PDA

Visualizza Versione Completa : Stato salutista



giovanniforesti
01-01-70, 01:33
Stato salutista
non avrai il mio scalpo
Per opporsi ai diktat del nuovo pensiero igienico globale
MICHELE AINIS
Lo Stato terapeutico ha inaugurato l\'ultima crociata: quella contro Bacco e i suoi seguaci. Anche se le truppe governative, in realtà , sono schierate già da tempo. Nel giugno 2002 un decreto legge aveva abbassato il tasso alcolico consentito per chi si mette al volante, portandolo da 0,8 a 0,5 grammi per litro: in pratica significa un bicchiere di vino, o due di birra. Ma le sanzioni contemplano l\'arresto fino a un mese, una multa stratosferica, la sospensione della patente per 3 mesi. Da qui la tragedia di Treviso, dove il 12 agosto 2002 un operaio si è ucciso quando i vigili gli hanno ritirato la patente, costringendolo alla disoccupazione: era infatti risultato positivo all\'etilometro, e da appiedato non avrebbe più potuto raggiungere la sua fabbrica Benetton a 30 chilometri da casa.

Tuttavia non basta, non basta mai. Nel 2003 il governo ha stabilito la chiusura dei locali dopo le tre di mattina, e niente alcolici dopo le due. Nell\'autunno del 2006 la bozza della legge finanziaria aveva previsto il divieto di vendere bevande alcoliche ai minori, compresa la birra in pizzeria; divieto poi stralciato per manifesta estraneità alla manovra di bilancio. Nelle stesse settimane il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno di legge che castiga in ogni ora del giorno e della notte la mescita e la vendita di alcolici negli autogrill (fin qui il divieto valeva nelle sole ore notturne). Il mese scorso è stato annunziato un altro giro di vite al codice stradale, punendo ancora più severamente la guida in stato d\'ebbrezza: 6 mesi di arresto e una multa fino a 24 mila euro, il costo di un\'automobile di lusso.

Infine il 12 aprile il ministro Ferrero ha promesso limiti alla pubblicità delle bevande alcoliche: proibito dire che il vino fa bene alla salute, vietata - come in Francia - la réclame degli alcolici in tv, ma viceversa obbligatoria l\'etichetta che ci rimprovera e ammonisce contro i danni alla salute. È il sistema già sperimentato con le sigarette, ormai vendute in pacchetti listati a lutto, da cui s\'affacciano scritte con ogni malaugurio per chi s\'ostina ad acquistarle.

Che possiamo farci, sono i dettami del nuovo pensiero igienico globale. E infatti Ferrero è in buona compagnia: per dirne una, in marzo le autorità della Florida hanno deciso d\'impedire ai giovani l\'accesso notturno alle spiagge, dove è consuetudine bere un bicchiere in compagnia per festeggiare le vacanze di primavera dei college americani. E anche in Italia il salutismo è caro alla sinistra non meno che alla destra, oggi contro l\'alcol, ieri contro il fumo o i cibi troppo grassi. Così, Fini e Giovanardi ci hanno regalato una legge iperproibizionista sulle droghe; l\'ex ministro Sirchia ha messo alla berlina i fumatori, e per sovrapprezzo avrebbe voluto imporci il panciometro di Stato (limite massimo: 102 centimetri per lui, 88 per lei); il ministro Amato ha proposto l\'antidoping all\'uscita delle scuole. Dev\'essere un riflesso biblico, l\'idea che le porte del Paradiso s\'aprano attraverso privazione ed espiazione. Sicché, per non andare fuori tema, non resta che contrapporre ai dieci comandamenti sui peccati di gola un decalogo di obiezioni recitate in punta di matita.

Primo: fino a prova contraria la Costituzione tutela il diritto alla salute, non già il dovere di sfoderare un alito che profuma di rose. Perché s\'affida al senso di responsabilità degli individui, piuttosto che alla gomma del censore. E perché ne rispetta le inclinazioni, i gusti personali, gli stili di vita.

