Nonostante il divieto del Comune gli organizzatori della manifestazione confermano la decima edizione della street parade antiproibizionista di Pisa. L’appello è di sostenerla scendendo in piazza e sfilando pacificamente, come fatto sempre nelle precedenti edizioni.
Canapisa “X” è dedicata a tutte le vittime nelle carceri per colpa del proibizionismo. L’appuntamento è Sabato 29 Maggio alle ore 17:00 in Piazza S. Antonio.
Riportiamo di seguito l’intero appello pubblicato dagli organizzatori sul sito dell’Osservatorio Antipro di Pisa.
APPELLO CANAPISA 2010 degli organizzatori
Quest’anno scenderemo di nuovo in strada PER DIRE NO AL PROIBIZIONISMO ed ALLA CENSURA DELLE INFORMAZIONI, ancora più convinti che NON PUO’ ESSERE VIETATA LA LIBERTA’ DI MANIFESTARE CONTRO I DANNI DEL PROIBIZIONISMO!!!!!!
è on line la petizione pro Canapisa, per firmarla andare all’indirizzo
http://www.firmiamo.it/difendere-canapisa-x-difendere-la-liberta-d-espressione
SOSTENETE CANAPISA!!!!!!
CANAPISA X (vers.10)
29 Maggio ore 17 P.zza S.Antonio – Pisa
FESTEGGIAMO 10 ANNI… ma la storia è lunga e NON FINISCE QUI
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Breve analisi della questione proibizionista in Italia negli ultimi 17 anni
Era del 1993 il referendum che depenalizzava il consumo di tutte le sostanze, la legalizzazione almeno della cannabis sembrava ormai alle porte. Nei primi anni del 2000 era ancora forte e diffusa tale convinzione:
la legalizzazione della cannabis non solo era una cosa possibile ma forse anche imminente. Il 2000 era anche l’anno della Prima Conferenza governativa sulle droghe a cui partecipava anche il primo gruppo di persone che avrebbe dato vita al movimento di CANAPISA, in rete con il neonato Movimento Di Massa Antiproibizionista. Quella conferenza, presieduta dall’ora ministro delle polit iche sociali Livia Turco, aveva fatto credere che la strada della legalizzazione della cannabis e della messa in campo di politiche pragmatiche in materia fosse stata concretamente intrapresa e che avrebbe condotto presto al superamento di quel proibizionismo repressivo ispirato ad una ipocrita retorica di una società libera dalle droghe.
Da quel momento in poi l’azione istituzionale invece di avanzare nella direzione descritta, intraprese una veloce corsa in direzione del moralismo e della messa al bando di qualsiasi discorso al riguardo che non fosse di matrice repressiva, con la salita al potere del governo Berlusconi. Questa tendenza istituzionale si realizzò pienamente ed ufficialmente con la legge Fini Giovanardi del 2006, in occasione del pacchetto sicurezza in merito alle olimpiadi invernali di Torino. Con queste nuove norme in materia di sostanze stupefacenti tutte le sostanze illecite vengono equiparate e vengono aggravate le sanzioni penali ed amministrativi per il semplice possesso di piccole quantità e del consumo. Le conseguenze le viviamo ancora oggi: aumento degli arresti e delle sanzioni; diffusione di vecchie e nuove droghe, sempre più capillare e radicata, in tutti gli strati sociali e nei più disparati ambienti della vita quotidiana, quasi a diventare un elemento indispensabile al mantenimento degli stili di vita più in voga, una vera e propria moda degli integrati, non più la moda dei marginali e dei diversi, un abitudine dei disadattati, ma un’attività per restare al passo con i tempi.
Nel complesso fonti di polizia stimano una crescita dei volumi complessi nel commercio di droghe illecite, in particolare di quelle più pesanti, a fronte di un aumento degli arresti per cannabis risultano ridotti i quantitativi sequestrati di quest’ultima. Secondo l’Ossevatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze (OE DT) tra i paesi ad alto consumo di cocaina troviamo l’Italia, mentre per l’eroina, dalla metà degli anni novanta all’inizio degli anni 2000 si registra un calo dei consumi e delle problematiche connesse, tra il 2006 e il 2007 se ne evidenzia un incremento. Nel 2008 a Roma si è stabilito il triste primato delle morti correlare all’uso di eroina: 83 morti in un anno, secondo il capo della squadra mobile romana.
