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Visualizza Versione Completa : Canapisa 29/05/2010 (pisa)



mari3tt0
13-05-10, 12:41
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Ciao sperando di non fare delle brutte figure postandoin modo errato qualche cosa...se cosi fosse chiedo di esser punito=)...cmq sempre sperando di fare coasa gradita visto che non ne ho trovato traccia inserisco il fliyer dell'evento che si terra a pisa il 29c.m. a pisa..in toscana...che alle informazioni che si trovano su facebook dovrebbe partire alle ore 17.00 da piazza sant antonio
nonostante il comune sia contrario alla cosa c'e la delibera del p.m.=)quindi se fa!!!vi allego anche tutte le informazioni riportate su facebook x illustarer l'evento=)


riporto da facebook:

FESTEGGIAMO 10 ANNI....ma la storia è lunga e NON FINISCE QUI.......


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Ven alle 15.29
Nel 1999 è nato a Pisa un gruppo di discussione sul tema delle droghe che
ha dato inizio al movimento del primo Canapisa nel 2001. Quella che sarebbe
stata una manifestazione cittadina, poi regionale e poi nazionale, era
allora rappresentata dall'attività di un collettivo di persone che si
chiamava Laboratorio Pirata. La particolarità di questo collettivo era
quella di essere formato da consumatori di sostanze che volevano diventare
più consapevoli delle loro azioni, volevano autotutelarsi e così
salvaguardare la propria salute al momento che avrebbero consumato una
qualche sostanza. Non soddisfatti delle informazioni che si trovavano più
facilmente sull'argomento, che spesso erano di natura terrorizzante, e
lontane quindi dalla realtà variegata che si palesava davanti ai loro
occhi, intraprendevano questo viaggio/avventura alla ricerca di
informazioni sull'argomento. Da allora questo percorso non si è più fermato
ed ha condotto i suoi protagonisti ad approfondire l'argomento droghe a 360
gradi e da più punti di vista, al di là anche degli obiettivi e delle
aspettative iniziali. All'inizio forse lo stimolo iniziale non era molto
chiaro, forse proveniva da un istinto di sopravvivenza e da un forte
bisogno di autodeterminazione, oltre che da una critica spontanea alle
politiche proibizioniste sulle droghe. Questo nucleo iniziale di persone è
cresciuto, è maturato, ha fatto dei passi in avanti nei discorsi e nella
consapevolezza. In dieci anni ci siamo resi conto che a guadagnarci dal
proibizionismo non sono consumatori (loro sono delle vittime e dei capri
espiatori), e tanto meno le loro famiglie o i loro cari, che non approvando
tali scelte sostengono inconsapevolmente le conseguenze nefaste del
proibizionismo.
A guadagnarci veramente da tutta questa sporca vicenda sono le criminalità
organizzate.
Ma un ruolo abbastanza ambiguo è tenuto dagli apparati e dalle istituzioni
preposte alla repressione, alla cura ed al recupero, che di fatto sembrano
una vera e propria industria integrata la cui merce sono i drogati. Per
tutte queste realtà i drogati sono persone di serie B e non hanno nessun
interesse a risolvere i problemi derivanti dal consumo di droghe, anzi, più
drogati ci sono più cresce il volume degli affari e quindi il loro potere.
I volumi del mercato nero delle sostanze, che alimenta l'industria delle
droghe proibite, è pari a quello delle armi ed è capace di fornire
un'enorme liquidità immediata che tramite il riciclaggio può rientrare in
circolazione ed alimentare il sistema monetario ufficiale, i proventi delle
droghe diventano denaro quindi contante liquido che può essere poi erogato
dai bancomat.
Il mercato legale della repressione e del trattamento, che alimenta sia
l'industria dei farmaci che quella del recupero, viene sempre più
medicalizzato, facendo passare la questione dal sociale al penale senza
mezzi termini. Anche quando questi apparati dello Stato sono composti da
persone oneste, convinte di fare del bene e di agire nella giustizia, si
ritrovano ad essere meri esecutori di ordini provenienti dall'alto e il
loro lavoro si riduce a produrre drogati
etichettando, escludendo, separando, imprigionando ed ingrossando sempre
di più il numero dei propri utenti e degli operatori preposti, insieme alle
risorse ad esse destinate e perdendo completamente di vista l'obbiettivo
centrale che è quello di occuparsi del problema tossicodipendenza,
mettendosi a gestirlo così come appare in superficie, senza una reale
riflessione, o peggio ancora così come viene “ipocritamente” immaginato
dalle forze politiche di governo e cioè senza alcuna distinzione tra droghe
leggere e pesanti e tra uso ed abuso.