Secondo: se viceversa i nostri governanti vogliono propinarci uno Stato etico, se diventano alfieri dell\'estremismo salutista, daranno giocoforza fiato all\'estremismo opposto, quello di chi vuole sbarazzarsi dello Stato. Sarà un caso, ma il motto di David Friedman («non chiedere che cosa può fare lo Stato per te, chiedi cosa ti sta facendo»), nonché le teorie dei libertarians (che prendono a modello le comunità medievali, società senza Stato), non hanno mai guadagnato tanti estimatori.

Terzo: nella misura annunciata da Ferrero c\'è un tradimento del patto elettorale. Perché il programma di Romano Prodi aveva un profilo antiproibizionista, promettendo per esempio di modificare la legge sugli stupefacenti. Ma dopo un anno non ne è caduta neppure una virgola, e ai divieti s\'aggiungono i divieti.

Quarto: se la legge Fini-Giovanardi non distingue fra l\'eroina e gli spinelli, Ferrero alza la mira contro ogni bevanda con un contenuto alcolico superiore a 1,2 gradi, senza distinguere fra la barbera e il whisky. È una logica da bombe termonucleari, che non si cura di quanti innocenti ci rimettono le penne.

Quinto: si dà il caso tuttavia che il «bere mediterraneo» sia un tratto della nostra identità culturale: da qui le immediate proteste della Coldiretti, dell\'Aduc, di Città del Vino. E si dà il caso inoltre che l\'uso moderato di bevande alcoliche riduca la patologia cardiovascolare: lo ha ricordato l\'associazione europea che riunisce gli esperti del settore.

Sesto: se il divieto di pubblicità è già vigente in Francia - come ha osservato il nostro esterofilo ministro - esso è viceversa estraneo agli altri paesi dell\'Unione. Dopo di che le morti del sabato sera restano, ovviamente, una tragedia da arginare, così come i 25 mila uccisi ogni anno dall\'alcolismo; ma le statistiche vanno lette per esteso, e in Italia il quadro è meno fosco che nel resto d\'Europa, mentre gli incidenti mortali sulle strade sono in calo dal 2001.

Settimo: si vieta la pubblicità ma non la vendita. Come per i tabacchi. È un atteggiamento ipocrita, che nel migliore dei casi trasmette messaggi ambigui. Non sarà che la torta del gettito fiscale è troppo ricca per lasciarla in frigorifero?

Ottavo: di sanzioni ce n\'è già abbastanza. Ma come spesso accade, nessuno si cura d\'applicarle. Una ricerca attesta che fra il 2002 e il 2004 solo il 3% degli automobilisti italiani ha subito il test dell\'alcol (la media europea è del 16%).

Nono: siamo certi che l\'oscuramento della pubblicità funzioni? Negli Usa la Federal Trade Commission, il ministero della Salute, l\'Università del Texas e varie altre istituzioni hanno detto che non c\'è nessuna prova che questa misura abbia effetti sul consumo, figurarsi sull\'abuso. In più sui giovani suona come un invito a trasgredire.

Decimo: siamo altrettanto certi che il proibizionismo paghi? In Svezia un vinello da tavola costa 20 euro, ma l\'alcolismo cresce a vista d\'occhio. In Inghilterra c\'è una campagna forsennata contro il fumo, ma senza risultati. Negli Stati Uniti, a dispetto dei 200 milioni annui per inserire la verginità nei curricula scolastici, chi frequenta i corsi di castità fa sesso per la prima volta a 14 anni. Ma gli Usa, durante gli anni Venti, hanno già fatto fiasco con il proibizionismo sui liquori. Adesso tocca a noi: ritornerà Al Capone?

