Il principio statuito dalla sentenza delle SSUU dello scorso 18 ottobre 2012 (n. 47604), che ha escluso che la vendita di semi di cannabis integri gli estremi del delitto di cui all’art. 82 dpr 309/90, trova puntuale e corretta applicazione nella decisione del GUP presso il Tribunale di Roma, del 7 febbraio – 7 aprile 2013, che ha assolto quattro commercianti di semi di cannabis, accusati di violazione proprio della citata disposizione di legge.
Si è così posta fine ad un’odissea giudiziaria durante oltre quattro anni.
La rilevanza delle pronunzia, che si commenta, consiste, certamente, nella felice intuizione giuridica del giudice di prime cure, il quale colloca la condotta di vendita di semi di cannabis, attribuita al commerciante – ed oggetto della specifica contestazione di reato -, nel segmento degli atti preparatori non punibili.
Ad avviso del giudicante, infatti, non sarebbe ravvisabile il requisito della idoneità “in modo inequivoco alla consumazione di un determinato reato”, atteso che “non è dato dedurre la effettiva destinazione dei semi”, una volta che essi siano stati venduti.
E’ evidente che tali affermazioni si coniugano in maniera armonica con l’osservazione :
1. che sia sempre stato obiettivamente impossibile – per il giudicante – acquisire la prova positiva della volontà genetica ed univoca del commerciante di istigare, tramite la vendita di semi di cannabis, gli acquirenti all’uso di sostanze stupefacenti, attesa la molteplicità di ipotetici motivi che potevano sottostare all’acquisto;
2. che, una volta perfezionata la vendita, la destinazione finale e l’eventuale utilizzo modale dei semi – entrati negozialmente nella sfera di esclusiva disponibilità dell’acquirente – sfugge a qualsiasi forma di verifica da parte del commerciante.
Costui non ha alcun obbligo di verificare l’uso successivo degli stessi.
Ulteriore profilo di interesse si rinviene, poi, nella disamina della condotta degli imputati, che induce il giudice ad escludere la configurabilità dell’art. 414 c.p. in relazione all’art. 73 dpr 309/90 (ipotesi di reato di istigazione alla coltivazione illecita, che le SSUU hanno ritenuto come unica formulabile in teoria in situazioni del genere).
La sola inserzione pubblicitaria, che raffigura semi e contiene indicazioni sulla loro provenienza e descrizione, non presenta – ad avviso del GUP – il carattere di fungere da spinta determinativa specificatamente indirizzata nei confronti degli acquirenti al fine di indurre costoro ad acquistare per coltivare.
Rimini, lì 15 luglio 2013
Carlo Alberto Zaina