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La notizia della fissazione, per il prossimo 12 febbraio, dell'udienza di discussione – innanzi alla Corte Costituzionale – della questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte di Appello di Roma ( con ordinanza dello scorso 23 gennaio), in relazione a plurimi aspetti del DPR 309/90 (che regola la materia degli stupefacenti) ha suscitato – in tutta evidenza - molto fermento ed attesa.
E', infatti, pacifico che un'eventuale decisione di accoglimento delle varie eccezioni proposte potrebbe schiudere prospettive di elevata novità.
Tale eventualità imporrebbe - con il ritorno al regime antecedente al 2006 (anno in cui fu introdotta la modifica portata nella L. 49/2006 cd. FINI-GIOVANARDI) – indubbiamente un celere intervento legislativo che innovasse la struttura obsoleta del DPR 309/90.
Per meglio comprendere cosa effettivamente possa succedere nel giudizio dinanzi alla Consulta, vanno passate in rassegna alcune possibilità .
In primo luogo, si deve ricordare che le questioni sottoposte all'attenzione della Corte Costituzionale sono, in sintesi, sostanzialmente due.
1)La prima attiene al contrasto rilevato fra l'art. 73 comma 1 bis dpr 309/90, da un lato, e, gli artt. 3, 24, 27 Cost., in relazione alla intervenuta parificazione sul piano sanzionatorio delle droghe legge (ad es. cannabis) e delle droghe pesanti (ad es. cocaina ed eroina).
L'eccezione, in proposito, è estremamente specifica.
Essa, infatti, si duole della circostanza che appare opzione del tutto illogica ed irragionevole, che condotte, concernenti sostanze tra loro assolutamente differenti e suscettibili di produrre effetti psicoattivi di gran lunga differenti e di diversa gravità, vengano sanzionate nella medesima misura.
2) La seconda, invece, si sofferma sul conflitto insorto fra il DL. 272/2005 convertito nella L. 49/2006 – che modifica il dpr 309/90 - e l'art. 77 comma 2° Cost. .
Questa ulteriore eccezione, a propria volta, investe tutta la legge FINI-GIOVANARDI, contestando la correttezza della procedura adottata dal Governo e dal Parlamento dell'epoca, per la modifica della normativa sugli stupefacenti, in quanto ad un esame del procedimento risulterebbero mancati i requisiti di necessità ed urgenza che l'art. 77 della Cost. richiede.
Non tutti, infatti, sanno che la legge 49/2006 venne approvata con inusitata (e sospetta) urgenza e velocità.
Essa venne inserita – ingiustificatamente - in un più ampio provvedimento normativo di finanziamento delle Olimpiadi invernali di Torino, adottato nella forma del Decreto-legge, che fu convertito in legge a colpi di voti di fiducia (senza quindi un percorso valutativo adeguato).
Se si pensa che attualmente, per valutare alcune proposte legislative di modifica del DPR 309/90 (le quali appaiono assolutamente inadeguate, per non dire peggio) la relativa commissione Parlamentare sta procedendo, con tempi assai lenti e calmi, all'audizione conoscitiva di qualsiasi soggetto sia ritenuto utile (ammettendo, ormai, così veramente chiunque), ci si renderà conto dell'arbitrarietà della procedura a sua tempo adottata.
Ad ogni buon conto, in concreto, uno dei principali quesiti che viene posto riguarda quali conseguenze potrebbero insorgere dalla possibilr pronunzia di incostituzionalità
a) per chi già stia scontando una pena a causa di quella legge o sia in attesa di scontarla e, quindi sia stato giudicato con sentenza definitiva;
b) per chi abbia in corso un procedimento penale non ancora definito.
Nel primo caso, la personae è evidente stata già condannata in via definitiva.
Il fatto che la sentenza sia divenuta irrevocabile, perchè esauriti tutti i gradi di giurisdizione, preclude, quindi, qualsiasi possibilità di effetto modificativo in meglio di un'eventuale pronunzia favorevole in favore del condannato (art. 2 comma 4 c.p.).
Tale principio si applica, dunque, sia che la pena risulti in corso di esecuzione, sia che debba essere ancora effettivamente scontata.
Si deve, infatti, tenere conto che l'eventuale declaratoria di incostituzionalità riguarderebbe la pena da applicare in relazione a specifici reati e non già la sussistenza giuridica di uno o più reati.
