La primavera porta nuovi approdi giurisprudenziali significativi.
Da un lato, infatti (e purtroppo) la Corte di Appello di Bologna Sezione 3, alla udienza del 17 marzo, ha sorprendentemente ed inopinatamente confermato una pronunzia del Gup di Piacenza, che condannava ad un anno di reclusione, un coltivatore (di 4 piantine) il quale deteneva, anche 24 grammi di marjiuana, nonostante - nella fattispecie - fosse ravvisabile la presenza sia nella piante, che nello stupefacente detenuto, di un thc di infimo livello, fosse percepibile l'assenza di elementi che potessero indurre a sospettare possibilità di spaccio, nonchè la presenza di parametri, come la capacità economica e la modicità del quantitativo - coltivato e detenuto - che, per giurisprudenza pacifica, sono sintomatici della destinazione ad uso personale.
Dall'altro, invece, devo segnalare, con soddisfazione la sentenza n. 1283/2015 della 2° Sezione Penale della Corte di Appello di Milano che ha affermato un principio particolarmente significativo, evolvendo una posizione giurisprudenziale (anche e soprattutto di legittimità) che pareva consolidata.
In concreto, è stato sancito che, ove il giudizio di rinvio - previsto a seguito di annullamento di precedente sentenza di condanna di merito, pronunziato dalla Corte di Cassazione per la sola rideterminazione della pena ritenuta illegale - non intervenga entro il termine prescrizionale riguardante la nuova pena edittale (che a seguito della sent. n. 32/2014 è, per il comma 4, che concerne la cannabis, pari nel massimo a 7 anni e 6 mesi), deve essere dichiarata sentenza di non doversi procedere per prescrizione.
Nella fattispecie in questione, il mio assistito, G.C. era stato condannato a 4 anni di reclusione dal Gup di Como (sentenza confermata dalla Corte di Appello di Milano) per un fatto commesso il 10 marzo 2007.
La Corte di Cassazione aveva annullato la sentenza di condanna a seguito della pronunzia della Corte Costituzionale, rinviando ad altra sezione della corte di Appello di Milano per un nuovo giudizio in un punto di pena.
Poichè, ora la sanzione prevista dal comma 4° dell'art. 73 dpr 309/90 va da 2 a 6 anni di reclusione, il termine massima per la prescrizione è, come detto di 7 anni e 6 mesi, cioè nel caso di specie è maturato il 10 settembre 2014.
La sentenza in parola disattende, quindi quell'orientamento fatto proprio dalla Corte di Cassazione, (sez. II Penale, sentenza n. 44949/13) per il quale la prescrizione del reato non può maturare durante il giudizio di rinvio, quando sono stati annullati i soli punti della sentenza che concernono la determinazione della pena o altre vicende non essenziali al reato.
In realtà, pare di potere affermare che - nel caso di specie - l'ordine di procedere alla rideterminazione della pena presenti una peculiarità essenziale che lo diversifica e si ponga come elemento di specifica deroga rispetto ad altre situazione che potrebbero apparire analoghe (ma che forse del tutto non lo sono).
Intendo riferirmi alla circostanza che la pena utilizzata nel corso del giudizio di cognizione è stata riconosciuta illegale con effetto retroattivo dalla notissima sentenza della Corte Costituzionale dell'11-25 febbraio 2014 n. 32 relativa alla L. 49/2006.
Vale a dire che i parametri sanzionatori, usati all'epoca "tam quam non sunt" e, quindi, non si può certo ritenere che il giudizio che si deve andare a ricelebrare, in sede di rinvio, concerna aspetti marginali del più complessivo processo.
Il mutamento della previsione sanzionatoria dell'art. 73 comma 1 (che all'epoca dei fatti era unico per qualsiasi tipologia di droga - 6/20 anni), con il ritorno, invece, ad un trattamento punitivo diversificato tra droghe pesanti e droghe leggere (il ripristino del comma 4° dell'art. 73) e che ha inciso, in relazione a quest'ultime, producendo effetti anche sul termine prescrizionale che è, pertanto del tutto modificato ex novo, costituisce un principio che esprime assoluta prevalenza, rispetto al formarsi di un giudicato sulla responsabilità.
Dunque, a fronte di queste rilevanti ed indubbie modificazioni legislative, che incidono sulla natura del reato e, soprattutto, su di un aspetto strutturale della norma (quale è la sanzione quale complemento del precetto), risulta del tutto ininfluente, al fine di bloccare eventualmente gli effetti del decorso del tempo, la circostanza che sia divenuta medio tempore intangibile l'affermazione di responsabilità.
La prescrizione in questo caso decorre anche in sede di giudizio di rinvio.