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Avv. Zaina
20-12-15, 19:01
N.R.G. N.R. 145/2014
N.R.G. G.U.P. 3551/2015
N.R. SENT. 316/2015

TRIBUNALE DI PARMA
UFFICIO DEL GIUDICE PER l'UDIENZA PREUMINARE

SENTENZA
( artt. 438 e segg.c.p.p.)

REPUBBUCA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

II giudice dott.ssa Maria Cristina Sarli ha pronunciato e pubblicato, all'udienza del 29.10.2015 mediante lettura del dispositivo, la seguente

S E N T E N Z A

nel procedimento penale nei confronti di
T.M.C. nat.......e residente ................

LIBERA -PRESENTE

Dif.avv. Carlo Alberto ZAINA del Foro di Rimini di fiducia

Q.D. nat.......... e residente...............

LIBERO -PRESENTE
Dif.avv. Carlo Alberto ZAINA del Foro di Rimini di fiducia

I M P U T A T I
Per il reato di cui all'art. . 1 10 c.p., 73 co. 1, 4 DPR 309/ 90( come mod. da Sent. 32/ 14 Cost.), perchè senza l'autorizzazione di cu all' art.17 coltivavano n. 7 piante di marijuana,.
In vegetazione alte in media 90 cm, nonchè n. 6 piante di marjiuana .fiorite parzialmente essiccate, dalle quali erano estraibili non meno di 942 dosi medie singole.
In M. in data 7.1.2014
Con l'intervento del pubblico ministero dott.ssa Emanuela Podda
Le parti hanno cosi concluso:
II pubblico ministero: per l'imputato Q. chiede assoluzione. Per l'imputata T., ritenuta la penale responsabilita, concesse le circostanze attenuanti generiche, ritenuta la riduzione per il rito chiede condanna ad anni uno di reclusione ed euro 3.000 di multa.
Pena sospesa.
II difensore fiduciario: per la Sig.ra T. in ordine alla coltivazione delle sette piante, chiede assoluzione perche il fatto non costituisce reato.
In ordine altre sei piante chiede di riqualificare la condotta in detenzione, ravvisare la scriminante dell'uso personale assolvendo l'imputata perche il fatto non sussiste o non costituisce reato.
Per il Sig.Q. chiede l'assoluzione ai sensi dell'art. 530 comma 1° cpp perchè il fatto non sussiste.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Lo svolgimento del processo
In data 22.6.2015 il pubblico ministero chiedeva il rinvio a giudizio di T.M.C. e Q.D. per il reato indicato in epigrafe.
Nel corso dell'udienza preliminare il difensore fiduciario degli imputati -prodotta documentazione medica relativa alle condizioni di salute della imputata T. - chiedeva il rito abbreviato e il giudice decideva in conformita.
All'udienza del 29.10.2015, presenti gli imputati, il pubblico ministero e la difesa rassegnavano ed illustravano le rispettive conclusioni nei termini sopra riportati, sicche, all'esito della deliberazione, il giudice pronunciava sentenza, dando lettura del dispositivo
Il fatto per cui è processo
L'editto accusatorio ascrive agli imputati il reato di illecita coltivazione di piante di marjiuana.
I fatti, come si desumono dalle attivita di indagine effettuate, possono cosi riassumersi.
In data 7.1.2014 i Carabinieri di S.T. si recavano, unitamente ai vigili del fuoco, presso l'abitazione degli imputati ove si era sviluppato un incendio.
Nel corso delle operazioni di spegnimento e durante l'ispezione dell'abitazione gli operanti constatavano che la mansarda era stata adibita a locale attrezzato per la coltivazione di piante di marijuana. Venivano infatti trovati 7 vasi contenenti piante in vegetazione alte 90 cm, 6 piante di marijuana parzialmente essiccate, un ventilatore, un sistema di aspirazione, fertilizzante, lampade a vapori di sodio, vasi di varia grandezza, materiale che veniva sottoposto a sequestro. Nell'immediatezza dei fatti T. e Q. spontaneamente dichiaravano che la T. aveva iniziato a coltivare la sostanza per alleviare i problemi di inappetenza.
Nelle spontanee dichiarazioni rese da T.M.C. in data 7.1.2014 la donna aggiungeva che nel 2012, durante una vacanza al mare, aveva conosciuto un uomo disabile che le aveva offerto uno spinello. Dopo uno scambio di battute gli aveva chiesto se avesse con se alcuni semi di marijuana avendo appreso dei benefici dell'uso della sostanza. L'uomo le consegnava circa 20 semi di marijuana che per lungo tempo conservava in casa senza fame uso. Solo nel gennaio 2013, attraversando un brutto periodo per la morte della madre e per i problemi fisici, informatasi dei benefici dell'uso della marijuana decideva di provare a coltivarla e, dal mese di novembre, aveva iniziato a farne uso ottenendone benefici.
Q.D., nel rendere spontanee dichiarazioni, confermava sostanzialmente il racconto della T. affermando inoltre che inizialmente si era allarmato quando aveva appreso che la moglie si era procurata dei semi di marijuana. Si era poi tranquillizzato comprendendo che l'utilizzo della sostanza serviva a migliorare le condizioni di salute di sua moglie. Precisava comunque di non aver mai collaborato con la moglie ne nella coltivazione, ne nella raccolta della sostanza sequestrata.
Nel corso delle indagini veniva effettuata una perizia chimico tossicologica sulla sostanza che consentiva di accertare che, nell'involucro contenente 163,0 grammi di sostanza, erano ricavabili 721 dosi droganti e che, dal quantitativo contenuto nell'altro involucro contenente 212,1 grammi di cannabis, si potevano ricavare 221 dosi .
La valutazione delle prove e la configurabilità dei reati in contestazione
Tutto quanta premesso si ritiene che le prove acquisite nel corso delle indagini consentano di affennare la penale responsabiliti di T.M.C. in ordine al reato contestato.
A riguardo non emergono dubbi circa il fatto che l'imputata abbia posto in essere una coltivazione di piante di marijuana (sequestrate in diversi stadi del processo produttivo alcune in vegetazione e altre gia essiccate) destinate al consumo personale e in particolare per alleviare i sintomi provocati dalla patologia di cui soffriva (adeguatamente documentata dalla certificazione medica prodotta dal difensore fiduciario a conferma delle dichiarazioni rese dalla stessa imputata).