Nel secondo caso, invece, l'imputato/indagato può chiedere (e deve ottenere) la sospensione del procedimento in corso, in quanto il citato articolo 2 comma 3 cp, come si è detto, non si applica solo a sentenze irrevocabili.
Questa opportunità, quindi, appare compatibile anche con giudizi di secondo grado, od anche giudizi pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione.
Per completezza di informazione, si deve sottolineare che i maggior i vantaggi derivabili da una possibile declaratoria di incostituzionalità, verranno fruiti da coloro che siano indagati/imputati per reati concernenti la cannabis.
Per costoro la incostituzionalità del sistema sanzionatorio introdotto con la l. 49/2006 comporterebbe il ripristino di una pena che andrebbe da 2 a 6 anni di reclusione (oltre alla multa), mentre, per paradosso la pena riguardante le droghe pesanti (se si ripristinasse il regime anteriore alla l. 49/2006) sarebbe meno favorevole di quella attuale, in quanto in precedenza era prevista da un minimo di 8 ad un massimo di 20 anni.
In relazione alle condotte relative alle droghe pesanti, quindi, salvo quei reati commessi in futuro (che verrebbero sanzionati nuovamente con il regime ante 2006), rimarrebbe più favorevole la pena prevista dalla FINI-GIOVANARDI che fissa la pena del comma 1 dell'art. 73 da 6 a 20 anni.
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Quindi, dottor Zaina, mi pare di capire, che dobbiamo pianificare assolutamente, il nostro percorso:
Lei prepara per bene, la documentazione necessaria, e noi, inizieremo il lavoro.
Provvederemo alla vidimazione, dei fogli prestampati su quattro facciate, in formato uso bollo, ed inizieremo a raccogliere le firme, per presentare una legge di iniziativa popolare, basandoci su quella, ideata da lei.
ENJOINTERS , SARA'DURA!!!!!:laser:
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Grazie Yomi, io sono qui. Forse ci vorrebbe un sostegno politico intelligente, ma temo che un tipo di sostegno del genere sia difficile a trovarsi.
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Avv. Zaina
Grazie Yomi, io sono qui. Forse ci vorrebbe un sostegno politico intelligente, ma temo che un tipo di sostegno del genere sia difficile a trovarsi.
Cosa ne pensa di Rita Bernardini? Al di là del quesito referendario posto dal suo partito, mi sembra che lei si sia dedicata con cuore alla questione della cannabis per uso medico, facendo attivismo, disobbedienza civile e quant'altro.
(mi scusi se non uso l'appellativo di On., ma per me il 99% di queste persone di onorevole hanno ben poco)
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Citazione:
Originariamente Scritto da
Avv. Zaina
Grazie Yomi, io sono qui. Forse ci vorrebbe un sostegno politico intelligente, ma temo che un tipo di sostegno del genere sia difficile a trovarsi.
Il movimento 5 stelle ha anche una delle proposte più votate che parla proprio di questo, forse la seconda proposta in assoluto... E forse è dove c'è un minimo di serietà ancora.... ;)
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Ognuno la pensi come vuole.
I miei giudizi - soprattutto sulle persone - non contano nulla, anche perchè mi piace dare giudizi positivi e non negativi, come, invece, dovrei fare per rispondere ai quesiti che cortesemente mi ponete.
Io credo che non basti sollevare polveroni o dar vita a gesti eclatanti (ma fini a sè stessi) e spesso folkloristici (per non dire di peggio), per potere rivendicare meriti.
Chiedo solo di considerare che cosa hanno determinato e provocato i vari triti sit in, le varie inutili forme di disobbedienza civile (con vasetti coltivati et similia)? niente di niente sul piano legislativo.... solo pubblicità, potere e visibilità a chi l'ha fatto, che ha ottenuto seggi parlamentari, interviste, pagine sui giornali, accreditandosi come paladini delal libertà, ma che un progetto di legge serio mai l'hanno elaborato, pur potendolo (e dovendolo) fare posto che sono stati eletti a tal fine.
Si pensi alla misera fine dei referendum sulla giustizia, che nonostante il discutibile abbraccio con mr. B. (che è considerato - a torto od a ragione - il male assoluto, ma che quando è andato a firmare è stato accolto dai radicali con tutti gli onori possibili), non hanno raggiunto il quorum.
