicità di una norma, la cui struttura si può definire costantemente in divenire, perchè essa, a fronte di due profili insuscettibili di modifiche (l'assenza di autorizzazione e le condotte tassativamente previste) si palesa come assoggettata ai continui aggiustamenti, per quanto riguarda il terzo e decisivo elemento componente, quello relativo al concetto di stupefacente tabellato.
    Dunque, il segmento relativo al bene materiale (lo stupefacente) che finisce per qualificare decisivamente l'illecito penale, previsto e sanzionato dall'art. 73 dpr 309/90, dipende in toto, ed in maniera decisiva dalle costanti e progressive evidenze scientifiche, che individuano nuovi prodotti o sconosciute sostanze, le quali risultino in grado di produrre effetti di natura psicoattiva sulla persona che le assuma.
    I risultati della ricerca scientifica (oltre che le indagini di polizia) negli anni hanno individuato un sempre maggiore numero di sostanze idonee a produrre effetti droganti, la maggior parte delle quali di derivazione chimica e di sintesi.
    Esse sono state inserite nella tabelle di cui agli artt. 13 e 14 dpr 309/90, sulla base di una serie di DM del Ministero della Sanità, i quali risultano direttamente correlati con le tabelle introdotte dall'art. 4 vicies ter del DL 272/2005 conv. nella L. 49/2006.
    L'art. 73 è, progressivamente, giunto a governare una serie di situazioni, che, (seppur immutabili nei primi due presupposti di diritto e di fatto), sono, invece, gradualmente mutate in funzione del massiccio, quanto continuo inserimento, nelle tabelle allegate al T.U.Stup., di nuove droghe.
    Il nesso di derivazione dei provvedimenti di integrazione progressiva tabellare dalle norme del DL 272/2005 dichiarate incostituzionali dalla sentenza n. 32, costituisce, pertanto, il fulcro della questione efficacemente sollevata dal prof. VIGANO'.
    L'assunto dell’Autore è tranciante ed inequivoco.
    1) La sentenza della Corte Costituzionale ha investito anche la modifica introdotta dalla legge FINI-GIOVANARDI riguardo le tabelle ministeriali precedenti al 2006.
    Si è determinata, così, la riviviscenza delle tabelle originarie, le quali, non essendo state validamente sostituite da quelle allegate al DL 272/2005, costituiscono, quindi, l'unico riferimento relativo al periodo che va dal 2006 al 21 marzo 2014 .
    2) Tutti i decreti ministeriali che hanno provveduto all'aggiornamento delle tabelle – nel lasso 2006/2014 - emanati in forza dell'art. 13 t.u. nella formulazione introdotta dalla L. 49/2006 (ergo successivi al DL 272/2005) perdono qualsiasi effetto, perchè “il travolgimento della base normativa primaria non può, infatti, che comportare il travolgimento dei regolamenti che su quella base si fondavano”.
    3) Ovviamente, qualsiasi intervento che intenda reinserire le nuove sostanze precedentemente facenti parte delle tabelle previste dal DL 272/2005 oppure dai decreti ministeriali successivi - e tale va dichiataro il DL 20 marzo 2014 n. 36 - vale a sancire la rilevanza penale delle condotte aventi ad oggetto tali sostanze solo in

  2. #2
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    C) CONSEGUENZE PRATICHE E PROBLEMI QUOTIDIANI

    Ciò premesso, vi è, allora, da evidenziare due fondamentali conseguenze di tale pacifico assunto.

