Om Namah Shivaya
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Produzioni Shambu
In collaborazione con il Centro Culturale Canapa
Terricciola - Pisa 333 21 52 224
INDOOR:QUANDO E
PERCHÉ
Prima parte: Elementi di crescita
Luce
Aria
& Temperatura
Terreno
& Contenitori
Acqua
Fertilizzanti
Tempo
Seconda
parte: Attuazione dei lavori
Preparazione
di ambienti
Tre
esempi di coltivazioni
Materiali
e strumenti necessari
Scelta
di varietà
Semina-Emergenza
Crescita
vegetativa
Determinazione
del sesso
Piante
Madri
Preparazione
delle Talee
Fioritura
Sinsemilla
Ermafroditismo
Raccolta
Essicagione
- Conservazione
Raccolta
continua
Doppio
raccolto
Crescita
indoor- fioritura outdoor
Parassiti
& malattie
Controlli
Coltivazione
Idroponica
Schema
riassuntivo dati tecnici
Appendice
Produzione
semi
Mantenimento
caratteri varietali
Ibridazione
-creazione di nuove varietà
Derivati
Bibliografia
In onore del popolo Afghano, senza la cui sapiente selezione nel tempo delle migliori varietà di cannabis, oggi la coltivazione "indoor" non sarebbe possibile.
Innanzitutto devo dire che la cannabis è una pianta, un essere vivente, e
come tutti gli esseri vorrebbe poter crescere liberamente, in pieno sole e in
mezzo agli altri esseri di questo
mondo.
Purtroppo nel secolo passato degli uomini
hanno avuto la pretesa di stabilire, in modo del tutto arbitrario, cosa era da
mantenere e cosa da eliminare dalla creazione. Sono arrivati a imporre accordi
in quasi tutti i paesi del mondo, in cui si prospettava la totale sparizione di
alcune specie vegetali, chiamate per l'occasione "droghe", con la creazione del
pensiero nella gente che "droga" è il
demonio.
Naturalmente questi "uomini" difendevano
i loro interessi privati, arrivando ad inventare le bugie più ignobili per
mascherare il loro operato, ma avevano il potere sui mezzi di informazione, e
non vergognandosi di ricorrere alla violenza pur di imporre il loro volere, sono
quasi riusciti nei loro loschi intenti.
Oggi siamo nella situazione assurda
che la cannabis, coltivata per millenni in tutto il mondo, una delle primissime
piante di cui l'uomo si è servito, che ha permesso ed ha avuto tanta parte in
quella che chiamiamo "civilizzazione", una pianta che in tante culture è
considerata un dono divino, sia perseguitata in quasi tutto il mondo. Come si
può criminalizzare un vegetale?
Questa situazione
di persecuzione, sia della pianta che di chi ne fa uso (in certi paesi esiste la
pena di morte per il semplice possesso di minime quantità, e comunque la
repressione è pesante ovunque), ha fatto sì che alcune persone, che non
accettavano questa imposizione ingiusta, abbiano deciso di continuare a
coltivare cannabis, ma prendendo delle precauzioni per la propria sicurezza
personale.
La coltivazione indoor della cannabis
è nata negli stati uniti, paese in cui è nato il proibizionismo, paese che ha
obbligato gli altri stati a diventare proibizionisti verso le sostanze decise
arbitrariamente, e che ha sviluppato un apparato repressivo terrificante e
brutale.
Per evitare di essere scoperti, e di avere le vite rovinate senza
aver fatto male a nessuno, si provarono tutti i modi possibili per poter
coltivare la cannabis, nascondendola al
"potere".
Con lo svilupparsi di una
tecnologia spietata (rilevamenti aerei, ad infrarossi, satellitari, ecc.), il
pericolo diventò troppo grande e si cercarono nuovi sistemi di coltivazione. In
un ambiente chiuso le possibilità di essere visti si riducono
enormemente.
Altri vegetali venivano già fatti crescere in ambienti creati
artificialmente. Si provò dunque a far crescere la cannabis avvalendosi di
queste esperienze, e i risultati furono
incoraggianti.
Nella metà degli anni '70
l'Olanda, dando prova di civiltà e saggezza, decise di provare a non considerare
la cannabis come il diavolo. L'Olanda è un paese freddo, dove la cannabis in
pieno campo stenta ad esprimere tutto il suo potenziale; gli olandesi sono
maestri della coltivazione in serre di fiori e vegetali in genere. Avvalendosi
della loro grande esperienza in questo campo, ripresero e perfezionarono le
tecniche utilizzate dai "guerriglieri" americani (perché di guerra si tratta) e
giunsero in poco tempo a creare una serie di varietà di cannabis perfettamente
adattate alla coltivazione in ambiente artificiale, con una qualità eccezionale,
in grado di competere con successo con le migliori
conosciute.
Purtroppo la coltivazione in interni ha
costi elevati, e le uniche produzioni convenienti sono quella di infiorescenze
femminili con un'alta percentuale di resina, per utilizzi medicinali,
salutistici o ricreativi, e la produzione di sementi selezionate e di talee.
Oltre al lavoro di ricerca che può essere fatto per lo studio della
pianta.
Proprio per il motivo dei costi, perché non risultino troppo elevati
rispetto alla resa finale, bisognerà cercare di realizzare la massima quantità
di raccolto, con la migliore qualità, nel minor tempo possibile.
La coltivazione indoor nasce dunque per difesa al
proibizionismo, ma ben presto ci si rese conto che in certe situazioni offriva
numerosi vantaggi:
-Per primo il già accennato
minor rischio che le piante vengano viste da chi non dovrebbe. Anche in caso di
situazioni non proibizioniste, delle meravigliose sommità fiorite di cannabis
potrebbero far gola a chiunque, il loro valore in ogni caso essendo elevato (in
caso si mostrasse un poco di saggezza, eliminando il proibizionismo delle
sostanze, il costo potrebbe comunque diminuire, non essendo più legato il
fattore "rischio" al prezzo del prodotto).
-Chi
vive in un centro urbano spesso non dispone nemmeno di un fazzoletto di terreno
o di un luogo soleggiato; l'aria è spesso impregnata di sostanze nocive, agli
esseri umani e alle piante; la luce del sole si confonde con l'illuminazione
elettrica notturna. La possibilità di allestire un ambiente chiuso in cui le
piante possano crescere senza problemi è sicuramente da
considerare.
-C'è poi il grosso vantaggio di non
dipendere dalle stagioni: si può seminare, fare talee, raccogliere sommità
mature in qualunque periodo dell'anno.
-Il
raccolto non sarà più uno soltanto, ma nel corso dell'anno si potranno avere da
un minimo di tre raccolti a, con un poco di organizzazione, cinque-sei raccolti
l'equivalente di un raccolto continuo).
-I tempi per la creazione e la stabilizzazione di nuove varietà saranno
ridotti enormemente rispetto alla coltivazione in
esterni.
-Ci potrà essere la
sicurezza assoluta del patrimonio genetico della se mente ottenuta, mentre
all'aperto c'è sempre la possibilità che arrivi, portato dal vento, polline di
origine sconosciuta.
-Il controllo (e la
responsabilità) dell'ambiente è totale. Ciò significa poter garantire alle
piante le migliori condizioni per le loro esigenze del momento. Q!:lesto si
tradurrà in una qualità facilmente superiore rispetto ad una pianta che abbia
dovuto attraversare una stagione a volte sfavorevole o avversità di qualunque
genere.
-Da ultimo, ma non da trascurare, la gioia che
si può provare nel veder crescere e nel respirare giorno per giorno degli esseri
viventi che altro non chiedono se non di poterci essere amici e sollevarci un
poco dal male di questo mondo
Il fatto che si sia
responsabili di tutti i fattori di crescita delle nostre piante, significa che é
necessario un controllo costante. La coltivazione indoor non lascia spazio
all'improvvisazione: se viene trascurato un qualunque fattore, oppure ci si
cerca di arrangiare con materiali di recupero, se si pensa che le piante
potranno essere abbandonate per più di 2-3 giorni, oppure che si può fare a meno
di alcune delle operazioni colturali necessarie, se si ha fretta o al contrario
si è troppo pigri, se non si sa esattamene quello che si sta facendo e non si
conoscono appieno i prodotti che si stanno adoperando, quasi sicuramente si avrà
un raccolto misero e di qualità
scadente.
Nonostante l'erba indoor possa riuscire
di una qualità superiore alla maggioranza dei raccolti fatti in esterni, per me
rimane un ripiego. Come ho detto all'inizio la canapa sarebbe (ed é!) contenta
di poter crescere libera e in pieno sole, sotto gli occhi di tutti e senza
essere infamata da tante menzogne sul suo conto.
PRIMA PARTE
ELEMENTI DI CRESCITA
LUCE
Per la coltivazione in
interni (indoor) la luce è l'elemento principale da considerare, dovendo, a
differenza degli altri elementi, sostituire completamente la fonte naturale in
questo caso il sole.
La composizione dello
spettro solare è molto più estesa di quella di qualunque lampada esistente. Le
piante di canapa avranno esigenze diverse in qualità di illuminazione durante la
loro vita, quindi si dovranno usare diversi sistemi di illuminazione
artificiale, a seconda del momento di crescita. Attualmente le lampade più usate
sono quelle al neon per l'inizio della crescita e la radicazione delle talee,
agli ioduri metallici e/o ad alta pressione di sodio per la crescita e le piante
madri, e ad alta pressione di sodio per la
fioritura.
Il sole emette una luce estremamente
intensa (misurabile in lumen- fino ad oltre 150000) rispetto a quella delle
lampade disponibili. La canapa ha esigenze di luce molto alte rispetto a molti
altri vegetali, ma fortunatamente ci sono tipi di lampade che riescono a coprire
bene le sue necessità.
La canapa abbisogna di una
luce molto intensa dall'inizio dello stadio vegetativo fino alla fioritura,
arrivando a richiedere, per un rapido sviluppo delle infiorescenze, un minimo di
40000 lumen per metro quadrato (fino a 60000 -corrispondenti a circa 500-1000
lux, un'intensità superiore non sarebbe conveniente in termini di
spesa/rendimento e potrebbe addirittura essere pericolosa): di molto inferiore a
quella del sole, ma superiore a quella misurabile in una giornata di pioggia o
molto nuvolosa.
Anche la "temperatura di colore"
(misurata in gradi Kelvin, °K), praticamente il colore della luce emessa, è
importante sia diversa per le diverse fasi di sviluppo della pianta. (Il sole in
estate e a mezzogiorno crescita vegetativa- è più alto nel cielo e la sua luce è
più bianca, intorno ai 5700 °K; d'autunno -fioritura- e all'alba e tramonto è
più basso e la sua luce tende verso il rosso, dovendo attraversare uno strato
maggiore di atmosfera).
All'inizio della crescita
da seme o dell'attecchimento delle talee le piantine richiedono temperature non
troppo elevate. La soluzione migliore in questo stadio è quella di usare lampade
fluorescenti (comunemente e impropriamente dette "al neon"). Questo tipo di
lampada non emette quasi calore, ha un'intensità di emissione abbastanza elevata
(paragonabile o superiore, a parità di consumo, a quella delle lampade a ioduri
metallici) e si trova in commercio in diverse misure e colori (gradi Kelvin).
Dall'inizio, e per tutta la fase di crescita vegetativa, le piante richiederanno
una luce più verso il blu- verde dello spettro. Questo significa una
"temperatura di colore" di almeno 4000 gradi
Kelvin.
Esistono tubi fluorescenti di nuova
generazione con gradazioni che vanno dai 2000 (luce giallo-rossa) ai 10000 °K
(luce azzurro-verde). I migliori arrivano a circa 100 lumen per Watt
consumato.
Con i tubi fluorescenti potremo
coprire molto bene le esigenze delle nostre piante fino al momento di metterle
in fioritura (al massimo per 2 mesi, poi le piante diventerebbero troppo grandi
e i neon non sarebbero abbastanza intensi da poter illuminare convenientemente
lo spazio occupato dalle piante; il meglio sarebbe cambiare i neon dopo il primo
mese, sostituendoli con lampade a scarica), ed avremo il grosso vantaggio di
poter mantenere la fonte luminosa vicinissima alle sommità in crescita (da 2 a
lO cm è l'ideale), favorendo così la formazione di internodi molto ravvicinati e
mantenendo le piante di bassa statura.
La bassa
statura delle piante coltivate indoor è una necessità per un mucchio di ragioni,
prima fra tutte per la luce: la luce del sole ci arriva da circa 150 milioni di
chilometri di distanza, un metro in più o in meno non cambiano la sua intensità;
ma l'intensità di emissione di una lampada si misura ad un metro di distanza,
per metro quadrato. Questo significa che con l'aumentare della distanza
l'intensità di illuminazione sarà tanto minore quanto maggiore la superficie
illuminata.
Se una lampada illumina ad esempio
una superficie di 1x1 metri da una distanza di un metro, a due metri di distanza
la stessa lampada illuminerà 2x2 metri di superficie, vale a dire 4 metri
quadrati, e se la lampada forniva per esempio 40000 lumen, a due metri la sua
intensità sarà di: 40000:4= 10000 lumen per metro quadrato. Insufficienti per la
cannabis.
Avere dunque piante di statura superiore al metro (a
parte le piante madri) porterà soltanto a dei problemi di illuminazione e
difficoltà di crescita e fioritura.
Se i neon
vanno bene per piante di piccola taglia (eventualmente con più tubi vicini), nel
caso si abbiano piante madri fioritura (vedi oltre)l'intensità emessa dai tubi
fluorescenti sarà insufficiente in rapporto all'area illuminabile e bisognerà
ricorrere a "lampade a scarica". (In crescita saranno sufficienti 30000 lumen al
metro quadro, in fioritura ce ne vorranno 40-50000)
Le migliori per le piante madri e per la crescita vegetativa sono quelle a
ioduri metallici, che emettono una luce azzurro- bianca (4000-6000 gradi
Kelvin). Queste possono sostituire i neon dalla fine delle prime tre settimane
di crescita se le piante sono nate da seme, dopo 15 giorni dalla formazione
delle radici (circa un mese dal taglio) se da talea, spesso con vantaggio (ad
es. nel caso di superfici superiori ai pochissimi metri quadrati). Queste
lampade emettono molto calore, e potrebbero bruciare o comunque danneggiare le
piantine nei primi stadi di sviluppo. Si consiglia di mantenere la cima delle
piante ad una distanza dalle lampade da 40-60 cm per una lampada da 250 W ad
almeno 100-120 cm (con ventilatore) per una da 1000
W.
A parità di consumo la loro intensità può
essere simile a quella dei tubi fluorescenti, ma mentre un tubo fluorescente
consuma poche decine di watt, una sola di queste lampade può avere una potenza
di 2000 watt, con un'emissione di 220000 lumen. Una lampada con una grande
potenza potrà illuminare convenientemente una superficie abbastanza estesa e
piante di grandi dimensioni (generalmente non si utilizzano lampade con una
potenza superiore ai 1000 W).
Per la fioritura la
soluzione migliore (per ora) sono sempre lampade a scarica, ma al sodio. Queste
lampade emettono una luce giallo-rossa (intorno ai 2-3000 °K), più adatta a
questo periodo di vita della pianta. La loro intensità di emissione può essere
addirittura doppia (fino a oltre 200 lumen/watt: 130000 lumen per 600 watt di
consumo) di quella delle lampade fluorescenti o a ioduri metallici, rendendole
utili anche in caso di locali di crescita vegetativa con più lampade
(soprattutto nelle versioni "agro", che contengono più blu nello spettro di luce
emessa), in associazione a lampade a ioduri metallici. Emettono un po'meno
calore delle lampade a ioduri metallici, e quindi possono essere sistemate un
po'più vicino alle cime delle piante (da 40 a 100 cm, a seconda della potenza
della lampada). Attualmente la miglior resa in lumenl energia elettrica
consumata è data dai modelli da 600 watt. Le lampade al sodio hanno sicuramente
una maggior emissione di luce di quelle a ioduri, e quelle in versione "agro" o
"bianche" sicuramente emettono anche più blu delle lampade di pari potenza a
ioduri metallici. Ma, in fase di crescita, sembra che con le lampade a ioduri le
piante rimangano più basse, con gli internodi più ravvicinati fra loro. Le
lampade a ioduri emettono anche più ultravioletti di quelle al sodio ( fattore
che sembra stimolare una maggiore produzione di THC). Per coltivazioni
commerciali in genere si utilizzano solo lampade al sodio, bianche e
rosse.
Nuovi modelli da 600 watt al sodio,
"bianchi", contengono abbastanza blu da poter anche essere usati da soli in fase
di crescita vegetativa, al posto delle lampade a ioduri e con un rendimento in
lumen superiore. Queste lampade (agli ioduri metallici e al sodio) sono composte
da un da un bulbo (con apposito portalampada e riflettore) ed una scatola,in cui
sono compresi uno starter, un reattore ed un condensatore, il tutto per un peso
di alcuni chilogrammi. I modelli più pratici sono quelli con questa "scatola"
distante dal bulbo e spostabile (emette calore, potrà essere sistemata dentro o
fuori dall'ambiente di coltura). Spesso il blocco starter-reattore-condensatore
delle lampade al sodio funziona bene anche per quelle agli ioduri di pari
potenza (chiedere ad un elettricista di fiducia)
L'utilizzo dei tubi fluorescenti in fioritura
renderebbe questa troppo lunga, e le cime fiorite avrebbero difficoltà a
crescere al meglio.
Se si passa dai tubi
fluorescenti alle lampade al sodio direttamente, il passaggio dovrà essere
graduale: nelle ultime fasi della crescita vegetativa si accenderà la lampada al
sodio distante dalle cime (almeno 120 cm) e per brevi periodi di tempo, insieme
ai tubi fluorescenti.
Contrariamente a quanto
creduto dalla maggior parte dei coltivatori,un eccesso di luce (oltre i 110000
lumen), provoca fenomeni negativi anche gravi:
-oltre una certa intensità
di radiazione si verifica un arresto dell'aumento della
fotosintesi;
-attenzione a non bruciare le piante: un flusso luminoso
eccessivamente intenso provoca fenomeni negativi di foto-inibizione, con
ingiallimento delle foglie più giovani e/o più esposte e rallentamento della
crescita. Certi prodotti del metabolismo (chinoni), assorbendo luce
ultravioletta diventerebbero deleteri per i tessuti fotosintetici (ecco perché,
nel caso si volessero trasferire piantine dall'interno all'esterno, è
assolutamente necessario abituare gradatamente le piante stesse alla luce del
sole).
-l'eccesso di temperatura che accompagna l'eccesso di luce
favorisce molto i fenomeni catabolici di respirazione e soprattutto di
fotorespirazione (demolizione di sostanze idrocarbonate con liberazione
di COl, con passaggi diversi da quelli della respirazione al buio. Aumentando la
temperatura da 20 a 30 gradi, la respirazione "oscura" raddoppia, mentre la
fotorespirazione aumenta di ben otto volte.
In
caso di bruciatura per eccesso di luce (possibile anche con esposizioni brevi) i
tempi di ripresa saranno piuttosto lunghi (se la pianta non muore), ed il blocco
della crescita potrà avere conseguenze sull'equilibrio del terreno. Se la
sorgente di e luce sarà troppo vicina alle cime fiorite non sarà schermata e
ventilata, un eccesso
di calore farà crescere ifiori in "spighe" singole e
non più compatte.
Carenze nell'illuminazione si
tradurranno invece in tempi di crescita più lunghi, mancata ramificazione, steli
esili, allungati e poco lignificati, scarsa formazione di fiori e un misero
raccolto.
Si può ipotizzare che ogni pianta in
fioritura abbia bisogno di di un'area di almeno 50x50 cm (o poco di meno) se da
seme; cm 30x30 se da talea. Sotto ad ogni lampada al sodio da 600 watt potremo
sistemare da 3x3=9 piante in vasi da 30 cm di lato, a 20-25 talee, con un 'area
utilizzata di 1,5x1,5 metri (con tubi da 130000 lumen, riflettori grandi e
pareti bianche ) a specchio si può arrivare a coprire una superficie di 2x1,5
metri, con L5-30 vasi in fioritura).
Sotto alle
lampade a ioduri metallici ci saranno le piantine in crescita, ed in questo caso
all'inizio si potranno mettere i vasi (da 15-25 cm di lato) l'uno contro
all'altro.
Le piante madri occuperanno almeno un
m2, fino a 4 m2. Potremo sistemare sotto ad una lampada a ioduri metallici da
400 o 1000 watt, o al sodio da 600 watt, da 1 a 4 piante
madri.
Le lampade a scarica vengono fornite di
riflettore: più questo è di dimensioni maggiori, più aumenterà la luce riflessa,
rendendo maggiore l'area utilizzabile per ogni singola
lampada.
Anche le pareti del locale potranno
riflettere una considerevole quantità di luce. Evitate di utilizzare fogli di
alluminio con cui tappezzare le pareti: l'alluminio rifletterà soltanto il 70-
75% della luce. Verniciare le pareti con una vernice bianca non lucida aumenterà
la riflessione fino all'85-90%; pannelli di materiale riflettente, se ben
applicati, possono arrivare al 90- 95% di riflessione, ma il loro utilizzo sarà
molto più costoso che soltanto dipingere le pareti di
bianco.
Per aumentare l'area illumina bile ed
avere una distribuzione della luce piùuniforme, si potranno collegare le lampade
ad un braccio mobile, azionato da un piccolo motore elettrico che lo faccia
muovere lentamente, che potrà dare alle lampade un movilento rotatorio o in
linea retta, a seconda delle esigenze (spesso quelli che si trovano in commercio
sono apparecchi costosi e di breve durata).
Con un riflettore da 120 cm di lato, le pareti
bianche e l'utilizzo di un braccio mobile si potrà arrivare a raddoppiare l'area
utilizzabile da ciascuna lampada, con un risparmio notevole di energia
elettrica. Non improvvisare: un impianto del genere deve essere installato o
almeno visionato da un tecnico.
Le piante di
canapa crescono più rapidamente se ricevono, oltre ad un adeguata illuminazione,
più ore di luce giornaliere. Dare alle nostre piante 24 ore di luce al giorno
vorrà dire cercare di farle crescere il più rapidamente possibile, e in certi
casi questo è utile. L'esperienza ha però dimostrato che oltre le 18 ore il
vantaggio è minimo e c'è il rischio di stressare troppo la pianta. Un ritmo
giornaliero di luce/buio si avvicina di più ai ritmi naturali e permette alle
piante di riposare. 18 ore sono comunque le ore di maggior durata del giorno a
latitudini quasi estreme per la canapa.
La
presenza di un periodo di "notte", con temperature inferiori al "giorno",
permette la migrazione dei primi prodotti della fotosintesi dalle parti verdi
verso gli organi di accumulo e riserva (radici, semi, frutti); se questi
prodotti restassero dove la reazione si svolge, ne rallenterebbero la velocità a
darebbero luogo ad accumuli tossici.
Con una
durata del giorno di 18 ore e della notte di 6, la canapa può essere mantenuta
in stadio vegetativo a volte per anni, senza che
fiorisca.
Attenzione: non cercate di alterare la durata
totale dal giorno: la somma di ore di luce e di buio deve essere sempre di 24
ore. Ogni cambiamento di questo ciclo (ritmi circardiani) confonderà le piante e
porterà a ritardi, problemi e rese inferiori.