Il quesito sugli stupefacenti era, addirittura, giuridicamente ridicolo.
Invece di ammettere le proprie carenze strutturali ed organizzative, facendo un bagno di umiltà, la signora onorevole di cui Lei parla annuncia pomposamente ricorsi, quando un bel tacere sarebbe stato preferibile.
Sui 5 Stelle, beh...la loro proposta di legge sarà anche la seconda più votata, ma lo è perchè lo votano loro.
Il problema è che il tema della droga è politicamente redditizio, perchè .
1. a destra ci sono i talebani alla Giovanardi che si accreditano come i difensori e paladini della società facendo bella mostra della loro ignoranza scientifica e giuridica,
2. a sinistra ci sono altrettanti talebani, che cavalcano una sommessa protesta, per raccogliere il loro bacino di utenza di voti, in assenza di progetti seri e di una vera conoscenza del tema.
Posso dire, non temendo smentite di sorta, che denominatore comune ad entrambe le parti si rinviene nell'approssimatività, nella supponenza e nell'ignoranza di coloro che pretendono di affrontare la questione.
Soprattutto a sinistra constato una sorta di autoreferenzialità che porta i politici a temere il confronto con chi non appartenga alla loro sfera di militanza partitocratica.
I politici, in genere, invece, di essere umili, di capire a 360° e di volere fornire un servizio per tutti (che dovrebbe essere il loro scopo) preferiscono confrontarsi solo con persone che siano della loro parte od enturage, accreditando unicamente costoro.
Deriva quindi un quadro limitato ed insufficiente.
Dunque, ancora non si vuole capire che una materia di questo genere, non si risolve populisticamente o con uscite irresponsabili quali la legalizzazione dello spaccio di piccole quantità (Progetto Farina).
Io temo che non si voglia capire che se vi sono state anche minime modifiche interpretative, esse sono figlie del solo lavoro della giurisprudenza, e non provengono in alcun modo da proposte politiche.
I politici di qualunque parte stanno solo cercando, senza una preparazione specifica, senza la volontà di confrontarsi con chi ne sa più di loro, di blandire la gente, credendo che chi coltiva o fa uso di cannabis, sia pronto ad accettare qualsiasi stupidaggine che venga propinata, senza valutarla criticamente.
Questo è il problema.
Ma la colpa, permettetemi, è anche di chi accetta questo modo di proporsi.
Persone che sono pronte a fare le pulci su tutto, quando si parla di cannabis, abbassano le loro difese critiche e si mostrano disponibili dinanzi a qualunque tipo di apertura, anche se impossibile o controproducente.
In questo modo si mina la propria credibilità individuale e di gruppo.
Scusate lo sfogo. Ma passano i mesi e nulla cambia.
Ci si aggrappa, per i destini di tanti indagati/imputati alla futura decisione della Corte Costituzionale, che, però, non innoverà nulla per quanto attiene al problema più importante e cioè quello della coltivazione.
Ed intanto la casa brucia ed i suoi occupanti litigano.....
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È plausibile l ausilio di persone " politiche" di basso rango? Vedi sindaco di una cittadina come la mia..mia sorella è in classe e molto amica della figlia del suddetto sindaco, la quale fa uso di cannabis... Se riuscissimo a fare una proposta seria è possibile, mediante una spiegazione valida e critica, interessare il suddetto sindaco, a mio parere una persona cordiale e umana; e farla rendere nota attraverso questa persona a cariche politiche o gruppi politici interessati? Per esempio: il sindaco illustra alla giunta comunale la suddetta proposta valida e questa proposta risale la corrente fino alla vetta passando da comune a provincia a regione.
Forse sono vaneggiamenti ma
Come ha detto avv. Ognuno tira l acqua al proprio molino e cerca di autoelogiarsi ecc,
Forse una proposta che viene da un sindaco, argomentata in maniera valida, verra ascoltata di piu che una proposta scritta alla buona dai radicali.
EDIT: troppi forse?
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Desidero segnalavi un'importante sentenza della Corte di Appello di Cagliari, che due giorni or sono ha assolto - riformando la sentenza di condanna di primo grado - un mio assistito in relazione al possesso di gr 237 di marjiuana, peraltro, contenente un principio attivo di non elevato pregio.
Dei 237 grammi, 208 erano costituiti da una piantina secca, così che la coltivazione era stata assorbita nel possesso.