In dieci anni di studi e di riflessioni si è sempre più consolidata l'idea
che i problemi derivanti dalle sostanze sarebbero ben poca cosa se non ci
fosse il proibizionismo, sarebbero sicuramente meno esasperati e non al di
fuori di ogni controllo. I consumatori con il proibizionismo rappresentano
un capro espiatorio a cui far ricadere le colpe dei mali dell'intera
società. Le atroci sofferenze che l'attuale stato di cose produce alle
persone direttamente coinvolte ed i costi economici della proibizione
stessa, pagati con le tasse di tutti, sono insopportabili, concreti e
misurabili.
Le stesse morti per overdose da eroina per il 95% sono riconducibili ai
mix effettuati nel mercato nero, per aumentare il peso della dose e così i
ricavi; le sostanze di taglio sono la prima causa di morte dei consumatori
di eroina insieme all’ incontrollabilità della concentrazione del principio
attivo. Le morti per ecstasy sono inferiori al numero delle morti da caduta
dal cavallo e nessuno si sognerebbe di vietare di andare a cavallo. Anche
le morti per alcol sono un numero spropositato e nessuno immaginerebbe un
proibizionismo dell'alcol, anzi esiste un intero settore commerciale ed
industriale. Gli statunitensi sperimentarono il proibizionismo dell'alcol e
i risultati sono stati ben osservati: crescita esponenziale dei profitti
illeciti, diffusione di alcolici edulcorati, di bassissima qualità e nocivi
anche in piccole quantità, crescita dei fenomeni di abuso, esasperazione
dei conflitti. QUESTI SONO I RISULTATI DEL PROIBIZIONISMO!

mari3tt0
13-05-10, 12:43
Era del 1993 il referendum che depenalizzava il consumo di tutte le
sostanze e nei primi anni del 2000 era forte e diffusa la convinzione che
la legalizzazione della cannabis non solo era una cosa possibile ma forse
anche imminente. Nel 2000 alla prima conferenza governativa sulle droghe
partecipava anche il primo gruppo di persone che dette vita a CANAPISA, in
rete con il neonato Movimento Di Massa Antiproibizionista. Quella
conferenza, presieduta dall'ora ministro delle politiche sociali Livia
Turco, aveva fatto credere che la strada della legalizzazione della
cannabis e della messa in campo di politiche pragmatiche in materia era
stata concretamente intrapresa e che avrebbe condotto al superamento di
quel proibizionismo repressivo ispirato ad una ipocrita retorica
su una società libera dalle droghe.
Con il passare degli anni ed il susseguirsi delle edizioni di Canapisa, la
strada intrapresa si è vanificata ed i discorsi fatti nella prima
conferenza rimasero tali: proclami che non si sono tramutati in azioni
concrete. La strada immaginata è stata percorsa solo sperimentalmente ed in
maniera estemporanea, localizzata in un specifico territorio, molto spesso
in maniera clandestina, raramente riconosciuta. Esempi possono essere il
pill testing, la cannabis terapeutica, il safety rooms (drop in), la
riduzione del danno nei luoghi di consumo.
L'azione istituzionale invece di avanzare in direzione di visioni più
pragmatiche, ha proseguito al sua folle corsa in direzione del moralismo e
alla messa al bando di qualsiasi discorso al riguardo che non fosse di ma
trice repressiva. Questa tendenza istituzionale si è realizzata pienamente
ed ufficialmente nella legge fini Giovanardi: equiparazione di tutte le
sostanze illecite ed aggravamento delle sanzioni penali ed amministrativi
per il semplice possesso di piccole quantità e del consumo. Da quel momento
la situazione ha cominciato a precipitare precipitosamente su più fronti:
aumento degli arresti e delle sanzioni; diffusione di vecchie e nuove
droghe sempre più capillare e radicato in tutti gli strati sociali e nei
più disparati ambienti della vita quotidiana, quasi a diventare un elemento
indispensabile al mantenimento degli stili di vita più in voga, una vera e
propria moda degli integrati, non più la moda dei marginali e dei diversi,
un abitudine dei disadattati, ma un'attività per restare al passo con i
tempi. La criminalità organizzata, senza scrupoli di sorta, ha beneficiato
enormemente da questo inasprimento delle pene detentive per il traffico
delle droghe leggere (aumento del prezzo di mercato: più rischio nello
spaccio maggiore costo del servizio per i consumatori) ed il relativo
sgravio per quelle più pesanti (relativamente più a buon mercato per i
consumatori e , a parità di rischio, più redditizie nello spaccio, essendo
queste di maggior valore al grammo di quelle leggere). Nel complesso fonti
di polizia stimano una crescita dei volumi complessi nel commercio di
droghe illecite, in particolare di quelle più pesanti. Invece, a fronte di
un aumento degli arresti per cannabis risultano ridotti i quantitativi
sequestrati di quest'ultima.
La legge Fini Giovanardi paradossalmente può essere assimilata ad una
legge di politica economica che impone un mutamento negli assetti del
mercato nero delle droghe. Vuole imporre una certa riduzione dello spaccio
per le strade, pur non riuscendo ad eliminarlo, e fa crescere i circuiti
insospettabili, specialmente di cocaina. Essendo per sua natura fuori
legge, un mercato nero è completamente liberalizzato, l'unica regola che è
uguale per tutti è quella della pena. Al di là di questo fatto, nel mercato
nero non esistono regole che valgono per tutti; dove ci sono regole queste
sono imposte e definite non dal buon senso, dal libero accordo e
dall'onesta’, come in un mercato alla luce del sole, ma dal sopruso, dalla
violenza, dall'inganno e dalla forza da parte di gente senza scrupoli
spesso facenti parte di minoranze militarmente e politicamente organizzate.
La questione della cannabis è legata a quelle delle altre droghe solo a
causa del proibizionismo, all'interno del movimento antiproibizionista
questa consapevolezza è sempre rimasta viva, conferendo al discorso sulla
cannabis una sua propria peculiarità.

