2 giorni fa Facebook ha disattivato e chiuso il mio account. Senza alcun avviso. Senza alcuna spiegazione specifica. Utilizzavo Facebook per tenermi in contatto e comunicare con amici, conoscenti e lettori.
Ho contattato il social network e la risposta (probabilmente automatica) è stata che non possono fornirmi informazioni a riguardo per “motivi tecnici e di sicurezza”, infine che la “decisione è insindacabile”.
A un’ulteriore email in cui chiedevo chiarimenti la risposta è stata: “Ti informiamo che non lo riattiveremo per nessun motivo, né ti forniremo ulteriori spiegazioni sulla violazione di cui sei responsabile o sul sistema che usiamo.”
Ho perso così centinaia di messaggi, note, foto e materiale vario. Fortunatamente ho sempre riportato il tutto anche sul mio blog personale, ma le discussioni, i dibatti, gli aggiornamenti di stato e soprattutto i contatti (oltre 1.100) sono spariti.
Conoscevo già bene la Dichiarazione dei diritti e delle responsabilità di Facebook, dal momento che mi occupo anche per lavoro di comunicazione sul web, ma dopo questo episodio sono andato a rileggermi per intero il regolamento e posso affermare con certezza di non aver violato in alcun modo le regole da loro imposte.
Ma penso di sapere il motivo per cui sono stato cacciato da Facebook: la cannabis!
Una delle mie principali pubblicazioni infatti è dedicata agli stili di vita alternativi e alla cultura della canapa, a 360 gradi quindi dagli utilizzi ricreativi a quelli terapeutici, dalla coltivazione al lato industriale e tessile. La rivista (il cui nome è Dolce Vita, direttore responsabile Fabrizio Rondolino), è regolarmente registrata in un tribunale italiano da diversi anni, scrupolosamente seguita da un legale competente e distribuita nelle edicole delle principali città. Non prende posizione riguardo l’uso di sostante stupefacenti (qualunque esse siano), ma si limita a fornire le giuste informazioni a riguardo, invitando tutti ad una responsabilità personale e ad un’eventuale sperimentazione consapevole.
Su Facebook avevo aperto personalmente la pagina ufficiale della rivista e spesso sono intervenuto in dibattiti e discussioni riguardanti l’argomento. Considerando inoltre che Facebook ha appena censurato la campagna referendaria per la legalizzazione della cannabis in California, notizia di ieri, non resta che tirare le somme.
A tal proposito riporto una dichiarazione di Pietro Yates Moretti, vicepresidente dell’Aduc (associazione per i diritti degli utenti e consumatori) che fa notare come “un intervento cosi’ pesante su un dibattito politico ha conseguenze sulla sfera pubblica e sui meccanismi della democrazia” e ci invita giustamente a riflettere sulla “pericolosità del monopolio di qualunque mezzo di comunicazione”.
Personalmente sto prendendo in considerazione l’ipotesi di avviare una procedura legale, come ha già fatto un anno fa Vittorio Zambardino, (giornalista de La Repubblica a cui Facebook aveva riservato un trattamento simile al mio ma per altri motivi), che cito testualmente: “Ho perciò deciso di fare di questa vicenda il terreno di una battaglia non personale ma di diritto. Non si tratta di riavere indietro le mie poche carabattole digitali.
Qui il problema che abbiamo di fronte è quello dei diritti degli utenti di Facebook e delle regole della piattaforma, che non possono andare contro i principi che regolano lo stato italiano, oltre ad essere contrari ad ogni buon senso.”
Infine prendo questa cancellazione con filosofia, come se fosse un titolo, una piccola nota di merito nella mia carriera giornalistica da raccontare ai nipotini: “…quella volta, sono stato censurato da Facebook” =)
Certo, se avessi usato il mio account per giocare a Farmville o condividere frasi stupide, non avrei avuto nessun problema. Ma io faccio altro, ne vado fiero e per questo continuerò a farlo. Sul mio blog, sui forum, sui siti e si… anche su Facebook!
> AGGIORNAMENTO DEL 2 SETTEMBRE 2010: Facebook fa marcia indietro e riattiva il mio account