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Visualizza Versione Completa : Che succede all'art. 73 ?



Avv. Zaina
08-06-14, 22:51
Vi segnalo questo link che riguarda la sezione normativa del Dipartimento Antidroga
(http://www.politicheantidroga.it/media/643382/dpr%20309%2090%20allineato%20alla%20legge%2016%20m aggio%202014%20n.79.pdf) e vi chiedo di leggerlo attentamente.
Ebbene come potrete constatare facilmente il testo attualmente vigente dell'art. 73 dpr 309/90, a seguito della sentenza 32 della Consulta e del DL 36/2014 risulterebbe il seguente .
Art. 73 (Legge 26 giugno 1990, n. 162, art. 14, comma 1) Produzione,
traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope (69)
(80)
1. Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'articolo 17, coltiva, produce,
fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce,
commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito,
consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla
tabella I prevista dall'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni
e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000. (68)
1-bis. Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza
l'autorizzazione di cui all'articolo 17, importa, esporta, acquista, riceve a
qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene:
a) sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se
superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute
emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del
Consiglio dei Ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga (79),
ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo
o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione,
appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale;
b) medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella
tabella II, sezione A, che eccedono il quantitativo prescritto. In questa ultima
ipotesi, le pene suddette sono diminuite da un terzo alla metà. (70) 2. Chiunque, essendo munito dell'autorizzazione di cui all'articolo 17,
illecitamente cede, mette o procura che altri metta in commercio le sostanze o
le preparazioni indicate nelle tabelle I e II di cui all'articolo 14, è punito con la
reclusione da sei a ventidue anni e con la multa da euro 26.000 a euro
300.000. (71)
[2-bis. Le pene di cui al comma 2 si applicano anche nel caso di illecita
produzione o commercializzazione delle sostanze chimiche di base e dei
precursori di cui alle categorie 1, 2 e 3 dell'allegato I al presente testo unico,
utilizzabili nella produzione clandestina delle sostanze stupefacenti o psicotrope
previste nelle tabelle di cui all'articolo 14. (72)
(76) ]
3. Le stesse pene si applicano a chiunque coltiva, produce o fabbrica sostanze
stupefacenti o psicotrope diverse da quelle stabilite nel decreto di
autorizzazione. (73)
4. Quando le condotte di cui al comma 1 riguardano i medicinali ricompresi
nella tabella II, sezioni A, B, C e D, limitatamente a quelli indicati nel numero
3-bis) della lettera e) del comma 1 dell’ articolo 14 e non ricorrono le
condizioni di cui all'articolo 17, si applicano le pene ivi stabilite, diminuite da un
terzo alla metà. (75)
5. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque commette uno dei
fatti previsti dal presente articolo che, per i mezzi, la modalità o le circostanze
dell'azione ovvero per la qualità e quantità delle sostanze, è di lieve entità, è
punito con le pene della reclusione da sei mesi a quattro anni e della multa da
euro 1.032 a euro 10.329. (78)
5-bis. Nell'ipotesi di cui al comma 5, limitatamente ai reati di cui al presente
articolo commessi da persona tossicodipendente o da assuntore di sostanze
stupefacenti o psicotrope, il giudice, con la sentenza di condanna o di
applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del
codice di procedura penale, su richiesta dell'imputato e sentito il pubblico
ministero, qualora non debba concedersi il beneficio della sospensione
condizionale della pena, può applicare, anziché le pene detentive e pecuniarie,
quella del lavoro di pubblica utilità di cui all'articolo 54 del decreto legislativo
28 agosto 2000, n. 274, secondo le modalità ivi previste. Con la sentenza il
giudice incarica l'ufficio locale di esecuzione penale esterna di verificare
l'effettivo svolgimento del lavoro di pubblica utilità. L'ufficio riferisce
periodicamente al giudice. In deroga a quanto disposto dal citato articolo 54
del decreto legislativo n. 274 del 2000, il lavoro di pubblica utilità ha una
durata corrispondente a quella della sanzione detentiva irrogata. Esso può
essere disposto anche nelle strutture private autorizzate ai sensi dell'articolo
116, previo consenso delle stesse. In caso di violazione degli obblighi connessi
allo svolgimento del lavoro di pubblica utilità, in deroga a quanto previsto dal
citato articolo 54 del decreto legislativo n. 274 del 2000, su richiesta del
pubblico ministero o d'ufficio, il giudice che procede, o quello dell'esecuzione,
con le formalità di cui all'articolo 666 del codice di procedura penale, tenuto
conto dell'entità dei motivi e delle circostanze della violazione, dispone la revoca della pena con conseguente ripristino di quella sostituita. Avverso tale
provvedimento di revoca è ammesso ricorso per cassazione, che non ha effetto
sospensivo. Il lavoro di pubblica utilità può sostituire la pena per non più di due
volte. (74)
5-ter. La disposizione di cui al comma 5-bis si applica anche nell'ipotesi di
reato diverso da quelli di cui al comma 5, commesso, per una sola volta, da
persona tossicodipendente o da assuntore abituale di sostanze stupefacenti o
psicotrope e in relazione alla propria condizione di dipendenza o di assuntore
abituale, per il quale il giudice infligga una pena non superiore ad un anno di
detenzione, salvo che si tratti di reato previsto dall'articolo 407, comma 2,
lettera a), del codice di procedura penale o di reato contro la persona. (77)
6. Se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro, la pena è
aumentata.
7. Le pene previste dai commi da 1 a 6 sono diminuite dalla metà a due terzi
per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze
ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità
giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti.