La
fioritura avverrà tanto più rapidamente, quanto minori saranno le ore di luce
giornaliere. In natura l'allungarsi delle notti avviene gradualmente, ma se da 6
ore di oscurità si passa a 12 ore di colpo (durata della notte in cui tutte le
varietà di canapa fioriscono e quasi tutte, ad eccezione di quelle equatoriali,
maturano) la fioritura sarà molto più veloce. Sotto le 10 ore di luce al giorno
tutti i processi di formazione di tessuti nei vegetali rallentano enormemente.
12 ore sono ideali per la fioritura
della canapa, e corrispondono al periodo
di luce solare del solstizio d'autunno.
Di
estrema importanza è il mantenere il periodo di luce/buio costante: 18 ore di
luce e 6 di buio per la crescita e 12/12 ore per la fioritura(molte varietà di
cannabis, soprattutto da resina, richiedono una notte "lunga" per fiorire).
Altrettanto importante è mantenere un'oscurità totale durante le ore di "notte".
Poca luce che potrebbe filtrare o l'accensione delle lampade fuori tempo, anche
per pochi istanti, e specialmente in fioritura, porterebbe ad uno sconvolgimento
nei meccanismi di regolazione interna delle piante, che si manifesterà spesso
con fenomeni di
ditismo.
Se, al contrario, di "giorno" dovesse
mancare la luce per breve tempo (ad es. per sostituire una lampada o per
riparazioni all'impianto elettrico) non ci saranno problemi: l'importante é che
non venga interrotto il periodo di buio.
Se, in
aggiunta a questi sistemi, si ha la possibilità che le nostre piante ricevano
anche della luce dal sole, tanto meglio (ad es. nel caso di una finestra). Ma
anche il controllo della luce solare dovrà essere rigoroso: di "notte" non dovrà
filtrare neppure un raggio di luce.
I vegetali, per il loro metabolismo, utilizzano
dall'aria ossigeno (O,soprattutto con le radici) e anidride carbonica (COz, con
la parte aerea) e emettono ossigeno. L'anidride carbonica è presente nell'aria
in una percentuale minore (0,03-0,04% contro il 21-23% dell'ossigeno). In un
ambiente chiuso le piante consumeranno rapidamente tutto il CO2 presente e tutti
i loro processi di crescita e costruzione di nuovi tessuti si arresteranno (la
pianta non muore, ma non cresce più. Il CO2 serve per la fotosintesi
clorofilliana). Per evitare che questo accada, è necessario assicurare un
ricambio d'aria costante. Ogni cinque minuti tutta l'aria presente nei locali di
crescita e fioritura dovrebbe essere sostituita da aria
fresca.
La soluzione migliore è rappresentata da
estrattori d'aria per ambienti, presenti sul mercato in varie misure e
potenze.
In genere l'aria in entrata proverrà
dalle fessure degli infissi, ma se si mostrasse insufficiente bisognerà
provvedere ad un ingresso per l'aria, eventualmente con un convogliatore d'aria
in entrata.
Se si vive in una zona ad alto
inquinamento industriale o/e agricolo, sarà utile applicare dei filtri al
convogliatore in entrata, efficaci anche per trattenere polvere, insetti, larve,
uova e pollini. Filtri antiodore (se questo dovesse creare problemi) possono
essere applicati all'estrattore per l'uscita
dell'aria.
Sicuramente una maggior concentrazione
di anidride carbonica nell'aria può significare maggior rapidità e quantità di
crescita. Le piante di canapa crescono molto rapidamente con una percentuale di
CO2 tre-quattro volte superiore al normale, ma vengono intossicate se questa
percentuale arriva a 7-10 volte la concentrazione
dell'atmosfera.
Questo fatto può essere sfruttato
in caso di ambienti sigillati, dove nessuna aria può provenire dall'esterno (ci
sarà sempre bisogno di ricambio d'aria, ma bisognerà spegnere i ventilatori sia
in entrata che in uscita durante e per alcuni minuti dopo l'immissione di
CO2).
Bombole di anidride carbonica sono
facilmente reperibili come estintori. Ci sarà bisogno di un'apertura automatica
della valvola della bombola comandata da un timer e di un misuratore dei livelli
di CO2. Si possono utilizzare come generatori di Co2 i fumi di combustione di
metano, butano, propano, GPL, legna, alcool, ma c'è la possibilità che ci siano
residui di sostanze molto nocive per la nostra salute e per le piante.
Attenzione, perché alti livelli di COl sono tossici per l'organismo
umano.
Se cambia il livello di COl anche gli
altri elementi di crescita dovranno cambiare per permettere un aumento del
metabolismo (la temperatura dell'aria può aumentare fino a 37 °C, dovranno anche
essere aumentate sia la temperatura del terreno che quella dell'acqua di
irrigazione, la quantità di acqua e di fertilizzanti) se no ci sarebbero degli
scompensi che influirebbero soltanto in modo negativo sulla qualità finale del
prodotto.
Personalmente ritengo che anche in caso
di coltivazione indoor bisogni cercare di rispettare le condizioni naturali il
più possibile, e non voler a tutti i costi creare dei "mostri". Ciò significa
che ritengo più saggio utilizzare gli elementi naturali dove possono essere
presenti cosìcome sono, cercando di alterare il meno possibile i cicli
biologici.
La presenza di sostanza organica nel
terreno dà luogo alla produzione e alla liberazione nell'atmosfera di una
considerevole quantità di anidride carbonica.
Una
buona circolazione dell'aria è indispensabile. Un'aria stagnante non solo presto
sarà esaurita di COl ma sarà anche l'ideale per la formazione di muffe e funghi.
Sarà necessario un (o più, a seconda della grandezza del locale utilizzato)
ventilatore oscillante, che non diriga il flusso d'aria in un punto fisso.
Questo farà si che le piante crescano più robuste e possano poi sostenere meglio
delle grosse sommità fiorite.
Quando l'aria è in movimento
vengono fortemente accentuati i processi di evaporazione e di ricambio della
CO2.
Una circolazione unita ad un efficiente
ricambio dell'aria creerà un ambiente inadatto al proliferare di insetti nocivi
e sfavorevole alla formazione di muffe e
marciumi.
La ventilazione e il ricambio dell'aria
possono essere attivati o disattivati secondo le esigenze di umidità e
temperatura dell'aria. La soluzione più comune e pratica è quella di collegare
il ventilatore ad un timer che segua lo stesso ritmo delle luci, controllare
tutte le condizioni e, se ci sono problemi, aumentare, diminuire o cambiare i
tempi di funzionamento (dalla fine del primo mese di crescita sarà necessario
mantenere in funzione l'estrattore anche di notte, magari a regime ridotto, per
mantenere l'umidità relativa a livelli accettabili). La canapa di notte non
produce anidride carbonica e non consuma ossigeno (questo avviene solo con le
piante ad
indice di assorbimento di luce C4, la canapa è
C3).
Il tipo C4 ha un miglior assorbimento della
radiazione solare e permette un maggior investimento di piante per metro
quadrato. Alcune varietà di Canapa, nella fase di crescita, si possono
comportare come piante C4 con le foglie rivolte verso l'alto.
La canapa
può nascere e crescere con temperature fra i 12 e i 40- 45°C, ma le temperature
ideali sono di: appena sopra ai 20°C per la prima fase di crescita se da seme o
da talea e per la crescita vegetativa; appena al di sotto dei 25 °C per la
fioritura (in questa fase è bene che la "notte" sia fredda, condizione che
sembra favorire la produzione di resina). Al di sopra di queste temperature ci
sarebbe una facile proliferazione di insetti e funghi. Oltre i 30 gradi la
pianta tenderebbe a traspirare troppo, mostrando facilmente fenomeni di stress.
Al di sotto dei 20 gradi tutti i processi di crescita sono rallentati
progressivamente, fino a fermarsi sotto ai lO
°C.
La temperatura determina direttamente
l'intensità con cui si svolgono le varie funzioni vegetali (germinazione,
assorbimento radicale, foto sintesi, respirazione, traslocazione, ecc.) e
microbiche (umificazione, ammonizzazione, nitrificazione, ecc.); oltre ad
influire su certe caratteristiche del suolo (struttura,
ecc.).
Le diverse funzioni fisiologiche hanno
limiti termici diversi: la temperatura ottimale per la respirazione é più alta
che per la foto sintesi, il cui ottimo a sua volta è superiore a quello della
traslocazione. La temperatura del nostro locale dovrebbe quindi essere di giorno
alta, per favorire la foto sintesi, ma non troppo, per non esaltare in modo
eccessivo la respirazione; mentre di notte dovrebbe essere abbassata per la
traslocazione dei carboidrati.
Controllare che la
temperatura in prossimità delle cime delle piante non superi i 30 °C, in caso
contrario dirigere il flusso d'aria di un ventilatore contro la lampada, per
disperdere l'eccesso di calore.
L'umidità
dell'aria deve variare, diventando progressivamente più secca con il progredire
della crescita e maturazione. Le talee abbisognano del 90-100% di umidità
durante la fase di attecchimento delle radici. La fase di crescita vegetativa
richiederà un'umidità del 60-70%. Infine per la fioritura l'ideale sarebbe un
tasso di umidità massimo del 40-50%. Un tasso di umidità eccessivamente alto in
fioritura provocherà una crescita maggiore dei rami ed un ritardo nella
maturazione, oltre a poter creare problemi di formazione di muffe. Un'aria
troppo secca causerà problemi di accrescimento radicale e fogliare, con
diminuzioni della resa.
Un'alta percentuale di
ioni negativi nell'aria è favorevole per una crescita migliore e più sana (anche
delle persone). Ad esempio, l'aria di montagna è ricca di ioni negativi. Un
apparecchio che emetta ioni negativi (ionizzatore per ambienti) farà precipitare
le particelle più piccole in sospensione nell'aria, come il pulviscolo o i
pollini, e impedirà il diffondersi di
odori.
L'efficacia di uno ionizzatore per far
scomparire l'odore di una coltivazione indoor, anche in piena fioritura, è
sorprendente. In più, le piante cresceranno meglio, più rapidamente (sembra), e
con meno problemi diinfestazioni, permettendo un raccolto
migliore.
Attenzione ad installarlo per tempo,
perché deve funzionare nell'ambiente per circa una settimana per sentirne a
pieno gli effetti.
La canapa cresce bene in un terreno fresco, ben
drenato, di PH vicino al neutro e ricco di sostanza
organica.
Nel caso di coltivazione indoor,
bisognerà fornire alle nostre piante una quantità di terreno sufficiente al loro
sviluppo (il volume di radici sarà pari al volume della parte aerea) e della
miglior qualità possibile. Si può stimare che, a parte il primo mese di vita, le
piante necessitino di circa 5-1O litri di terreno per ogni mese
successivo.
Una quantità abbondante di buon
terreno costituirà la base nutritiva delle nostre piante, permetterà di avere
una riserva di nutrimenti disponibile a lungo, avrà un effetto "tampone"
sull'acqua, permetterà un ampia crescita delle radici ed un raccolto ricco e
bilanciato nei componenti. D'altra parte bisogna considerare che con una
disponibilità ampia di terreno le piante, soprattutto se provenienti da semi,
tenderanno a diventare esageratamente grandi per un ambiente ristretto.
Bisognerà trovare un compromesso, e fornire una parte di nutrimenti con l'acqua
di irrigazione.
Bisogna iniziare sempre con il
miglior terriccio disponibile in commercio. Non utilizzate mai la terra
proveniente da esterni, provenisse anche dall'orto che dà la miglior verdura
possibile: in un vaso diventerebbe presto durissima da penetrare per le radici e
le piante non riuscirebbero più a crescere. In più potrebbe contenere insetti,
le loro uova, o spore di funghi.
Il terriccio
scelto non deve avere una reazione acida se bagnato e sarà il più ricco in
contenuti nutritivi fra quelli reperibili (spesso tenderà a diventare acido, e
bisognerà correggerne il PH).
Dovrà essere di una
tessitura piuttosto fine ma al con tempo non appesantirsi troppo a contatto con
l'acqua. I terricci reperibili nei negozi specializzati sono specifici per le
esigenze delle cannabis, e migliorabili secondo le
nostre.
Utilizzare sempre terreno nuovo per ogni
piantagione. Il terreno proveniente da coltivazioni precedenti potrebbe
contenere insetti, uova, spore o microorganismi patogeni, sarà privato degli
elementi nutritivi, ricco di scorie tossiche e diventerà rapidamente troppo
compatto per una buona aerazione delle
radici.
Potrà essere un ottimo ammendante del
terreno in un orto esterno, ma non utilizzatelo in vasi, nemmeno per altri
generi di piante.
Le radici hanno bisogno di ossigeno, e per garantire
loro una presenza di aria costante bisognerà mischiare al terriccio un materiale
che trattenga l'aria. Il migliore è la perlite: di grana piccola, leggerissima,
naturale, sterile, neutra e poco costosa. Altri materiali possono essere
l'argilla espansa, la vermiculite (ottima per la semina, perché trattiene più
acqua della perIi te) e diversi tipi di rocce porose e vulcaniche (tipo zeolite,
ottima per i terricci da utilizzare nei trapianti successivi alla semina e ricca
di acidi umici e fulvici); la sabbia grossa va bene, ma é pesante: se ne può
utilizzare un poco in caso di terricci molto
leggeri.
Il PH indica se il terreno è acido o
alcalino, ed è espresso da una scala da 1 a 14. Più è basso e più è acido, più è
alto e più diventa alcalino. Si dice neutro quando sulla scala indica 7. La
canapa cresce al meglio, riuscendo ad assimilare il massimo di sostanze
nutritive se il PH è fra il 6 e il 7. 6,5-6,8 sarebbe perfetto (in caso di
coltivazione idroponica -vedi- il PH deve essere leggermente più basso, intorno
al 6,3).
Secondo il grafico riportato sotto, le
diverse sostanze nutritive potranno essere assimilate in quantità maggiori o
minori, a seconda del PH del terreno. L'azoto, il potassio, il calcio e il
magnesio richiedono un PH piuttosto alto (7 e oltre) per la massima
disponibilità, mentre il fosforo e i micronutrienti saranno utilizzabili appieno
solo con un PH inferiore a 7.
Le radici si abituano ad un certo
grado di PH, ed ogni cambiamento rapido, se i valori iniziali erano corretti,
porterà soltanto a problemi di adattamento e ritardi nella crescita. D'altra
parte, un terreno di crescita ricco di materiale organico tende nel tempo a
diventare più acido. Questo fatto, se il cambiamento di acidità si mantiene su
livelli bassi, da circa 7 a 6-6,5, ed avviene lentamente, può essere utile per
una migliore utilizzazione dell'azoto nella fase di crescita, ed una maggiore
disponibilità di fosfo
ro in fioritura. Un PH oltre il 7,5 o inferiore al 5,5
sono inadatti alla crescita delle cannabis.
I
fertilizzanti organici (e di origine minerale) saranno il nutrimento delle
nostre piante, e potranno essere di effetto lento (mescolati al terreno) o
rapido (somministrati durante le varie fasi di sviluppo). I fertilizzanti
chimici danno un rapido effetto e sono efficaci, ma sono tossici per i futuri
consumatori delle piante e influiscono molto sul sapore finale del prodotto,
lasciando un gusto decisamente sgradevole.
Per la
preparazione di un buon terreno di crescita bisogna tener conto che la richiesta
di ossigeno da parte delle radici dovrà essere tanto più facilitata quanto più
le piante (o a maggior ragione le talee) sono giovani. Al contrario, più
avanzeranno nella crescita e maggiore sarà la richiesta di nutrimenti, che
dovranno essere presenti nel terreno e aggiunti all'acqua di
irrigazione.
Per l'attecchimento dei semi o la
radicazione delle talee (primi 15 giorni) un terriccio specifico con l'aggiunta
del 40-50% in volume (per i semi può bastare il 30 %) di perlite dà ottimi
risultati. Non si aggiungeranno fertilizzanti: al limite un poco di fosforo
(pochissimo!) sotto forma di guano di pipistrello, o di prodotti a base di alghe
per non rischiare di bruciare le piantine.
La
lana di roccia è il sostituto del terreno, usato quasi universalmente per la
radicazione delle talee. La lana di roccia è cancerogena se respirata. Non è
consigliabile usarla, visto che i risultati possono essere identici, con un poco
di attenzione, se si usano terriccio e perlite, che per la sola radicazione può
anche essere usata pura.
Durante la crescita
vegetativa il terreno dovrà essere ricco di nutrimenti assimilabili e le radici
dovranno crescere velocemente per permettere un rapido sviluppo della parte
aerea. In questo caso l'ideale sarà un terreno preparato mischiando il 60% di
terriccio con il 20% di perlite (o altro materiale poroso, anche di grana più
grossa, tipo zeolite, rocce vulcaniche o argilla espansa) e il 20% di
fertilizzanti organici e minerali con titolo basso, tipo letame ben maturo o
humus di lombrico (vedi oltre -sostanze
nutritive).
In fioritura le piante si gioveranno
del massimo di sostanza nutritiva ben assimilatasi al terreno, e le proporzioni
potranno essere di 40% di terriccio, 20% di perlite e altri materiali di grana
più grossa e 40% (se perfettamente decomposto, ma non esageriamo!) di
fertilizzante organico.
Una buona norma sarà
quella di mischiare i vari componenti del terreno quanto prima possibile (la
perlite e i vari materiali porosi possono anche essere aggiunti all'ultimo
momento) e accuratamente per permettere un buon amalgama e una stabilizzazione
delle reazioni (1-3 mesi prima dell'utilizzo).
La
temperatura del terreno dovrà favorire la formazione delle radici e
l'assorbimento da parte di quest'ultime delle sostanze nutritive. Una
temperatura uguale o di poco differente a quella dell'aria circostante darà
buoni risultati. Se il suolo dell'ambiente fosse freddo, mantenere i vasi
distaccati da terra. Se la temperatura del terreno rimane inferiore ai 20°C si
avrà un rallentamento sensibile della crescita. In questo caso possono essere
utili delle serpentine riscaldanti (tipo quelle per rettilari) che consumano
relativamente poca corrente elettrica e sono efficaci soprattutto in fase di
germinazione e radicazione delle talee.
I
contenitori migliori e più pratici sono i vasi di plastica. Sono leggeri,
possono essere riutilizzati (lavarli sempre prima), permettono di trapiantare o
di spostare con facilità una pianta e non marciscono né si rompono facilmente.
Meglio siano quadrati piuttosto che rotondi: contengono più terreno e occu pano
meno spazio. Con i vasi di plastica, l'unico inconveniente è che se il terreno
si secca, tende a distaccarsi dalle pareti, facendo si che poi l'acqua di
irrigazione scoli via rapidamente e che le estremità delle radici bru cino, se
scoperte a lungo.
Bisognerà prima di ogni irrigazione
controllare ed eventualmente pressare il terreno contro le pareti. Utilizzare
sempre sottovasi singoli: eviterete di inzuppare il pavimento con l'acqua che
inevitabilmente uscirà dai vasi, permetterete alle piante di recuperare quella
stessa acqua, e potrete avere un controllo accurato delle esigenze d'acqua di
ogni singola pianta.
I vasetti di torba si
inzupperanno presto e si romperanno molto facilmente, soprattutto al momento del
trapianto; quelli di terracotta permettono una migliore traspirazione, ma sono
costosi, pesanti, si rompono facilmente e in caso di trapianto non è facile
estrarre il pane di terra integro.
Per
l'attecchimento dei semi o la radicazione delle talee, vasetti con un lato di
8-12 cm permetteranno un rapido sviluppo delle radici nei primi stadi di vita.
Si trapianteranno presto (dopo 15-30 giorni max.) in vasi più grandi. Se da tale
a, vasi da 20-40 cm di lato (15-25 litri di capacità) permetteranno che le
piante non debbano più subire trapianti fino alla raccolta, una rapida
espansione delle radici ed un conseguente rapido sviluppo della parte
aerea.
Se da seme, sarà più pratico trasferire
dapprima le piantine (sempre dopo 15-20 gg.) in vasi da 15-20 cm di lato (4-6
litri). Durante la fase
di crescita occuperanno molto meno spazio,
permettendo di mantenere molte più piante sotto ad una
lampada.
Subito dopo la determinazione del sesso,
le piante superstiti dovranno essere trapiantate in contenitori più grandi
(25-40 cm). É possibile portare le piante a maturazione nei vasi da 15-20 cm, ma
bisognerà fornire alle piante molto più nutrimento con l'acqua di irrigazione,
stando molto attenti ai rischi di sovradosaggio (il primo sintomo è una
colorazione delle foglie più scura, seguita da un arricciarsi verso il basso
delle foglie stesse: sospendere i fertilizzanti e irrigare con abbondante
acqua).
Le piante madri vegeteranno bene in
mastelli (più comodi perché forniti di manici, utili per gli spostamenti) di
60-80 cm di di diametro (50-150 l. di
capacità).
Fornire sempre ogni vaso di sottovaso,
utile per evitare perdite di acqua e per controllare l'assorbimento dell'acqua
stessa da parte di ogni singola pianta. L'acqua non dovrà mai ristagnare nei
sottovasi per più di 24 ore, altrimenti potrebbero formarsi muffe e
marciumi.
L'acqua è presente nei vegetalifino al 95% del
loro peso neifrutti e negli organi in crescita, intorno al 10-15% nei
semi.
L'acqua è indispensabile alle piante per i
seguenti motivi: -si combina con l'anidride carbonica nel corso della
fotosintesi per formare gli idrati di carbonio; -è il reagente di tutti i
processi idrolitici che avvengono nelle piante; -rende possibile l'assorbimento
delle sostanze nutritive in soluzione nel terreno da parte delle radici;
funziona da veicolo per trasportare le sostanze nutritive dalle radici alle
foglie, e da queste agli organi di utilizzazione e riserva; -inturgidendo le
cellule determina la consistenza e l'aspetto caratteristici delle varie parti
della pianta; -evaporando con la traspirazione, impedisce che le parti aeree si
riscaldino troppo.
Il 99% dell'acqua assorbita
dall'apparato radicale verra eliminata sotto
forma di vapore tramite la
traspirazione, dopo essere servita alla pianta come vettore dei diluitissimi
sali minerali del terreno. Il resto potra servire per la costituzione di nuovo
materiale
vegetale.
(da:
"Agronomia" di F. Bonciarelli,
edagricole).
L'qualità dell'acqua data alle
nostre piante dovrà essere la migliore: l'acqua non dovrebbe contenere sostanze
tossiche alle piante, come il cl oro -spesso aggiunto come disinfettante negli
acquedotti-, o sali alcalini. Il suo PH dovrà essere fra 6,5 e 7, e la sua
temperatura simile a quella del terreno in cui sono contenute le piante, intorno
ai 20- 22 °C.
Il valore di elettroconduttività
(EC) dell'acqua, con i fertilizzanti aggiunti, sarà compreso fra 1,5 e 2 -sotto
all'uno per i primi 15 giorni di vita (da seme o da talea). Il controllo e
l'eventuale correzione dell'EC dell'acqua è indispensabile in caso di
coltivazione idroponica.
