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Avv. Zaina
26-02-15, 23:04
G.M. TRIBUNALE MILANO Sez. XI (dott. BERNANTE) sentenza 26 febbraio 2015, imp. C.P.)
DETENZIONE DI SOSTANZE STUPEFACENTI - DROGHE PESANTI E DROGHE LEGGERE - DESTINAZIONE ALL'USO PERSONALE - SUSSISTENZA. - NON PUNIBILITA' DEL DETENTORE/CONSUMATORE - ONERE DELLA PROVA A CARICO DEL PM

Segnalo con piacere un nuovo ed odierno importantissimo approdo giurisprudenziale in tema di detenzione di sostanze stupefacenti, relativo ad un processo che ho discusso stamane - assieme alla valente Avv. VALENTINA ALBERTA - ottenendo, in tal modo, l'assoluzione dell'imputato ai sensi dell'art. 530 comma 2 c.p.p. perchè il fatto non sussiste.
In attesa di conoscere espressamente le motivazioni a sostegno della decisione, penso si possano evidenziare alcuni elementi che ho addotto a conferma della mia difesa.
1. Si trattava, nella specie, di una vicenda di mera detenzione di stupefacenti. Il sig. C.P. veniva fermato al volante della propria autovettura per un banale controllo di polizia giudiziaria e trovato in possesso di gr. 94 lordi di marjiuana e gr. 2 lordi di cocaina.
2. Il C.P. - incensurato - dimostrava in giudizio abbreviato condizionato, tramite noi difensori e su nostro espresso suggerimento (attraverso la sottoposizione ad analisi sia dei liquidi biologici, che del capello) di essere effettivamente un assuntore di entrambe le sostanze.
Venivano, così, superate tutte le perplessità relative al possesso di sostanze tra loro differenti, che la giurisprudenza sovente intende come elemento significativo di destinazione della droga allo spaccio.
3. Il C.P., inoltre, produceva - su nostro incipit - attestazioni documentali, che dimostravano la sua elevata capacità redditiva, quale manager di una multinazionale operante in vari paesi del mondo. La circostanza giustificava, pertanto, la detenzione, al consumo personale e, indi, poteva portare ad escludere che egli avesse necessità di rivendere tutta o parte della droga detenuta.
4. La perquisizione personale e locale operata nell'immediatezza dei fatti dimostrava come il C.P. non fosse in possesso di strumenti tipici dello spacciatore (coltellini, sostanze da taglio etc.).
5. Le due sostanze possedute erano celate senza particolari artifizi o precauzioni. La cocaina era, infatti, ricoverata in un taschino della giacca indossata, la marjiuana, invece, era in una tasca laterale della portiera sx dell'auto.
6. Il confezionamento della marjiuana non era, poi, suddiviso in dosi, ma in un unico pacchetto. Era quindi del tutto plausibile la dichiarazione che il C.P. avesse acquistato pochi istanti prima lo stupefacente in un luogo dove notoriamente avvengono attività di cessione.
7. L'analisi tossicologico evidenziava, da ultimo, che il principio attivo della cocaina era pari al 54% del quantitativo lordo, cioè mg. 770.
Esso era, sostanzialmente, analogo alla quantità massima detenibile per legge che è stabilita in mg. 750., mentre il THC della marjiuana era risultato pari al 16%, (gr. 15,09) 30 volte superiore alla quantità massima detenibile, ma plausibile come piccola scorta destinata ad essere consumata in un arco di tempo di circa un mese.

Sul piano difensivo, abbiamo sostenuto, inoltre, che
a) non esiste mai una presunzione iuris tantum di destinazione allo spaccio dello stupefacente detenuto, neppure quando il quantitativo posseduto supera il limite massimo di legge senza raggiungere livello particolarmente eccessivi,
b) non vi è mai stata inversione dell'onere della prova, obbligo che incombe sempre sul P.M. il quale deve dimostrare, al di là di ogni ragionevole dubbio che la detenzione è in toto od in parte a fini di cessione,
c) semmai esiste una presunzione pro bono pacis in favore dell'imputato. Detta presunzione non può essere superata, con la sola invocazione del dato ponderale superiore al limite, ma può essere disattesa solo più criteri possano riscontrarsi tra loro in modo sfavorevole all'imputato.

Nella fattispecie, il PM nulla ha dimostrato in capo ad un imputato, tra l'altro, incensurato e sconosciuto alle forze dell'ordine.
Sarà, quindi, interessantissimo leggere le ragioni addotte dal Tribunale di Milano, con la serena convinzione di avere contribuito al consolidamento di un principio giurisprudenziale, che vuole evitare la criminalizzazione di consumatori/assuntori e con la soddisfazione che C.P. ha avuto fiducia in questa mia linea difensiva, (sempre rischiosa, ma avulsa da compromessi e sempre più accolta) abbandonando la originaria decisione - maturata con altro difensore - di patteggiare la pena e, inoltre, rimanendo agli arresti domiciliari per 40 giorni sino ad oggi.