La condotta illecita contestata è senza dubbio ascrivibile a quella penalmente sanzionata vale a dire la coltivazione non autorizzata di piante da cui possono estrarsi sostanze stupefacenti. A riguardo va precisato che integra condotta penalmente rilevante ogni attivita non autorizzata di coltivazione di piante da cui possono estrarsi sostanze stupefacenti anche quando sia attuata in funzione di un uso personale del prodotto (Cass. SSUU n. 28605 del 24.4.2008), posto che, come hanno efficacemente affermato e Sezioni Unite, qualsiasi tipo di coltivazione è caratterizzata da un dato essenziale e distintivo rispetto alla detenzione di sostanze droganti che è quello di contribuire ad accrescere in qualunque entiti, pur se mirata a soddisfare esigenze di natura personale, la quantiti di sostanza stupefacente esistente e circolante.
Deve ritenersi irrilevante, ai fini della sussistenza del reato, lo stadio di coltivazione della sostanza posto che con il termine di coltura deve intendersi inclusa tutta la fase della coltivazione.
A riguardo sul punto la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che, in relazione alla specificita del fatto materiale di coltivazione, non puo aversi riguardo allo stadio (iniziale, in corso, avanzato o esaurito) del processo produttivo accertato poiche l'offensivita della condotta si radica nella sola idoneiti della coltivazione a ridurre la sostanza per il consumo. Con l'effetto che non rileva la quantiti di principio attivo ricavabile nell'immediatezza dell'accertamento ma la conformiti delle piante al ti.po botanico previsto e la loro attitudine a giungere a maturazione e a produrre la sostanza stupefacente utilizzabile per il consumo (Cass. Sez. 6 n. 22459 del 15.3.2013).
Accertata è infine da ritenersi l'offensivita concreta della condotta. A riguardo la punibilità del fatto potrebbe ritenersi esclusa solo qualora il giudice accerti l'inoffensivita in concreto della condotta nel senso che la stessa dovrebbe essere cosi trascurabile da rendere sostanzialmente irrilevante l'aumento della disponibilita. della droga e non prospettabile alcun pericolo di ulteriore diffusione di essa (Cass. Sez. 6 n. 33835 dell'S.4.2014) Nel caso di specie la perizia chimico tossicologica ha confermato che dalla sostanza coltivata e, trovata nella disponibiliti della T., potevano ricavarsi circa 942 sodi medie singole di sostanza da ritenersi dunque un quantitativo non trascurabile secondo i parametri indicati dalla stessa Corte di Cassazione. A riguardo la Suprema carte ha sottolineato che "ai fini della punibilità della coltivazjone non autorizzata di piante dalle quali sono estraibili sostanze stupefocenti l'offensivita de/la condotta non è esclusa dal mancato compimento del processo di maturazjone dei vegetali, neppure quando risulti l'assenza. di principi o attivo ricavabile nell'immediatezza se gli arbusti sono prevedibilmente in grado di rendere, all'esito del fisiologico sviluppo, quantità significative di prodotto dotato di effetti droganti, in quanto il "coltivare" è attivita che si riferisce all'intero ciclo produttivo " (Cass. Sez. 6 n. 6753 del 9.1.2014).
Riguardo alla posizione di Q.D. si osserva come, dagli atti di indagine compiuti, non emergano elementi di prova sui quali fondare un giudizio di penale responsabilità. dell'imputato. A riguardo si rileva che la stessa T. - sia nelle dichiarazioni rese nell'immediatezza del fatto che successivamente- ha sempre escluso che il marito, pur essendo consapevole della coltivazione della cannabis, avesse partecipato in qualche modo nell'attivita. illecita. Pertanto, inassenza di elementi concreti sulla base dei quali ritenere attribuibile al Q. un concorso materiale o morale nell'azione delittuosa, deve escludersi la penale responsabilita. dell'imputato.
Il trattamento sanzionatorio
Si ritiene in primo luogo di poter ritenere la condotta illecita contestata ascrivibile al quinto comma dell'art. 73 DPR 309/90. Si è trattato infatti di una coltivazione domestica, per ciò stesso non particolarmente estesa, finalizzata ad un uso personale e in particolare destinata ad allevare i problemi di salute dell'imputata circostanze queste che consentono di ritenere ilfatto di lieve entita. Si ritiene comunque in considerazione del principio attivo contenuto nella sostanza in sequestro come risultante dalla relazione chimico tossicologica di non poter partire, nella determinazione della pena base, dal minima edittale previsto dalla legge.
Si ritiene altresi di dover riconoscere all'imputata le attenuanti generiche valorizzando il dato dell'incensuratezza e le ragioni che hanno spinto la donna a porre in essere la condotta illecita e per adeguare la pena alla gravita concreta del fatto.
Pertanto, valutati gli indici di cui all'art. 133 c.p, stimasi equa la pena di mesi di mesi 6 di reclusione ed € 600,00 di multa cosi determinata: ritenuti i fatti ascrivibili all'ipotesi di reato piu tenue di cui al quinto comma dell'art. 73 DPR 309/90, pena base anni 1 di reclusione ed € 1200,00 di multa, ridotta la sanzione per le attenuanti generiche a mesi 9 di reclusione ed € 900,00 di multa, ridotta la sanzione per il rito a mesi 6 di reclusione ed € 600,00 di multa con concessione della pena sospesa sussistendo tutti i presupposti soggettivi e oggettivi previsti dalla legge.
PTM
Visti e applicatigli artt. 438 e 533 c.p.p.
Dichiara
T.M.C. colpevole del reato a lei contestato e, ritenuta sussistente l'ipotesi attenuata di cui al quinto comma dell'art. 73 DPR 309/90, concesse le attenuanti generiche e la riduzione e per il rito la condanna alla pena di mesi 6 di reclusioni ed € 600,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali .
Concede la sospensione condizionale della pena. Dispone la confisca e distruzione di quanto in sequestro.
Visto e applicato l'art. 530 secondo comma c.p.p.
Assolve
Q.D. dal reato a lui contestato per non aver commesso il fatto.
Fissa in giorni 30 il termine per il deposito della motivazione della sentenza.
Parma 29.10.2015