Così non è!!!!
Si tratta di un clamoroso quanto allucinante ed inaccettabile errore degli Uffici governativi, molto probabilmente dello stesso Ministero di Giustizia, che pare competente in materia
Il testo dell'attuale art. 73 è, invece, costituito da quello originario (concepito dalla L. 162/90 JERVOLINO-VASSALLI) sul quale vanno inserite le modifiche della L. 79/2014 che riguardano il comma 5 e la reintroduzione del comma 5 bis dell'art. 73.
Nè il DPA, nè tanto meno altri Uffici Ministeriali competenti si sono premurati di pubblica in rete il testo corretto, mantenendo, invece, quello che pare una vera e propria arlecchinata giuridica di cattivo gusto.
La rappresentazione che anche il DPA offre della normativa vigente, in modo palesemente erroneo, appare gravissima forma (volontaria od involontaria) di disinformazione, posto che è preciso dovere di un organo di spiccata emanazione governativa, soprattutto per questa specifica peculiarità, quella di fornire un'informazione aggiornata e corretta della modifiche legislative intervenute.
Ciò che maggiormente allarma e suscita "cattivi pensieri" in chi legge, è la circostanza che le nota 68, 69, 70, 71, 72 ,73 ,75, 76 e 77 in calce alla norma danno atto dell'intervenuta declaratoria di incostituzionalità della norma, che, invece, viene riprodotta sostanzialmente nella struttura non più vigente.
Viene proposto un comma 1 con una pena da 6 a 20 anni in luogo di quella da 8 a 20 anni (oltre multa) per le sostanze in tabella I.
Viene contemplato il comma 1 bis, che non esiste più e che è stato trasferito all'art. 75.
Viene indicato un comma 4° (che riguarda i medicinali previsti in tabella II sez. A,B,C, D ed è stato abrogato) e, quindi non c'entra nulla con il comma 4° che invece regola la disciplina penale delle sostanze inserite nelle tabelle II e IV e che prevede pene differenti.
Paradossalmente con questa assurda e superata formulazione testuale della norma rimarrebbero - addirittura - apparentemente escluse da qualsiasi forma di punibilità tutte le sostanze di cui alle tabelle II e IV, (in principal modo la cannabis), situazione che non ha alcun fondamento, proprio perchè la sentenza della Consulta ha determinato il ripristino della Jervolino-Vassalli e, quindi, il regime della doppia autonoma punibilità della sostanze pesanti e delle sostanze legge.
Invece assai strana appare la massima tempestività (V. note 74 e 78) con cui vengono riportate le novità introdotte dalla L. 79/2014 che converte il DL 36/2014 e cioè i commi 5 e 5 bis .
Che dire dunque di questa stupefacente (è proprio il caso di dirlo) scoperta?
In primo luogo che taluno ha letto il testo legislativo "patacca" - perchè di vera patacca giuridica si tratta - e naturalmente si è allarmato, perchè una lettura del testo in rete, ripreso anche da altri siti (ad esempio si richiama il seguente link http://www.medicoeleggi.com/argomenti00/italia2006/19067-73.htm) induce fuorviantemente a ritenere che l'intervento della Corte Costituzionale sia stato vanificato sul piano legislativo (con il Dl 36/2014), oppure si stato malamente interpretato dai commentatori.
In realtà, siamo dinanzi ad un fenomeno che pare difficile catalogare come un errore scusabile.
Esso è assai grave e si pone medianamente tra la cattiva gestione pubblica, per omissione dovuta da insipienza degli organi preposti e quella che taluno sospetta con una vera e deliberata disinformazione, tale intimorire i consumatori di cannabis.
Soffermandoci sul link che segnalo, osservo che non è assolutamente concepibile che un ente pubblico come il DPA, che si avvale di numerosi consulenti giuridici qualificati (e che si vanta di fornire informazioni costanti sul tema stupefacenti) non abbia sottoposto il testo pubblicato al controllo di nessuno di costoro ed abbia superficialmente diffuso in rete un testo normativo abrogato, spacciandolo per vigente.
Che una minima verifica sia stata operata deriva, infatti, dalla serie di note in calce che danno atto dell'abrogazione degli artt. 4 bis e 4 vicies DL 272/2005, e dalla rapidissima correzione del comma 5 e del comma 5 bis (introdotti dal DL 36/2014). E' allora spontaneo domandarsi, perchè mai i vari commi dichiarati incostituzionali non siano stati sostituiti con quelli realmente vigenti, mentre l'attività integrativa normativa di questo governo - che gestisce in prima persona il DPA - è, invece, stata operata subito?
Io non sono un complottista, ma diceva un signore che rispetto agli attuali era certamente un gigante "a pensare male si fa peccato, ma....".
Attendiamo dagli organi competenti una pronta e chiara risposta - senza se e senza ma - su questa imbarazzante gaffe, la cui natura colposa o dolosa è tutta da chiarire e deve essere chiarita per la portata esterna di una simile notizia giuridica, indirizzata non solo agli addetti ai lavori, ma anche ad una platea di persone (tante) interessate dall'evoluzione legislativa in tema di stupefacenti.
E qualcuno (o più di uno), possibilmente, non l'ultima ruota del carro, ritengo dovrà assumersi le responsabilità di questo pasticciaccio, che si pone come il naturale proseguimento della FINI-GIOVANARDI.
Nel frattempo il link è ancora lì (per quanto?)

M'agganjo
08-06-14, 23:22
"Ignorantia legis non excusat!":icon_lol:

Galagone
09-06-14, 15:25
Semplicemente succede che, non essendo capaci a scrivere nessun tipo di legge( leggasi incostituzionalità della Fini-Giovanardi:censored::censored: e molte altre),
Cercano di trovare vari escamotages per rendere torbide le acque e non farci vedere avanti.
Poi iL DPA è tristemente noto per la quantità di disinformazione che mette in circolo,
Avete visto il libro firmato da Serpelloni sulla cannabis?? Robe da matti...