Ma la memoria sembra essere sempre più corta. Mentre l'antiproibizionismo
porta avanti una critica legittima e necessaria affinché le cose
migliorino, il Comune di Pisa in armonia con la politica del Governo
scaglia gravi accuse al movimento antiproibizionista, attaccando
frontalmente il diritto stesso a manifestare. La critica alla legislazione
in materia di sostanze stupefacenti e la libera discussione sull'argomento
è oggi additata come istigazione al consumo. Il Comune di Pisa si allinea
alla strategia antidroga di Giovanardi e Fini, i redattori dell'ultima
modifica in senso punitivo della legislazione italiana in materia. Ancora
una volta le istituzioni mostrano la loro ottusità e chiusura ad ogni
cambiamento. Non avendo discorsi validi da usare per affrontare la vicenda,
si sceglie la via della chiusura totale del dialogo, negando il diritto
stesso a manifestare liberamente il dissenso. Questa è cultura
proibizionista. L'atteggiamento di totale chiusura delle istituzioni nei
confronti di Canapisa non permette di discutere della vera questione che è
oggetto della manifestazione: le politiche proibizioniste convengono solo
ai narcotrafficanti.
Per il comune di Pisa la vicenda riguarda solo le istituzioni
“competenti”, che se ne occupano con “attenzione (SIC!) e serietà” . Invece
la questione del proibizionismo riguarda proprio tutti, in primis tutti
quelli che vivono da vicino o direttamente le problematiche legate
all'abuso di sostanze, compreso l'alcol.
I giovani spesso usano linguaggi incomprensibili e forme molto criticabili
per esprimere il loro pensiero, ma sta alla lungimiranza della classe
politica il compito di interpretare ed intercettare le istanze in esse
contenute. L'amministrazione locale di Pisa sta mostrando una scarsissima
capacità in questa direzione. Non è con la proibizione che si affrontano le
questioni, è una scorciatoia dal corto respiro. Ai posteri l'ardua
sentenza.