L'EC è dato dalla
quantità di sali presenti nell'acqua e aggiunti con i fertilizzanti, quantità
che oltre i valori indicati potrebbero essere tossiche per le piante. Sarà
quindi importante controllare ogni volta la soluzione di acqua e fertilizzanti
da somministrare al terreno.
Il fatto che la
miglior produzione di resina si abbia in un clima piuttosto arido, non significa
che bisogni privare le nostre piante dell'acqua durante la fioritura (anzi, le
maggiori richieste di acqua si hanno durante la produzione di resina), ma
soltanto che l'umidità relativa dell'aria dovrà essere bassa. Il terreno dovrà
essere innaffiato regolarmente; piuttosto, per diminuire l'umidità si provveda
ad aumentare la ventilazione e la temperatura durante il
"giorno".
La quantità di acqua necessaria ad ogni
pianta dipende da numerose variabili, come la temperatura dell'aria e del
terreno, l'umidità, il ricambio e la circolazione dell'aria, la misura dei
contenitori, la taglia e l'età della pianta, il grado di ritenzione idrica del
terreno. In genere, più le piante sono in buona salute, più velocemente
costruiscono nuovo materiale cellulare e più acqua consumano. Come regola
generale, quando si usa irrigare si versa una quantità di acqua equivalente alla
al 20% della capacità del vaso (ad esempio, da mezzo ad un litro di acqua in
vasi da 5 litri di capacità, a seconda della grandezza della pianta rispetto al
vaso).
Il terreno dovrà contenere una buona
percentuale di acqua, ma non esserne troppo impregnato, se no le radici
soffocherebbero e marcirebbero per mancanza di aria. Una buona regola è quella
di aspettare che lo strato superficiale del terreno (primi 2-3 cm) sia asciutto
prima di irrigare nuovamente. Rompere spesso la crosta che si forma dopo aver
bagnato, e pressare il terreno contro ai bordi del contenitore, per un
assorbimento uniforme e per evitare che l'acqua scoli via lungo le pareti se
staccate dal terreno. Se il terreno si stacca dalle pareti per mancanza di
acqua, le punte delle radici sarebbero esposte all'aria e morirebbero,
provocando un arresto nella crescita per un periodo piuttosto
lungo.
Potrà essere utile un misuratore di
umidità, anche per sapere quanta acqua può contenere lo strato inferiore del
terreno. Un buon drenaggio è indispensabile. L'acqua in eccesso che si
raccoglierà nei sottovasi non deve ristagnare più di 24 ore, o potranno formarsi
alghe, muffe e funghi. Un contenitore per l'acqua da irrigazione in cui si lasci
depositare l'acqua per un giorno, per permettere l'evaporazione del cloro
eventuale e il raggiungimento di una temperatura simile a quella dell'aria, è un
attrezzo indispensabile, utile anche per mischiare ali' acqua diverse sostanze
nutritive.
Un impianto di irrigazione a goccia
potrà sicuramente essere utile per il mantenimento di un minimo di umidità nel
terreno e per una fertilizzazione più efficace, ma non dovrà assolutamente
sostituire del tutto l'irrigazione delle singole piante. Troppa acqua per una
pianta può essere troppo poca per un'altra, soprattutto se non sono cloni
provenienti tutti dalla stessa madre; lo stesso dicasi per i fertilizzanti. Se
per irrigare useremo soltanto un impianto automatico, presto ci troveremo ad
avere delle piante che soffriranno per mancanza di acqua, ed altre che staranno
marcendo.
È sempre meglio irrigare all'inizio del
"giorno" (quando si accendono le luci), per permettere un controllo migliore
dell'acqua eventualmente data in eccesso o in difetto e per evitare un aumento
dell'umidità notturna.
É più comune un eccesso di
irrigazione piuttosto che una mancanza: le radici delle nostre piante hanno
anche bisogno di ossigeno, che può penetrare nel terreno solo se questo non é
inzuppato d'acqua.
Oltre che per aggiungere
sostanze nutritive, l'acqua può anche servire per dilavare il terreno,
operazione a volte necessaria per limitare i danni di una dose eccessiva di
fertilizzanti o per un accumulo di sali tossici nel terreno; oppure per lavare
le foglie delle piante, operazione da ripetersi regolarmente (ogni 20-30 giorni)
per permettere una buona respirazione; oppure per permettere di sopravvivere
alle talee che non hanno ancora sviluppato radici, tramite frequenti irrigazioni
fogliari.
Una efficace traspirazione è
necessaria, ed è importante che gli organi ad essa predisposti (gli "storni",
organi respiratori presenti su tutta la superficie esterna della pianta) siano
liberi da polvere, sostanze grasse, o tutto ciò che potrebbe pregiudicare il
loro funzionamento.
La traspirazione sarà tanto
maggiore quanto la temperatura dell'aria sarà alta e la sua umidità sarà bassa;
si ridurrà progressivamente con alti tassi di umidità e con la diminuzione della
temperatura.
I vegetali necessitano di 15 elementi per la loro
crescita: carbonio (C), ossigeno (O), e idrogeno (H) sono forniti dall'aria e
dall'acqua. Gli altri 12 vengono assorbiti dalle radici, e devono essere
presenti nel terreno o aggiunti come
fertilizzanti.
Gli elementi utilizzati in maggior
quantità (macroelementi) sono: azoto (N), fosforo (P) e potassio (K), utilizzati
dalla canapa in proporzioni diverse secondo le varie fasi di sviluppo. Il calcio
(Ca) ed il magnesio (Mg) sono elementi secondari, utilizzati comunque dalla
canapa in grandi
quantità, rispetto ad altri vegetali. Abbiamo poi i
cosiddetti microelementi: ferro (Fe), zolfo (5), manganese (Mn), boro (B),
molibdeno (Mb), zinco (Zn) e rame
(Cu).
L'Azoto (N) è il principale
responsabile della crescita e della riproduzione cellulare, della taglia e del
vigore della pianta.
Esercita sui vegetali
un'azione violenta di stimolo dell'accrescimento: una pianta ben provvista di
azoto cresce rapidamente, produce un ampio apparato assimilatore, prende un
colore verde scuro, dovuto all'abbondanza di clorofilla. È essenziale per la
produzione di clorofilla. Per contro, alti livelli di azoto fanno si che le
piante fioriscano e maturino più tardi, i tessuti vegetali siano più teneri e
più soggetti all'attacco di parassiti, e un'eccessiva concimazione azotata può
bloccare lo sviluppo o addirittura
uccidere le piante. In più, un eccessivo
accumulo di nitrati nei tessuti vegetali può essere nocivo ai futuri
utilizzatori dei vegetali stessi (provocando un intossicazione nota come
metaemoglobinemia).
La cannabis richiede alti
livelli di azoto durante la crescita vegetativa, e questo elemento si ritrova
soprattutto nelle parti giovani della pianta. Un insufficienza di N si manifesta
soprattutto con una vegetazione stentata: la pianta cresce poco, ha un apparato
vegetativo ridotto, il fogliame ha una colorazione verde giallastra, l'apice
delle foglie, a partire dalle più vecchie, ingiallisce e dissecca rapidamente.
Q1esta insufficienza di vegetazione è accompagnata da una maturazione precoce e
ad una produzione molto bassa.
Un eccesso di
azoto si manifesterà dapprima con un notevole lussureggiamento e da un colore
delle foglie più scuro, seguito da un arricciarsi delle foglie verso il basso (a
cominciare dalle foglie superiori più giovani), con un blocco nella maturazione.
Lavare il terreno con abbondante acqua per di lavare la quantità di
fertilizzante nociva. Nella fase successiva, se l'eccesso continua, le foglie si
bruceranno a partire dalle punte e la pianta morirà
intossicata.
Il Fosforo (P) è
necessario per la fotosintesi, ed è associato con il vigore complessivo della
pianta. Nelle piante giovanissime il fabbisogno di P è molto elevato: fino ad un
certo punto viene soddisfatto dalle riserve del seme, ma presto la pianta ,se
non si è provveduto, manifesterà sintomi da carenza. Inoltre il fosforo
favorisce l'accrescimento dell'apparato radicale, spesso è utile la presenza di
una piccola quantità di P205 (anidride fosforica) vicino al seme. Viene
utilizzato per la produzione di fiori, e quindi di resina e di semi. Il fosforo
é necessario alla cannabis in percentuali superiori agli altri fertilizzanti
nelle fasi di germinazione (o attecchimento delle radici se da tale e) e di
fioritura.
Il fosforo, contrariamente all'azoto,
accelera e favorisce tutti i fenomeni attinenti alla fioritura, fecondazione e
maturazione. Rende possibile il metabolismo degli zuccheri, ed é una fonte di
energia per la pianta.
L'aspetto delle piante
bisognose di fosforo assomiglia a quello delle piante con carenza di azoto: le
piante sono stentate e di color verde pallido; caratteristica è una colorazione
rossastra che appare sui bordi delle foglie, dapprima le più vecchie e poi
quelle superiori, che in seguito si disseccano. La canapa consuma molto fosforo
e sopporta concentrazioni di questo elemento anche maggiori di quelle massime
richieste. Un overdose di fosforo si nota da piante di taglia piccola e un
fogliame
estremamente scuro.
Il
Potassio (K) è necessario durante tutte le fasi di
crescita.
Fornisce robustezza a tutta la pianta,
stimola la crescita delle radici e dei fiori e rende le piante resistenti alle
malattie e al freddo. È indispensabile per la produzione della clorofilla (se le
piante non riescono a sintetizzare il potassio assumono una colorazione tendente
al viola). Carenze di potassio possono essere indotte da squilibri alimentari,
soprattutto da un eccesso di magnesio; al contrario, si può verificare carenza
di magnesio in seguito ad un assorbimento eccessivo di
potassio.
Deficienze di potassio si manifestano
con crescita stentata (a volte dopo una partenza eccessivamente vigorosa),
ingiallimento delle foglie partendo dalle più vecchie, con macchie scure che
disseccano e bordi delle foglie arricciati e di un colore ramato (spesso
dapprima le foglie diventano di un verde più scuro, i lembi si piegano e i
margini si disseccano). Un eccesso di potassio sembra diminuire la produzione di
resina e di cannabinoidi.
Il Calcio
(Ca) è indispensabile per la produzione cellulare e la crescita. Per un buon
accrescimento accanto ad ogni pelo radicale ci dovrebbe essere qualche molecola
di calcio. Il suo consumo da parte della cannabis è paragonabile a quello degli
altri macroelementi. Carenze di calcio si notano dapprima all'apice delle
piante, con clorosi e poi disseccamento dei tessuti meristematici (tessuto
apicale deputato all'inizio della fioritura: se viene rimosso si deve riformare,
in circa 15 giorni, perché la pianta possa iniziare a fiorire). Le stesse piante
presenteranno gambi e rami deboli e poco sviluppati. È indispensabile in
fioritura. Un eccesso di calcio provoca spesso un PH eccessivamente elevato
perché sia possibile l'assorbimento degli altri nutrimenti, e nanismo delle
piante. I preparati di nutrimenti per coltivazione idroponica spesso sono
carenti di calcio, perché tenderebbe ad ostruire i condotti e gli irrigatori.
Controllare e provvedere per evitare carenze pericolose.
Il
Magnesio (Mg) viene utilizzato nella clorofilla, ed è essenziale per
l'assorbimento della luce. È di aiuto per l'utilizzazione dei nutrimenti e per
neutralizzare i prodotti tossici presenti nel terreno o prodotti dalla pianta.
Viene utilizzato dalla canapa in percentuali maggiori che da altri
vegetali,
e molto spesso sulle piante di canapa si trovano carenze di
magnesio.
La insufficienza di questo elemento si
nota da macchie chiare sulle foglie, con successiva clorosi (ingiallimento) di
tutta la foglia, solo le venature rimangono verdi. Le punte delle foglie si
curvano verso l'alto e seccano. Un eccesso di magnesio può bloccare
l'utilizzazione di potassio da parte delle piante e provocare sintomi di carenza
di K.
L'aggiunta di 100 grammi di dolomia (a
volte chiamata "calce di dolomia" o "dolomite", ricca di Ca e Mg) ogni lO litri
di terreno eviterà il manifestarsi di carenze di Mg, fornirà una buona dose di
Ca, ed avrà una funzione stabilizzatrice del PH del terreno, sia che questo sia
acido, sia nel caso di eccessiva alcalinità. Se la carenza si nota dopo la
crescita, sarà utile sciogliere nell'acqua di irrigazione lO grammi di Solfato
di Magnesio (sale inglese) in lO litri d'acqua. Il Solfato di Magnesio può
essere utile anche per dilavare sali tossici in
eccesso.
I microelementi sono
necessari per la formazione della clorofilla e agiscono principalmente da
catalizzatori per i processi delle piante.Sono costituenti essenziali degli
enzimi.
Devono essere presenti in piccole
quantità, e la loro mancanza può portare a problemi di vario
genere.
Una mancanza di ferro si nota
dall'ingiallimento delle foglie, che inizia, al contrario delle carenze di
macroelementi, dagli apici vegetativi.
Una
clorosi delle foglie, partendo dalle più giovani, si verifica anche in caso di
carenza di zolfo.
In caso di mancanza
di boro si può notare un ingrossamento alla base del fusto, seguito da
spaccature e marciume.
Un insufficienza di
cloro si manifesta con un ingiallimento delle foglie, che diventeranno
color bronzo- arancio.
Deficienze di zinco
porteranno ad avere foglie piccole e arricciate, ingiallite vicino alle
venature; i fusti saranno lunghi, e soltanto l'infiorescenza superiore sarà di
dimensioni accettabili.
Carenze di
manganese e molibdeno partono dalla cima, con clorosi di tessuto
fogliare fra le venature principali e spesso con arricciamento delle foglie
stesse.
Una mancanza di rame si potrà
notare da un'eccessiva debolezza e fragilità dei fusti e dei rami.
La
diagnosi delle carenze è cosa delicata, e queste possono essere provocate
dall'insufficiente presenza nel terreno di dati elementi, oppure dal fatto che
l'elemento si trova nel terreno, ma si trova in uno stato inassimilabile per un
PH errato o per antagonismo con altri elementi. Attenzione perché per certi
elementi si può raggiungere rapidamente il limite di
tossicità.
Il letame e tutti i tipi di sostanza
organica sono particolarmente raccomandati per la restituzione, la diffusione e
la mobilizzazione dei microelementi nel terreno. I concimi minerali sono
normalmente fornitori di svariati microelementi: alternando diversi tipi di
concimi si diversificheranno gli apporti, evitando più facilmente
carenze.
Si tenga presente che i concimi meno
concentrati in N, P e K, contengono più microelementi dei prodotti più
concentrati.
Le sostanze nutritive possono essere presenti nel
terreno, aggiunte ad esso nella sua preparazione o addizionate in seguito,
durante lo sviluppo delle piante. Se usate in seguito possono essere mischiate
allo strato superficiale del terreno, disciolte nell'acqua di irrigazione o,
sempre disciolte in acqua, vaporizzate sulle foglie per un rapido
assorbimento.
Nei vasi, presto tutti i nutrimenti
presenti nel terreno saranno utilizzati dalle piante in rapida crescita.
Bisognerà quindi fornire alle nostre piante tutto ciò di cui abbisognano. È
impossibile dire la quantità esatta di ogni fertilizzante necessaria per ogni
pianta e per ogni momento della sua crescita.
I
fattori che possono variare sono infiniti, e solo con l'esperienza potremo
capire come nutrire al meglio le nostre piante. Come già accennato, è
preferibile utilizzare fertilizzanti organici o minerali piuttosto che di sinte
si. I fertilizzanti naturali permettono lo svilupparsi di una flora batterica
utile per le funzioni metaboliche delle piante; sono generalmente di lento
effetto ed un loro leggero sovradosaggio non dovrebbe creare gravi problemi;
contengono una grande quantità di microelementi, spesso assenti
nei concimi
chimici.
Per contro non è spesso possibile
conoscere le esatte percentuali dei vari nutrienti, possono contenere organismi
nocivi o favorirne la presenza, sono più difficili da utilizzare e a volte da
reperire.
I fertilizzanti di sintesi sono precisi
nella loro composizione, facili da usare e di sicuro effetto, ma tendono ad
accumulare sali tossici nel terreno (da lavare), in caso di sovradosaggio
possono velocemente uccidere le piante e lasciano alle piante un gusto amaro,
salato, ed in ogni caso spiacevole. Possono essere di aiuto, ma si cerchi di
utilizzarne il meno possibile.
Una buona pratica
è quella di lasciar disciogliere i nutrimenti contenuti nel fertilizzante in
acqua (tiepida) e poi utilizzarla, in una soluzione poco concentrata, per
irrigare le piante. In questo modo le sostanze nutritive potranno essere
assimilate prontamente e la composizione del fertilizzante potrà variare,
adattandosi alle esigenze del momento.
La
fertilizzazione fogliare è di effetto estremamente rapido, ma è da utilizzare
con cautela (ad es. per una rapida ripresa in caso di carenze), proprio per il
rischio di rapido sovradosaggio. Inoltre gli storni delle foglie si troveranno
impregnati e potranno tornare a respirare correttamente solo dopo un accurato
lavaggio con acqua pura.
Nelle prime fasi di
crescita le piante necessiteranno di quantità minime di fertilizzanti, ed una
loro presenza eccessiva sarà sicuramente nociva. La richiesta di elementi
nutritivi aumenterà progressivamente durante la crescita e si differenzierà al
momento della fioritura. Non somministrare alcun fertilizzante durante la
maturazione (ultimi 15 giorni).
Si trovano in
commercio nei negozi specializzati fertilizzanti specifici per le esigenze della
cannabis, sperimentati e di sicuro effetto. Il loro utilizzo può facilitare di
molto l'evitare errori nella concimazione, soprattutto in caso di coltivazione
idroponica. I preparati per coltivazione idroponica possono essere utilizzati
con successo anche nel terreno, disciolti nell'acqua di
irrigazione.
Attenzione: con qualunque
fertilizzante é facile eccedere: sarà molto facile rimediare ad una carenza che
ad un eccesso, il. cui unico rimedio sarà un (o più di
uno) lavaggio
del
terreno, che si effettua somministrando una quantità di acqua almeno
doppia al volume del terreno. Attenzione alle dosi da usare: spesso sono
riportate per quintali/ettaro. Ad es.una dose da lO q./h. significa circa 2
grammi per 5 litri di terra.
É importante
preparare un terreno con una giusta proporzione di fertilizzanti organici, che
serviranno come base nutritiva e riserva durante tutta la vita della pianta.
D'altra parte é impossibile definire la quantità di elementi apportati e
disponibili di volta in volta.
La sostanza
organica presente nel terreno é la base per la sua fertilità, influenzandone le
sue proprietà fisiche, chimiche e biologiche. Nel corso della decomposizione, le
sostanze organiche vengono alterate e trasformate in una sostanza nerastra,
amorfa, detta "humus". Mentre le sostanze fresche hanno una composizione molto
variabile, nell' humus, sorprendentemente, il contenuto di carbonio é sempre del
50% circa, e quello dell'azoto del 5% circa, per cui il rapporto C/N é di circa
10.
Qresto rapporto si ha quando la sostanza
organica si é completamente decomposta; nel letame maturo il rapporto C/N é di
circa 25, in quello mediamente maturo 30-40, in quello paglioso 40-60, nella
paglia 80-100.
Se la sostanza organica che si
interra (vale anche per il terriccio usato, che normalmente presenta stampato
sulla confezione il rapporto C/N) ha un rapporto C/N basso "25-30), questo
corrisponde a contenuti di azoto superiori all'l,8-2%. I microorganismi che
attaccano il materiale vi trovano azoto in abbondanza, che può venire utilizzato
dunque non solo per i processi microbici, ma viene liberato e reso disponibile
nel terreno per le piante.
Se il rapporto C/N
della sostanza organica (o del terriccio) é compreso tra 30 e 40, corrisponde a
contenuti di azoto fra 1,2 e 1,8%: giusto sufficiente ad assicurare l'azione
decomponente dei microorganismi.
Se il materiale
ha un rapporto C/N superiore a 40, corrispondente ad un contenuto di azoto
inferiore al 1,2%, i microorganismi non trovano nel materiale stesso la quantità
di azoto necessaria alla loro moltiplicazione, e lo prelevano dalla soluzione
circolante, che ne viene ad essere impoverita. Qresto prelievo é provvisorio,
l'azoto sarà reso quando i corpi microbici saranno mineralizzati, ma se non si
sarà provveduto a fornire azoto in forma rapidamente assimilabile, le piante
soffriranno fame di azoto e potranno manifestare
carenze.
Nel "Canapajo" del 1741, Baruffaldi
poneva la colombina (deiezioni dei colombi) al primo posto fra i
fertilizzanti per la canapa. Oggigiorno trovare la colombina é difficoltoso, ma
si possono trovare altri concimi organici derivati da deiezioni di uccelli
diversi, con poteri fertilizzanti diversi.
Tutti
i fertilizzanti organici qui sotto descritti si possono mischiare al terriccio
nei vasi (con moderazione) o sciogliere nell'acqua di irrigazione per un effetto
rapido.
Il fertilizzante più antico che la storia
ricordi é il letame, da sempre riconosciuto indispensabile per il
miglioramento del terreno. Apporta elementi nutritivi in una composizione
bilanciata, aumenta la flora microbica, il cui compito é quello di trasformare
in soluzioni minerali i vari fertilizzanti e renderli assimilabili dalle piante;
rende la struttura del terreno ideale per la crescita dell'apparato radicale.
Deriva dal latino laetamen: allietare, rendere lieta la
terra.
Il letame utilizzato indoor deve essere
sempre completamente maturo e privo di semi di altre
piante.
Il letame può avere una composizione
molto diversa, a seconda degli animali, della lettiera, della proporzione fra
paglia e deiezioni, della alimentazione degli animali, delle cure nel modo di
fabbricazione e conservazione del letame, ecc.. Comunque, pur entro limiti molto
variabili, si può stimare che il letame bovino contenga fino allo 0,5% di
azoto, fino allo 0,2% di fosforo e fino allo 0,3% di potassio, più tutti i
micronutrimenti.
Il letame di cavallo
deve essere ben maturo e non troppo ricco di paglia. può arrivare a contenere lo
0,6% di N, 0,6%-P, e 0,4%-K.
Le deiezioni
degli ovini, pecore e capre, sono quelle di più pronto utilizzo fra quelle
degli erbivori, quelle che sviluppano più calore e quelle con il più alto valore
nutritivo, con una media di N-0,8%, P-0,5%,
K-0,4%.
La pollina (escrementi dei polli)
é consigliata da Baruffaldi quando mancasse la colombina. Ha una concentrazione
molto alta dei principi nutritivi: da secca, N-4%, P-4%, K-1,5%. Come tutti i
fertilizzanti organici derivati da escrementi di uccelli, deve essere usata con
molta attenzione alle dosi, per non rischiare di bruciare le
piante.
Il guano di gabbiano o di pinguino
si trova facilmente in commercio: ha valori di azoto molto alti (fino al 13%),
seguiti dal fosforo (fino all'11%). Ha un'ottima azione in fase di accrescimento
vegetativo (ma é scarso di potassio). Se aggiunto all'acqua da usarsi a dosi
molto basse.