La legge Fini Giovanardi paradossalmente può essere assimilata ad una legge di politica economica che impone un mutamento negli assetti del mercato nero delle droghe. Vuole imporre una certa riduzione dello spaccio per le strade, pur non riuscendo ad eliminarlo del tutto, fa crescere i circuiti insospettabili, specialmente di cocaina.
Essendo per sua natura fuori legge, un mercato nero è completamente liberalizzato, l’unica regola che è uguale per tutti è quella della pena. Al di là di questo fatto non esistono altre regole che valgono per tutti; se non quelle imposte e definite non dal buon senso, dal libero accordo e dall’onestà, come in un mercato alla luce del sole, ma dal sopruso, dalla violenza, dall’inganno e dalla forza da parte di gente senza scrupoli spesso facenti parte di minoranze militarmente e politicamente organizzate: LE NARCOMAFIE.
Canapisa X
DEDICATO A TUTTE LE VITTIME DEL PROIBIZIONISMO!
Nel 1999 nasceva a Pisa un gruppo di discussione sul tema delle droghe che avrebbe dato inizio al movimento del 1° Canapisa nel 2001. Quella che sarebbe stata una manifestazione cittadina, poi regionale e poi nazionale, era allora rappresentata dall’attività di un collettivo di persone che si chiamava Laboratorio Pirata. La particolarità di questo collettivo era quella di essere formato da consumatori di sostan ze che volevano diventare più consapevoli delle loro azioni, autotutelarsi e così salvaguardare la propria salute quando avessero deciso di usare una qualche sostanza. Non soddisfatti dalle informazioni che si trovavano più facilmente sull’argomento, spesso di natura terrorizzante, e lontane dalla realtà variegata che si palesava davanti ai loro occhi, intraprendevano questo viaggio/avventura alla ricerca di informazioni sull’argomento. Da allora questo percorso non si è più fermato ed ha condotto i suoi protagonisti ad approfondire l’argomento droghe a 360 gradi. In dieci anni di esperienze e di ricerche risulta evidente che a guadagnarci dal proibizionismo non sono sicuramente i consumatori, e tanto meno le loro famiglie, o i loro cari. A guadagnarci veramente da tutta questa sporca vicenda sono le criminalità organizzate, mentre gli apparati preposti al recupero e alla repressione hanno un ruolo abbastanza ambiguo nella questione del proibizionismo: di fatto queste istituzioni sembrano apparire come una vera e propria industria integrata la cui merce sono i drogati. Più drogati ci sono più crescono i volumi di affari. L’industria delle droghe proibite alimenta il mercato nero delle sostanze ed è capace di fornire un’enorme liquidità monetaria immediata che tramite il riciclaggio rientra in circolazione e così alimenta il sistema monetario ufficiale.