Avv. Zaina
20-12-15, 19:02
Pubblico una recente sentenza del GUP di Parma in relazione ad un caso di coltivazione domestica.
Come sarà agevole comprendere dal testo, il giudice - come d'altronde avviene sovente - appare ancorato a concetti giurisprudenziali abbastanza datati.
Non tragga in inganno il richiamo a qualche sentenza recente. In buona sostanza, il principio che ancora vige è quello della sanzionabilità della coltivazione in sè e, comunque, la irrilevanza della condotta cotlivativa può essere riconosciuta solamente ove la sostanza ricavata (ed addirittura ricavabile in futuro) risulti minimale.
Non si tiene, purtroppo, conto della modesta estensione della coltivazione, dell'assenza di elementi che inducano a ritenere che il prodotto possa essere destinato alla cessione di terzi, ma soprattutto, difetta sempre e comunque la principale valutazione, che ad intermittenza la S.C. richiama.
Vale a dire che raramente i giudici valutano se effettivamente la attività coltivativa, di volta in volta valutata, sia effettivamente idonea a produrre quantitativi tali da determinare un aumento sensibile della disponibilità di stupefacenti (marijuana od hashish) da porre sul mercato illecito.
Si definisce domestica la coltivazione, si ammette che può essere destinata al consumo personale, ma poi si conclude in senso diametralmente opposto a quella che dovrebbe essere la natura soluzione coerente con tali premesse.
Osservo solo che se venisse applicato rigorosamente il criterio del rapporto fra mercato e singola produzione gran parte dei processi relativi alla coltivazione si concluderebbero con sicure e categoriche assoluzioni.