Il guano di pipistrello é
raro (si trova nei negozi specializzati per la cannabis), ma é il miglior
fertilizzante per la fioritura, con valori di fosforo estremamente alti (quando
proviene da giacimenti antichi): N-6%, P-15%,
K-3%.
I fertilizzanti liquidi a base di
alghe hanno una buona efficacia, e sono ricchi di N,P,K (in proporzioni
variabili secondo il prodotto), contengono tutti i microelementi in forma
chelata (immediatamente assimilabile dalle piante), ormoni, enzimi e amino
acidi. Sono utili per trattare i semi posti a germinare, le talee e le piante al
momento dei rinvasi, oltre che come nutrimenti nelle fasi di
sviluppo.
Il Litotamnio (farina di alghe)
è ricco di Ca e Mg: da usare, se non si trova la Dolomite, mischiato al
terreno.
Possiamo utilizzare fertilizzanti come
la farina di ossa o di altri residui animali, ricche di P e K, composti
ricavati da residui di materie vegetali o animali, tostati e polverizzati,
ricchi di azoto.
La cenere di legna ha reazione
alcalina (al contrario dei letami, che tendono ad essere acidi), azione rapida
se disciolta, e un contenuto di fino al 10% di potassio e 3% di
fosforo.
L'humus di lombrico é una buona
fonte di nutrimenti immediatamente disponibili e migliora la fertilità e la
struttura del terreno. É molto pesante e va utilizzato come componente del
terriccio nella proporzione massima del 30% per non soffocare le
radici.
Lo stallatico, letame essiccato e pressato in palline o
cilindretti, può essere utilizzato in sostituzione del letame di concimaia,
quando questo non fosse disponibile, in quantità ridotte a un decimo rispetto al
letame umido e non compresso (1 Kg. di letame = 100 g. di
stallatico).
Possiamo poi usare concimi minerali
come il fosfato di roccia (P), la dolomia (Ca e Mg) o polveri
di rocce varie, ricche di numerosi elementi primari e
secondari.
Per il forte e repellente odore, non é
consigliabile usare farina o emulsioni di pesce (bagamo) in coltivazioni
indoor, anche se di buon potere
fertilizzante.
Possiamo poi trovare, fra i
concimi organici, le torbe, dotate di altissima capacità di ritenzione
idrica, fino a 30 volte il proprio peso per le torbe di sfagno, fino ad 8 volte
per le altre. Possono contenere fino al 3,5% di azoto (a reazione generalmente
acida).
I pannelli di semi oleosi possono
avere fino al 4-5% di azoto più diverse sostanze nutritive. Utilizzati in
esterni.
I semi di lupino (fino al 6% di
N), un tempo utilizzati solo per colture di pregio.
Il sangue
secco (fino al 12-14% di azoto e poco fosforo), ad azione medio-rapida, da
usare con cautela indoor perché può bruciare facilmente le giovani piante e dare
gusti spiacevoli alle infiorescenze.
Le
corna e le unghie (cornunghia), torrefatte e polverizzate,sono un
ottimo concime per la canapa, ma di lenta azione fertilizzante, e quindi
utilizzate soprattutto outdoor. Se scelto come concime, deve essere mischiato al
terreno almeno tre mesi prima del suo
utilizzo.
Per sciogliere i vari fertilizzanti in
acqua, dapprima agitarli in poca acqua calda, poi diluire la soluzione con acqua
più fredda, e utilizzarla a temperatura ambiente.
Attenzione: i vasi hanno una quantità di terreno
limitata, e l'accumulo di sali tossici di scarto può diventare un problema. É
meglio irrigare più volte con concentrazioni più diluite di fertilizzanti che
rischiare un'overdose. Più fertilizzante non farà crescere le piante più
velocemente, ma può cambiare la composizione chimica del terreno, dotandolo
troppo di un elemento o rendendo altri nutrimenti non utilizzabili dalle
piante.
Piante in contenitori piccoli dovranno
essere irrigate e fertilizzate più di frequente, piante in vasi più grandi
potranno richiedere meno nutrimenti (essendo già presenti nel terreno) e
irrigazioni con più acqua, ma più distanti nel
tempo.
Buona norma é di alternare fertirrigazioni
a irrigazioni con sola acqua e controllare sempre se ci siano carenze o eccessi.
Se le piante stanno crescendo bene e sono in buona salute, non avranno bisogno
di fertilizzanti.
Il tempo è un fattore basilare nella coltivazione
indoor: le piante devono crescere e maturare il meglio possibile, produrre il
più possibile, nel minor tempo possibile.
Per
questo, bisogna fare alcune
considerazioni.
Prima di tutto la scelta
della varietà di cannabis da coltivare deve rivolgersi a piante che abbiano la
capacità genetica di crescere, fiorire e maturare rapidamente (la maggior parte
delle varietà tropicali avranno un ciclo troppo lungo per le esigenze indoor).
Bisognerà scegliere una varietà che produca infiorescenze compatte e di grandi
dimensioni, in un tempo breve.
Le piante devono
crescere con gli interno di il più vicino possibile, e poter cominciare la
fioritura non oltre i due mesi di crescita. Una fioritura rapida ed una
maturazione uniforme della pianta ci permetteranno di ottenere rapidamente lo
spazio per un nuovo raccolto. Meno tempo le piante rimarranno nell'ambiente
indoor, minori saranno le possibilità di infestazione dell'ambiente stesso da
parte di insetti o muffe indesiderati.
D'altra parte un ciclo di crescita
troppo corto, con piante di dimensioni insufficienti e troppo giovani, porterà
ad una difficoltà di fioritura e ad una resa estremamente bassa, sia in qualità
che in quantità.
45-60 giorni per la crescita
vegetativa e 60-90 giorni per la fioritura sono un tempo ideale, tenendo
presente che più le piante saranno voluminose e più tempo richiederanno per
maturare.
Non bisogna aver fretta di raccogliere
e bisogna lasciar seccare le piante con calma. 15 giorni in più o in meno mentre
le piante fioriscono possono significare il 40% in più di raccolto, con una
quantità di resina presente sulle infiorescenze di gran lunga superiore. Una
essiccagione lenta (almeno 3 settimane) permetterà alle piante di perdere il
gusto di erba di campo e la combustione sarà migliore che con un essiccagione
più rapida (non rovinate le vostre cime facendole seccare nel
forno!).
La necessità di un controllo totale e
costante dei fattori di crescita porta a dover dedicare giornalmente una parte
del nostro tempo alla cura delle nostre piante: saranno contente loro e
noi.
II tempo che dovremo dedicare alla nostra
piantagione sarà notevole: se si curano le piante a dovere, per una piantagione
"personale", si dovrà stimare una media di almeno mezz'ora-un'ora al giorno, per
tutto il tempo di coltivazione, più diverse ore per la preparazione dei locali e
molte per la pulizia e l'immagazzinamento del materiale raccolto.
Prima di tutto dovremo pensare a quanta cannabis
vorremmo avere, e regolarci di conseguenza sulla scelta degli ambienti di
coltivazione in
base alla loro grandezza.
Se
ci si accontenta di uno o due grammi al giorno, sarà sufficiente un solo locale
di un metro quadrato, dove, partendo con semi per ogni nuovo raccolto, si
potranno realizzare tre raccolti in un anno. La resa potrà andare dai 150 ai 300
(o più) grammi di infiorescenze secche per
raccolto.
Se si pensa ad una coltivazione per una
produzione commerciale, si dovranno attrezzare tre locali: uno per la semina e
la produzione di talee, uno per la crescita vegetativa e le piante madri, ed
infine uno per la fioritura. Le dimensioni del locale per la sola crescita
vegetativa, escluse quelle per le piante madri, saranno di circa la metà del
locale per la fioritura, mentre la zona per la semina e la produzione di talee
richiederà uno spazio ridotto: la soluzione più utilizzata sono scaffali a più
ripiani.
Anche l'altezza del locale di crescita è
importante: più aria potrà circolare e meglio sarà per le piante, il calore
emanato dalle lampade salirà verso l'alto e sarà più facile mantenere livelli di
umidità accettabili. Due metri di altezza sono il minimo indispensabile se si
utilizza una sola lampada da 250 o 400 Watt, 4-5 metri nel caso di locali
grandi, con decine di lampade in funzione.
È
indispensabile garantire ad ogni locale piccolo o grande che sia un costante
ricambio di aria. Bisogna calcolare il volume dei locali ed assicurarsi che gli
estrattori riescano a far uscire un volume d'aria uguale a quello dell'ambiente
ogni 5 minuti (é meglio sempre che la capacità di estrazione sia superiore di
almeno un 20% del volume necessario).
In tutti i locali sarà una buona
pratica mettere un telo di plastica ( bianca, riflette di più la luce) sul
pavimento, con i bordi rialzati, per evitare perdite d'acqua. Il te lo deve
essere lavato e disinfettato, oppure cambiato, ad ogni
raccolto.
Disinfettare sempre tutti i locali
prima di ogni piantagione. Questo eviterà molte infestazioni da parte di
organismi nocivi (muffe e insetti). Pulire regolarmente il suolo, gli attrezzi
utilizzati, evitare assolutamente che entrino animali e stare attenti a non
introdurre nei locali uova di
insetti, spore o qualunque materiale che possa
essere nocivo per le piante.
1) Disponibilità di uno spazio ridottissimo: una lampada al sodio da 250 Watt può illuminare convenientemente un'area di 80x80 cm.
Per la crescita vegetativa si
utilizzeranno 4 tubi fluorescenti di lunghezza appena inferiore allo spazio da
utilizzare (da mantenere sempre molto vicini alle cime delle
piante: 2-10
cm), da sostituire con la lampada al sodio all'inizio della
fioritura.
Potranno crescere per 45-60 giorni da
9 a 16 piantine, e fiorire per 60-90 giorni da 4 a 9. La resa sarà di 150-250
grammi di infiorescenze essiccate, ogni 4-5 mesi. Lo spazio sarà interamente
occupato dalle piante. Se si attrezza un locale in più per la crescita
vegetativa si potranno avere fino a 5-6 raccolti
all'anno.
2) Disponibilità di una
stanza, ad esempio di 4x4 metri: dovremo poter avere lo spazio per muoverci,
quindi si considererà un'area utilizzabile dalle piante di 11-13 metri
quadrati.
4 lampade al sodio da 600 Watt
(scegliete le lampade con più alta emissione di lumen: per ora fino a 130000)
faranno fiorire 36-64 piante, con una resa da 1,5 a 2,5 chilogrammi per raccolto
(se da seme, ogni 4-5 mesi).
Se si decide di
dividere la stanza per creare un locale per le piante madri (in questo caso
particolare ne basteranno 4) e le piantine in crescita vegetativa, a questo si
potranno dedicare 2x4 metri, separando con un pannello il locale per la
fioritura, che rimarrà di 2x4 metri. Nel primo locale si potranno utilizzare due
lampade da 600
Watt al sodio (o da 1000 W a ioduri metallici) per le piante
madri e quelle in crescita e tubi fluorescenti per le
talee.
Nel locale per la fioritura &
maturazione potremo installare 2 lampade al sodio da 600 Watt (tubi da 130000
lumen), che ci renderanno 1-1,5 chili di cime ogni 2-2,5 mesi (dopo il primo
raccolto).
3) Coltivazione a livello
commerciale: consideriamo ad esempio un locale da 300
m2.
200 m2 saranno dedicati alla fioritura, con
un area utilizzata dalle piante di circa 150 m2 Si installeranno qui circa 60
lampade al sodio da 600 watt
Nel locale per la
crescita vegetativa si potranno collocare anche le piante madri e qui saranno
necessarie 20-30 lampade agli ioduri metallici e/o al sodio da 600 watt (100 m2,
con 70-80 m2 utilizzabili). Nello stesso locale potranno essere utilizzati
scaffali a più ripiani per la semina e per la produzione di talee (le piantine
potranno restare sugli scaffali all'incirca per un mese). Per gli scaffali si
useranno tubi fluorescenti (impropriamente anche detti "al neon") e la distanza
fra i ripiani sarà di circa 50 cm.
Davanti agli scaffali si dovrà usare
un telo di plastica trasparente per mantenere un umidità maggiore e riparare le
talee in radicazione dalla luce troppo intensa delle lampade a
scarica.
In questo esempio di coltivazione
potranno crescere e fiorire 500-700 piante ogni due mesi, con rese dai 25 ai 40
chilogrammi per raccolto.
Sarà utile, in questo
caso, avere un locale in più per la preparazione del terreno, i trapianti, la
preparazione dei fertilizzanti e dell'acqua di irrigazione. Nei casi 2 e 3, se
si utilizzano sistemi per muovere le lampade, si potrà risparmiare fino al 40
per cento di lampade e di elettricità (il consumo dei motori per spostare i
bracci mobili sarà irrisorio, ma i tempi di maturazione saranno leggermente più
lunghi).
Ci sarà una serie di attrezzi indispensabili ed altri
molto utili nel facilitarci il lavoro. Strumenti costruiti con materiali di
buona qualità daranno molti meno problemi di altri più economici, ed alla fine
sarà più probabile avere un raccolto migliore in qualità e
quantità.
Ci dovremo munire
di:
Un termometro, meglio se a massima e
minima, per poter vedere e se necessario correggere le variazioni di
temperatura, ed uno per misurare la temperatura
dell'acqua.
Un igrometro per misurare
l'umidità dell'aria ed uno per controllare il grado di ritenzione idrica del
terreno.
Un misurato re del PH, strumento
da utilizzare per un controllo costante del terreno, dell'acqua e delle
soluzioni nutritive che si daranno alle
piante.
Un misuratore dei nutrimenti presenti
nel terreno, utile soprattutto per chi non ha una grande esperienza (in
genere vengono rilevati soltanto i macronutrienti: N, P e
K).
Un misurato re dell'elettroconduttività
dell'acqua (EC), per misurare la quantità di sali nella soluzione di
irrigazione, indispensabile in caso di coltivazione
idroponica.
Un paio di forbici, nuove e da
utilizzare soltanto nella
piantagione.
Cordini, per legare e
sostenere eventuali rami e piante e bacchette (di bambù o altro
materiale).
Una scopa, o meglio un
aspirapolvere, per pulire il pavimento dei
locali.
Un'agenda, per registrare i lavori
fatti, quelli da farsi e i valori dei controlli degli elementi di
crescita.
Teli di plastica abbastanza
grandi da coprire il suolo dei locali e i primi 5-10 cm delle
pareti.
Un irrigatore, ed un
nebulizzatore per l'acqua da dare nei vasi e da spruzzare sulle foglie (a
volte può essere utile un tubo di gomma con attaccata ad una estremità una
bacchetta rigida, per poter arrivare facilmente a bagnare le piante).
Un
contenitore per l'acqua, di dimensioni tali da poter bagnare tutte le
piante con acqua (con o senza fertilizzanti aggiunti) lasciata almeno un giorno,
perché raggiunga una temperatura simile all'ambiente e al terreno, e perché
possa evaporare il cloro a volte presente.
Un
eventuale impianto di irrigazione a goccia, che permetterà un maggiore
assorbimento dei nutrienti sciolti nell'acqua e alle piante di non soffrire per
mancanza di acqua nel caso ci si debba assentare per pochi giorni. L'impianto di
irrigazione a goccia non deve sostituire un controllo continuo ed un irrigazione
specifica per le esigenze di ogni singola
pianta.
Filtri di carta e setacci
metallici per evitare che la presenza di materiali organici nell'acqua,
usati come fertilizzanti, possa intasare gli ugelli del vaporizzatore, i
tubicini o le uscite dell'acqua in un eventuale irrigazione a
goccia.
Vasi di plastica, meglio se
quadrati, di diverse dimensioni, sempre muniti di fori sul fondo per permettere
l'uscita dell'acqua: 8-12 cm di lato per i semi e le talee, 15-20 (o più) per la
crescita, 25-40 per la fioritura (si può evitare un trapianto e trasferire
direttamente le piantine dai vasi più piccoli a quelli più grandi: lo sviluppo
sarà migliore, ma, soprattutto se sono piante nate da seme e non talee, a volte
eccessivo).
Terriccio, perlite (o altro
materiale simile), letame maturo, humus e altri fertilizzanti e ammendanti
in quantità sufficiente per i vasi ed i
trapianti.
Concimi organici, minerali e di
sintesi, in forma solida e/o liquida, di diverse composizioni e varietà, per
poter far fronte a tutte le esigenze delle
piante.
Lampade di diversi tipi
(fluorescenti, e a scarica) in quantità sufficiente per l'area utilizzata,
munite di riflettori.
Bulbi di ricambio
nel caso si bruciasse una lampada.
Timer (uno
o più) per controllare l'accensione e lo spegnimento delle lampade e dei
ventilatori, con un relè (fusibile salvavita) fra il timer e le lampade. Il relè
eviterà il surriscaldamento del timer, garantendo il suo funzionamento
(attenzione agli amperaggi delle lampade e a quelli sopportati dal
relè).
Sarà molto utile un illuminometro,
strumento di basso costo per misurare la quantità di luce emessa dalle
lampade.
Cavi elettrici di dimensioni
abbastanza grandi da evitare un loro surriscaldamento con dispersione di energia
ed il rischio di incendio.
Corde o catene con
ganci, carrucole, viti, chiodi e tasselli robusti, per evitare che le
lampade cadano sulle piante.
Eventuali
umidificatori o deumidificatori per correggere l'umidità dell'aria
(in genere si riesce a correggere aumentando o diminuendo la ventilazione).
Eventuali condizionatori o stufe
per mantenere una temperatura ideale (ricordare che le lampade a scarica e il
loro reattore emettono calore).
Ventilatori ed
estrattori d'aria di potenza sufficiente a garantire la miglior
aerazione.
Pazienza, costanza nei controlli,
pulizia, rapidità di intervento in caso di problemi, esperienza e
amore verso le piante sono necessarI per una crescita ed una fioritura sane
e rigogliose e per un conseguente buon raccolto.
Per la coltivazione indoor non tutte le varietà di
canapa sono adatte, e la scelta dei semi (o delle tale e) con cui iniziare la
piantagione sarà di basilare importanza per un raccolto che risponda alle nostre
aspettative in termini di qualità, resa, tempo di crescita e maturazione,
resistenza alle malattie.
Un fattore molto
importante da considerare saranno le dimensioni e soprattutto l'altezza
raggiungibile dalle piante: come già visto, converrà avere soltanto piante di
piccola taglia (alte 70-120 cm max. alla maturazione) per poter avere una
illuminazione efficiente e una maturazione
uniforme.
Poiché la spesa maggiore di una
coltivazione indoor sarà quella della corrente elettrica, dovremo considerare il
tempo minimo necessario alle piante per poter cominciare la fioritura: semi di
piante provenienti da paesi tropicali o equatoriali daranno piante che
richiederanno un tempo considerevolmente più lungo di altre provenienti da paesi
a clima temperato o da coltivazioni indoor (le talee sono parti di piante
adulte, e possono essere messe in fioritura in qualunque momento dalla
formazione delle radici, non importa la
varietà).
Ancora più importante sarà il tempo di
fioritura: a parità di resa e di qualità, piante che potranno maturare in tempi
più brevi costeranno meno di altre che siano più lente nella formazione di fiori
e resina.
Naturalmente, con l'utilizzo di varietà
resistenti a possibili malattie (ad es. marciume radicale, o muffe) si
ridurranno i rischi di infestazioni, assicurandosi un raccolto maggiore e
migliore.
Una pianta per l'indoor dovrebbe avere
i seguenti requisiti: dimensioni ridotte, interno di ravvicinati e numerosi,
rapidità di crescita e di fioritura, uniformità di
malattie.
La sola varietà esistente in natura che
possieda tutte queste caratteristiche è quella detta "indica": una pianta
ottenuta attraverso una selezione durata secoli per la produzione di resina
nelle montagne dell'Afghanistan, Turkestan (russo e cinese) e nel nord del
Pakistan.
Tutte le altre varietà sono da
considerarsi "sativa", e generalmente sono di taglia maggiore e difficile da
contenere, arrivando fino a 6-7 metri di altezza, richiedono un tempo di
crescita e fioritura più lungo (specialmente per alcune pregiate varietà
tropicali), a volte non sono adatte per la produzione di resina (la maggior
parte delle varietà selezionate per la fibra), spesso producono infiorescenze
meno compatte e più piccole della "indica", anche se a volte possiedono delle
particolarità uniche in quanto ad effetti.
In
genere l'effetto delle "indica" è più rilassante e più avvertibile sul piano
fisico; quello delle "sativa" più energizzante e essenzialmente mentale, con
grandi differenze fra le varietà e spesso fra pianta e pianta, o fra
infiorescenze della stessa pianta, raccolte in tempi di maturazione
diversi.
Per mantenere alcune caratteristiche
importanti, alcune "sativa" da resina sono state incrociate con la "indica", che
trasmette facilmente alla generazione successiva la rapidità di maturazione, la
compattezza e la grande produzione di resina delle infiorescenze, dando la
possibilità di contenere la taglia delle piante in dimensioni accettabili. Sono
così state create ed adattate per la coltivazione indoor nuove varietà
(cultivar), meglio rispondenti alle esigenze della coltivazione in ambiente
artificiale, che permettono di ritrovare qualità, come il gusto o l'effetto,
proprie di tipi di cannabis che sarebbe molto difficile e dispendioso poter
utilizzare in interni.
Vediamo dunque che per la
coltivazione indoor la nostra scelta di varietà sarà di una cannabis "indica" o
incrociata con la "indica", e l'incrocio scelto sarà determinante per la
qualità.
Soprattutto per i primi tempi, non
utilizzate troppe varietà diverse contemporaneamente: ogni tipo di pianta avrà
differenti esigenze di acqua, nutrimenti, calore e luce, con diversi tempi di
crescita e fioritura. Non usate semi di provenienza incerta: se non si sa
esattamente che tipo di pianta daranno provateli all'esterno, ma non rischiate
mesi di lavoro e di spesa.
I semi devono essere
maturi, non spezzati, e non più vecchi di tre anni.
Dopo esserci assicurati delle caratteristiche che
potranno avere le piante che nasceranno dai semi in nostro possesso, potremo
procedere alla semina.
Una pratica molto comune è
quella di far germinare i semi nel cotone o fra strati di carta bagnati e poi
trapiantare soltanto quelli nati. Questa tecnica è da EVITARE ASSOLUTAMENTE in
quanto le piantine appena uscite dal seme sono fragilissime, e da evitare di
toccare per non arrecar loro danno. Con una tecnica del genere avremo meno
piante: molte di loro saranno uccise o lesionate al momento della posa nel
terreno.
Potremo mettere i semi a bagno per 24
ore in acqua tiepida, per permettere loro di iniziare a gonfiarsi, poi
collocarli nel terreno. Ogni vaso (da 8 a 12 cm di lato) potrà contenere una
sola piantina.
Il vaso sarà riempito con un
terriccio adatto a trattenere molta aria (vedi cap. sul terreno) e inzuppato
d'acqua (dal fondo, per capillarità. Così non si compatta e trattiene molta più
aria che se bagnato da sopra).
Il seme dovrà
essere collocato ad una profondità da 0,5 a 1 cm sotto
terra.