L’industria dei farmaci alimenta il mercato legale del trattamento che dal canto suo sostiene per interesse la medicalizzazione dell’uso di droghe. Gli apparati preposti al la repressione ed al recupero, anche quando questi apparati dello Stato sono composti da persone oneste, convinte di fare del bene e di agire nella giustizia, si ritrovano ad essere meri esecutori di ordini provenienti dall’alto. Il loro lavoro si riduce a produrre drogati e a far passare il fenomeno droghe come un problema di sicurezza e di ordine pubblico. Mentre gli antiproibizionisti portano avanti una critica legittima e necessaria affinché le cose migliorino sempre, il Comune di Pisa in armonia con la politica del governo scaglia gravi accuse al movimento antiproibizionista, attaccando frontalmente il diritto stesso a manifestare. La critica alla legislazione in materia di sostanze stupefacenti e la libera discussione sull’argomento è oggi additata come istigazione al consumo. Il Comune di Pisa si allinea alla strategia antidroga di Giovanardi e Fini, i redattori dell’ultima modifica in senso punitivo della l egislazione italiana in materia. Ancora una volta le istituzioni mostrano la loro ottusità e chiusura ad ogni cambiamento. Non avendo discorsi validi da usare per affrontare la vicenda, nell’impossibilità di difendere un proibizionismo ormai indifendibili, le autorità comunali, nascondendosi dietro un’ipocrita critica alle modalità “inappropriate” del movimento antiproibizionista, provano di fatto a negare il diritto ad esprimere liberamente il dissenso, cercano di imbrigliarne le manifestazioni. Questa è cultura proibizionista. L’atteggiamento di
chiusura delle istituzioni nei confronti di Canapisa non permette di discutere della vera questione che è oggetto della manifestazione: le politiche proibizioniste. Per il comune di Pisa la vicenda riguarda solo le istituzioni “competenti”, che se ne occupano con “attenzione (SIC!) e serietà”. La questione del proibizionismo riguarda proprio tutti, in primis tutti quelli che vivono da vicino o direttamente le problematiche legate all’abuso di droghe, compreso l’alcol.
I giovani spesso usano linguaggi incomprensibili e forme molto criticabili per esprimere il loro pensiero, ma sta alla lungimiranza della classe politica il compito di interpretare ed intercettare le istanze in esse contenute. L’amministrazione locale di Pisa sta mostrando una scarsissima capacità in questa direzione. Non è con la proibizione che si affrontano le questioni, è una scorciatoia dal corto respiro. Ai posteri l’ardua sentenza. Oggi il cuore della nuova strategia proibizionista sta nell’aver fatto confluire tutte le sostanze illecite in un’unica tabella e nell’aver stabilito per tutte la stessa pena detentiva in caso di reato (cresciute le pene per le droghe leggere, diminuite invece per quelle pesanti). L’effetto più evidente di questa politica di fatto è stata la crescita dell’offerta di droghe che prima erano considerate pesanti.
Da un punto di vista comunicativo l’appiattimento del discorso provocato dall’idea che tutte le sostanze sono uguali ha fatto perdere ancora più credibilità ai discorsi ufficiali che impedendo al tempo stesso ogni discorso differente, teso ad approfondire l’argomento droghe, sta producendo un’ignoranza diffusa che aumenta i rischi derivanti dall’assunzione. Il presupposto ridicolo da cui parte il sig. Giovanardi e a quanto pare anche il Comune di Pisa è quello secondo il quale: se le sostanze sono illegali, non ne è consentito alcun uso e per questo ogni discorso che non dica che fanno male è da considerare istigazione al consumo. In questo discorso Canapisa è una manifestazione ai limiti della legalità. Solo le istituzioni preposte possono occuparsene, tutti gli altri soggetti che ne parlano devono essere censurati, criminalizzati e perseguitati, quando lo fanno senza rispetto del Codice Ultraproibizionista Ufficale. Questo è un atteggiamento che esclude ogni possibilità di crescita di consapevolezza sociale e collettiva sull’argomento, va contro l’essenza stessa di avanzamento della ricerca scientifica e sociale; è come dire che tutte le droghe fanno male e basta, ogni critica alla legge in questione è reato di istigazione a violare la legge stessa; è propaganda al
consumo; è una manifestazione “caricaturale”. E’ invece forte convinzione del movimento di Canapisa che affermare il fatto che tutte le droghe dichiarate illegali facciano male allo stesso modo e a qualsiasi condizione e a qualunque soggetto è un’informazione talmente falsa che fa perdere molta credibilità all’informazione ufficiale in materia. Proprio questa perdita di credibilità tra i più giovani, che si ritrovano a verificare direttamente la falsità delle informazioni ufficiali, crea paradossalmente la vera istigazione al consumo. Infatti in quasi un secolo di proibizionismo i consumi e i traffici di droghe sono in crescita continua, quello delle droghe sembra essere un mercato senza crisi, che cresce anche quando il resto dell’economia ristagna. L’antiproibizionismo parte dal presupposto che le persone siano capaci di un giudizio critico, che siano capaci di valutare i rischi, specialmente quelle che riguardano la propria persona, naturalmente quando si posseggono le informazioni necessarie per farsi un’idea. I fattori di rischio per le droghe esistono non è proprio il caso di negarlo, ma affermare che essi variano da sostanza a sostanza, da persona a persona, nel tempo e nello spazio, cos&igr ave; come nella dose e nella qualità è altrettanto innegabile. Altrimenti, come sta avvenendo, si favorisce indirettamente il consumismo e non di disincentivarlo, come a parole si propone l’attuale strategia proibizionista. La comunicazione del governo in materia sta producendo nei fatti il risultato opposto. Sembra essere una strategia di marketing messa in campo dalle narcomafie.
