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Visualizza Versione Completa : Spaccino nero



rouge
01-01-70, 01:33
Per chi pensasse che tutti gli spaccini neri siano dei mafiosi con il Cayenne...
Letta sull\'ultimo numero di Fuoriluogo (http://www.fuoriluogo.it/arretrati/2006/pdf/06_07fuoriluogo.pdf) a pag 9.
Auguri, Fratello nero! ;-) e un GRAZIE all\'associazione Antigone!
Booommm!!!


C’era una volta un ragazzo con la testa piena di sogni. A
casa erano in tanti. La madre, vedova, faticava a mandare
avanti la famiglia. Avevano un solo televisore scassato
che trasmetteva immagini da tutto il mondo. Spesso si
vedeva l’Italia con i suoi posti di mare, pieni di bella gente,
barche, ville e ragazze bionde che prendevano il sole
con quei costumi strizzati. Molti dei suoi amici erano partiti.
Qualcuno non era mai arrivato, morto in mare su
quelle assurde carrette, qualcun altro era tornato subito,
rimpatriato a forza. Pochi ce l’avevano fatta ma, quando
tornavano, portavano di tutto. Avevano un lavoro e una
casa, i loro figli andavano a scuola, sembravano sereni.
Per quei pochi valeva la pena di tentare. Così si era imbarcato,
era arrivato per miracolo e aveva preso un treno
per il nord. Per Firenze, la culla del Rinascimento. Aveva
visto un servizio alla tv, quella parola gli piaceva, anche
lui voleva “rinascere�. Possibilmente ricco. Aveva cercato
lavoro ovunque ma tutti gli dicevano: “Ripassa più
avanti, ma ... senza permesso...�. Così aveva cominciato a
vendere fumo in una delle piazze, era divertente, c’erano
tanti ragazzi, e non pareva pericoloso. Fino alla sera che
l’avevano caricato su una volante, portato prima in questura,
poi in carcere. In tasca aveva un po’ di hascisch e
qualche soldo, ovviamente gli avevano preso tutto.
La galera non era neanche tanto brutta, il suo compagno
di cella era gentile. Poi erano cominciati gli interrogatori.
Volevano sapere chi dirigeva il traffico, erano su una
grossa pista e convinti che lui ne sapesse qualcosa. Invece
lui conosceva solo quello che gli passava il fumo, ma
fare il nome no, non era mica un infame. E poi aveva altro
cui pensare, sua madre stava male, aveva chiesto di
telefonare a casa ma gli avevano risposto che non poteva,
era in corso l’indagine, zitto. E infatti stava zitto. Muto
anche la mattina che l’avevano caricato su un cellulare e
trasferito a Livorno. Lì non conosceva nessuno e lo trattavano
come un appestato. Sospettava che non gli consegnassero
i pacchi e la posta dei suoi amici di Firenze. Stava
sulle sue e rispondeva a monosillabi. Non aveva sprecato
parole neanche quando l’avevano portato al carcere
di Genova e poi imbarcato per la Sardegna. L’isola gliel’avevano
fatta girare in lungo e in largo. Alla fine l’avevano
portato in un piccolo paese e, quel che era peggio,
messo in cella con uno fuori di testa che non si lavava mai
e non faceva il suo turno di pulizie. Litigavano spesso e
un giorno erano passati alle mani. Così erano arrivati gli
agenti, l’avevano portato in infermeria e gli avevano dato
una tale passata da spaccargli la testa. Quando l’avevano
riportato in cella, solo, malconcio e semisvenuto,
aveva avuto una visione del suo futuro, nero come la notte
nel deserto. Aveva preso le lenzuola, le aveva stracciate,
arrotolate e appese alla branda di sopra, poi c’aveva
infilato il collo, era salito sullo sgabello e gli aveva dato
un calcio. Si era svegliato in un letto d’ospedale, guardato
a vista dagli agenti. Il dottore gli aveva spiegato che
doveva stare lì perché era a rischio, non potevano permettere
che rifacesse quel gesto. Ammazzarsi, a 26 anni?
Ma intanto lui non sapeva ancora niente di sua madre,
scriveva lettere che forse venivano stracciate. Era abbandonato
da tutti ma c’era una speranza. Una delle sue amiche,
che conosceva un’associazione che lavorava perché
la gente come lui potesse avere una voce, una possibilità ,
dei diritti. La strada era lunga ma forse valeva la pena di
aspettare. Aveva fatto bene, perché quella mattina l’agente
di servizio l’aveva accompagnato a telefonare a sua
madre. Era malata ma viva. Era tornato in camera sollevato.
Forse l’avrebbero dimesso, forse l’avrebbero mandato
in un carcere dove avrebbe potuto lavorare, forse il
filo del suo sogno si poteva aggiustare, forse...
[email protected]

rouge
01-01-70, 01:33
Non ci piove, Whiteman, ma il trattamento che gli hanno riservato non è degno di una nazione civile che osa dirsi cattolica!
Dalla storia si legge che ha provato a cercare un lavoro onesto, ma la società \"civile\" si è attivata solo quando si è trattato di metterlo in galera.
Se era un mafioso o un principe, avrebbe avuto un trattamento ben diverso!
Booommm!!!

whiteman
01-01-70, 01:33
sempre spaccino è

cobham69
01-01-70, 01:33
<TABLE BORDER=0 ALIGN=CENTER WIDTH=85%><TR><TD><font size=-1>Quote:</font><HR></TD></TR><TR><TD><FONT SIZE=-1><BLOCKQUOTE>
28-07-2006 alle ore 15:17, rouge :
Non ci piove, Whiteman, ma il trattamento che gli hanno riservato non è degno di una nazione civile che osa dirsi cattolica!
Dalla storia si legge che ha provato a cercare un lavoro onesto, ma la società \"civile\" si è attivata solo quando si è trattato di metterlo in galera.
Se era un mafioso o un principe, avrebbe avuto un trattamento ben diverso!
Booommm!!!


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viva l\'italia !!!