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Avv. Zaina
09-07-14, 21:45
GIURISPRUDENZA E RIFLESSIONI AGGIORNATE SEMPRE IN AMBITO DI COLTIVAZIONE

Ho avuto oggi un'importante conferma di un convincimento che ho maturato, negli ultimi mesi, in relazione ai procedimenti penali che hanno come oggetto la condotta della coltivazione di piante di cannabis.
Parto dall'idea che mi sono fatto e, poi, vi esporrò rapidamente il caso ed il felice esito.
Ritengo - spero non a torto - che ormai si sia intrapreso ed adottato un indirizzo giurisprudenziale, che giustificherà, a mio parere, la futura depenalizzazione della coltivazione ad uso personale, seppure a precise condizioni.
La quotidiana esperienza forense mi ha permesso di verificare che i giudici di merito, con apprezzabile pragmatismo, hanno affrontato - di massima - il tema in questione (la coltivazione) valorizzando - allo scopo di riconoscere ed applicare, eventualmente, concretamente l'esimente della destinazione del prodotto ricavato - il dato del numero delle piante coltivate.
Vale a dire che è interessante osservare che alcune pronunzie (su tutte quella del Tribunale di Ferrara del marzo 2013) hanno ritenuto che una quantità di 4 piante appaia una sorta di discrimine entro il quale la destinazione del prodotto coltivato al consumo personale opera efficacemente.
E' intuitivo che tale modesto numero di vegetali viene ritenuto del tutto congruo e ragionevolmente compatibile (anche - e soprattutto - in relazione al quantitativo di principio attivo che può venire ricavato) con il successivo uso privato del coltivatore-assuntore.
Altrettanto interessante risulta la considerazione che, per altre sentenze (Cfr. GUP presso il Tribunale di Caltanisetta dello scorso gennaio 2014) quantitativi di piante che rientrino nel limite di 20, pur non mandando esente da responsabilità il coltivatore, vengono ricondotti all'autonoma ipotesi di reato di lieve entità, contenuta nel comma 5 dell'art. 73 (oggetto di plurime modifiche, tra le quali l'ultima è quella della L. 79/2014), con inflizione di una pena contenuta.
In questo caso quell'offensività (vale a dire la pericolosità della condotta, che assurge a disvalore penale) che può venire totalmente esclusa, sino od al di sotto di 4 piante, è ritenuta permanere anche, se a livelli non particolarmente elevati e, comunque, compatibili con un giudizio di minimo allarme sociale, che costituisce proprio l'essenza dell'istituto della lieve entità di cui al comma 5 (pena da 6 mesi a 4 anni di reclusione oltre alla multa).
In buona sostanza, mentre un numero limitatissimo di piante o piantine sembra apparire elemento sintomatico, sul piano logico-giuridico (ma anche storico) dell'inequivocabile fine di coltivatore per fini di esclusiva fruizione personale, il superamento - in termini modici (non oltre le 15 piante) - di tale limite numerico pare porsi come circostanza che rende penalmente rilevante la condotta, seppure senza esasperarne la pericolosità e riconducendo la condotta, comunque, ad uno spessore di minima portata giuridica quale quello del comma 5° dell'art. 73.
Si può, pertanto ritenere che solo in casi in cui si verta in ipotesi che va oltre la quindicina di piante, appaia plausibile e proporzionata la contestazione dell'ipotesi di cui al comma 4° dell'art. 73 (che prevede una pena da 2 a 6 anni di reclusione, oltre alla multa).