    A) La prima riguarda tutti i processi che sono stati celebrati in relazione a condotte violatrici l'art. 73, le quali abbiano avuto ad oggetto sostanze inserite tabellarmente solo successivamente al 27 febbraio 2006, in ossequio ai decreti collegati e successivi al DL 272/2005.
    Mi riferisco a tutti i cannabinoidi sintetici – in special modo la famiglia dei JWH o degli AM (inseriti a far data dal 2009 a tutto il 2011 ed oltre, dopo i cd. ALLARMI del Ministero della Sanità) - sovente rinvenuti quali elementi costitutivi di profumatori di ambiente, la cui commercializzazione od immissione sul mercato ha formato oggetto di contestazione specifica di reato (nelle forme del reato di cui all'art. 73), oltre che di condanne, a carico di taluni commercianti (titolari di grow-shop) .
    Alla luce delle conclusioni sopra esposte ritengo, quindi, che si possa sostenere che la abrogazione dei DM, della tabelle e dei regolamenti tecnici allegati al DL 272/2005, quale effetto consequenziale di trascinamento determinato dalla declaratoria di illegittimità costituzionale della norma primaria (l'art. 4 vicies ter DL 272/2005) configuri ed integri una situazione di vera e propria abolitio criminis.
    La messa sul mercato, la cessione, la produzione e tutte quelle condotte concernenti tutte le sostanze che sono state inserite, medio tempore (periodo 2006-2014), in tabelle, successivamente invalidate, (e per tale ragione erano all’epoca classificate come stupefacenti ), - considerate alla data del 21 marzo 2014 - devono essere ritenute come non (più) costituenti reato, perché la declaratoria di incostituzionalità dell’art. 4 vicies ter esclude la validità delle tabelle a tale norma collegate ed estromette le sostanze oggetto della condotta, (asserita come illecita) dalla nozione legale di stupefacente.
    Derivano, pertanto, da queste considerazioni alcune significative conseguenze processuali.
    • Per tutti i processi che siano già stati definiti con sentenza passata in giudicato sarà possibile avanzare incidente di esecuzione ai sensi dell'art. 673 c.p.p., per ottenere l’annullamento della condanna inflitta .
    Si deve osservare che, nel caso in oggetto, il venir meno di un elemento essenziale del precetto – la sussunzione di una specifica sostanza nel concetto legale di stupefacente – non pare creare dubbi di sorta, sulla sussistenza di una effettiva situazione di abolitio criminis [ben diversamente da quanto attiene al problema della reviviscenza del regime di pena differente fra droghe pesanti e droghe leggere, che – a parere di taluno – non creerebbe tale condizione (tanto che le SSUU dovranno pronunziarsi sul punto il prossimo 29 maggio, sedando un conflitto insorto)].
    • Tutti i processi che, invece, si trovino tuttora pendenti in ambito cognitivo (anche in sede di giudizio di Appello o di Cassazione, fasi susseguenti ovviamente ad impugnazione dell’imputato per intervenuta condanna) dovranno risolversi con l'assoluzione dell'imputato perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
    Ritengo che i giudizi di impugnazione non necessitino del deposito, ad integrazione del gravame principale, di motivi ad hoc – anche se la prudenza non pare troppa e, quindi, un'esplicita deduzione non guasterebbe -.

