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Visualizza Versione Completa : La vera rivoluzione... di Fabrizio Rondolino



ecko
24-01-12, 12:23
Inauguro questa nuova stanza del forum (che servirà non solo a comunicare info e news di Dolce Vita ma anche e soprattutto per confrontarsi con i lettori), con il bellissimo editoriale di Fabrizio Rondolino, direttore responsabile della rivista (pubblicato sul numero #38 appena uscito e sul portale (http://www.enjoint.info/?p=5867)).


La vera rivoluzione è individuale

C’è un pezzo di mondo che sicuramente possiamo migliorare: noi stessi. Se tutti gli esseri umani decidessero di migliorarsi – per esempio rinunciando a coltivare sentimenti di invidia e di rancore in favore di quelli di benevolenza e generosità – non avremmo bisogno né della politica né della polizia, e tutti vivrebbero meglio. Tuttavia, è necessario che questo cambiamento sia spontaneo e soggettivo. Non posso decidere per gli altri (e tantomeno imporre la virtù per decreto), ma posso, e in una certa misura anche devo, lavorare sulla porzione di universo che mi appartiene: me stesso.

L’errore che la politica ha sempre compiuto e continua a compiere è pensare il contrario: immaginare cioè una società perfetta che renda perfetto l’uomo. L’unica teoria politica che si occupa dell’uomo così com’è, e non come dovrebbe essere, è il pensiero libertario. I libertari non si preoccupano di costruire né un “uomo nuovo” né tantomeno un “mondo nuovo”, perché sanno che è impossibile. Il futuro non ci appartiene se non come orizzonte di possibilità. Ostruire il futuro con l’idea e il progetto di una società perfetta significa prima di tutto ostruire il presente: cioè costringerlo entro i limiti di una sola possibilità. Ogni modello di società futura – compresa la società libertaria perfetta – è una violenza intollerabile per almeno due motivi. Il primo è che il futuro non ci appartiene, ma appartiene a chi lo vivrà. Il secondo è che la società perfetta per tutti non può esistere, perché non tutti sono uguali: al contrario, ciascuno è diverso. Per quanto perfetta sia la società proposta o realizzata, e almeno fino a che la ragione abiterà l’uomo, ci sarà almeno una persona che vi si opporrà con tutti i mezzi a sua disposizione, inclusa la violenza. Costui ha il diritto di ribellarsi, come spiega magnificamente la Dichiarazione d’Indipendenza, mentre la società non ha il diritto né di escluderlo né di imprigionarlo né di ridurlo al silenzio.

Non c’è dunque nessun futuro da costruire, ma un grande presente da vivere. I politici hanno sempre cercato di cambiare il mondo, ora si tratta finalmente di interpretarlo – cioè di imparare ad apprezzarne la naturale, inesauribile spontaneità. Cambiare se stessi significa imparare a vivere meglio. Vivendo meglio, faremo vivere meglio tutti gli altri. Esistono soltanto gli individui, esistono soltanto le soluzioni individuali. È su questo scoglio insormontabile che la politica, ogni politica, prima o poi è destinata a fallire e a trasformarsi in oppressione (blanda o totalitaria). L’unica politica sostenibile è la riduzione degli spazi della politica, sempre e comunque, a tutti i livelli. E l’unica rivoluzione vittoriosa è quella che riusciamo a combattere nella nostra mente – o, come amano dire i cristiani, nel nostro cuore.

Fabrizio Rondolino
editoriale Dolce Vita #38

Take_delete
24-01-12, 12:57
me piace assai! :D

mad man
25-01-12, 15:34
Condivido alcune parti dell'editoriale (soprattutto dell'introduzione), tuttavia sono in disaccordo con la maggior parte delle idee esposte.

Sono convinto che quasi tutti i problemi che abbiamo vissuto nella nostra storia siano figli dell'individualismo diffuso in occidente dalla cultura giudaico-cristiana che si è contrapposta all'idea greca di comunità.

Anche io ero (e probabilmente in parte ancora lo sono) vicino al pensiero anarco-individualista, ed ho sempre considerato dogma gli ideali su cui Rebelais, nel suo Gargantua e Pantagruel, erige l'immaginaria abbazia di Thélème: Fa quel che vuoi, ma nel pieno rispetto degli altri.
Tuttavia, granzie anche agli ottimi lavori Galimberti e Guzzi su Nietzsche e il nichilismo storico, ho iniziato a rivalutare questa posizione in relazione anche alla storia dell'uomo ed alla natura umana.

L'uomo nasce come animale sociale che, organizzato in branchi e comunità, viveva attraverso il mondo; era parte ed espressione della Natura e dalla Natura era completamente dipendente.
Quando l'uomo ha raggiunto la piena consapevolezza di sè, si è convertito in Homo sapiens ed ha iniziando a vivere nel mondo; attraverso la sua comunità era parte della natura ma allo stesso tempo poteva modificarla per la propria sopravvivenza, avendo trasformato la Natura in Cultura (da cui coltura).
Quando l'uomo compie il passo successivo, convertendosi in Homo sapiens sapiens e in Homo faber, in occidente si trova davanti ad una rivoluzione culturale (nascita dei culti monoteisti) che lo porta a porsi al di sopra delle altre creature, iniziando a vivere del mondo; l'uomo ora vive nella sua Storia e non fa più parte della Natura la quale esiste solo per soddisfarlo. Ed è in questo preciso momento che per la prima volta inizia a porre la sua auto-ralizzazione come individuo sopra agli interessi comuni, creando il nucleo dell'individualismo (che caratterizzerà tutta la storia delle religioni monoteiste e quindi dell'occidente).

In tal proposito vorrei riportare un'interessante analisi di come viene visto il mito di Adamo attraverso il libro della Genesi:
"In quanto portatori della sua immagine, gli esseri umani hanno il mandato di camminare in comunità con Dio, e di prendersi cura l'uno dell'altro e del mondo. Resistendo all'invito, al "Noi" della comunità con Dio e con gli altri, gli esseri umani scelgono di vivere nell' "Io" dell'individualismo e dell'auto-realizzazione.

A questo punto della narrativa delle origini nella Genesi, gli esseri umani divennero, per usare le parole del teologo evangelico Francis Schaeffer, "indiscutibilmente piegati". Questo isolamento auto-inflitto muove l'anima umana verso l'auto-conservazione e l'auto-assorbimento. Questa "caduta nell'ombra", ha liberato percorsi distruttivi per la razza umana, e il bisogno di un Adamo redentore che scelga di vivere una vita in comunità con Dio, rovesciando così gli effetti della caduta."


Dove voglio arrivare con questo ragonamento?
L'Individualismo e l'automiglioramento sono sicuramente utili se valutati in una prospettiva interna al nostro modello sociale e culturale, ma il problema è proprio che il nostro modello sociale e culturale è sbagliato; dobbiamo smettere di vivere del mondo e tornare a vivere nel mondo, e l'unico modo per farlo è modificare il modello sociale affichè modifichi gli individui che ne fanno parte e lo accettano.
Mettere da parte l'idea di poterci auto-governare con il cuore e iniziare ad applicare l'Etica comunitaria che, al contrario di ciò che molti pensano, è la massima espressione della razionalità.

Se ci si ferma a riflettere, tutti i problemi che stiamo vivendo oggi li attribuiamo alla mala politica; ma cos'è la mala politica se non l'assenza del senso di comunità e di bene comune a cui si è sostituito l'individualismo del potere?