Va precisato - a doveroso corollario esplicativo - che i parametri in esame possono venire influenzati anche dalle dimensione delle singole, piante, posto che appare evidente la rilevanza positiva di possibili ravvisabili minime dimensioni delle stesse, nonchè di una condizione di inizio del ciclo di maturazione e fioritura.
Taluno potrà fondatamente sostenere che lo scopo dell'uso personale, quando dimostrato, attraverso lo screaning delle circostanze dell'azione (sia oggettive che soggettive), dalla struttura domestica dell'azione oppure per mezzo dell'esclusione di elementi che dimostrino la possibile immissione del coltivato sul mercato illecito, dovrebbe risultare decisivamente assorbente rispetto a qualsiasi calcolo o parametro matematico.
Certo è che questa tacito discrimine venutosi a stabilire quale barriera fra lecito ed illecito appare frutto di una positiva elaborazione della giurisprudenza, che fa da battistrada alla politica, che pare sempre inseguire.
Quest'ultima, però, pare avere recepito proprio il principio quantitativo relativo al numero delle piante che renderebbe legale la coltivazione (e dovrebbe essere questo un elemento qualificante del progetto di legge dell'on.FERRARESI).
Nel caso che ho trattato e discusso stamane innanzi al GUP presso il Tribunale di Trieste, l'imputato era stato sorpreso a coltivare nella propria abitazione 17 piante (di dimensioni tra loro assai diverse - da 80 a 15 cm. - ) tutte contenenti THC.
Esse presentavano percentuali di tetraidrocananbinolo che oscillavano dal 20%, al 16,5%, al 3,15% all''1,17%, con un complessivo principio attivo di circa 39 grammi.
In pari tempo l'imputato deteneva anche circa 250 grammi di marjiuana (divisa in tre reperti, uno dei quali di scarsa qualità, ma due, invece, di elevato contenuto).
Tralascio tutta una serie di considerazioni di corollario favorevoli all'inquisito, posto che è apparso inequivoco, anche sulla base delle considerazioni svolte con memoria rivolta al PM, già in sede di indagine, che entrambe le condotte (sia coltivativa, che detentiva) pur non risultando di proporzioni minimali erano, comunque, orientate a soddisfare il fabbisogno dell'interessato.
Il riconoscimento da parte del GUP dell'ipotesi autonoma del reato di lieve entità e la condanna alla pena di 6 mesi di reclusione, con i benefici di legge - in attesa delle motivazioni che verranno depositate nei prossimi giorni - inducono, in ogni caso a confermare il giudizio di modestissima pericolosità della condotta complessiva.
In buona sostanza è ragionevole ritenere che la prevalenza conferita, a fini decisori, dal giudice al dato quantitativo - si che il numero delle piante ed principio attivo contenuta nella sostanza sono apparsi inconciliabili giuridicamente con il riconoscimento formale della scriminante del consumo personale - sia stata, però, temperata, proprio dal fatto che nessuna prova l'accusa ha fornito in ordine ad una destinazione alla spaccio.
Dunque, anche se siamo dinanzi ad una rigida applicazione della norma in merito alla illiceità della coltivazione, a questo approccio, però, si abbina una valutazione discrezionale in ordine all'effettivo disvalore della condotta, che si traduce in una pena ancorata ai minimi edittali.