[email protected]
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200705articoli/21134girata.asp

rilanciato da
http://www.antiproibizionisti.it/notizia.asp?n=6419


Ho trovato sul sito degli antiproibizionisti.it l’articolo “Stato salutista non avrai il mio scalpo
Per opporsi ai diktat del nuovo pensiero igienico globale�
Di MICHELE AINIS pubblicato da “la STAMPA�

L’ articolo inizia col definire crociata l’intervento dello Stato contro Bacco.
Qualunque cosa venga fatta per limitare i danni dell’alcol viene posta sotto la cattiva luce della crociata mettendo sullo stesso piano misure diverse non tutte dello stesso segno:
- abbassamento del tasso alcolico consentito per chi guida
- sanzioni (un mese di arresto, 3 mesi di sospensione della patente, multa stratosferica)
- chiusura dei locali alle 3
- divieto di vendita alcolici dopo le due
- paventato ma mai realizzato divieto di vendere alcol ai minori (compresa la birra in pizzeria)
- disegno di legge che castiga in ogni ora del giorno e della notte la mescita e la vendita di alcolici negli autogrill (fin qui il divieto valeva nelle sole ore notturne)
- Il mese scorso è stato annunziato un altro gire di vite al codice stradale, punendo ancora più severamente la guida in stato d\'ebbrezza: 6 mesi di arresto e una multa fino a 24 mila euro, il costo di un\'automobile di lusso.
- il 12 aprile il ministro Ferrero ha promesso limiti alle pubblicità delle bevande alcoliche, proibito dire che il vino fa bene alla salute, vietata - come in Francia - la réclame degli alcolici in tv, obbligatoria l\'etichetta che ci rimprovera e ammonisce contro i danni alla salute



Ma Ferrero è, secondo l’articolista, in buona compagnia infatti (?), in marzo le autorità della Florida hanno deciso d\'impedire ai giovani l\'accesso notturno alle spiagge, dove è consuetudine bere un bicchiere in compagnia per festeggiare le vacanze di primavera dei college americani.

Infine, provando a fare una sommatoria generale dimostrativa, il Signor Ainis, afferma: E anche in Italia il salutismo è caro alla sinistra non meno che alla destra, oggi contro l\'alcol, ieri contro il fumo o i cibi troppo grassi. Così, Fini e Giovanardi ci hanno regalato una legge iperproibizionista sulle droghe; l\'ex ministro Sirchia ha messo alla berlina i fumatori, e per sovrapprezzo avrebbe voluto imporci il panciometro di Stato (limite massimo: 102 centimetri per lui, 88 per lei); il ministro Amato ha proposto l\'antidoping all\'uscita delle scuole.

A questo punto il Signor Ainis prova a elaborare dei nuovi comandamenti che non posso che commentare uno per uno:

Primo: fino a prova contraria la Costituzione tutela il diritto alla salute, non già il dovere di sfoderare un alito che profuma di rose. Perché s\'affida al senso di responsabilità degli individui, piuttosto che alla gomma del censore. E perché ne rispetta le inclinazioni, i gusti personali, gli stili di vita.

* Difendere i cittadini dall’invasione pubblicitaria di prodotti potenzialmente dannosi per la salute rientra a pieno titolo nel dovere dello Stato di tutelare la salute. Vietare la pubblicità di un prodotto non limita la libertà personale degli individui. Pubblicizzare le bevande alcoliche e incentivarne i consumi è una “libertà � che lo Stato ha il dovere di limitare così come limita tutti quei comportamenti socialmente pericolosi.


Secondo: se viceversa i nostri governanti vogliono propinarci uno Stato etico, se diventano alfieri dell\'estremismo salutista, daranno giocoforza fiato all\'estremismo opposto, quello di chi vuole sbarazzarsi dello Stato. Sarà un caso, ma il motto di David Friedman («non chiedere che cosa può fare lo Stato per te, chiedi cosa ti sta facendo»), nonché le teorie dei libertarians (che prendono a modello le comunità medievali, società senza Stato), non hanno mai guadagnato tanti estimatori.

*che esista una diffusa sfiducia dei cittadini nei confronti dello Stato e di tutto ciò che rappresenta il Potere (compreso il giornale che pubblica l’articolo) è cosa vera. Che la causa sia un paventato “stato salutista� è tutto da dimostrare. Intanto perché lo Stato italiano è ben poco salutista (vogliamo parlare di sanità ?) e poi, dopo decenni di furti, clientelismi, sottogoverni, mafie, P2, servizi deviati, partiti corrotti, ecc, ecc… sarebbe qualche leggina per limitare i danni dell’alcol a determinare l’anarchismo diffuso? Per lo meno mi pare riduttivo!