Il terreno dovrà essere mantenuto
costantemente umido (ma l'acqua non deve mai ristagnare) ed ad una temperatura
fra i 20 ed i 25 gradi centigradi. Controllare il PH: spesso il terreno si
inacidisce rapidamente, a volte al punto da bloccare la crescita dell'embrione,
far marcire la giovane radice e uccidere la
piantina.
Dopo alcuni giorni (da 2 a 10-15, a
seconda delle varietà, della temperatura e della composizione del terreno,
dell'età e del vigore del seme), le piantine cominceranno ad uscire dal
terriccio, con il guscio del seme ancora attaccato al fusto allo stato
embrionale (questo momento è detto emergenza -delle piante dal
terreno).
Da questo momento le piante
cominceranno la loro crescita, e noi forniremo loro 18 ore di luce e 6 di buio
ininterrotto al giorno. In questo periodo la luce migliore sarà fornita da
lampade fluorescenti con un emissione di almeno 4000 °K; le lampade saranno
mantenute a 2-10 cm dalla cima delle piantine. Si può utilizzare da subito una
lampada agli ioduri metallici, ottima per la crescita (con una gradazione di
colore di 4000 °K, o più), ma con il difetto di emettere molto calore e quindi
il rischio di bruciare le piantine appena nate, se troppo vicina, o di farle
allungare eccessivamente, se troppo lontana. La distanza sarà proporzionale alla
potenza della lampada: da 60 a 90 cm, sempre controllando la
temperatura.
Con la caduta del guscio si
apriranno i cotiledoni (foglioline arrotondate presenti nel seme), e subito dopo
apparirà la prima coppia di vere foglie: un paio di foglioline seghettate
opposte fra di loro, ognuna con il suo picciolo (gambo fogliare).
Le paia di foglie successive
spunteranno in formazioni opposte, e queste foglie saranno formate, nel secondo
paio da 3 foglioline ognuna, nel terzo paio da 5, e così via fino a 11-13
foglioline per foglia. All'intersezione delle foglie con lo stelo presto
cominceranno a crescere piccoli rami.
È importante che la fonte luminosa sia
il più possibile vicino alla cima delle piantine dal momento dell'emergenza.
Questo per evitare che le piantine si allunghino alla ricerca di luce e per
favorire la rapida formazione di interno di (e quindi in seguito rami) molto
ravvicinati.
Il consumo di acqua e di sostanze
nutritive (in prevalenza fosforo) delle piantine appena nate sarà ridottissimo,
e crescerà progressivamente con la crescita degli apparati radicale e
fogliare.
La temperatura sarà sui 20 °C o di poco
superiore; per i primi 15 giorni sarà meglio non accendere il ventilatore, per
evitare di piegare le piantine, tenerissime, ma un ricambio d'aria è sempre
necessario.
Attenzione: bisogna piantare almeno
il triplo di semi delle piante finali previste (sarebbe meglio il quadruplo):
alcuni semi non nasceranno, alcune piante saranno stentate, altre potranno avere
problemi di vario tipo, ed infine la metà circa (in natura e in coltivazioni in
pieno campo leggermente di più, dal 50 al 60%) saranno maschi. Se proprio
avanzassero delle piantine, si possono regalare a qualche amico contento di
curarle.
Dopo circa 15-20 giorni dall'emergenza delle piantine dal terreno, i vasetti in cui si trovano le piantine stesse saranno pieni di radici, e sarà ora di procedere al primo trapianto. Preparare il terriccio per la crescita vegetativa (vedi "terreno"), preparare i nuovi contenitori (5 litri di terriccio saranno sufficienti per poco più di un mese, fino all'inizio della fioritura) ricordandosi di mettere sul fondo 2-3 cm di argilla espansa (quella per giardinaggio, non quella per edilizia che è piena di depositi carboniosi) per un buon drenaggio e di utilizzare un sottovaso per ogni singolo vaso: ogni pianta avrà differenti esigenze di irrigazione, ed è molto meglio un controllo individuale per evitare marciumi e prevenire alterazioni del PH. Il sottovaso eviterà che ad ogni irrigazione si bagni e sporchi il pavimento del locale di crescita.
Per evitare di rompere le radici,
bagnare bene il terriccio dove si trovano le piantine, in modo che non si
sgretoli, si prepari nel nuovo vaso una buca delle stesse dimensioni del vaso
dove si trova la piantina (con un vaso vuoto della stessa dimensione del vecchio
si fa un buco perfetto: non pressare il terreno, ma estrarlo a mano) e si
depositi delicatamente il pane di terra nella buca, facendo attenzione che il
margine superiore del vecchio terreno coincida con il nuovo. Sarà meglio
aspettare almeno un giorno ad irrigare, per stimolare le radici alla ricerca di
acqua. In questo periodo (circa un mese) potremo continuare ad usare le lampade
fluorescenti, ma con l'utilizzo di lampade agli ioduri metallici o al sodio
bianche si avrà sicuramente una maggiore praticità ed una migliore illuminazione
di tutta la pianta (le lampade fluorescenti hanno poca intensità per illuminarne
appieno la parte inferiore). Più ore di luce si daranno alle piante, più
velocemente cresceranno, ma abbiamo già visto che un periodo di "notte" é
necessario per la migrazione dei prodotti di rifiuto delle piante: 18 ore di
luce e 6 di buio sono il massimo periodo di luce incontrato in natura dalla
canapa e permettono la migliore e più sana crescita. L'intensità della luce
dovrà andare da un minimo di 30000 lumen ad un massimo di
50000.
Durante la crescita le piante abbisognano
di grandi quantità di azoto, non dovendo mai mancare comunque anche gli altri
elementi. Oltre a quello presente nel terreno, bisognerà fornire nutrimento alle
piante mischiando i fertilizzanti all'acqua di irrigazione. Non esagerare: è
molto più facile rimediare ad una carenza di nutrimenti che salvare le piante
dopo un'overdose di fertilizzanti. Un'ampia disponibilità di azoto favorisce una
più alta percentuale di piante femmine, ma potrà prolungare la fase vegetativa.
Una sana, costante e progressiva crescita è indice di buona disponibilità di
fertilizzanti. Carenze nutrizionali potranno manifestarsi con clorosi fogliare
(le foglie impallidiscono e seccano), ritardi nell'accrescimento e minor
resistenza alle malattie e ai parassiti.
La
temperatura dell'aria sarà fra i 20 e i 25 ac. Il ricambio dell'aria sarà
indispensabile, e garantito da un estrattore che cambi tutta l'aria del locale
ogni 5 minuti (ad es., per un locale di 30 m. cubi è necessario un estrattore
con una capacità di almeno 400 m. cubi/ora). Un ventilatore servirà ad
irrobustire gli steli delle piante, ad aumentare l'evapotraspirazione e a
combattere muffe e parassiti.
Il periodo di
crescita vegetativa dovrà durare almeno 45 giorni dal momento dell'emergenza
delle piantine, se no si avrebbero difficoltà di fioritura. Trascorso
questotempo si possono far fiorire le piante, oppure si può cercare di
determinarne il sesso, mantenendole in fase vegetativa (attenzione però che non
crescano troppo operazione più utile se si decide di trapiantare outdoor solo
piante femmine, dopo averle acclimatate gradatamente agli ultravioletti del
sole, o se si vogliono ricavare piante madri).
Le
piante coltivate indoor devono poter crescere e fiorire il più rapidamente
possibile, essere indenni da parassiti e malattie e occupare uno spazio
ristretto: per questi motivi sarà molto meglio evitare qualunque intervento di
potatura, a parte l'asportazione di parti di pianta eventualmente malate o
danneggiate e quella eventuale di rami più bassi che non si sono potuti
sviluppare.
Esiste ancora la credenza errata, da
parte di alcuni coltivatori, che l'asportazione delle foglie grandi dia una
miglior illuminazione alle parti interne delle piante e quindi una miglior resa
in fiori. NON BISOGNA MAI TOGLIERE LE FOGLIE se non secche o malate. La foglia é
il polmone della pianta e la sua presenza é indispensabile. Togliendo le foglie
si avrebbe come risultato soltanto una fioritura precoce ed un nanismo nei
fiori. Le foglie, lasciate intatte, al momento della maturazione ingialliranno e
cadranno da sole. A questo punto le sostanze nutritive presenti nelle foglie
saranno emigrate nelle infiorescenze. I fiori potranno svilupparsi e accrescere
di gran lunga la resa finale. Al massimo, come per molti frutti, si possono
togliere le foglie grandi qualche giorno (max. 3-5) prima della raccolta, per
favorire la completa maturazione delle infiorescenze
interessate.
Alla fine della fase di crescita, se
da seme, le piante avranno bisogno di un area di almeno 25-30 cm di lato
cadauna. Questo significa che potremo avere da 9 a 16 piante per metro quadrato.
In un'area più piccola le piante si allungherebbero eccessivamente alla ricerca
di luce e non -potrebbero sviluppare rami
laterali.
Se le piante proverranno da talee,
potranno essere messe in fioritura anche subito dopo la formazione delle radici
(quindi potremo tenere più piante nello
stesso spazio, fino a 36 per metro
quadro), ma, per avere una fioritura copiosa senza dover "pompare"eccessivamente
le piante con fertilizzanti é meglio aspettare che le
talee raggiungano
dimensioni tali poter reggere abbondanti un mese).
Lo scoprire in anticipo il sesso delle nostre piante ci
sarà utile L soprattutto nel caso decidessimo di avere delle piante madri. Si
dice
"pianta madre" una pianta femmina mantenuta in stadio vegetativo (18 ore
di luce e 6 di buio) allo scopo di ricavarne talee (cloni), che saranno piante
uguali nelle loro caratteristiche alla loro
"madre".
Ci potrà anche essere utile conoscere il
sesso delle piante nel caso avessimo deciso di trapiantarle in serre o in
esterni, per risparmiare spazio, tempo e lavoro, ritrovando ci con solo piante
femmine, e per garantirci una produzione di "sinsemilla" senza dover controllare
costantemente le piante fino alla sicura
fioritura.
Nella coltivazione indoor, nel caso di
ambienti di crescita e fioritura separati, il poter introdurre nella camera di
fioritura soltanto piante femmine sarà anche un grosso risparmio di energia
elettrica, oltre ai vantaggi già menzionati.
Nel
caso di un ambiente unico invece, si metteranno in fioritura tutte le piante e
si separeranno i maschi non appena si potrà riconoscerne il sesso. Con questo
sistema le piante femmine rimarranno anche più piccole, entrando in fioritura
prima (in ambienti piccoli a volte è necessario), ma avranno la possibilità di
sviluppare buone cime dai rami, trovando spazio dopo l'eliminazione dei
maschi.
Per poter conoscere il sesso delle piante
prima che fioriscano, bisognerà tagliare una porzione di pianta (generalmente un
ramo, ma a volte può essere utile tagliare la cima), e far fiorire quest'ultima.
Sarà sempre meglio avere due talee da ogni pianta, nel caso una non sopravviva.
Si può aspettare che le talee producano le prime radici sotto a lampade
fluorescenti per 18 ore e poi farle fiorire, oppure metterle direttamente a 12
ore di luce e 12 di buio, meglio se per i primi 15 giorni con illuminazione a
tubi fluorescenti da 2000-3000 °K e poi sotto a lampade al
sodio.
Con la comparsa dei primi fiori nelle
talee si potrà capire il sesso delle madri, isolare o eliminare i maschi e
mettere in fioritura soltanto piante femmine.
Se
dovessimo mettere l'intera pianta in fioritura per riconoscerne il sesso e poi
riportarla in fase vegetativa (ad es. per trapianti in esterni), la pianta
stessa avrebbe i cicli sconvolti, facilmente avrà dei ritardi nella maturazione,
da ogni fiore potrà partire un ramo (la pianta si troverebbe a produrre
moltissimi rami, ma non avrebbe più la forza ne il tempo di avere infiorescenze
accettabili), e il raccolto finale sarebbe di molto inferiore.
Una volta determinato il sesso delle talee e quindi
delle rispettive piante di provenienza, si potranno isolare o distruggere i
maschi e mettere le femmine in fioritura, oppure utilizzarle per la produzione
di talee.
Una pianta madre può essere mantenuta
in stadio vegetativo (18/6 ore) per anni, e può fornire migliaia di talee
(quando si taglia da una madre una porzione di ramo per avere una talea,
lasciare sempre una porzione di ramo con almeno una foglia attaccato alla
pianta, porzione da cui partiranno nuovi rami per avere nuove
talee).
Una pianta madre necessita di uno spazio
notevole, almeno un metro quadrato. Sarà necessario usare una lampada a ioduri
metallici o al sodio bianca, perché la luce possa arrivare in profondità; e sarà
bene che le piante madri abbiano una buona riserva di nutrimenti, realizzabile
con un trapianto in mastelli da 50-150 litri.
Le
esigenze di fertilizzanti delle madri saranno alte, soprattutto in azoto,
dovendo rimpiazzare continuamente con nuovo materiale le parti
asportate.
Le piante madri possono rimanere più
facilmente vittima di parassiti, soprattutto perché rimarranno negli ambienti di
crescita molto più a lungo. I trattamenti contro le infestazioni (usate in ogni
caso solo rimedi naturali e sempre il meno possibile) in questa fase sono
possibili, il materiale che ci interessa verrà prodotto dalle piante solo in
seguito. Un infezione da virus si potrà propagare attraverso i tagli, ed in
questo caso la pianta potrebbe anche morire. Una pulizia estrema degli ambienti
e degli attrezzi di lavoro é, in questo caso, più che mai
necessaria
Possono essere prodotte anche piante
padre, per avere polline per gli incroci futuri, ma spesso i maschi raggiunta
una certa età (da 2 a 6 mesi) fioriscono, indipendentemente dal fotoperiodo.
La canapa é una pianta che si presta bene alla
produzione di talee: L radica facilmente e con una discreta velocità. Bisogna
soltanto seguire alcuni accorgimenti, particolari per questa fase di vita delle
nostre piante.
La talea si ha tagliando una
porzione di pianta madre e facendo sì che produca radici. Tutte le piantine
(cloni) ricavate da una pianta madre avranno le stesse caratteristiche del
genitore, le stesse qualità e le stesse esigenze. Se le condizioni di crescita
saranno esattamente uguali a quelle della madre avremo piante uguali, ma poiché
la canapa é una pianta che si adatta molto facilmente, condizioni diverse,
diverso terreno, illuminazione, temperatura o fertilizzanti, produrranno piante
che potranno essere anche molto dissimili fra
loro.
Le piante da cui dovranno essere tagliate
le talee dovrebbero avere almeno 6-7 settimane di vita, dei rami
sufficientemente sviluppati, essere in fase vegetativa (18 ore di luce e 6 di
buio) o, al massimo, aver visibili i primissimi fiori (massimo 15 giorni
dall'inizio della fioritura, se no farebbero poi fatica a tornare in fase di
accrescimento vegetativo e potrebbero "impazzire") e assolutamente prive di
parassiti.
Le radici vengono prodotte più
-facilmente se i tessuti vegetali delle 10stre talee sono ricchi di carbonio ~
poveri di azoto. Più il ramo é vecchio e più é ricco di carbonio, quindi i rami
bassi saranno i migliori per Il nostro scopo (tagliare i rami più bassi é spesso
anche una buona pratica colturale per permettere un maggiore afflusso di linfa
alle infiorescenze superiori, sicuramente di migliore qualità che le "cime" dei
rami più bassi); se il ramo é troppo vecchio inizia a lignificare e la
produzione di radici é più difficile.
Essendo
spesso le piante in piena crescita vegetativa, i loro tessuti saranno anche
ricchi di azoto, essendo questo l'elemento nutritivo di cui le piante
abbisognano di più per la costruzione di nuovo materiale. Un abbassamento del
tenore di azoto si ottiene cessando la somministrazione di fertilizzanti qualche
giorno prima di procedere al taglio dei rami, e lavando (con uno spruzzatore)
con acqua pura ripetutamente e per questi giorni i rami che verranno
tagliati.
Se si fanno talee per il riconoscimento
del sesso delle loro piante madri, sarà necessario un contrassegno uguale per la
madre e per le sue figlie, pratica utile in ogni caso.
Tagliare con un rasoio
o con un coltello bene affilato la parte terminale (8-10 cm) di un ramo,
staccare le foglie più basse e mettere le talee immediatamente in acqua tiepida
(se dovesse entrare dell'aria nella parte di ramo appena tagliato, la talea
potrebbe morire).
Per stimolare la formazione
delle radici si possono usare prodotti a base di ormoni per talee erbacee (da
prove eseguite a Bologna dall'Istituto sperimentale per le colture industriali
sembra che dei due ormoni radicanti, chiamati IBA e NAA, solo l'IBA sia
efficace. Nelle stesse prove, fra le piante non trattate con ormoni non si é
avuta alcuna radicazione. Molti coltivatori con esperienza non utilizzano alcun
ormone, o prodotti con solo NAA, il più comune in commercio, ed hanno una
percentuale altissima di radicazione). Un trucco per mantenere le parti di
pianta in vita per qualche giorno in più e quindi dare loro più possibilità di
emettere radici può essere l'utilizzo di acqua in cui saranno rimasti a bagno
per un paio di giorni rametti giovani di salice, tagliati a
pezzetti.
Se si utilizza un ormone radicante, é
meglio sia in forma liquida piuttosto che in polvere, si eviterà più facilmente
un sovradosaggio. Sono in commercio anche nuovi prodotti ormonali a base di gel,
utili per evitare sovradosaggi e occlusioni del ramo da
radicare.
Sistemare poi la talea nel terreno di
crescita. Si può usare terriccio leggero, torba, sabbia, perlite, argilla
espansa (pure o mischiate in proporzioni variabili), oppure lana di roccia o
terreno artificiale. La lana di roccia ed il terreno artificiale hanno
caratteristiche ideali per la radicazione: sono sterili, a PH neutro,
trattengono molta aria (l'ossigeno é necessario per la formazione delle radici)
ma sono spesso trattati chimicamente e tossici per la nostra salute; in
particolare la lana di roccia, usata dalla stragrande maggioranza dei
coltivatori, é altamente cancerogena se inalata. Un buon terriccio specifico per
taleaggio, mischiato con il 40-50% di perlite e pochissima cenere di legna
perché il PH non diventi acido, o una mistura in parti uguali di perlite e
vermiculite, daranno ottimi risultati.
É
necessario in ogni caso che il terreno si possa mantenere umido ma al contempo
ben aerato e abbia una reazione neutra. Molto importante sarà mantenere alta
l'umidità dell'aria (almeno l'80%), finché non si saranno formate le radici.
Sarà utile spruzzare spesso le foglie, per favorire l'assorbimento dell'acqua
attraverso gli stomi fogliari.
La temperatura dell'aria e del terreno
sarà di 22-24 °C: temperature maggiori farebbero allungare troppo le piantine e
favorirebbero la formazione di muffe, temperature minori non permetterebbero una
rapida formazione delle radici, con gravi conseguenze per la sopravvivenza delle
giovani talee. É meglio che il terreno sia leggermente più caldo
dell'aria.
Esistono in commercio "scatole di
germinazione" (microserre) che possono essere di aiuto per la formazione delle
piantine.
La luce, almeno fino alla formazione
delle radici, sarà fornita dalle lampade fluorescenti (18 ore di luce e 6 di
buio), con una gradazione di colore dai 4000 °K in su (esistono lampade
fluorescenti "da serra" a luce azzurroverde, da 9000 °K, ottimi per la
produzione di talee) mantenute ad una distanza di almeno 30-40 cm dalle cime
delle piante. Non usate lampade a scarica in questa fase, perché inaridirebbero
troppo l'aria e farebbero seccare e morire le
piante.
L'acqua di irrigazione dovrebbe essere
sempre fornita dal sottovaso, per evitare di schiacciare il terriccio e
permettere alle radici di avere più aria. Vediamo in sequenza le operazioni
necessarie per preparare una talea:
Durante la fase di radicazione alle talee potranno
essere utili piccole quantità di fertilizzante ad alto tenore di fosforo;
durante la crescita e la fioritura le esigenze di nutrimenti saranno le stesse
che per le piante nate da seme
Una talea é spesso
più ramificata e più piccola di una pianta da seme. Per questa ragione si
possono utilizzare più piante per metro quadrato: alla fine della fioritura, da
9 fino a 25.
In genere un raccolto di piante
ricavate da talee é più abbondante che da piante nate da semi, sia per la
maggiore uniformità degli individui sia perché spesso le piante madri hanno
diversi mesi, ed un individuo in piena maturità fiorirà meglio e più rapidamente
di uno giovane.
Se le talee vengono lasciate
crescere a sufficienza, si possono da queste ricavare nuove talee, e così di
seguito, teoricamente all'infinito. Ad ogni taglio, attenti alle infezioni da
virus (disinfettare sempre il materiale usato).
La fioritura sarà la fase più importante della vita
delle nostre piante. In natura questo periodo potrà durare diversi mesi, ma
indoor saranno importanti tempi molto più rapidi, fra le 7 e le 12 settimane al
massimo. Il fattore principale che influenza l'entrata in fioritura della canapa
é il fotoperiodoalternanza di ore di luce e
buio).
All'aperto il fotoperiodo e i cambiamenti
stagionali sono determinati dalla latitudine. Nell'emisfero Nord, dal tropico in
su, il giorno comincia ad essere più lungo della notte dopo l'equinozio di
primavera (21-23 marzo, tempo per la semina), e le ore di luce continuano ad
aumentare fino al solstizio d'estate (21-23 giugno, 15-18 ore di luce al giorno
andando verso Nord).
In luglio le giornate
ricominciano ad accorciarsi, e la canapa comincia a fiorire e a produrre resina.
Con l'accorciarsi delle giornate le piante aumentano la produzione di fiori, la
produzione di THC aumenta fino ad un periodo di massima concentrazione in
ottobre e novembre, dopo l'equinozio d'autunno (21-23 settembre, 12 ore di luce
e 12 di buio, fotoperiodo che stimola una maturazione completa delle
infiorescenze nella maggior parte delle varietà di cannabis). Quando la luce del
giorno comincia ad essere meno di lO ore (dicembre) la produzione di resina
rallenta e si arresta.
Le varietà da resina
importate da zone subtropicali ed equatoriali, soggette ad un ciclo di luce e
oscurità quasi costante, con piccoli cambiamenti durante l'anno, spesso iniziano
a fiorire dopo l'equinozio autunnale, perché abituate a non più di 13 ore al
giorno. La fioritura della canapa dipende non dalla lunghezza del giorno, ma
dalla durata della notte. Interruzioni anche brevissime della fase di oscurità
porterebbero a ritardi, allungamento delle infiorescenze (invece di essere
compatte), interruzione della fioritura e fenomeni marcati di
ermafroditismo.
In natura l'allungarsi della
notte é progressivo, ma nelle coltivazioni in interni un cambiamento brusco, con
il passaggio immediato da 6 ore a 12 di oscurità, stimolerà una fioritura più
rapida (ricordiamoci sempre che indoor la rapidità dei cicli di sviluppo é un
fattore molto importante) ed un altrettanto rapida
maturazione.
Per la fioritura le esigenze delle
piante cambieranno: una luce con più rosso nello spettro (2-3000 °K) stimolerà
una maggior produzione di fiori e la formazione di infiorescenze più compatte.