Le motivazione saranno depositate nei 15 giorni, cioè immediatamente prima di Natale.
Verranno pubblicate non appena note .
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Allegati: 1
Cari amici proseguendo nell'impegno di informazione in ordine a significative pronunzie giurisprudenziali, segnalo la decisione del GIP presso il Tribunale di Brescia, che ha archiviato un'indagine a carico di una giovane commerciante di semi, recependo la richiesta del PM, il quale aveva, a propria volta, preso atto della presentazione di una mia memoria esplicativa, con la quale sostenevo l'insussistenza del reato.
Avevamo già ottenuto il dissequestro di un ingente quantitativo di semi.
E' stata esclusa - nella fattispecie - l'istigazione in ogni sua forma
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Allegati: 1
Cari amici,
una doverosa premessa.
Nello scrivere questo commento ho dovuto servirmi di espressioni talora molto tecniche.
Me ne scuso ma non è stato per adempiere ad un vezzo o per non volere essere chiaro con voi.
Purtroppo l'articolo è destinato anche a riviste online di diritto, non posso esimermi dal fare uso di una fraseologia che mi viene - anche giustamente - richiesta.
Se incontraste - spero di no - difficoltà non estate a contettarmi.
Grazie
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La Sesta Sezione della Corte Suprema considera perfezionato il reato di coltivazione illecita, perché giudica tale condotta non legale, in sé, e la ritiene perfezionata sotto il profilo dell’offensività (vale a dire della messa in pericolo di quelle esigenze, che più propriamente definite “beni giuridici”, la norma dovrebbe tutelare).
Giungono a tale conclusione i giudici di legittimità, affermando che “la loro (delle piante n.d.a.) media potenzialità di sviluppo correlata tra l’altro all’ambiente di coltivazione (davanzale di una finestra di una abitazione, luogo relativamente riparato e caratterizzato notoriamente da dispersione termica), in Catanzaro (località con clima temperato)”.
In buona sostanza la Corte di Cassazione afferma che l’offensività della condotta di coltivazione “va ricercata ed individuata nella idoneità del bene…a produrre la sostanza per il consumo….Pertanto non rileva la quantità di principio attivo ricavabile nell’immediatezza ma la conformità delle pianta al tipo botanico previsto e la sua attitudine, anche per le modalità e luogo di coltivazione, a giungere a maturazione e produrre la sostanza stupefacente”.
Pur nel rispetto della decisione del giudice di legittimità, credo che una posizione interpretativa di questo indirizzo non sfugga affatto ad evidenti critiche, per una serie di considerazioni.
1. Va contestato, prima facie, l’adottato criterio (meramente ed esclusivamente) probabilistico.
Esso si fonda su di una prognosi di ipotetica (e tutt’altro che certa) futura maturazione della pianta, impostazione che differisce e rinvia nel tempo gli eventuali effetti della condotta.
Si osserva che sia assai singolare che, per valutare una condotta tenuta ora, vengano usati parametri astratti e differiti nel tempo.
Differire ad ipotetiche prospettive di maturazione, risultato ottenibile in un futuro (prossimo, remoto?), il decisivo giudizio di offensività della condotta, pur in presenza di dati certi obbiettivi immediati (l’eventuale percentuale di thc), contraddice il consolidato principio per cui il reato di coltivazione appartiene alla categoria dei reati pericolo concreto (e non astratto).
Vale, dunque, a dire, che non pare informato a condivisibili metodiche valutative, (né sul piano giuridico, né su quello biologico-scientifico), la scelta di negare, a priori, la possibilità di utilizzare il dato biologico inequivocabile del principio attivo, il quale venga rinvenuto all’atto del sequestro delle piante e delle correlative verifiche.
Per vero ed a contrario, invece, si deve rammentare che, in numerose pregresse decisioni, proprio la stessa Corte di Cassazione aveva individuato, nel principio attivo, uno dei cardini interpretativi da usare effettivamente per potere sostenere la irrilevanza penale (o meno) o meno della condotta di messa a dimora di piante.
2. Parimenti, suscita rilevanti perplessità la scelta di legittimare la declaratoria di illiceità della condotta sulla scorta di due condizioni necessarie e cioè :
a) conformità della pianta al tipo botanico previsto,
b) teoretica idoneità della stessa a pervenire alla conclusione del ciclo di maturazione.