Terzo: nella misura annunciata da Ferrero c\'è un tradimento del patto elettorale. Perché il programma di Romano Prodi aveva un profilo antiproibizionista, promettendo per esempio di modificare la legge sugli stupefacenti. Ma dopo un anno non ne è caduta neppure una virgola, e ai divieti s\'aggiungono i divieti.

*E ora il nostro diventa il paladino dell’antiproibizionismo. Attenzione, non ha scritto un articolo per dire che non è giusto rischiare fino a 20 anni di galera perché si coltiva qualche piantina di canapa. Ha scritto che è terribile perdere la patente anche solo per un mese se di mestiere si fa il camionista e si guidava dopo aver bevuto. Non ha scritto che è terribile perdere la patente, passaporto, porto d’armi per mesi e anni solo perché si era in possesso di canapa, anche se non si era al volante e non la si aveva nemmeno fumata. Ai divieti della legge Craxi-Jervolino-Vassalli, modificata in senso più permissivo dal referendum del ’93 (eliminazione del concetto di modica quantità ), e ri-modificata in senso più restrittivo dal decreto Berlusconi-Fini-Giovanardi (reintroduzione –nonostante il referendum- del concetto di dose massima consentita, ovvero, di modica quantità ), si aggiungerebbero altri divieti: quali?
Quello di guidare ubriachi?
Quello di pubblicizzare l’alcol?
Ciò che l’articolista forse non ha capito è che queste NON sono libertà o, se lo fossero, sarebbero del tutto paragonabili alla libertà di acquistare una pistola che per esempio esiste in USA.


Quarto: se la legge Fini-Giovanardi non distingue fra l\'eroina e gli spinelli, Ferrero alza la mira contro ogni bevanda con un contenuto alcolico superiore a 1,2 gradi, senza distinguere fra la barbera e il whisky. È una logica da bombe termonucleari, che non si cura di quanti innocenti ci rimettono le penne.

*Il paragone non calza. La legge Fini-Giovanardi sulle droghe vietate non distingue sulla percentuale di principio attivo ma sulla quantità . Se una droga è vietata è vietata. Se ne hai più di una certa quantità è penale, indipendentemente dalla concentrazione. Ferrero fa lo stesso: l’alcol è alcol. Non si pubblicizza e, se guidi, puoi anche aver bevuto birra molto leggera, ma se hai troppo alcol nel sangue, sei punito. Ferrero però dice anche che l’alcol fa più male della canapa e si è più volte espresso affinché venga modificata la Fini-Giovanardi, speriamo che gli venga permesso di farlo.

Quinto: si dà il caso tuttavia che il «bere mediterraneo» sia un tratto della nostra identità culturale: da qui le immediate proteste della Coldiretti, dell\'Aduc, di Città del Vino. E si dà il caso inoltre che l\'uso moderato di bevande alcoliche riduca la patologia cardiovascolare: lo ha ricordato l\'associazione europea che riunisce gli esperti del settore.

*Su questo argomento riporto in fondo un articolo di Angelo Gaja, produttore di Barbaresco, che fornisce molti spunti interessanti. Nessun produttore di buon vino ha necessità di pubblicizzare il proprio prodotto. Solitamente è solo con la conoscienza diretta che si possono acquistare “certe damigiane�. Inoltre, questa associazione europea che riunisce gli esperti del settore, quale è? Chi sono questi esperti e di quale settore che dicono che “l\'uso moderato di bevande alcoliche riduca la patologia cardiovascolare�. Potrei fare a questo punto cento pagine di link di siti che dicono esattamente il contrario. Ma penso sia inutile.

Sesto: se il divieto di pubblicità è già vigente in Francia - come ha osservato il nostro esterofilo ministro - esso è viceversa estraneo agli altri paesi dell\'Unione. Dopo di che le morti del sabato sera restano, ovviamente, una tragedia da arginare, così come i 25 mila uccisi ogni anno dall\'alcolismo; ma le statistiche vanno lette per esteso, e in Italia il quadro è meno fosco che nel resto d\'Europa, mentre gli incidenti mortali sulle strade sono in calo dal 2001.