mari3tt0
13-05-10, 12:43
Oggi il cuore della nuova strategia proibizionista sta nell'aver fatto
confluire tutte le sostanze illecite in un'unica tabella e nell'aver
stabilito per tutte la stessa pena detentiva in caso di reato (cresciute le
pene per le droghe leggere, diminuite invece per quelle pesanti). L'effetto
più evidente di questa politica di fatto è stata la crescita dell'offerta
di sostanze che prima erano considerate pesanti.
Da un punto di vista comunicativo l' appiattimento della tematica,
provocato dall'idea che tutte le sostanze sono uguali, ha fatto perdere
ancora più credibilità ai messaggi informativi, censurando al tempo stesso
ogni tipo d’informazione che sia tesa ad approfondire “ l'argomento droghe”
in modo alternativo: tutto ciò sta producendo un'ignoranza diffusa che
aumenta i rischi derivanti dall'assunzione. Il presupposto ridicolo da cui
parte il sig. Giovanardi, e a quanto pare anche il Comune di Pisa, si basa
sul fatto che le sostanze sono illegali e quindi non ne è consentito alcun
uso di queste e di conseguenza ogni tipo di discorso, che non sottolinea il
fatto che fanno male, è da considerarsi istigazione al consumo. Solo le
istituzioni preposte possono occuparsene, tutti gli altri soggetti che ne
parlano vengono censurati, criminalizzati e perseguitati, quando non
seguono il Codice Ultraproibizionista Ufficiale. Questo è un atteggiamento
che esclude ogni possibilità di crescita di consapevolezza sociale e
collettiva sull'argomento, va contro l' essenza stessa di avanzamento della
ricerca scientifica: è come dire che tutte le droghe fanno male e basta,
ogni critica alla legge in questione è reato di istigazione a violare la
legge stessa: è propaganda al consumo; è una espressione di pensiero
“caricaturale”.
E' invece forte convinzione del movimento di Canapisa che affermare il
fatto che tutte le droghe dichiarate illegali facciano male allo stesso
modo e a qualsiasi condizione e a qualunque soggetto è una informazione
talmente falsa che fa perdere molta credibilità all'informazione reale ed
alla ricerca mondiale in materia. Questa perdita di credibilità tra i
giovani, che si ritrovano a verificare direttamente la falsità delle
informazioni ufficiali, crea paradossalmente la vera istigazione al
consumo.
L'antiproibizionismo parte dal presupposto che le persone siano capaci di
un giudizio critico, che siano capaci di valutare i rischi, specialmente
quelli che riguardano la propria persona, se si posseggono le informazioni
corrette per farsi un' idea ed una coscienza in materia.
I fattori di rischio esistono e non è proprio il caso di negarlo, ma
affermare che essi variano da sostanza a sostanza, da persona a persona,
nel tempo e nello spazio, così come nella dose e nella qualità è
altrettanto innegabile. Altrimenti si rischia, come sta avvenendo, di
favorirne indirettamente il consumismo e non di disincentivarlo, come
propone a parole l'attuale strategia proibizionista. La comunicazione del
governo in materia sta producendo nei fatti il risultato opposto di quanto
si propone ed ad affermarlo ed a testimoniarlo non sono gli
antiproibizionisti, ma le indagini ufficiali nazionali, europee e mondiali:
i consumi e i traffici di sostanze illegali sono in crescita continua!
Quello delle droghe sembra essere un mercato senza crisi, che cresce anche
quando il resto dell'economia ristagna, e sembra non possa esistere un
futuro immaginabile senza le droghe. Non è certo Canapisa ad essere la
causa di tutto ciò. A Pisa i pochi operatori rimasti, dopo i tagli alle
politiche sociali, testimoniano un incremento dell'uso di eroina,
specialmente tra immigrati.
Gli antiproibizionisti credono che tutto questo sia evitabile: basta
mettere in campo politiche sugli stupefacenti ispirate ai principi
antiproibizionisti e sviluppare politiche di inclusione e solidarietà
anziché di esclusione e repressione.

Crediamo fermamente che solo tramite la crescita di una libertà informata
e consapevole sulle droghe si possa ridurre il consumismo di sostanze
stupefacenti. Sosteniamo che la questione del consumo delle droghe sia un
fenomeno sempre esistito, impossibile da cancellare, connaturato nella
storia antropologica dell'umanità, e che quindi devono essere affrontati i
problemi che ne possono derivare concretamente, quando e come si
verificano, in modo realistico e coerente, e non attraverso la costruzione
di tabù o di ghetti sociali.
Spesso infatti l'abuso di droghe è il riflesso di altre
problematichesociali.
Le campagne terroristiche in materia che attaccano il diritto stesso a
manifestare producono solo danni, inibiscono alle generazioni presenti e
future la possibilità di essere informate e di crescere con consapevolezza.
Quella delle droghe deve smettere di essere una questione morale, ma semmai
deve diventare una questione pratica che va affrontata sistematicamente.
E' sempre più indispensabile una politica pragmatica sulle droghe.
Canapisa rappresenta appunto la necessità sempre più urgente che tali
politiche vengano messe finalmente in pratica.


SOSTIENI CANAPISA!!!! LA RESISTENZA PSICOATTIVA NON SI VIETA!!!!!!!!!

queste ultime sotto sono parole mie=)

facciamoci sentire......se come a roma anche questa e una possibilita di aprire uno spiraglio nell oppressione che ci circonda..usciamo per strada in molti e facciamo sentire la nostra voce..io a roma c'ero e qua ci saro certamente..al 1000%...=)=)

Saluti da Mari3tt0!!:specool: