Quarant’anni fa l’esito della guerra in Vietnam fu parzialmente condizionato dal consumo di eroina tra i soldati americani. Istruiti da questo precedente, taleban e guerriglieri di Al Qaeda stanno utilizzando come arma tattica le abbondanti riserve di eroina, ottenendo così un doppio risultato: minano l’efficienza dei soldati americani e raccolgono denaro fresco per pagarsi nuove reclute e nuovi armamenti. Questi fatti, contenuti in un rapporto interno dell’intelligence degli Stati Uniti, sono stati raccontati da un funzionario a «The Daily Beast».
E’ una tattica che ha una sua logica. Di droga in Afghanistan ce n’è tantissima, costa poco – meno di un dollaro la dose di un giorno – ed è potente. Gli ufficiali dell’esercito americano in pubblico rifiutano di ammettere un problema-droga, ma in privato esprimono preoccupazione per un possibile aumento del consumo tra i soldati giovani e annoiati. Le forze della Nato impegnate in Afghanistan sono coinvolte in un conflitto sempre più impopolare, con molto stress e poco da fare nel tempo libero. In queste condizioni, le droghe sono un’evasione molto allettante. Il rapporto cita altri casi di consumo di droga in zone di guerra dove la si produce.
In Vietnam, ad esempio, l’esercito Usa aveva un 20 per cento di dipendenti dalla «China white», eroina purissima proveniente dal vicino Triangolo d’oro. E i soldati russi che negli Anni 80 combattevano in Afghanistan tornarono in patria tossicodipendenti in una percentuale che si avvicinava anch’essa al 20 per cento. La bomba-eroina fa danni collaterali anche postumi: i soldati hanno portato nelle città russe un problema di droga, che negli ultimi vent’anni è cresciuto in modo esponenziale. Lo scorso marzo l’ufficio anti-narcotici della Russia ha annunciato che il Paese è diventato il «consumatore di eroina nr. 1» al mondo.
I taleban che oggi combattono gli americani sono come i mujaheddin che ieri combattevano i russi: hanno visto che l’eroina aiuta a indebolire una forza combattente straniera. Con le coltivazioni afghane di oppio che hanno raggiunto livelli record – producono più del 90 per cento delle scorte globali – e i taleban che fanno sempre più conto sul traffico di droga per finanziare la loro guerra, conquistare alla droga i soldati Usa serve anche ad aprire nuovi mercati.
Ufficialmente l’argomento resta tabù, soprattutto ora che l’amministrazione Obama sta discutendo un cambio di strategia militare in Afghanistan. Ma l’ex generale Barry McCaffrey, zar antidroga dell’amministrazione Clinton, ha detto in una conferenza che l’uso della droga tra i soldati americani in Afghanistan è raddoppiato negli ultimi quattro anni e che, spostando i soldati dall’Iraq all’Afghanistan, crescerà il numero dei giovani che cadranno nella trappola. Gli ufficiali, pur sostenendo in pubblico che il numero dei tossicodipendenti è basso, sono preoccupati per quello che succederà.
Nel 2004 l’esercito americano cominciò a fare analisi a campione tra i suoi soldati in Iraq, poi passò all’Afghanistan. Ma non è facile fare dei test sui soldati nelle zone di combattimento senza disturbare le azioni. George Wright, portavoce del Pentagono, ha detto che i soldati vengono accuratamente informati sulle ragioni che portano alla tossicodipendenza e che «si tende a cancellare il marchio associato alla richiesta di cure». Quanto alle punizioni per essere risultati positivi al test, Wright ha detto: «I capi appoggeranno i loro soldati al massimo, e affronteranno caso per caso. Ma l’abuso di droga non sarà tollerato.
Tutti gli sforzi vanno nella direzione di aiutare il recupero del soldato». Questo significa che se un combattente risulta positivo, l’esercito cercherà di non trasferirlo, dato che è molto difficile trovare bravi soldati con esperienza del fronte. «Fino al settembre 2006 non sono stati trovati soldati positivi all’analisi dell’urina», mi ha detto Wright. Per gli anni successivi non è riuscito a trovare dati. «The Daily Beast» ha però parlato con sei soldati: quattro reduci dall’Iraq, due dall’Afghanistan. Tutti e sei avevano sviluppato una dipendenza da oppiacei ed erano stati curati negli ospedali dei veterani delle loro città.
Nessuno ha voluto rilasciare una testimonianza ufficiale, perché sono riservisti e si preoccupano che le loro parole possano essere interpretate come una critica all’esercito o avere un riflesso negativo sui loro amici ancora in servizio. Tutti e sei comunque hanno confermato che l’eroina «era ovunque», soprattutto in Afghanistan. E hanno parlato di spacciatori locali che avevano stabilito canali di rifornimento in diverse zone. Un soldato, che aveva servito nella base aerea di Bagram, ha raccontato che l’eroina «veniva venduta nel bazar» appena fuori dal perimetro della base.
Tutti hanno confermato che i soldati barattavano pezzi di equipaggiamento, compresi coltelli, elmetti, giubbotti antiproiettile, con dosi di droga. «Secondo te, perché nei bazar si possono comprare pezzi di equipaggiamento militare?», mi ha chiesto uno di loro. Parlando con ufficiali dell’esercito, mi è stato chiaro che non si conosce la vera dimensione del problema eroina tra i soldati in servizio in Iraq e Afghanistan. Solo dall’Amministrazione dei Veterani (Va) si può avere qualche dato in più: essa prende in carico 350 mila veterani tossicomani all’anno. Il 10 per cento sono dipendenti dagli oppiacei, gli altri hanno problemi di alcol e di abuso di farmaci.
I reduci dalle operazioni Iraqi Freedom e Enduring Freedom che nel 2008 hanno chiesto aiuto sono 22.024. Il doppio di due anni prima. Secondo gli esperti, ci vorrà un decennio perché emerga la vera portata del problema. Al momento, sono in cura alla Va i veterani della Guerra del Golfo. Comunque non tutti i tossicodipendenti si rivolgono a quell’amministrazione, molti vanno altrove, e così sfuggono alle statistiche. (fonte: LaStampa.it – Copyright 2009 RTST Inc Distribuito da The New York Times Syndicate)