*25.000 vittime, ma c’è chi dice 30.000 o 40.000. Ma fossero anche solo 10.000 o 1.000… non si tratta “ovviamente di una tragedia da arginare�. Si tratta di una strage. 20, 30, 40 volte i morti da eroina. Finalmente la Francia sta correndo ai ripari. L’Italia altrettanto e, nel fare questo, si ispira alla Francia. C’è qualcosa di male? E se poi il resto dell’Europa facesse lo stesso? E se l’Europa si ispirasse all’Italia e vietasse la pubblicità delle sigarette? Qua, non si tratta di essere esterofili, gli argomenti sono già abbastanza forti di per sé!

Settimo: si vieta la pubblicità ma non la vendita. Come per i tabacchi. È un atteggiamento ipocrita, che nel migliore dei casi trasmette messaggi ambigui. Non sarà che la torta del gettito fiscale è troppo ricca per lasciarla in frigorifero?

* e qua casca l’asino. Ecco che viene fuori il bigotto che c’è nell’articolista. L’impossibilità a pensare che veramente le persone devono poter essere libere di scegliere. Nell’articolo primo si lamentava del contrario e qui dimostra di non aver capito. Non ha capito che Ferrero non vuole vietare l’alcol. Che sia comodo fare confusione per dimostrare l’indimostrabile, lo capisco, ma che il suo modo di ragionare sia quello che sta dietro il proibizionismo è palese: se una cosa fa male va vietata. Educare a un consumo consapevole evitando che ci sia chi vuole incentivarne i consumi a scopo di guadagno, è inconcepibile. Diventa ipocrita.

Ottavo: di sanzioni ce n\'è già abbastanza. Ma come spesso accade, nessuno si cura d\'applicarle. Una ricerca attesta che fra il 2002 e il 2004 solo il 3% degli automobilisti italiani ha subito il test dell\'alcol (la media europea è del 16%).

*e qua l’esterofilia torna comoda… ma io sono d’accordo e viaggio il più possibile in bicicletta

Nono: siamo certi che l\'oscuramento della pubblicità funzioni? Negli Usa la Federal Trade Commission, il ministero della Salute, l\'Università del Texas e varie altre istituzioni hanno detto che non c\'è nessuna prova che questa misura abbia effetti sul consumo, figurarsi sull\'abuso. In più sui giovani suona come un invito a trasgredire.

* e gli americani scoprono che la pubblicità è inutile e non serve per far aumentare i consumi!
Devo dire che questa è veramente una cosa geniale che riscatta tutto l’articolo e capovolge la situazione. Togliamo la pubblicità , non serve! Riduzione dei prezzi del 30%? Chiusura di un sacco di TV, radio e giornali spazzatura? Un sacco di inutili pubblicitari a zappare la terra? Naturalmente insieme a un sacco di giornalisti e proprietari di giornali e televisioni?


Decimo: siamo altrettanto certi che il proibizionismo paghi? In Svezia un vinello da tavola costa 20 euro, ma l\'alcolismo cresce a vista d\'occhio. In Inghilterra c\'è una campagna forsennata contro il fumo, ma senza risultati. Negli Stati Uniti, a dispetto dei 200 milioni annui per inserire la verginità nei curricula scolastici, chi frequenta i corsi di castità fa sesso per la prima volta a 14 anni. Ma gli Usa, durante gli anni Venti, hanno già fatto fiasco con il proibizionismo sui liquori. Adesso tocca a noi: ritornerà Al Capone?

E qua non riesco più a commentare, paragonare la politica di Ferrero (perché è Ferrero che questo articolo vuole sputtanare, no?) al proibizionismo, è veramente ridicolo.