    B) La seconda rilevante conseguenza attiene alla specifica perdita di qualsiasi efficacia da parte del DM 11 aprile 2006 che ha introdotto il criterio della QUANTITA' MASSIMA DETENIBILE.
    La Q.M.D. è stato concepito come canone finalizzato a stabilire i limiti quantitativi massimi delle sostanze stupefacenti e psicotrope, in relazione ad un uso esclusivamente personale.
    Tale limite si ricavava attraverso la moltiplicazione della dose media giornaliera (indicata negli allegati in milligrammi) dato di peso variabile relativamente ad ogni specifica sostanza per un coefficiente stabilito da un'apposita commissione ministeriale.
    Ad esempio per quanto attiene alla cocaina la Q.M.D. era pari a mg. 750, risultato ottenibile dalla moltiplicazione della d.m.g. di mg. 150 per il coefficiente 5.
    La perdita di efficacia di detto criterio limite, che deriva dal già ricordato effetto di trascinamento determinato dalla caducazione della norma primaria verso le norme cd. accessorie, costituisce un fatto di significativa e negativa rilevanza.
    Basti, infatti, pensare che la Q.M.D. – già proficuamente utilizzato in situazioni di detenzione, onde inferire il giudizio di destinazione all'uso personale - era stata particolarmente valorizzata con la sentenza delle SS.UU., 24 maggio-20 settembre 2012 n° 36258, pronunzia che ha definito i criteri per affermare la sussistenza dell'aggravante della ingente quantità, di cui all'art. 80 comma 2° dpr 309/90.
    Nel caso di specie fu sancito il principio di diritto per cui : “"L'aggravante della ingente quantità, di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 80, comma 2, non è di norma ravvisante quando la quantità sta inferiore a 2.000 volte il valore massimo in milligrammi (valore-soglia), determinato per ogni sostanza nella tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, ferma restando la discrezionale valutazione del giudice di merito, quando tale quantità sia superata".
    Poiché appare del tutto indiscutibile il collegamento fra il principio assunto ed il valore massimo in milligrammi (valore-soglia, che altro non è che la Q.M.D.), determinato per ogni sostanza la tabella allegata al D.M. 11 aprile 2006, appare evidente che tale soluzione allo stato ha perduto la propria valenza assoluta, perché è venuto meno un elemento essenziale del computo attivato dalla Suprema Corte.
    Si crea, quindi, così, un notevole e drammatico vuoto paradigmatico ai fini interpretativi, in relazione all'applicabilità dell'aggravante dell'ingente quantità.
    Vi sarà, pertanto, indubbio imbarazzo in relazione a tematiche che sembravano avere raggiunto, seppur faticosamente un loro equilibrio.
    Si ritornerà al numero dei tossicodipendenti destinatari potenzialmente del quantitativo in questione, oppure si tornerà al concetto di saturazione del mercato?
    Resta il fatto che, ove, comunque, si perpetuasse l’utilizzo del paradigma, divenuto improvvisamente desueto, (scelta non irragionevole, in assenza di altra migliore), sarebbe, peraltro, assai difficile giustificare, sul piano della coerenza logico-giuridico, il ricorso al frutto tecnico di una normativa ritenuta incostituzionale – seppure sul piano formale/processuale e senza una valutazione di carattere contenutistico -
    Parimenti, non può tacersi che la sopravvenuta caducazione del canone in questione (la Q.M.D.) priva la giurisprudenza di uno strumento che si è rivelato utile per sedare e risolvere razionalmente contrasti applicativi sia nell'ottica della definizione della detenzione ad uso personale, sia in quella della definizione (dopo innumerevoli contrasti) dei limiti aritmetici della sussistenza dell'aggravante dell'ingente quantità.
    Forse neppure la stessa Consulta aveva previsto effetti così devastanti, quali conseguenze di una decisioni di pura forma.