L'intensità della luce stessa potrà arrivare a 50000 e più lumen per metro
quadrato (altro fattore che aumenta il metabolismo delle piante e quindi
accelera la fioritura e la rende più cospicua). Le lampade migliori sono quelle
ad alta pressione di sodio (la miglior resa attualmente é data dalle lampade da
600 Watt).
Riguardo alle esigenze in nutrimenti,
ricordiamoci che un'ampia disponibilità di fosforo é necessaria per la
formazione dei fiori e ne accelera la maturazione, mentre l'azoto, sempre
necessario per la costruzione di nuovo materiale, rallenta la maturazione. Sono
necessarie anche ampie disponibilità di potassio (alcune teorie dicono che un
eccesso di potassio potrebbe diminuire la produzione di THC, ma sicuramente una
sua carenza provocherebbe danni anche gravi a tutta la pianta, con una grossa
diminuzione della resa). Non utilizzare alcun fertilizzante nelle ultime 2-3
settimane di maturazione delle infiorescenze: ne risentiranno fortemente l'aroma
ed il sapore delle stesse. (Nella coltivazione idroponica si dovrà usare un
fertilizzante specifico -coi valori di EC della soluzione nutritiva non
superiori a 1.5 -1.8 -fino a due o tre giorni prima del raccolto, e solo acqua
fino al raccolto).
Per evitare di usare
(relativamente) grosse quantità di nutrimenti aggiunti, sarà molto meglio, con
un rinvaso in contenitori più grandi, fornire alle piante all'inizio della
fioritura (subito dopo la determinazione del sesso), almeno lO litri in più di
terriccio preparato e ricco di nutrimenti organici (vedi cap.
"terreno").
L'umidità relativa dell'aria dovrà
cambiare, essendo necessario per una rapida e sana formazione di fiori un clima
secco: un massimo del 50-60% ed un ricambio ed una ventilazione continui (in
molti casi sarànno necessari anche di notte) eviteranno la formazione di muffe e
molte infestazioni da parassiti. La temperatura dell'aria potrà essere
leggermente superiore che in fase di crescita vegetativa durante il giorno. Al
contrario, di "notte"sarà bene sia decisamente inferiore (fra i 10 e i 15
gradi). In natura sembra che le notti fredde, associate a giornate tiepide e
soleggiate, con aria secca, stimolino le piante ad aumentare la produzione di
resina.
Le ditte produttrici di semi di cannabis
ci dicono che la maggior parte delle varietà adattate per la crescita indoor
hanno tempi di fioritura e maturazione fra le 6 e le lO settimane; questo é un
periodo di tempo ideale per una maturazione commerciale. Per una maturazione
completa delle infiorescenze, fino alla caduta dei pistilli e all'ingrossamento
dei calici, in genere occorrono almeno 2 settimane in più del tempo
consigliato.
La canapa é una pianta dioica, ciò
significa che ci sono individui maschi e individui femmine, che porteranno
rispettivamente fiori maschili e fiori femminili. Talvolta si incontrano
individui ermafroditi (più spesso nelle coltivazioni
indoor).
Il primo segno della fioritura della canapa é
l'apparizione, sulla parte superiore delle piante, di fiori allo stato
embrionale, indifferenziati, sullo stelo principale, all'intersezione diquesto
con le foglie, dietro alla stipola.
NelIo stadio
preflorale il sesso della canapa é irriconoscibile (non credete a chi pensa di
poter riconoscere una pianta maschio da una femmina prima che su
queste
appaiano dei fiori!).
Quando appaiono, i fiori
embrionali sono indifferenziati; ma presto quelli maschi potranno essere
riconosciuti per la loro forma iniziale curva, e poco dopo appariranno come
piccoli boccioli rotondi, appuntiti, con cinque scanalature, che sono uniti
allo stelo per mezzi di un minuscolo gambo.
I
fiori femminili sono riconoscibili dall'ingrossamento dell'embrione, che
diventerà un calice tubolare, a punta, da cui spunteranno presto due pistilli
bianchi, a volte gialli, rosa o rossi.
Questi
pistilli hanno la funzione di catturare il polline maschile, portato dal vento,
per l'impollinazione dell'ovulo femminile che si trova dentro al calice. I
pistilli sono fertili
(possono "catturare" il polline maschile) finché sono
bianchi. Quando diventano secchi e rossi, il fiore non può più essere
impollinato.
Il calice si ricoprirà
progressivamente di tricomi ghiandolari (in realtà é la fogliolina intorno al
cali ce, brattea, a ricoprirsi di resina, ma per comodità in genere si usa il
termine "calice" per intendere l'insieme del singolo fiore) e si formeranno,
l'uno vicino all'altro, sempre più fiori.
Queste
"infiorescenze" avranno tempi di maturazione diversi, a seconda della posizione
sulla pianta, e quindi della possibilità di ricevere più o meno luce. Per essere
sicuri del sesso delle piante bisogna attendere fino alla formazione dei primi
fiori riconoscibili, dai 5 ai 20 giorni, a seconda del l'età e varietà delle
piante. I primi fiori saranno nella parte superiore della pianta, sugli interno
di appena al di sotto del ciuffo di foglioline
apicali.
Senza l'intervento del l'uomo, alcuni
giorni dopo la loro formazione, si apronoi i fiori delle piante maschili e
vengono rilasciati milioni di grani di polline che, trasportato dalle correnti
d'aria (il polline di cannabis può volare per decine di chilometri!), andrà ad
attaccarsi ai pistilli che escono dai fiori femminili, rendendo questi ultimi
fertili. Se si vuole una produzione di "sinsemilla" bisogna quindi eliminare i
maschi prima che i fiori maschili si aprano.
Dal
momento della fertilizzazione nel calice femminile comincia a formarsi il seme e
si ha la caduta dei pistilli; al seme occorrono dai 20 ai 40 giorni per
maturare, e alla fine il calice si apre completamente e il seme cade sul
terreno.
Il sesso delle piante é determinato
genetica mente, ma durante la crescita possono verificarsi condizioni che
favoriscono la decisione delle piante di diventare maschi o femmine. Si leggono
tante teorie, spesso contrastanti, per stiulolare questa "decisione". Le
variabili possono essere tante; ad esempio se aumento la temperatura, aumenterà
anche l'evapotraspirazione, ci sarà una maggiore umidità dell'aria ma la terra
seccherà prima e ci sarà più bisogno di acqua. Al contrario se diminuisco la
temperatura la terra rimarrà bagnata più a lungo e per certi terricci (ma non
tutti) il PH tenderà a diventare acido. Per esperienza posso affermare che più
le piante stanno bene, meno stress hanno ricevuto, più si avvicinano
all'ottimale le condizioni ambientali, e più probabilità ci saranno di avere
piante femmine; ogni problema nella crescita e nell'ambiente favorirà la
decisione delle piante di diventare maschi (per esperienza ripetuta negli anni
posso anche affermare che un aumento della disponibilità di azoto prima della
fioritura accresce la percentuale di femmine; ma ritarda la formazione dei
fiori, favorendo l'accrescimento della pianta, entrambi fattori indesiderabili
per la coltivazione in interni).
Ricordiamo che
una percentuale di maschi leggermente superiore alle femmine é normale, e che,
visto che nella maggior parte dei casi si lavora con un numero di piante
limitato, si può anche essere semplicemente sfortunati. Percentuali di maschi
fino ad oltre il 60% non significano necessariamente che si é sbagliato
qualcosa.
Sicuramente l'etilene, gas prodotto
dalla combustione o dalla fermentazione dei vegetali stimola la formazione di
fiori femminili e a volte ne accelera la maturazione (a volte la impedisce!), ma
non é una buona idea accendere un fuoco o introdurre vegetali marci e con
formazione di muffe nella nostra piantagione.
Il
ritmo di luce e buio di 12/12 ore si potrà mantenere invariato fino alla
raccolta. Se si ha necessità di una più rapida maturazione (ad es. nel caso di
presenza di parassiti, o per ragioni personali) si possono aumentare a 14 le ore
di oscurità, dopo almeno il primo mese di fioritura: le infiorescenze saranno
pronte fino a due settimane prima, ma il raccolto finale sarà di quantità
decisamente inferiore.
Dopo 5-20 giorni dal
cambio del ritmo luce/buio (da 18/6 a 12/12), a seconda dell'età e della varietà
delle piante, queste entreranno in fioritura (che si potrà prolungare per 6-12
settimane, a seconda della varietà e dei gusti personali del
coltivatore).
A questo punto, se le piante sono
nate da semi, si potranno riconoscere ed eliminare i maschi, per avere un
raccolto di "sinsemilla". Le femmine rimaste potranno essere trapiantate in vasi
più grandi, che contengano circa lO litri in più di terriccio (un quantitativo
maggiore permetterebbe alle piante di crescere spesso esageratamente rispetto
alle possibilità dell'ambiente; nella maggior parte dei casi si utilizzano vasi
più piccoli, ma bisognerà poi fornire alle piante in fioritura molto più
fertilizzante, che nelle ultime fasi di vita delle piante potrebbe modificarne
pesantemente il gusto.)
Durante la fioritura é
importante che l'oscurità sia assoluta (non ci devono assolutamente essere
infiltrazioni di luce o "visite" alla piantagione in queste ore, nemmeno per
pochi secondi e con luce molto bassa). In caso contrario le piante potranno
rallentare o interrompere la fioritura e mostrare fenomeni di
ermafroditismo.
Se provenienti da seme, é
consigliabile mantenere le piante in fase vegetativa per almeno 6-7 settimane
dall'emergenza dei germogli dal terreno, perché se troppo giovani faticheranno a
fiorire (e si allungheranno esageratamente). Se provenienti da talea, ed essendo
quindi comunque parti di pianta adulta, potranno essere poste in fioritura in
qualunque momento dopo la formazione delle radici; In genere si lasciano
crescere per circa un mese per avere delle piante di dimensioni decenti.
La miglior produzione di resina, come qualità e come
quantità, si ha eliminando le piante maschio prima dell'apertura dei fiori e il
conseguente rilascio di polline, per non permettere alle piante femmine di
essere fertilizzate e quindi di produrre semi. "Sinsemilla" è un parola spagnola
che significa "senza semi".
La resina si forma
principalmente sui fiori femminili; se non fertilizzata la pianta femmina
continuerà a produrre nuovi fiori e in essi si formeranno sempre più tricomi
ghiandolari. Questo processo può durare, a seconda delle varietà, delle
condizioni climatiche e della disponibilità di sostanze nutritive nel terreno,
fino a quattro e più mesi (le condizioni e le varietà utilizzate in indoor ci
permettono di avere piante al massimo della maturazione dopo poco più di due
mesi di fioritura). Se non fertilizzato, il fiore comincerà comunque ad
ingrossarsi, ricoprendosi sempre più di resina fino all'eventuale senescenza e/o
morte. I pistilli si essiccheranno e, all'ingrossamento del fiore,
cadranno.
Se le piante femmine non vengono
impollinate, e quindi non producono semi, la quantità di resina presente sulle
infiorescenze sarà molto maggiore, e le infiorescenze stesse potranno essere
composte da molti più fiori, quindi essere più grandi. Questo perché nel momento
della fioritura le sostanze nutritive sono dirette soprattutto alle formazioni
di fiori, per permettere la rapida formazione e maturazione dei semi, per
assicurarsi la continuazione della specie.
Con
l'intervento del coltivatore che elimina i maschi, questi nutrimenti
ingrosseranno le parti dove sono diretti e, visto che in queste parti sarà
iniziata la produzione di resina, questa produzione continuerà, fino ad
esaurimento della forza della pianta nel trasporto e utilizzo delle sostanze
nutritive
Per "ermafrodita" si intende un individuo che
possiede caratteri sessuali sia maschili che
femminili.
Nella canapa si trovano, sia allo
stato naturale, sia coltivata, diversi gradi e varianti di piante ermafrodite
(ricordiamoci che comunque sono un eccezione). Possiamo incontrare piante maschi
che portano pochi fiori femminili (spesso sterili) insieme a quelli maschili,
piante in cui si sviluppano prima i fiori maschili e in seguito, sopra, quelli
femminili (queste piante non sono sterili e vengono utilizzate per uniformità di
raccolto nelle piantagioni industriali, ma si é visto che sia la resa -in fibra,
canapulo o semi sia la qualità sono inferiori alle migliori varietà
tradizionale, e la caratteristica di ermafroditismo scompare, per la maggior
parte delle piante, già nella generazione successiva. Sono piante buone solo per
le ditte produttrici di sementi, perché obbligano il produttore di canapa a
comprare tutti gli anni il seme). Possiamo vedere piante femmine prima,
riempirsi di fiori maschili dopo, a volte fiori maschili che escono dai calici
delle femmine, fiori maschili all'attaccatura delle foglie con il fusto e "cime"
femminili, e tutte le variazioni
possibili.
Spesso, dopo uno stress di qualunque
tipo, le piante femmine mostrano fenomeni più o meno marcati di
ermafroditismo.
Una pianta ermafrodita può essere
molto pericolosa in mezzo ad altre femmine: i fiori maschili che porta é facile
siano fertili e potrebbero impollinare. rapidamente tutte le femmine vicine e
rovinare un raccolto di sinsemilla o un tentativo di incrocio o
selezione.
A volte alcune piante femmine non
inseminate, in fioritura avanzata, si "accorgeranno" della mancanza di maschi e,
se in buona salute, in uno
sforzo finale produrranno alcuni fiori maschili,
che potranno impollinare quelli femminili, sia della stessa pianta che di quelle
vicine e far loro produrre dei semi. In queste piante é dominante il gene
femminile, e dai semi che produrranno le piante impollinate dai loro fiori
maschili nasceranno (in condizioni ottimali di crescita) quasi tutte piante
femmine, più alcuni individui ermafroditi.
Questa
caratteristica viene sfruttata da ditte produttrici di sementi selezionate per
proporre ai loro clienti semi che produrranno solo piante femmine. Il risultato
può essere eccellente, ma attenzione: alla fine della fioritura su molte piante
compariranno fiori maschili, che potranno impollinare velocemente tutte le
piante vicine. Non utilizzate mai semi di piante dimostratesi ermafrodite:
daranno una progenie instabile in quanto a tratti caratteristici e numerosi
individui ermafroditi in diversi gradi.
Il momento della raccolta delle varietà di canapa da
resina può variariare a seconda delle varietà stesse e della qualità di resina
desiderata. E importante, per poter decidere quale sarà il momento migliore
della raccolta, avere una visione di come si formano e si degradano i vari
cannabinoidi, sostanze aromatiche proprie ed esclusive della canapa, presenti
soprattutto nella resina, fra cui si trovano i costituenti psicoattivi THC, CBD,
CBN.
La diversità di effetto delle diverse
varietà di canapa dipende in massima parte dalle differenze della percentuale di
cannabinoidi presenti.
Il THC,
tetraidrocannabinolo, é il costituente psicoattivo di maggior importanza, ed ha
un azione sinergica con le quantità di CBD (cannabidiolo), CBN (cannabinolo) e
altri cannabinoidi presenti.
Nello schema vediamo
come il CBD si trasformi in THC, e questo si degradi poi in CBN. Recenti studi
ipotizzano che il THC si formi direttamente dal CBG (cannabigerolo, stimato non
psicoattivo), e che degradandosi produca sia CBN che
CBD.
Esistono due tipi di isomeri del THC: D-1
THC (in diverse nomenclature é nominato D-9 THC), e il D-6 THC (oppure D-8 THC),
presente in piccole quantità. Sembra che il D-6 THC abbia meno potenza del D-1
THC, ma effetti diversi, e sia più stabile. Il D-1 THC si degrada più
rapidamente. Sembra anche (vista la sua percentuale maggiore in campioni più
vecchi) che il D-6 THC si formi dalla lenta isomerizzazione del ~-1 THC. Il ~-1
THC può costituire, a seconda delle varietà e dei tempi di maturazione, fino al
90% dei cannabinoidi presenti.
Il CBD (fino al 50% dei cannabinoidi)
ha di per sé un'azione psicoattiva limitata, ma può reagire con il THC e
modificarne il suo effetto, specialmente in forma più
sedativa.
Anche il CBC (cannabicromene, presente
in quantità limitate, fino ad un 20% max.) può interagire in sinergia con il THC
e alterarne l'effetto. Sicuramente il CBN, prodotto primario di degradazione del
THC, ha un'azione sinergica con il THC stesso e ne aumenta gli effetti
"fisici".
In alcune varietà di cannabis esiste un
isomero del THC, il THCVtetraidrocannabivarolo, di solito in quantità ridotte,
ma a volte in percentuale maggiore del THC, fino all' 80% dei cannabinoidi
totali, di cui non si conosce molto, ma sembra provocare un "high" più allegro,
forse anche più rapido e più intenso negli
effetti.
La psicoattività totale é da attribuirsi
tanto alla somma dei cannabinoidi, quanto alle loro
percentuali.
I cannabinoidi si trovano
soprattutto nella resina secreta dai tricomi ghiandolari, che per la maggior
parte sono concentrati nelle brattee dei fiori femminili e nelle foglioline a
loro intorno. Vengono continuamente prodotti e continuamente si degradano. Un
segnale del termine della produzione di cannabinoidi é il cambiamento
dell'aspetto della resina, che da trasparente diventa prima translucida, poi
opaca. Una resina trasparente chiara, bianca o di un leggero colore ambrato,
indica che la sua produzione é ancora in corso. Q!1ando incomincia a
deteriorarsi, diventa translucida e poi opaca, di colore
marrone.
Il momento migliore per il raccolto sarà
quando ci sarà la massima quantità di resina, prima che cominci a deteriorarsi
troppo. Un buon metodo di controllo si può ottenere con un microscopio tascabile
da 30x, ma ricordatevi di controllare anche dentro alle infiorescenze, perché
sicuramente la resina presente sulle parti esterne (soprattutto nelle parti
superiori della pianta) verrà degradata molto più rapidamente a causa
dell'esposizione alla luce e al calore delle
lampade.
Siccome il THC presente nella resina si
converte continuamente in CBN e allo stesso tempo viene costantemente prodotto
(sicuramente dal CBG, probabilmente anche dal CBD), é importante raccogliere in
un momento in cui la percentuale di THC presente sia la maggiore possibile.
Alcuni coltivatori preferiscono raccogliere presto, quando la maggior parte dei
fiori é ancora provvista di pistilli e la pianta é nel momento del suo massimo
potenziale riproduttivo (se venisse impollinata). L'effetto psicoattivo é più
leggero, di minor durata e quasi esclusivamente
cerebrale.
Altri raccolgono il più tardi
possibile, quando ci sarà la maggior quantità di resina, e il suo effetto sarà
più forte e più esteso anche al resto del
corpo (più THC totale, ma meno in
percentuale rispetto agli altri cannabinoidi; più CBN totale e percentuale).
La raccolta delle infiorescenze
femminili, dove é concentrata la maggior parte di resina, può essere fatta in
due modi fondamentali: individualmente, tagliando le infiorescenze dal ramo (o
con il pezzo di ramo) al momento della maturazione desiderata; oppure tutte
assieme, estirpando o tagliando l'intera
pianta.
É da preferirsi, quando possibile, una
raccolta individuale (scalare), perché le formazioni di fiori non sono mai
mature allo stesso modo nello stesso tempo.
Nelle
coltivazioni indoor, soprattutto se si lavora con talee, c'é più uniformità di
maturazione e l'esigenza di non sprecare tempo, spazio ed energia elettrica: si
provvederà alla raccolta quando la maggior parte delle infiorescenze saranno
mature, tagliando le "cime" superiori pronte e lasciando il resto ancora per 8-
lO giorni al massimo (perché queste infiorescenze inferiori maturino rapidamente
sarà bene fornire loro 14 ore di buio e soltanto lO di luce, avvicinando le
lampade proporzionalmente alla lunghezza delle cime tagliate, per una maggiore
intensità di illuminazione).
La resa finale di
infiorescenze essiccate e pulite dalle foglie (se si è fatto un buon lavoro e si
sono scelte varietà adatte per la crescita indoor) potrà andare dai 200 ai 400
grammi per metro quadrato, o circa un grammo per Watt impiegato dalle lampade al
sodio.
Appena dopo la raccolta, i rami, le piante intere e
le sommità fiorite andranno appesi capovolti, con la parte superiore in basso,
ad una distanza sufficiente per permettere all'aria di circolare tra loro, e
all'ombra. La luce é la causa di più rapida degradazione dei cannabinoidi: per
questo é importante, dopo la raccolta, conservare sempre le nostre piante al
buio.
Essendo capovolte, le foglie presenti
coprono le infiorescenze e ne proteggono la resina. Meno le sommità fiorite
vengono toccate, meno resina viene asportata, e la nostra cannabis ne risulterà
migliore sotto ogni aspetto. Dopo la raccolta vengono rovinati più fiori per una
eccessiva manipolazione che per qualunque altra
causa.
Se presenti, eventuali parti di pianta
attaccata da muffe devono essere immediatamente separate dal resto del raccolto:
le spore delle muffe potrebbero propagarsi rapidamente e distruggere mesi di
lavoro e di attesa.
Attenzione: le muffe
presenti sulla cannabis possono essere tossiche e causare vari tipi di patologie
polmonari, da allergie a polmoniti. Sono particolarmente pericolose per persone
con problemi al sistema
immunitario.
Controllare sempre il materiale
che si sta per utilizzare, e -se contaminato da muffe
eliminarlo.
Il posto per l'essiccagione dovrà
essere ventilato, asciutto ed avere una temperatura fra i 15 ed i 25 gradi. Non
fate seccare le vostre piante negli stessi ambienti dove stanno crescendo altre
piante: oltre a rovinare con la luce quelle appena tagliate, ci sarà un forte
aumento dell'umidità dell'aria e si svilupperanno rapidamente muffe e parassiti
che attaccheranno tutte le piante presenti.
Sarà
bene che le nostre cime non asciughino troppo rapidamente: un'essiccagione lenta
dà alla canapa un miglior aroma, un gusto più armonioso e permette una maggior
maturazione complessiva. Dopo 10-20 giorni (a seconda della temperatura,
dell'umidità dell'aria e del volume delle infiorescenze), i rametti che portano
i fiori, se piegati, si spezzeranno facilmente. A questo punto i fiori saranno
abbastanza secchi da poter essere conservati senza il pericolo di sviluppare
muffe e funghi.
Deve rimanere nelle infiorescenze
circa il 10% di acqua. Se non viene mantenuta una certa quantità di acqua, la
resina perderà potenza e i fiori si
disintegreranno.
Si puliscano le cime da tutte le
foglie grandi e da tutte le foglioline che non siano ben cariche di resina: le
infiorescenze, se conservate insieme alle foglie, prenderanno l'odore di queste
ultime. Sarà bene fare questo lavoro di pulizia sopra ad un setaccio con i buchi
da 140-150 micron: sotto al setaccio si potrà raccogliere una resina (hashish
-vedi cap."derivati") di prima qualità.
La
conservazione delle infiorescenze può avvenire in vasi di vetro, che é il
miglior materiale per conservarne intatto l'aroma; oppure in sacchi di carta in
ambiente fresco e asciutto a 10+20°C e 50+70% di umidità relativa: in questo
modo, essendo possibile la traspirazione, sarà più improbabile lo sviluppo di
muffe e le sommità fiorite potranno sviluppare aromi e gusti non presenti in
precedenza. Un'infiorescenza, dopo la raccolta, non é più morta di quanto
potrebbe esserlo una mela. Durante l'essiccagione, e anche dopo essere stati
impacchettati e rinchiusi, i nostri fiori continueranno a maturare, come farebbe
una mela, ed eventualmente a decomporsi.