Vorrei concludere ricordando che in questo Paese, come in quasi tutto il resto del mondo, si va in galera per delle droghe molto meno pericolose di alcol e tabacco e nessuno fa una piega. Tutti i proibizionisti che hanno legiferato in questi anni (sia di destra che di sinistra) hanno continuato a considerare droghe solo quelle sostanze che la legge (ispirata sempre dagli USA) ha da sempre considerato droga. Nessuno ha ai voluto considerare che il confine fra droghe legali e illegali è fittizio, ideologico, arbitrario e ascentifico. Ora io non so se Ferrero sia veramente convinto di quello che dice e non so con quanta forza e determinazione è disposto a sostenerlo e a quale prezzo. Finalmente però c’è un ministro che affronta la questione droghe smascherando il velo di ipocrisia che pervade l’argomento.

Gli alpini a Cuneo ubriachi e benedetti dal vescovo (che dice messa col vino) e migliaia di persone perseguitate e incarcerate perché hanno scelto magari di fare i paracadutisti e di volare con una buna canna di ganja!

Giovanni Foresti













L\'alcol un veleno? I produttori di vino possono fare di più per frenarne l\'abuso
di Angelo Gaja

Sempre di piu’ l’alcol viene accusato di essere una droga. Sul banco degli imputati vanno tutte le bevande alcoliche, vino compreso.

L’articolo piu’ recente e’ quello apparso sulla rivista scientifica inglese LANCET del 24 Marzo che ha pubblicato uno studio di due farmacologi di Bristol molto noti nel settore i quali hanno compilato una classifica che definisce i diversi livelli di pericolosità di 20 droghe legali ed illegali e pone l’alcol in quinta posizione subito alle spalle delle droghe vere.

L’articolo di Lancet e’ stato ripreso in prima pagina dal Guardian e dal Times ed ha avuto larga eco su diversi quotidiani europei, compresi quelli italiani. Perchè l’alcol e’ una droga ? perchè, in caso di abuso, crea dipendenza. Non vale dire che sono gli eccessi a causare le patologie e che abusando anche di taluni alimenti (carboidrati, grassi animali, zuccheri,….) il fisico viene minato da malattie talvolta irreversibili.

L’osservazione non e’ corretta perchè l’abuso di alimenti NON crea dipendenza (o la crea molto raramente) mentre invece l’abuso di alcool crea dipendenza. E dai dati snocciolati non e’ uno scherzo: i decessi per abuso di sostanze alcoliche superano di gran lunga i decessi a causa dell’assunzione di droga; una elevata percentuale di incidenti automobilistici viene attribuita con certezza a soggetti che guidavano in stato di ebbrezza. Non che noi italiani avessimo necessità di attingere questi dati dalla rivista inglese: le associazioni che operano in Italia per il recupero degli alcolizzati sostengono pressoché le stesse argomentazioni da moltissimi anni ed invocano provvedimenti.

Come si e’ difeso il mondo del vino ? Sostenendo che l’abuso viene causato dal consumo dei superalcolici e delle ALTRE bevande alcoliche consumate fuori dai pasti. Ma i produttori sanno che il vino non può tirarsi fuori dalle accuse che gli vengono rivolte perchè si abusa anche a tavola e all’interno delle mura domestiche.

Sostenendo che il consumo moderato del vino e’ di beneficio alla salute, avvalendosi di numerosissime ricerche che hanno scientificamente dimostrato l’asserto.

Sostenendo che il vino ha forti valenze culturali, che fa parte della nostra civiltà , che non possono essere le patologie ad inficiarne il valore.

Però questo modo di difendersi sembra non bastare piu’. E se fosse giunta l’ora di cambiare strategia ? E se invece di restare in trincea fossero i produttori stessi di vino a prendere iniziative che dimostrino una maggiore sensibilità nei confronti di coloro che nell’alcol vedono comunque una droga ?

Provo a buttare giù qualche idea.

PUBBLICITA’. Ripetutamente in passato esponenti di associazioni/comunità di recupero avevano invocato dal Parlamento italiano il divieto di pubblicità dei superalcolici, senza successo. Dato per scontato che e’ l’abuso a creare dipendenza dovrebbero essere i produttori di vino stessi ad invocare per la pubblicità di tutte le bevande alcoliche, vino compreso, una disciplina speciale, delle norme piu’ restrittive, delle limitazioni che invece non e’ necessario imporre ai prodotti alimentari.

