Nel 1997 Roma era un fermento continuo. Dopo gli Spiral e soprattutto dopo il “CROSSOVER”, l’urbe si apprestava a diventare l’epicentro europeo della scena traveller&ravers. Un tragico episodio come la morte di Sasha che era un elemento di spicco del periodo, conosciuto per la sua etichetta “HEADCLEANER”, la sua musica e la sua personalità eccentrica, diede l’input per organizzare un mega-party in suo ricordo, in un agglomerato industriale suggestivo, mastodontico, con strutture, capannoni, torri, molteplici livelli e infinite stanze, corridoi, il complesso degli ex-uffici, di un fascino unico che al tempo stesso aveva qualcosa di sinistro. Situato sulla Pontina, alle porte di Roma, questo enorme, fatiscente e affascinante agglomerato industriale abbandonato, rispondeva al nome di “FINTECH”, un ex-fabbrica di costruzioni edilizie, dove, e qui cominciano a spiegarsi un po di cose, è nato il progetto del “serpentone”, un blocco di cemento a scopo abitativo, lungo un km e mezzo, situato a Corviale, periferia di Roma. Il serpentone è una delle opere architettoniche più orrende e alienanti mai costruite in Italia, leggenda vuole che l’artefice anni dopo la sua creazione, diventata uno dei luoghi più pericolosi e fatiscenti dell’intero paese, si suicidò. Detto questo si può immaginare perchè già da subito Fintech avesse un atmosfera alquanto “sinistra”.
Il party celebrativo fu fantastico, nell’area si respirava una energia formidabile, magica per certi versi, il numero di persone che accorsero a festeggiare, danzare, inebriarsi e ricordare a modo nostro uno di noi, fu davvero sorprendente. Quel 27 settembre 1997 la città ancora una volta era stata testimone di quanto potenziale c’era in quei ragazzi e in quelle ragazze che avevano scelto di vivere ai margini della società, adottando uno stile di vita più consono ai loro sogni, ai loro bisogni e alla loro voglia di libertà. Proprio per questo si decise di rimanere anche dopo il party, scegliendo di far diventare quella T.A.Z., (temporaney autonomus zone), che era stato il rave, in una zona autonoma permanente. Si cominciò a lavorare per rendere tutto quello spazio a disposizione una sorta di techno-comune, dove chi voleva, poteva scegliere di rimanere, parcheggiato con il suo furgone, il suo camion o scegliere di prendersi una stanza nella parte abitativa. Cominciarono a nascere laboratori, sale prove, bar e cucine aperte negli orari più impensabili. Nel mentre si continuavano ovviamente ad organizzare feste che richiamavano sempre più gente, prima soltanto dalla metropoli poi in breve tempo si sparse la voce di questa “zona franca” appena fuori Roma e da tutta Europa cominciarono ad arrivare convogli di mezzi, truck, tir, motrici, camper, caravan con famiglie di traveller con bimbi al seguito, cani, mezzi da circo, rimorchi, mezzi pesanti dei più svariati tipi e modelli, uno dei quali con tanto di elicottero sopra. Si, avete letto bene.
Se in un primo momento tutto questo fu indubbiamente un arricchimento rispetto a quello che succedeva a Fintech, poco dopo il tutto si trasformò in una giungla, una vera terra di nessuno dove cominciarono a succedere fatti gravissimi. Le forze dell’ordine, che per i primi due anni non cercarono mai di entrare o comunque interferire con quello che succedeva dentro i capannoni, a quel punto non potevano più far finta di niente. Anche perchè se in un primo momento un luogo del genere poteva fargli comodo, una sorta di ghetto dove ogni fine settimana c’era una festa, escludendo che si organizzasse altro nel resto della città, (ovviamente mi riferisco a feste illegali) dopo gli eventi che tra poco narrerò non era più possibile lasciare passare. Per questo dopo il primo periodo idilliaco, a Roma molta gente cominciò a prendere le distanze dalla Fintech, che nel frattempo aveva cambiato desinenza, ossia “Fintek”, si crearono gruppi fortemente contrari all’occupazione della fabbrica. Sui muri della città cominciarono a vedersi scritte come “Fintek merda” e “Fintek-rave di stato”. Ma l’apice del ripudio e della negatività si raggiunse quando cominciarono a morirci diverse persone dentro. Prima una ragazza, Selene, che durante un party si mise vicino una delle tante cabine elettriche incustodite che c’erano sparse la dentro e un cavo elettrico scoperto la uccise all’istante. Morì poi un bimbo molto piccolo, figlio di traveller inglesi, che si era ammalato una volta arrivato nella fabbrica. Infine, e questa volta le guardie decisero che era ora di finirla davvero, fu trovato un ragazzo inglese, Ross, ucciso, nudo e incaprettato. Tra tutti questi episodi tristi e drammatici succedeva di tutto là dentro, gente che rubava nei camion appena rimanevano incustoditi, soldi delle sottoscrizioni, dei bar che non si sapeva che fine facevano, sostanze stupefacenti che dilagavano in modo impressionante.
Nell’ultimo periodo durante tutti i giorni della settimana c’era un via vai continuo di gente che veniva dalle più disparate parti di Roma per acquistare sostanze illegali. Insomma, dopo la morte di Ross, o meglio la sua uccisione, con conseguente retata e arresto in massa di chiunque si trovasse nei capannoni, Fintek giunse al suo capitolo conclusivo. Ancora una volta, i sogni, le speranze e le aspettative di un intero movimento si erano infrante nella più cupa e dura delle realtà.
A cura di: ALESSANDRO KOLA
Pubblicato su Dolce Vita n° 28 – Maggio/Giugno 2010