La
stagionatura successiva alla raccolta fa sì che la resina ed i cannabinoidi
finiscano di maturare, ed elimina il gusto, talvolta spiacevole, di "verde"
(dovuto alla clorofilla, altri pigmenti e alcuni terpeni, che si decomporranno).
Durante questo periodo si creano nuovi gusti e aromi, diversi dalle
infiorescenze fresche. Questo processo può durare da 2 a 6 mesi. In presenza
della corretta umidità e temperatura si ha una leggera fermentazione ("concia")
in cui parte degli amidi presenti si trasforma in zuccheri, rendendo il gusto
più morbido e meno acre.§
Si ritiene anche che la
biosintesi dei cannabinoidi possa continuare per un certo periodo dopo la
raccolta. La presenza di ossigeno nell'aria, di luce, di calore, causano una
lenta decomposizione del THC in CBN; quindi, quando la maturazione sarà completa
(a seconda dei gusti personali del coltivatore), le infiorescenze verranno
rinchiuse ermeticamente e riposte in luogo fresco o freddo e al buio. Qualcuno
propone di congelare le infiorescenze ma, al momento dello scongelamento, si
staccherà la resina molto più facilmente (buon sistema per ricavare
hashish).
Dopo l'essiccagione e la maturazione, i
nostri fiori di cannabis saranno pronti per essere usati, sia a scopo
sacramentale, che farmaceutico, salutistico o semplicemente
ricreazionale.
La cannabis é broncodilatatore
e espettorante: la "tosse" che spesso segue al fumare cannabis di buona qualità
(soprattutto pura, non mischiata a tabacco) non è indice di un' azione negativa
della sostanza: al contrario, con la tosse il nostro organismo cerca di
espellere sostanze estranee (polveri-catrame,
ecc).
L'azione di pulizia delle vie respiratorie
della cannabis si puo notare dall' osservazione dei polmoni di chi fuma la
sostanza pura (che avrà bisogno di tossire molto meno) rispetto soprattutto ai
polmoni di un fumatore di solo tabacco: il consumatore di cannabis piu
facilmente avrà le vie respiratorie pulite, rispetto al
tabagista.
Sicuramente il calore di ogni fumo
(anche della cannabis) può irritare e danneggiare le vie respiratorie, ma non ci
sono prove di correlazione fra il fumo di cannabis e danni polmonari; anzi
esiste una vasta letteratura medica a favore dell' uso della sostanza, anche
fumata, per la cura di numerose malattie.
L a massima produzione da un impianto indoor si ha
quando esiste la L possibilità di attrezzare più ambienti per le diverse fasi di
sviluppo
delle piante.
Ci dovrà
essere:
-un'area per le piante madri, di
dimensioni appropriate (soprattutto in altezza- almeno 3 metri per piante alte
poco più di 150 cm), illuminata per 18 ore al giorno da lampade a io duri
metallici da 1000 Watt ole al sodio da 600 (scegliete quelle con più emissione
di blu).
-Una zona per la radicazione delle talee
e i primi stadi di germinazione e di crescita delle piantine nate da seme,
generalmente ricavata con ripiani e scaffali nello stesso ambiente delle piante
madri, illuminata da tubi fluorescenti a luce bianca o azzurro-verde, e con
condizioni di umidità maggiore, che si ottengono con l'uso di fogli di plastica
trasparente davanti agli scaffali.
-Un'ambiente
per la crescita vegetativa, illuminato da lampade a ioduri metallici al al
sodio, che sia di dimensioni pari ad almeno la metà di quello di
fioritura.
-Ed infine un ambiente dove le lampade al sodio "sparino"
all'incirca 50000 lumen per metro quadrato per 12 ore al giorno. In questo
stesso ambiente, o in altro separato, si possono utilizzare scaffali illuminati
da lampade fluorescenti con luce rossa, anche qui per 12 ore, per determinare-
tramite talee -il sesso delle piante da seme.
Con
un impianto del genere in funzione in tutte le sue parti, ci sarà ad un certo
punto una produzione continua di talee, un continuo trasporto di vasetti con
talee radicate o giovani piantine nella camera di crescita, un continuo
trasferimento di piante pronte a fiorire nella stanza di fioritura, ed una
continua raccolta di piante che saranno
mature.
La produzione, quando si saranno trovate
le "madri" ideali, potrà essere molto alta, fino a 2 chilogrammi di
infiorescenze femminili secche e pulite per metro quadrato (si consideri la sola
area di fioritura) all'anno.
Gli inconvenienti di un
impianto del genere sono: la necessità di un controllo costante su tutte le
parti dell'impianto, la necessità di tempestività di intervento per ogni lavoro,
e il pericolo di infestazioni di parassiti, che con condizioni climatiche
costanti e per periodi prolungati, potrebbero obbligare a bloccare la produzione
per poter procedere ad un risanamento dei
locali.
La possibilità di una raccolta continua é
utile soprattutto per una produzione commerciale, con necessità di rifornimento
continuo e di qualità costante.
Esiste la possibilità, una volta raccolte le
infiorescenze, di far tornare quello che resta delle piante in fase di
accrescimento vegetativo, e, una volta cresciute nuovamente a sufficienza, di
ottenere una seconda fioritura, oppure di utilizzarle come piante
madri.
La tecnica é semplice: si taglino tutte le
infiorescenze mature, cercando di lasciare qualche foglia (anche piccole); si
trapiantino le piante potate in un vaso leggermente più grande e si provveda ad
un'abbondante fertilizzazione azotata (circa il doppio della dose massima usata
in fase di crescita). Da questo momento si forniranno alle piante 18 ore di luce
e 6 di buio al giorno (sarà meglio, per i primi 3-4 giorni dopo la potatura,
usare luci fluorescenti, poi agli io duri metallici). In breve le piante
torneranno in fase di accrescimento
vegetativo.
Con questa tecnica é meglio non
aspettare che tutte le infiorescenze siano completamente mature, perché in
questo caso la potatura sarebbe troppo severa da permettere una sicura e rapida
ripresa della pianta. Il miglior utilizzo di questa tecnica é il trapianto in
esterni di queste piantine così potate (abituare gradatamente le piante agli
ultravioletti del sole), nei mesi primaverili, da aprile a giugno. La durata del
giorno si allungherà progressivamente e le piante torneranno in fase vegetativa.
In autunno ci sarà una seconda fioritura: le infiorescenze potranno non essere
compatte come le prime, ma le piante potranno essere diventate notevolmente
più
grandi, ed il raccolto finale essere pari al
primo.
Attenzione: da ogni fiore lasciato potrà
partire un ramo, cosa utile se si utilizzeranno queste piante come madri, ma che
potrebbe diventare deleteria quando le piante fioriranno, perché ci saranno
troppi rami e la pianta non avrà più la forza per crescere a sufficienza e
maturare una quantità esagerata di infiorescenze. Potare all'inizio della
crescita e lasciare crescere e ramificare i 4 rami migliori per avere delle
'cime" di grandezza decente.
L'uso di questa
tecnica per una seconda fioritura indoor non é conveniente: i tempi per la
ripresa e per la nuova crescita saranno maggiori che da seme, e per avere lo
stesso raccolto, le piante in fioritura dovranno occupare notevolmente più
spazio che nel primo ciclo.
L' utilizzo delle luci artificiali e la conoscenza
delle esigenze di luce e buio per le fasi di sviluppo delle piante di cannabis,
permette ai coltivatori di avere piante fiorite in qualunque momento dell'anno,
cosa che in natura avviene soltanto in autunno.
É
possibile, grazie a questa conoscenza, utilizzare luci e coperture in una serra
solare, e, aumentando o diminuendo le ore di luce e buio, avere le stesse
possibilità di un ambiente illuminato da sole luci artificiali (per le ore in
più saranno sufficienti luci fluorescenti).
É
possibile anche far crescere le piante con un ciclo di 18/6 ore di luce/buio con
luci fluorescenti e/o a scarica e poi trasferirle in esterni per la fioritura.
Il periodo in cui questo trasferimento é possibile dipenderà soltanto da una
temperatura esterna accettabile. Dall'equinozio d'autunno a quello di primavera
(21 settembre- 23 marzo) le piante fioriranno rapidamente da sole; durante tutto
il periodo dalla metà di marzo a fine settembre bisognerà fare in modo che le
piante ricevano soltanto 12 ore di luce e possano avere 12 ore di buio completo.
Utilizzate coperture con la faccia esterna chiara, per evitare un
surriscaldamento delle piante sottostante e date possibilità alle piante stesse
di respirare.
Con questo sistema le piante
impiegheranno lo stesso tempo a fiorire e maturare (se le altre condizioni di
crescita saranno simili) che se sotto le
lampade.
Attenzione! Bisogna abituare le piante
gradualmente agli ultravioletti del sole, se no si brucerebbero tutte le foglie
(diventerebbero bianche) e la pianta morirebbe. Coprire le piante di giorno con
reti ombreggianti e/o teli di plastica trasparente (senza appoggiarli alle
foglie!) per almeno 10-14 giorni e scoprire gradualmente dopo i primi 4-5
giorni.
Mentre in condizioni naturali la pianta di canapa é
considerata un diserbante e insetticida naturale, e perlomeno raramente si hanno
danni di gravi entità dai patogeni della canapa, in coltivazioni in ambienti
chiusi un qualsiasi parassita della pianta, in assenza di nemici naturali ed in
condizioni climatiche costanti, può diventare in breve tempo un'epidemia e
distruggere un intero raccolto.
Principalmente ci
sono due tipi di nemici della canapa indoor: insetti e funghi, oltre ai roditori
(topi, ratti e talpe) e al più grande pericolo per le nostre piante: l'uomo
ladro o proibizionista (doppio pericolo!).
La
miglior misura di prevenzione contro ogni infestazione di insetti e/o muffe
(funghi microscopici) e altri microorganismi (principalmente virus, i batteri
non producono danni di rilievo nella canapa), é la pulizia, che deve essere
sempre accurata e regolare degli ambienti, dei vasi, del terreno, degli attrezzi
da lavoro e del coltivatore stesso e dei suoi vestiti (é facile portare con sé
microorganismi o larve di insetti
dall'esterno).
Indispensabile sarà anche una
buona e continua ventilazione dei locali, con un tasso di umidità che non superi
il 60% (soprattutto in fioritura) ed una temperatura non eccessivamente alta
(max. 25 Cc): queste condizioni si realizzano con l'uso di un ventilatore
oscillante, che mantenga l'aria in circolazione e di un estrattore che ne
permetta il continuo ricambio.
La scelta di
varietà conosciute come resistenti agli attacchi di muffe e marciumi sarà un
altro fattore, soprattutto indoor, di primaria
importanza.
Se le piante avranno una rapida
partenza, una crescita vigorosa e saranno in buona salute, il loro sistema
difensivo (immunitario) sarà più forte e difficilmente saranno vittima di
infestazioni, mentre se avranno dei ritardi nella crescita o problemi di salute,
saranno più facile bersaglio di parassiti. Se si dovessero notare piante con
sintomi di attacchi parassitari, sarà bene allontanare immediatamente gli
individui colpiti dal resto della piantagione.
Un
attacco di botrite (muffa bianca, presente nell'aria in tutto il mondo, che
provoca nella canapa i maggiori danni) può colpire le piantine appena nate e
provo carne l'avvizzimento e la morte (anche altri tipi di funghi hanno questi
effetti), infettare lo stelo con formazione di uno strato di muffa e, caso più
frequente e più grave, l'infestazione delle infiorescenze in via di
maturazione.
Alcuni funghi possono
provocare il marciume delle radici (le parti aeree della pianta ingialliscono e
seccano), ed altri comparire sulle foglie: in entrambi i casi ci sarà un eccesso
di irrigazione, o nel vaso o fogliare.
Il mal
dello sclerozio colpisce i fusti, che prima si macchiano di bianco, poi si
ricoprono di un micelio cotoniforme chiaro e la pianta muore al di sopra della
lesione.
É anche possibile un attacco di
peronospera, i cui sintomi sono macchie di varia forma sulle foglie, le
lamine fogliari colpite si incurvano e prendono dapprima un colore violaceo, poi
seccano. La peronospera si tratta con prodotti a base di rame, ma se le piante
sono in buona salute difficilmente ne saranno
colpite.
Per la lotta alle muffe: tagliare
ed allontanare immediatamente dalle piantagione tutte le parti di pianta colpite
e i tessuti sani a queste adiacenti, disinfettare gli attrezzi da lavoro ed
eseguire un trattamento a base di zolfo in polvere. Evitare di irrigare con
acqua fredda, eliminare tutte le foglie morte o completamente ingiallite,
favorire una miglior ventilazione ed un miglior ricambio di aria, evitare stress
idrici (terreno troppo secco o troppo bagnato), evitare carenze nutrizionali ed
introdurre nel terreno di crescita soltanto materiale organico completamente
decomposto. Disinfettare le pareti, il soffitto ed il pavimento dei locali dopo
ogni tornata di piante, evitare che nei locali ci sia acqua in ristagno o
marciumi di qualunque tipo su qualunque materiale. Utilizzare terreno nuovo per
ogni piantagione, il terreno vecchio sarà un ottimo ammendante per l'orto, il
giardino o una coltivazione in piena terra.
Per
quanto riguarda gli insetti, le misure di prevenzione sono le stesse che
per le muffe, con la differenza che in genere gli insetti amano un clima caldo,
e più asciutto di quanto sia l'ideale per le
muffe.
Gli insetti più comuni indoor sono: gli
acari (ragnetti rossi, che a volte sono marroni o neri), spesso
invisibili fino alla comparsa dei primi sintomi sulle foglie basse, in cui
appaiono piccole macchie bianco- giallognole, segnale che nella pagina
sottostante ci saranno questi parassiti che stanno succhiando la
linfa.
Gli stessi sintomi possono essere causati
da microscopiche mosche bianche (farfalline), che ugualmente vivono sotto
alle foglie, e volano via se le foglie vengono agitate. Le loro larve rilasciano
una sostanza zuccherina sotto alle foglie che può attirare
muffe.
Anche gli afìdi (pidocchi delle
piante) sono sovente causa di infestazione, ed oltre a nutrirsi della linfa,
secernono una sostanza dolciastra e appiccicosa che rovinerà le piante; gli
afidi possono trovarsi facilmente anche in mezzo alle
infiorescenze.
Alcune specie di
cocciniglie si attaccano sui gambi o alle foglie. Raramente si trovano in
interni (in esterni si notano facilmente), assomigliano a "bottoni" piccolissimi
e sono relativamente dure. Non arrivano ad uccidere la pianta, ma possono
debilitarla notevolmente.
Se il controllo é
costante (deve essere costante), si noteranno i primi sintomi all'inizio
dell'infestazione, e si elimineranno i parassiti a mano o con una spugna, meglio
se inumidita con alcool per uccidere immediatamente gli insetti (lavare
abbondantemente poi le foglie così trattate con acqua fresca- l'alcool e le
sostanze grasse sciolgono la resina).
Se
l'attacco continua, sarà necessario ricorrere ad un prodotto in grado di
eliminare gli insetti: l'utilizzo di un insetticida chimico può provocare danni
anche gravi alle piante cresciute sotto le luci artificiali ed in ambiente
ristretto, e sicuramente ci saranno residui nel materiale che vorremo usare dopo
la raccolta. Per non provocare danni alla vostra salute, oltre che alle piante,
non usate mai pesticidi di sintesi.
Alcune
ditte pubblicizzano predatori naturali di questi insetti, ma per la velocità dei
tempi di coltivazione richiesti e la necessità di un ricambio continuo di questi
predatori, questo sistema di lotta é valido principalmente in caso di locali
predisposti per una raccolta continua a scopo
commerciale.
Si possono preparare insetticidi
naturali con tabacco macerato, macerato di ortiche, soluzioni diluite (10% max.)
di alcool e/o saponi biodegradabili; in genere questi preparati sono
discretamente efficaci, ma il miglior insetticida naturale é il piretro (se
trovate in commercio insetticidi al piretro, controllate che non siano piretrine
sintetiche, tossiche), derivato dai fiori di una pianta africana, efficace
contro tutti gli insetti (anche quelli benefici, meno le api), ma innocuo per
l'uomo. Il piretro si decompone rapidamente (poche ore) e non lascia tracce in
presenza di luce e aria. Si può preparare un insetticida al piretro con 50
grammi di fiori di piretro secchi e polverizzati, mescolati con un litro d'acqua
e 20 grammi di sapone neutro. Dopo tre giorni filtrare e allungare con un altro
litro d'acqua.
Esistono in commercio preparati a
base di erbe officinali o/e alghe, che oltre ad essere efficaci contro
infestazioni di lieve entità, sono anche biostimolanti e rinforzano le piante.
Preparati a base di propoli possono essere efficaci contro diverse avversità
delle piante, e possono essere utilizzati anche per disinfettare il
terreno.
Si possono utilizzare anche saponi
insetticidi (scegliete solo quelli derivati da grassi di piante o animali) o
saponi potassici, che oltre a essere efficaci soprattutto contro le uova dei
parassiti e per sciogliere le loro escrescenze, forniscono anche potassio alla
pianta.
Non utilizzate alcun tipo di prodotto
sulle piante in fioritura. Sicuramente, anche se i fiori saranno ancora
piccoli, il gusto delle infiorescenze verrà alterato. Limitatevi ad una
rimozione manuale e a lavaggi con acqua fresca.
In una coltivazione in ambienti artificiali sarà necessaria una serie di
controlli costanti, per assicurarsi del regolare funzionamento
degli
impianti, della buona salute e della crescita regolare delle
piante.
Prima di ogni tornata di piante bisognerà
controllare lo stato delle lampade (le lampade a scarica hanno una vita di circa
due anni, ma sarà meglio cambiarIe dopo circa un anno di utilizzo, quando
l'emissione di luce si sarà cominciata a ridurre in modo sensibile), tutte le
connessioni elettriche, il funzionamento dei ventilatori e degli estrattori. La
disponibilità di un numero sufficiente di vasi; di terriccio, di argilla
espansa, di perlite e di materiale organico, in quantità sufficiente per tutti i
rinvasi. La disponibilità di fertilizzanti e eventuali pesticidi. Il buon stato
sanitario (pulizia perfetta e mancanza assoluta di muffe, insetti o altro di
estraneo) dei locali e la mancanza di infiltrazioni di luce nella piantagione.
La mancanza di impegni che ci possano tenere lontano dalle piante per più di 2-3
giorni consecutivi.
Dalla posa dei semi in poi
sarà necessario un controllo costante delle condizioni di salute e delle
condizioni di crescita delle piante. Dovremo avere una visione quotidiana (o
perlomeno tutte le volte che visiteremo la piantagione) della temperatura,
dell'umidità dell'aria e del terriccio nei vasi, della presenza o meno di acqua
nei sottovasi (toglierla!), della quantità di luce che arriva alle piante e
dello spazio a loro disposizione, della mancanza di infestanti di qualunque
genere e dello sviluppo costante e progressivo di tutti gli individui, segno che
le condizioni di crescita sono regolari.
Dopo
ogni rinvaso e, regolarmente, ogni settimana, verificare che il PH del terreno
si mantenga entro livelli accettabili per un corretto assorbimento dei
nutrimenti (6-7). Controllare anche il PH dell'acqua di irrigazione. Se
all'acqua vengono aggiunti fertilizzanti, controllare il PH e l'EC, operazione
indispensabile in coltivazioni
idroponiche.
Sempre settimanalmente sarà bene
controllare le connessioni elettriche di tutto l'impianto e il corretto
funzionamento dei timer, accertarsi sempre che di "notte" il buio sia
assoluto.
Alla raccolta, controllare che non ci
siano parti di pianta con muffe o insetti (se presenti, devono essere
immediatamente separate dal resto del materiale: potrebbero distruggere mesi di
lavoro e di speranze mentre le piante seccano, o dopo, quando viene
immagazzinato il materiale). Controllare anche le giuste condizioni del locale
per l'essiccagione e dei contenitori per la
conservazione.
Attenzione: prima di cominciare
una coltivazione indoor ( o a maggior ragione in esterni), controllare anche che
non ci siano insediamenti di industrie con un forte rilascio nell'atmosfera di
gas solforosi e tluoridrici, a cui la canapa é particolarmente sensibile: le
foglie perdono colore sino quasi all'imbianchimento, poi imbruniscono e seccano
(non scoreggiate nella piantagione).
Per coltivazione idroponica si intende una tecnica in cui le piante coltivate
traggono il loro nutrimento esclusivamente dalle sostanze disciolte nell'acqua
assorbita dalle radici.
Secondo me, il paragone
fra una pianta "bio", cresciuta con nutrimenti più organici possibile, di cui la
maggior parte presenti nel terreno, ed una "idro", alimentata solo con sostanze
solubili, é un poco come nutrirsi di cibi freschi, con qualche integrato re se
necessario, oppure esclusivamente con estratti (utile per un'astronauta, ma
inadatto per tutti gli altri).
Comunque, con un dosaggio sapiente dei
nutrimenti, una pianta cresciuta con metodo di coltivazione idroponica potrà
avere cicli di crescita più rapidi, una maggior resa finale ed anche una maggior
concentrazione di THC della stessa pianta cresciuta "bio" (il suo effetto sarà
forse potente, ma molto "chimico"). Per questi motivi, alcuni coltivatori
preferiscono un impianto idroponico.
Nella
coltivazione idroponica l'assorbimento di nutrimenti tramite le radici non
avviene nel terreno, dove normalmente questi nutrimenti si trovano, ma in un
medio sterile, in cui, con regolarità, viene introdotta una soluzione di acqua
con le sostanze di cui hanno bisogno le piante in quel
momento.
Il medio può essere costituito da: lana
di roccia (il più usato per la radicazione), perlite, argilla espansa (il più
usato per la crescita e fioritura), ghiaia, fibra di cocco, addirittura
polistirolo a pezzetti, o qualunque materiale in grado di permettere alle radici
di svilupparsi e ancorarsi, mantenendo caratteristiche di neutralità di PH e
sterilità, senza sviluppare muffe quando
bagnato.
Oppure le radici possono rimanere
sospese in aria, al buio, ed innaffiate regolarmente e frequentemente con la
soluzione nutritiva. In questo caso bisognerà ancorare in qualche modo il fusto
delle piante, per permettere loro di reggersi (coltivazione
aeroponica).
Il fatto che il medio sia sterile,
significa che non contiene alcun nutrimento per le piante. Tutte le sostanze
necessarie al mantenimento e allo sviluppo delle piante, dovranno essere loro
somministrate sotto forma di soluzione liquida, che verrà assorbita dalle
radici.
Questo permette un controllo ed una
responsabilità totali sulle sostanze che verranno assimilate, e la possibilità
in questo modo di sfruttare al massimo (solo con una conoscenza perfette dei
bisogni della pianta) il potenziale di accrescimento e produzione delle
piante.