APPELLO ANTIPROIBIZIONISTA
E’ sempre più forte l’idea che i problemi derivanti dall’uso di sostanze
sarebbero ben poca cosa se non ci fosse il proibizionismo. A causa delle leggi antidroga i consumatori diventano criminali costretti ad una vita clandestina o in parte segreta, con tutti i rischi che ne conseguono. Le morti per droghe pesanti sono riconducibili spesso ai mix effettuati nel mercato nero, per aumentarne il peso e così i ricavi; le sostanze di taglio sono tra le principali cause di morte dei consumatori. Le morti per ecstasy sono inferiori al numero delle morti da caduta dal cavallo e nessuno si sognerebbe di vietare di andare a cavallo. Le morti per cannabis sono pari a zero quando le morti per alcol sono un numero spropositato e, anche in questo caso, nessuno immaginerebbe un proibizionismo dell’alcol, anzi di questo ne esiste un enorme sistema commerciale ed industriale (es. Vinitaly).
Gli statunitensi sperimentarono il proibizionismo dell’alcol e i risultati sono stati ben osservati: crescita esponenziale dei profitti illeciti, diffusione di alcolici edulcorati, di bassissima qualità e nocivi anche in piccole quantità, crescita dei fenomeni di abuso, esasperazione dei conflitti. QUESTI SONO I RISULTATI DEL PROIBIZIONISMO!
Pensiamo fermamente che solo tramite la crescita di una libertà informata e consapevole sulle droghe si possa ridurre il consumismo di sostanze stupefacenti. Sosteniamo che la questione del consumo delle droghe sia un fenomeno sempre esistito, impossibile da cancellare, connaturato nella storia antropologica dell’umanità. Del fenomeno ne devono essere affrontati i problemi che ne possono derivare concretamente, quando e come si verificano, in modo realistico e coerente, non servono tabù, moralismi ed ipocrisia.
Spesso infatti l’abuso di droghe è il riflesso di altre problematiche sociali, come ad esempio l’insostenibilità dei ritmi lavorativi e di vita diventati disumani.
Gli antiproibizionisti pensano che tutto questo sia evitabile: basta mettere in campo politiche sugli stupefacenti ispirate ai principi antiproibizionisti e sviluppare politiche di inclusione e solidarietà anziché di esclusione e repressione.
Le campagne terroristiche in materia che arrivano ad attaccare il diritto stesso a manifestare un’opinione differente dal discorso ufficiale producono solo danni, inibiscono alle generazioni presenti e future la possibilità di essere informate e di crescere con consapevolezza. Quello delle droghe è un fenomeno sociale e umano, la vera questione da risolvere è quella del proibizionismo. E’ sempre più indispensabile una politica pragmatica sulle droghe. Canapisa manifesta la necessità sempre più urgente che tali politiche vengano messe finalmente in pratica.
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CANAPISA E’ UNA MANIFESTAZIONE POLITICA AUTOGESTITA, AUTORGANIZZATA ED AUTOFINANZIATA, CHE PORTA IL NOSTRO MESSAGGIO POLITICO ALLA CITTA’