el-barto
13-07-14, 16:36
bello direi :polliceu:

mi permetto di aggiungere anche la mia :

1) x ora queste evoluzioni giurisprudenziali (purtroppo) sono soggettive ai singoli giudici <--- quindi ottimo sarebbe che vengano applicate "universalmente" ,e non che ciascun giudice decida a proprio volere la pena o la condotta [..credo che poi ci sarebbe troppa corruzione , e non si sa mai che giudice può arrivare alla poltrona !! il classico "amico" che chiude un occhio su di uno e lo lascia fare e il tutto magari a discapito di uno "sfigatello" di turno, senza amici (..o chissà che altro serve x avere il culo parato) bruto o povero sia , tanto per dare un esempio ]

ciò per dire che non mi spiego tutt'ora il trattamento subito e riservato alla signora Anna Carrossino (http://www.dolcevitaonline.it/genova-accusata-di-spaccio-per-aver-piantato-canapa-industriale-certificata/) (questa cosa mi fa molto riflettere, e soprattutto a chi avrà mai calpestato i "piedi" ,se non dire interessi?)

2) 4 piante non ha senso e lo trovo anch'io molto discriminante
soprattutto lo trovo come una privazione del potenziale e della fantasia che può avere un coltivatore (il quale a mio parere si sbizzarrisce e si diverte nel fare ciò che fa... così come c'è chi ha il suo modo di coltivare da seme o da talee)
3) 20 forse può essere troppo (come anche no) ---> se poi la legalizzassero anche in Italia , secondo me il giusto sarebbe da valutare "singolarmente" , ergo uno potrà e/o dovrà prima segnalare il quantitativo ...cosi da non superare la barriera del legale !!
4) per evitare lo spaccio (mafie ecc) in una futuro alternativo basterebbe diminuire il suo valore (tipo il basilico) e/o renderlo quel che è ...una medicina "quasi gratis" e soprattutto disponibile a tutti (e non che costi 20$ e passa, come in quel paese in cui hanno deciso di arricchirsi con una piantina che fino a ieri era considerata "nemico pubblico n°1" dell'economia petroliera/farmaceutica ecc ecc...
5) credo che con la cannabis legale , più che la criminalità -che potrebbe anche sparire, perchè diciamocelo sarebbero tutto un pò più easy
e credo anche ferventemente che la marijuana potrebbe estinguere/curare un'altra malattia universale e cioè le "cattive idee" (non lo so ma secondo me uno che fuma cannabis non ha voglia di fare del male <-> cosa che non vale per l'alcool , cavolo ma è l'alcool il nemico e non l'erbetta)


Bu :icon_scratch: , potrebbe andare o no ? (spero di non aver scritto delle sciocchezze)

StRaM
14-07-14, 10:30
mi permetto di aggiungere anche la mia :

1) x ora queste evoluzioni giurisprudenziali (purtroppo) sono soggettive ai singoli giudici <--- quindi ottimo sarebbe che vengano applicate "universalmente" ,e non che ciascun giudice decida a proprio volere la pena o la condotta

Secondo me hai toccato un punto fondamentale di questa involuzione della giurisprudenza!

In merito a ciò leggevo delle considerazioni di un utente che ha commentato un articolo sul sito ADUC che non si riferiva al tema della coltivazione ma che però affronta il tema delle decisioni dei giudici in barba alle decisioni della corte di cassazione, perdendo così ogni certezza di condotta da parte dei singoli giudici!!!!!!!!

Qualche estratto:


La sentenza della Corte Costituzionale numero 230/2012 è una ulteriore dimostrazione della tesa di un mio vecchio professore di diritto il quale sosteneva che il diritto, essendo materia ascientifica, è cosa altamente opinabile.

Con questa sentenza la Corte Costituzionale ha statuito di fatto che ogni giudice è un dio che veste la toga e quindi può infischiarsene dei giudizi anche della Corte di Cassazione a sezione riunite e sentenziare con effetti anche opposti.

E con quali motivazioni la Corte Costituzionale giustifica la facoltà di ogni giudice a sentenziare sullo stesso fatto in maniera difforme rispetto alla Corte di cassazione a sezione riunite ?

In quanto, se ciò non fosse possibile,

" ... non si concilierebbe col criterio di ragionevolezza e produrrebbe, altresì, un effetto di «ingessamento» della giurisprudenza, a torto sottovalutato dal rimettente” (Corte Cost. 230/2012).

Con questa sentenza innovativa la Corte Costituzionale ha stabilito che la giurisprudenza come le donne è ... mobile, che ogni giudice è una repubblica a se stante e che la certezza del diritto è un mito che ogni dio con toga può infrangere .

Le conseguenze già si vedono e a farne le spese è anche la stessa Corte Costituzionale beffeggiata di fatto da giudici che con le loro sentenze irridono ai pareri dei consessi superiori.

http://droghe.aduc.it/articolo/cannabis+terapeutica+assoluzione+autocoltivatore_2 2262.php