Il fatto che non ci sia terreno intorno
alle radici, permette loro di assorbire molto più ossigeno (molto di più, anche
del terreno più sciolto e arieggiato), e di conseguenza, la possibilità di
assorbire un quantitativo maggiore di tutti i nutrimenti e crescere più
velocemente.
I sistemi idroponici si distinguono
in attivi e passivi: in quelli passivi la soluzione non é in movimento, e viene
assorbita dal medio sterile e dalle radici tramite uno (o più) stoppino, che si
impregna di liquido e lo trasporta per capillarità verso l'alto. Questo sistema
é molto semplice, ma ha lo svantaggio di non permettere che le radici siano più
ossigenate che se cresciute in terreno naturale. E' un buon sistema per radicare
le talee.
Nei sistemi attivi, la soluzione di acqua e
fertilizzante viene ripetutamente messa in circolazione, va a contatto con le
radici, una parte di essa viene assorbita, e poi ritorna nel serbatoio di
partenza (che possa contenere la maggior quantità di soluzione possibile: non
cambierà troppo rapidamente il PH), o viene gettata. Le radici, durante le
pause, rimangono a contatto con l'aria, e possono assorbire una quantità di
ossigeno decisamente maggiore che in ogni terreno, anche il più
aerato.
Il sistema attivo che può dare i migliori
risultati é costituito da una pompa elettrica, che ad intervalli regolari faccia
scorrere la soluzione per 20-30 minuti. La frequenza dei cicli di irrigazione
potrà variare a seconda del drenaggio del medio di partenza: da 2-3 volte al
giorno con un medio a lento drenaggio, come la vermiculite, a 5-6 volte o più in
caso di materiali che lascino scorrere via l'acqua rapidamente, come l'argilla
espansa per orticoltura.
Un' irrigazione dall'
alto, con irrigatori a goccia, permetterà di ossigenarsi anche alla soluzione
nutritiva, e darà migliori risultati che dal
basso.
In caso di coltivazione aeroponica, la
soluzione nutritiva verrà nebulizzata sulle radici ad intervalli ravvicinati:
ogni 15 minuti, per 10-15 minuti.
Controllare
continuamente il PH e l' EC della soluzione, che potranno variare ad ogni
irrigazione.
Il PH migliore per la cannabis cresciuta
in idroponia é intorno ai 6,3. L' EC dovrà cambiare a seconda dello stadio di
crescita: da 0-1 per la germinazione e l' attecchimento delle radici delle
talee, a 1-2 durante la crescita, fino a 2-2,5 in
fioritura.
Non fate rischiare alle piante un'
overdose: se dovessero manifestarsene i sintomi, bagnate con sola acqua fino
alla ripresa dello sviluppo. Per ogni problema di carenze o eccessi, cambiate
immediatamente il fertilizzante usato.
La
soluzione di acqua e fertilizzanti deve essere controllata continuamente e
cambiata spesso (ogni settimana), per evitare un accumulo di sali tossici e
squilibri nutritivi (le piante utilizzano solo le sostanze di cui necessitano in
quel momento, gli altri fertilizzanti presenti nella soluzione e non utilizzati
potranno raggiungere rapidamente concentrazioni troppo
elevate).
La temperatura dell' acqua deve essere
simile a quella dell' aria, ideale fra i 22 e i 24 cC. Se l'acqua é più calda
dell' aria ci sarà una forte evaporazione ed un innalzamento dell' umidità
relativa; se più fredda le piante rallenteranno la
crescita.
Spesso le piante coltivate con metodo
idroponico possono essere carenti di calcio, che sovente non viene usato nelle
soluzioni in commercio, perché la sua presenza farebbe occludere rapidamente gli
ugelli di uscita dell' acqua negli impianti con gocciolatoi o spruzzatori
individuali. Si irrighi di tanto in tanto con una soluzione ricca di calcio e
poi si lavino tutti gli irrigatori.
La taglia
delle piante coltivate con metodo idroponico può essere contenuta più
facilmente, perché non ci sarà bisogno di contenitori grandi, con riserva di
nutrimenti, e le radici potranno rimanere in contenitori da 5 a 15
litri.
I tempi di coltivazione, con un sistema
ben impostato, potranno andare, rispetto alle stesse piante coltivate in
terreno, dai 15 ai 25 giorni in meno per un intero ciclo di coltivazione, dalla
posa del seme (o dal taglio della talea) alla
raccolta.
Le rese potranno essere superiori, in
quantità, fino al 20-30%, ma la qualità ...é questione di gusti.
La produzione di sementi di cannabis é un lavoro che
permette di non dipendere dal mercato, di mantenere i caratteri voluti nelle
generazioni successive o di creare nuove varietà (che potranno diventare di
mercato).
In natura il trasporto del polline
prodotto dai fiori dei maschi della cannabis é affidato al vento, nel momento
dell'apertura di ogni singolo fiore. Se in una coltivazione indoor si seguisse
lo stesso sistema, basterebbe un maschio ad impollinare decine di femmine: si
avrebbero moltissimi semi (a volte può essere utile), ma si perderebbe un
possibile raccolto di "sinsemilla".
Per avere una
produzione di semi limitata al fabbisogno, con la possibilità di controllo dei
genitori e dei loro caratteri, sarà necessario isolare le piante di sesso
maschile dalle femmine, non appena mostreranno i fiori immaturi, assolutamente
prima che anche un solo fiore si apra (e rilasci migliaia di grani di
polline).
Si scelgano gli individui migliori in
quanto a caratteri genetici riconoscibili, che per le piante indoor saranno:
velocità di crescita, precocità di maturazione, compattezza delle piante e
contemporanea buona ramificazione con interno di vicini, assoluta mancanza di
parassiti e buona robustezza generale, infiorescenze più compatte possibile
(vale anche per i maschi, per fissare un carattere genetico importante in
interni), tolleranza a squilibri nello sviluppo. Fattori come il profumo, la
quantità di resina delle generazioni successive, il rapporto fiori/foglie, la
grandezza dei fiori e la potenza delle future piante sono impossibili da
determinare nei maschi, e si cercherà di portarli con il patrimonio genetico
delle femmine che verranno impollinate.
Nei
maschi prescelti si formeranno grappoli di fiori, che andranno raccolti non
appena i primissimi fiorellini avranno cominciato ad aprirsi e a rilasciare il
polline. In questo momento molti fiori saranno gonfi di polline, termineranno la
maturazione seccando e si apriranno, rilasciando il polline su una superficie
ben liscia (carta oleata o plastica) che si sarà provveduto a sistemare sotto ai
fiori stessi.
Questo polline potrà essere
raccolto e conservato anche per mesi (al buio, freddo -non in freezer -,
asciutto e con la possibilità di "respirare"), fino al momento in cui le femmine
prescelte per essere inseminate saranno al massimo del loro potenziale
riproduttivo, cioè quando i pistilli visibili sulle infiorescenze femminili
saranno ben formati (e le infiorescenze saranno cresciute a sufficienza, dopo
3-4 settimane dalla comparsa dei primi pistilli), ma ancora bianchi, segno che
sono vitali per ricevere il polline e trasportarlo all'interno del calice, dove
si formerà il seme.
Per evitare che vengano ad
essere in seminate anche altre piante femmine presenti (ricordiamoci che il
polline é leggerissimo, vola con estrema facilità e rimane vitale per lungo
tempo), sarà necessario trasportare temporaneamente le piante prescelte per
produrre semi fuori dalla piantagione, lontano dalle femmine che non devono
essere impollinate.
Non sarà necessario
impollinare tutta la pianta: su di una singola infiorescenza si possono formare
decine di semi, su un singolo ramo, centinaia. É possibile, per il resto delle
infiorescenze della pianta, non venire a contatto con il polline e dare una
produzione di normale
sinsemilla.
Mettere il
polline della pianta maschio prescelta in un sacchetto (di carta, per permettere
la traspirazione; per rami interi vanno bene i sacchetti dei "grissini",
esistono comunque sacchetti di tutte le dimensioni) e introdurre la parte di
pianta con le infiorescenze nel sacchetto stesso. Chiudere alla base senza
strozzare il ramo della femmina (con nastro adesivo si fa un buon lavoro), e
scuotere il sacchetto (senza rovinare il
ramo).
Sarà bene scegliere un ramo basso, per
evitare che il polline cada su altri rami. Eseguire questa operazione in assenza
di vento.
Dopo un paio d'ore (o poco più)
togliere il sacchetto con cautela, per evitare che il polline voli dappertutto.
Lasciare la pianta così impollinata almeno per due-tre giorni in isolamento
dalle altre e lavarla abbondantemente con acqua nebulizzata prima di rimetterla
insieme alle sue simili non impollinate, per evitare di trasportare del polline
nell'ambiente di fioritura.
L'avvenuta
impollinazione si noterà dal seccare e cadere rapido dei pistilli (2-4 giorni) e
l'inizio del rigonfiarsi delle brattee dei fiori
femminili.
Dopo qualche giorno (10-15) si
comincerà a vedere il seme all'interno, e dopo circa un mese-40 giorni
dall'impollinazione, il calice comincerà ad aprirsi, per permettere al seme
ormai maturo (deve essere ben scuro, senza più parti verdi o bianche) di cadere
a terra e generare una nuova pianta.
La
maturazione finale dei semi avviene durante l'essiccagione delle infiorescenze,
che conterranno sicuramente meno resina di quelle non impollinate, ma nelle
stesse percentuali dei diversi cannabinoidi.
I
semi devono a questo punto essere riposti in luogo fresco e asciutto per almeno
un paio di mesi prima di essere piantati.
Con
questa tecnica é teoricamente possibile incrociare la stessa femmina con più
maschi diversi, utilizzando un diverso ramo per ogni diverso polline, ma é molto
meglio utilizzare a questo scopo diverse talee, radicate e al picco dello stadio
riproduttivo, ricavate dalla stessa "madre".
Per qualunque varietà di specie vegetale (o animale),
se la riproduzione avviene fra consanguinei (linee genetiche quasi uguali), si
hanno
un decadimento della specie e diverse aberrazioni
genetiche.
Questo principio vale anche per la
canapa: se si incrociano fra loro soltanto piante della stessa varietà, si usano
i semi e nella stagione successiva si incrociano le nuove piante fra di loro, e
così via, ad un certo punto le nuove generazioni cominceranno a manifestare
caratteri che si erano mantenuti nascosti (non erano dominanti) nelle
generazioni precedenti. Oltre a questo, ci saranno numerosi individui che
potranno manifestare debolezza nella crescita, sensibilità alle malattie e avere
alterazioni genetiche, che nella stragrande maggioranza dei casi produrranno
piante di qualità inferiore.
Qando si comincia a
notare la comparsa di caratteri indesiderati, o un indebolimento delle qualità
di una specifica varietà, si può ricorrere ad una tecnica detta "backcrossing",
che consiste nel reincrociare le piante di nuova generazione con uno dei
genitori di partenza, allo scopo di rinforzare quei tratti del corredo
cromosomico che si stanno perdendo.
In genere si
ottiene qualcosa di leggermente diverso dalla generazione precedente, ma molto
simile nei caratteri generali.
Se per il
"backcrossing" si usano gli stessi genitori utilizzati per l'incrocio originario
(mantenuti attraverso clan azioni successive) e non soltanto piante nate da semi
della stessa varietà, la somiglianza con l'originale sarà più marcata, ma si
potranno avere più individui con alterazioni
genetiche.
Se si desiderano piante esattamente
uguali a quelle che si possiedono, o si riproducono queste ultime tramite talee,
oppure si fa radicare una talea da una femmina, e poi si cerca di farle cambiare
sesso. Il sistema più facile sembra trattare la talea con una soluzione spray di
100 parti per milione di acido gibberellico in acqua per 5 giorni. Entro 15
giorni dovrebbero apparire fiori maschili.
Con
questi fiori si impollineranno le infiorescenze femminili della pianta da cui si
è ricavata la talea. Se si produrranno semi fertili, le nuove piante avranno un
patrimonio genetico uguale a quella di partenza. Condizioni di crescita diverse
le diversificheranno notevolmente comunque.
Se per ottenere una nuova generazione di piante si
utilizzano due genitori (Pl) dalle caratteristiche (e quindi dal corredo
cromosomico) molto simili, il risultante si chiamerà incrocio. Se invece
le caratteristiche dei genitori sono diverse, si otterrà un
ibrido.
Avendo un corredo di cromosomi
diversi, nella generazione successiva si avrà un prevalere dei caratteri più
forti, che generalmente sono quelli che esprimono una migliore possibilità di
sopravvivenza delle piante (caratteri dominanti). Questo significa che le nuove
piante, nella maggioranza delle combinazioni genetiche (degli incroci ibridi),
si dimostreranno più grandi, più resistenti, più rapide nella crescita e in
generale più produttive dei genitori di partenza, e uniformi nei tratti e nel
comportamento.
Queste caratteristiche,
vantaggiose in genere per ogni specie vegetale, vengono dette "vigore ibrido".
Il vigore ibrido viene utilizzato per la maggior parte dei semi dei vegetali in
commercio (ibridi Fl: di prima generazione), perché vantaggioso per
l'agricoltore (rese più alte e uniformità di individui), e anche per le ditte
produttrici del seme, perché il "vigore ibrido" é presente solo nella prima
generazione e l'agricoltore, per riavere lo stesso raccolto, dovrà comprare
nuovamente le sementi.
Nella seconda generazione
(F2), incrociando fra di loro gli ibridi della prima, si ha, oltre alla perdita
del vigore ibrido, una grande differenziazione delle nuove piante, con il
manifestarsi di caratteri rimasti nascosti in precedenza (caratteri recessivi)
e, per un rimescolamento dei geni, la possibilità che appaiano tratti nuovi
(come ad esempio una quantità estremamente alta, o estremamente bassa, di
THC).
Un seme "ibrido" é affidabile solo per un
anno, ma dal loro incrocio (degli ibridi di prima generazione) si può partire,
tramite attenta selezione degli individui da incrociare, per la creazione di una
varietà stabile, che abbia le qualità desiderate (devono essere state presenti
in uno dei genitori di partenza, Pl), fissate si nel corredo
cromosomico.
Una varietà stabile deve produrre
uniformità di caratteri negli individui e mantenerla nelle generazioni seguenti.
Se le scelte di individui da incrociare sono state corrette, si dovrebbe
raggiungere questo risultato entro 56 generazioni. Naturalmente, più piante si
possono avere per la selezione degli individui, soprattutto nella generazione
F2, meglio é.
É consigliabile partire con due
linee di ibridi nati dagli stessi genitori, e alla terza o quarta generazione
incrociare individui selezionati di una linea con i migliori dell'altra e
viceversa (le due linee sono necessarie quando si cerca di fissare più di un
solo tratto genetico). Le caratteristiche desiderate potranno essere rese
dominanti attraverso backcrossing con i genitori di
partenza.
Raggiunto un "optimum", dopo qualche
generazione qualsiasi nuova varietà comincerà a mostrare segni di "depressione",
a cui si potrà ovviare sia ricorrendo al backcrossing, sia creando un nuovo
ibrido.
Per un'esposizione dettagliata della
applicazione dei principi della genetica, delle caratteristiche e della crescita
della cannabis, si veda la "bibbia" di tutti i coltivatori: "Marijuana Botany",
di R. C. Clarke (in inglese).
L' assunzione dei principi attivi della cannabis si
può ottenere tramite inalazione della sostanza, bruciata o vaporizzata, oppure
tramite ingestione.
I principi attivi sono
presenti soprattutto nella resina della cannabis, che viene prodotta
principalmente sulle infiorescenze (grappoli di fiori e foglioline vicine a
questi) femminili. La resina é presente anche in tutte le altre parti esterne
della pianta, ma in concentrazioni molto ridotte rispetto alle infiorescenze. I
cannabinoidi si trovano anche, in piccole quantità, nei tessuti interni della
cannabis.
Questa resina conterrà fino al 50% di
cannabinoidi, ed é tradizione in alcune culture (principalmente lungo la fascia
che va dal Marocco, attraverso il Nord Africa e l'Asia minore, compresi Libano,
Grecia, Turchia e le montagne del Caucaso, fino all'Himalaya, dall'Afghanistan
al Nepal) raccogliere la resina stessa in forma più o meno pura (esente da altre
parti vegetali), che, attraverso diverse manipolazioni, darà luogo
all'"hashish".
Principalmente ci sono due modi
tradizionali per ricavare l'hashish: dopo l'essiccagione dei fiori, questi
vengono passati su di un setaccio: le ghiandole ("palline") di resina matura
hanno una grandezza che va dai 60 ai 120 micron a seconda della varietà e del
grado di maturazione, quindi i buchi del setacci dovranno essere di poco più
grandi, 140 micron é l'ideale (i setacci di metallo polverizzano più materia
vegetale e quindi danno un prodotto di qualità inferiore). Poi il materiale
secco viene scosso, e, per qualità inferiori, sbriciolato e scosso, percosso o
addirittura sfregato per provocare il distacco della resina dalle parti
vegetali, resina che passerà attraverso il tessuto assieme a più o meno materia
fogliare polverizzata. Il prodotto può essere purificato ulteriormente (viene
fatto solo per prodotti
di alta qualità) usando un setaccio con i buchi più
piccoli della resina, che lascerà passare le impurità di misura inferiore. Segue
poi una pressatura del materiale ricavato: a freddo o a caldo, a mano o con
presse.
Oppure si sfregano delicatamente fra le
palme delle mani i fiori (asciutti! deve evaporare la rugiada e, possibilmente,
le piante devono essere scaldate dal sole) delle piante ancora vive, e si stacca
la resina che é rimasta attaccata alle mani stesse. Questo metodo si usa
soprattutto in Himalaya, ed é molto laborioso: in un giorno di lavoro é
difficile ricavare più di 2030 grammi di resina di buona qualità (senza troppi
frammenti di foglie o pistilli), o più di 5-10 grammi di "crema", resina
purissima. Il prodotto così ottenuto é detto
"charas".
Recentemente si estrae la resina in un
modo che può sembrare incredibile, ma che può dare le più alte rese e la miglior
qualità possibile, senza richiedere grande esperienza. Il principio é che la
resina matura é più pesante dell'acqua, e le altre parti vegetali della canapa
sono più leggere. Inoltre bisogna considerare che, se l'acqua é sufficientemente
fredda (2 gradi max.), la resina non si attacca, né a sé stessa, né ad altre
superfici fredde.
Si utilizza un secchio
pieno di acqua fredda, con dentro due sacchi (in nylon, plastica robusta, o
neoprene) il cui fondo sia stato sostituito da due filtri (nylon, poliestere o
seta), il superiore con i buchi da 140-150 micron e quello sotto da 60-70 micron
(si possono utilizzare anche una serie di filtri con buchi di grandezza
decrescente, per raccogliere la resina nei suoi diversi stadi di
maturazione).
Il metodo di estrazione più comune
è quello di mettere a bagno la cannabis nel secchio con i filtri e l'acqua
fredda. Si aggiungerà all'acqua il 5+ 10% di ghiaccio a cubetti o a pezzi: il
contatto con il ghiaccio facilita il distacco della resina. Si aziona poi una
frusta (a mano o elettrica) del tipo per sbattere le uova, per alcuni minuti, e
si lascia depositare il tutto per 20+30 minuti. Si avrà una separazione del
materiale, e la resina si depositerà sul filtro
inferiore.
Per un prodotto di altissima qualità
si bagna e poi si fa congelare a strati sottili il materiale da cui estrarre la
resina. Si introduce il materiale congelato nel secchio con l'acqua fredda e si
agita fino a che il ghiaccio che ricopriva l'erba si sarà sciolto. Con il
ghiaccio si staccherà la resina, che tenderà ad andare verso il fondo e si
depositerà fra i due filtri.
Se l'acqua non fosse
sufficientemente fredda, la resina tenderà ad agglomerarsi, intasando il filtro
con i buchi più piccoli e rendendo più laboriosa l'operazione.
La parte più
difficile sarà l'asciugare a dovere la resina, che se rimanesse umida si
deteriorerebbe rapidamente. Il risultato migliore si ha asciugandola a mano:
lavorandola fra le mani finché, dopo essere uscita tutta l'acqua, si agglomererà
da sola e sarà identica ad un vero pezzo di hashish. Il prodotto così ottenuto,
se ricavato da piante secche sarà simile ad un hashish di ottima qualità, tipo i
migliori marocchini o afghani (si chiama ice-o-hash, dall'apparecchio in
commercio per questo lavoro: ice-o-lator); se ricavato da piante fresche, ancora
vive, sarà uguale alla "crema" di charas, e si chiama ire cream (grazie a Singa
per il nome).
Sono allo studio macchinari ad
ultrasuoni e a campi di elettricità statica per permettere il distacco della
resina.
Per estrarre tutti i cannabinoidi
presenti nel materiale vegetale della cannabis, sarà necessario ricorrere ad un
solvente. I cannabinoidi non sono solubili in acqua, ma si mescolano molto bene
con i grassi organici, gli alcoli e i solventi inorganici derivati dal
petrolio.
Se disciolti nei grassi organici, da
questi sarà possibile separarli solo con un attrezzatura da laboratorio, o
utilizzare il materiale per preparazioni
alimentari.
Di tutti gli altri solventi, l'alcool
etilico non é il più selettivo (discioglie non solo i cannabinoidi, ma anche la
clorofilla e altre sostanze presenti nella cannabis), ma é l'unico a poter
essere introdotto nell'organismo umano in piccole quantità senza provocare forti
intossicazioni. Gli estratti ricavati con l'uso di solventi derivati dal
petrolio devono essere sottoposti a ripetuti lavaggi e purificazioni, se no i
loro residui, estremamente tossici, potrebbero provocare danni fisici anche
gravi agli utilizzatori del
prodotto.
L'estratto di canapa (olio), può
anche essere usato a scopo ricreazionale, ma soprattutto é stato utilizzato a
lungo come medicinale per la maggior parte delle infermità dell'uomo (e non
solo, anche a scopo veterinario). Serve per curare qualsiasi tipo di
infiammazione, é un antidolorifico eccezionale ed un antibiotico per uso esterno
miracoloso.
L'estratto di cannabis, venduto fino
agli anni '50 in tutte le farmacie, é sempre stato fatto con alcool
etilico.
Si lascia macerare (a temperatura
ambiente, richiede più tempo ma é meglio per gli aromi) in dieci volumi (per
un'estrazione completa) di alcool etilico puro (95-99%) il materiale, resina o
erba (sempre finemente polverizzata) da 5 a 28 giorni. Si filtra li tutto
(insieme al solvente e alle sostanze disciolte non devono rimanere parti solide,
i filtri di carta fanno un buon lavoro) e si fa poi evaporare l'alcool (a
bagnomaria: l'acqua evapora a 100 gradi, l'alcool a 78,3; o con un distillatore,
per recuperarlo). Evaporato tutto il solvente, sul fondo del recipiente che lo
conteneva rimarrà l"'olio", la cui composizione dipenderà da quella del
materiale di partenza, e che potrà contenere fino al 60% di
resina.
Con l'erba si ottengono rese intorno al
10% e con l'hashish del 20-25%.
AGRONOMIA di Francesco Bonciarelli, 1978, Edagricole
CALENDARIO THC (in italiano)
CANAPA: BENEFICI, POTENZIALE ECONOMICO,
PROIBIZIONE di Franco Casalone, 1995
CANAPA: IL
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