sdrino
05-05-15, 03:23
Raga, non ho resistito...
dedicata a rich
IL CINQUE VIAGGIO
Ei fuma. E rimane immobile,
dato il mortal respiro,
stette la mente immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la testa al nunzio sta,
muta pensando all’ ultima
canna dell’ uom fatale;
né sa quando una simile
botta di ganja mortale
la sua provata mente
a calpestar verrà.
Lui folgorato in botta
vide il mio joint e tacque;
quando, tirando assiduo,
cadde, risorse e gli piacque,
poi mille canne in fila,
testa più non ha:
e si ritrovò in coma
per siffatto tiraggio,
e gliene passai un altro subito
per rinforzargli il viaggio;
e sciolgo charas ‘sì buono
che forse ci morrà.
Dall’ Alpi alle Piramidi,
da Amsterdam al Reno,
n’abbiamo fatti tanti
che son fuori come un treno;
scoppiò il cervello a uno
e si cominciò a ghignar.
Fu vera botta? Ai postumi
l’ ardua sentenza: nui
’tizziamo al massimo,
fatton che volle lui
del rovinato spirito
più devastato collassar.
L’ appiccicosa resina
figlia d’ un gran estratto,
lo smostra e rende docile
ma solo perché è strafatto;
e viaggia, e tiene un premio
ch’ era follia sperar;
tutto ei provò; la rovina
maggior dopo il ripiglio,
la figa e la manina,
la gabbia e il tristo esiglio:
due volte per la polvere,
due volte in tribunal.
Ei si rollò: due caccoli,
l’ un contro l’ altro cremato,
insieme gli si fusero,
aspettando che gli desse fiato;
ei fe’ silenzio, ed avido
s’ uccise in mezzo a lor.
E sparve, e i di’ nell’ ozio
chiuse in si’ breve sponda,
segno d’ immensa rovina
e di aver perso la trebisonda,
d’ inestinguibil botta
e d’ indomato furor.
Come sul capo al naufrago
l’ onda s’ avvolve e pesa,
la briscola dell’ ultimo tiro,
alta e di molto tesa,
schianta il di lui discernere:
smetto! disse invan;
e su quell’ alma il cumulo
di quelle fatte scese,
e raccontò ai posteri
lui stesso quante ne accese,
e sul troccolo rimasto
cadde di nuovo la man!
Oh quante volte al giorno
‘tizzar con fare inerte,
con gl’ occhi fulminati,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei di’ che furono
perdette il sovvenir!
e collassò sui mobili
sedie, tavoli e divani,
e il lampo de’ bonghetti,
fumati a quattro mani,
e il concitato respiro,
e il classico tossir!
Ahi! forse a tanto sfascio
cadde lo spirto anelo,
e continuò; ma valida
venne un man dal cielo,
e in più respirabil aere
pietosa lo trasportò;
e l’ avviò, pei nuovi
sentier della fattanza,
al vaporizzator, al roor
che i desidèri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
la botta che passò.
Bella rovina! benefica
fede alla botta avvezza!
crema anche questo, sfàsciati;
che più superba fuorezza
al disonor d’ uno svuotino
giammai non si chinò.
Tu che in stanche ceneri
cremi ogni leccornia:
il tuo dio è verde e profuma,
ti lascia come in sbornia,
e quella sensazione di botta
accanto a lui si posò.
dedicata a rich
IL CINQUE VIAGGIO
Ei fuma. E rimane immobile,
dato il mortal respiro,
stette la mente immemore
orba di tanto spiro,
così percossa, attonita
la testa al nunzio sta,
muta pensando all’ ultima
canna dell’ uom fatale;
né sa quando una simile
botta di ganja mortale
la sua provata mente
a calpestar verrà.
Lui folgorato in botta
vide il mio joint e tacque;
quando, tirando assiduo,
cadde, risorse e gli piacque,
poi mille canne in fila,
testa più non ha:
e si ritrovò in coma
per siffatto tiraggio,
e gliene passai un altro subito
per rinforzargli il viaggio;
e sciolgo charas ‘sì buono
che forse ci morrà.
Dall’ Alpi alle Piramidi,
da Amsterdam al Reno,
n’abbiamo fatti tanti
che son fuori come un treno;
scoppiò il cervello a uno
e si cominciò a ghignar.
Fu vera botta? Ai postumi
l’ ardua sentenza: nui
’tizziamo al massimo,
fatton che volle lui
del rovinato spirito
più devastato collassar.
L’ appiccicosa resina
figlia d’ un gran estratto,
lo smostra e rende docile
ma solo perché è strafatto;
e viaggia, e tiene un premio
ch’ era follia sperar;
tutto ei provò; la rovina
maggior dopo il ripiglio,
la figa e la manina,
la gabbia e il tristo esiglio:
due volte per la polvere,
due volte in tribunal.
Ei si rollò: due caccoli,
l’ un contro l’ altro cremato,
insieme gli si fusero,
aspettando che gli desse fiato;
ei fe’ silenzio, ed avido
s’ uccise in mezzo a lor.
E sparve, e i di’ nell’ ozio
chiuse in si’ breve sponda,
segno d’ immensa rovina
e di aver perso la trebisonda,
d’ inestinguibil botta
e d’ indomato furor.
Come sul capo al naufrago
l’ onda s’ avvolve e pesa,
la briscola dell’ ultimo tiro,
alta e di molto tesa,
schianta il di lui discernere:
smetto! disse invan;
e su quell’ alma il cumulo
di quelle fatte scese,
e raccontò ai posteri
lui stesso quante ne accese,
e sul troccolo rimasto
cadde di nuovo la man!
Oh quante volte al giorno
‘tizzar con fare inerte,
con gl’ occhi fulminati,
le braccia al sen conserte,
stette, e dei di’ che furono
perdette il sovvenir!
e collassò sui mobili
sedie, tavoli e divani,
e il lampo de’ bonghetti,
fumati a quattro mani,
e il concitato respiro,
e il classico tossir!
Ahi! forse a tanto sfascio
cadde lo spirto anelo,
e continuò; ma valida
venne un man dal cielo,
e in più respirabil aere
pietosa lo trasportò;
e l’ avviò, pei nuovi
sentier della fattanza,
al vaporizzator, al roor
che i desidèri avanza,
dov’è silenzio e tenebre
la botta che passò.
Bella rovina! benefica
fede alla botta avvezza!
crema anche questo, sfàsciati;
che più superba fuorezza
al disonor d’ uno svuotino
giammai non si chinò.
Tu che in stanche ceneri
cremi ogni leccornia:
il tuo dio è verde e profuma,
ti lascia come in sbornia,
e quella sensazione di botta
accanto a lui si posò.