    NOTE
    1 Pubblicato su www.dirittopenalecontemporaneo.it, il 24 Marzo scorso e concernente il Decreto legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale).
    2 Intesa quale classica indicazione del divieto di compiere un determinato fatto, la cui inosservanza comporta la sanzione.
    3 Viene preso esemplificativamente a modello il comma 1, atteso che il comma 4°, che fa riferimento alle sostanze comprese nelle tabelle II e IV, presenta una struttura, che, in relazione alla condotte penalmente rilevanti, opera un rinvio per relationem proprio al comma 1
    4 Art. 17. Obbligo di autorizzazione
    1. Chiunque intenda coltivare, produrre, fabbricare impiegare, importare, esportare, ricevere per transito, commerciare a qualsiasi titolo o comunque detenere per il commercio sostanze stupefacenti o psicotrope, comprese nelle tabelle di cui all'articolo 14 deve munirsi dell'autorizzazione del Ministero della sanita'.
    2. Dall'obbligo dell'autorizzazione sono escluse le farmacie, per quanto riguarda l'acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope e per l'acquisto, la vendita o la cessione di dette sostanze in dose e forma di medicamenti.
    3. L'importazione, il transito e l'esportazione di sostanze stupefacenti o psicotrope da parte di chi e' munito dell'autorizzazione di cui al comma 1, sono subordinati alla concessione di un permesso rilasciato dal Ministro della sanita' in conformita' delle convenzioni internazionali e delle disposizioni di cui al titolo V del presente testo unico.
    4. Nella domanda di autorizzazione, gli enti e le imprese interessati devono indicare la carica o l'ufficio i cui titolari sono responsabili della tenuta dei registri e dell'osservanza degli altri obblighi imposti dalle disposizioni dei titoli VI e VII del presente testo unico.
    5. Il Ministro della sanita', nel concedere l'autorizzazione, determina, caso per caso, le condizioni e le garanzie alle quali essa e' subordinata, sentito il Comando generale della Guardia di Finanza nonche', quando trattasi di coltivazione, il Ministero dell'agricoltura e delle foreste.
    6. Il decreto di autorizzazione ha durata biennale ed e' soggetto alla tassa di concessione governativa.
    6 Vale a dire capace di alterare l'attività mentale, oppure in grado di indurre, in diverso grado, fenomeni di dipendenza, tolleranza e assuefazione.
    7 Data di entrata in vigore del decreto legge Lorenzin 20 marzo 2014, n. 36
    8 acido ajulemico, dronabinol, nabilone, dexanabinol, levonantradolo
    HU-210 agonista specifico per i recettori CB2, HU-308
    Win 55212-2
    SR 141716A antagonista specifico per i recettori CB1, SR-144526, SR-144528 antagonista specifico per i recettori CB2
    CP 47,497 agonista totale sui recettori CB1, CP 55,940
    JWH 015, JWH 018, JWH 073, JWH 081, JWH 122, JWH 200, JWH 250
    AM 694
    9 Dovuti a segnalazioni di intossicazioni da parte di acquirenti, che hanno lamentato manifestazioni tipiche dell’assunzione di sostanze stupefacenti
    10 Non si dimentichi che nel nostro ordinamento vige la nozione legale di stupefacente, condizione che deriva, in capo ad una specifica sostanza, dal suo effettivo inserimento tabellare.

  3. #3
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    Scusi il disturbo, ma se ho capito bene non ci sono NUOVE particolari conseguenze per coltivatori domestici o forse sbaglio?

    invece per quanto riguarda il QMD non verrà più preso in considerazione?

    Praticamente se a una persona gli sequestrano 100 gr o più di sostanza secca magari per la maggior parte foglie e rami non verrà considerata la % di principio attivo!?

    GRAZIE

  4. #4
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    Scusi il disturbo, ma se ho capito bene non ci sono NUOVE particolari conseguenze per coltivatori domestici o forse sbaglio?

    invece per quanto riguarda il QMD non verrà più preso in considerazione?

    Praticamente se a una persona gli sequestrano 100 gr o più di sostanza secca magari per la maggior parte foglie e rami non verrà considerata la % di principio attivo!?

    GRAZIE
    Per i coltivatori non muta nulla.
    Il problema dell'uso del criterio dato dalla Qmd rimane, allo stato,irrisolto, purtroppo, soprattutto tenendo conto del fatto che si trattava di un criterio estremamente valido ed utile, perché operava una reale distinzione fra condotta di spaccio e condotta di detenzione ad uso personale.
    La percentuale di principio attivo continuerà comunque ad essere un parametro assai importante; il timore e' che, con la presunta in utilizzabilità della Q.m.d., si usi solo il parametro della dose media giornaliera, estremamente più limitato e sfavorevole al detentore .
    Sicché un simile modo di interpretare i quantitativi potrebbe creare gravissimi problemi per il riconoscimento dell'uso personale.
    Spero vivamente che, nonostante tutto, si continui a ricorrere alla Q.m.d. .
    Come spero si usino ancora i criteri che erano indicati nel comma 1bis abrogato.
    Probabilmentel'abrogazione della FiniGiovanardi avrebbe dovuto essere maggiormente selettiva.
    Ultima modifica di Avv. Zaina; 07-05-14 alle 14:51

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