SEPARARE L’IMMAGINE DEL VINO DA QUELLA DELLE ALTRE BEVANDE ALCOOLICHE. Il fattore alcool accomuna tutte le bevande alcoliche ? I produttori di vino, e sono moltissimi, in numero enormemente superiore ai produttori di tutte le altre bevande alcoliche messi assieme, non lo pensano affatto. Le differenze tra il vino e le altre bevande alcoliche sono profonde. Il vino, come e’ noto, deriva dalla fermentazione alcolica dell’uva; questa avviene per tre mesi all’anno, a cavallo dell’autunno, ha un inizio ed una fine ed e’ vietato fermentare negli altri nove mesi dell’anno. Sono spesso gli stessi produttori a crescere la materia prima, l’uva, a trasformarla ed a vendere essi stessi il vino in bottiglia. L’alcol si forma naturalmente nel vino, senza aggiunte, senza separazioni dagli altri componenti. Il vino, a differenza delle altre bevande, si consuma accompagnato al cibo in un rito che affonda le radici nella storia e nella cultura millenaria.

I produttori di vino hanno un modo di operare profondamente diverso dai distillatori di alcol e da quelli che lo diluiscono in una miscela di sostanze aromatizzanti e coloranti. Sarebbe quanto mai necessario avviare una ricerca scientifica seria, rigorosa, che consenta di comparare gli effetti benefici del vino accompagnato al cibo e quelli delle altre bevande alcoliche consumate fuori dai pasti.

CONSUMARE MENO. I produttori dovrebbero essere piu’ prudenti nell’invocare iniziative/misure volte a fare crescere i consumi di vino pro capite in Italia: i 45-50 litri attuali sono gia’ molto alti. Non vale dire che dieci, venti, trent’anni fa’ se ne consumava molto di piu’. Il vino ha ormai perso gli antichi connotati di bevanda alimentare trasformandosi sempre piu’ in bene voluttuario; sono cambiati gli stili di vita a causa di un diffuso benessere, della consapevolezza di salvaguardare la salute, del maggiore desiderio di mantenere un corpo in forma ed efficiente. E’ illusorio sperare di fare crescere i 28 milioni di ettolitri di vino che si stima vengano consumati annualmente in Italia; mentre e’ piu’ realistico pensare di far beneficiare della stessa quantità un numero maggiore di consumatori guadagnandone di nuovi da educare al piacere del vino consumato con moderazione.

DIFFONDERE LA CONSAPEVOLEZZA DELLA PERICOLOSITA’ DELL’ABUSO. Tra i produttori di Langa usava un tempo accogliere gli ospiti in cantina versando nel bicchiere piccole quantità del vino migliore. A causa di ciò venivano accusati di grettezza; invece avevano rispetto per il vino, bevanda preziosa da non buttare giù a garganella ed avevano rispetto per l’ospite perchè, senza mai dirlo, conoscevano e temevano la piaga dell’alcolismo. Si potrebbe chiedere agli organizzatori delle innumerevoli fiere del vino che si svolgono nel nostro paese di collocare, in corrispondenza delle uscite, dei centri equipaggiati per misurare il contenuto di alcol nel sangue: ai quali accedere volontariamente, senza la presenza di pubblici ufficiali, giusto con qualche assistente, per rendere consapevoli quelli che hanno alzato il gomito di quanto abbiano superato i limiti consentiti dalla legge, offrendo loro l’opportunità di prendere coscienza della pericolosità di mettersi subito alla guida di un mezzo anziché attendere qualche ora prima di partire. Confidando che la prossima volta sappiano assaggiare con piu’ moderazione. Vanno ridicolizzati inoltre i produttori che durante le fiere provvedono alla mescita dei loro vini senza offrire al visitatore la possibilità di espellere l’assaggio talvolta accompagnando il divieto all’idiozia che il loro vino sarebbe cosi’ importante, cosi’ buono, da non doverlo sputare.

Anche i produttori possono fare molto per comunicare la cultura dell’educazione al bere.

5 aprile 2007

http://www.acquabuona.it/varie/annootto/vinodroga.shtml