Quanto al primo dei due elementi richiamati esso sembra apparire tanto ovvio, quanto parrebbe inutile la sua evocazione.
Se, infatti, l’agente pone a dimora un altro tipo di pianta cessa, evidentemente sin dall’origine, la materia del contendere.
Invece, probabilmente in modo involontario, la Suprema Corte, ha dato concretezza ad un principio fondatissimo, il quale, però, smentisce e contraddice l’assunto sostenuto dalla sentenza stessa.
Per comprendere la osservazione, si devono proporre una breve riflessione di carattere tecnico-biologico, di carattere generale, ma rilevante.
Essa attiene al fatto che è necessario verificare preventivamente se le piante rinvenute siano maschi od ermafroditi (che producono una percentuale irrisoria di THC, inidonea a produrre effetti droganti) oppure femmine (che costituiscono la categoria che produce, tramite i fiori, il principio attivo in questione).
Non è, quindi, possibile, senza una minima verifica preliminare distinguere fra le due specie, pena il rischio di incorre nel rischio di ricondurre al genere femminile – unico idoneo in teoria a produrre THC utilizzabile – anche piante che, invece, non producono THC in tale misura e, dunque, sfuggono, comunque, ad un giudizio di idoneità.
Quanto al secondo elemento, esso, invece, pare improntato a criteri di assoluta genericità.
E’, quindi, il termine idoneità, (riferito alle piante) usato in sentenza, che appare il volano del ragionamento da sviluppare.
L’aggettivo idoneo si riferisce ad una persona od ad una cosa che ha le qualità indispensabili per esercitare una particolare attività o funzione (V. Sabatini-Coletti).
Essere, però, ritenuto idoneo non sta, però, a significare la certezza dell’esercizio futuro della funzione ipotizzata, in quanto si verte in una campo di incerta futuribilità in ordine alla traduzione nella pratica di prospettive meramente potenziali.
Il giudizio di idoneità si riassume, dunque in una valutazione meramente possibile, in relazione alla quale difetta, però, il requisito della evidenza e della esatta collocazione nel tempo.
Essa, inoltre, ben potrebbe venire disattesa nel corso della progressione dell’iter temporale che, nell’idea originale, dovrebbe – congetturalmente - portare al risultato, nella specie della coltivazione, la maturazione.
L’elemento impeditivo la maturazione potrebbe derivare, ad esempio a seguito di condizioni climatiche avverse, o potrebbe essere consequenziale ad una mala gestio od inesperienza del coltivatore stesso.
Va ricordato che, nel caso specifico ,le piantine erano di varia altezza (dagli 8 ai 15 cm.), dunque esse erano proprio all’inizio di un ciclo di germinazione, si che non era affatto possibile formulare null’altro che una vaga prognosi di maturazione e non sufficientemente di idoneità, se non sul piano esclusivamente teorico .
Per fare ulteriore chiarezza, è, poi, opportuno ricordare che il bene giuridico, che forma oggetto di tutela da parte del dpr 309/90 (e, dunque, anche dell’art. 73 in relazione alla condotta di coltivazione) attiene al pericolo di diffusione della circolazione di sostanze stupefacenti.
Tale pericolo, come detto di natura concreta, però, non può venire evocato quando esso appaia ancora puramente vago, potenziale ed astratto, quindi, privo di ricadute di qualsiasi genere minimamente concreto (come ad esempio un coltivazione di piante in itinere, dunque, non ancora mature).
Se si aderisse al ragionamento della Corte, oggetto di critica, si rischierebbe di anticipare il momento di asserita rilevanza penale di talune ipotesi di reato, anche a fasi del tutto neutre ed allo stato prive di riflessi concreti, quali per esempio anche la vendita di semi (che è del tutto lecita).
Si verrebbe, così impropriamente ed illegittimamente, a coinvolgere tutte le condotte preliminari che si ritengano (ad un giudizio puramente soggettivo e prevenuto) possano favorire la diffusività del prodotto cannabis.
Pertanto, si deve dissentire decisamente dall’indirizzo assunto dalla Corte che mira a fare coincidere offensività di una condotta con potenziale pericolosità della stessa.
Per completezza, poi, si deve osservare che gli ulteriori riferimenti “alle modalità ed al luogo di coltivazione” non paiono offrire spunti di condivisione e sostegno dell’orientamento in esame.
In special modo il riferimento “al luogo di coltivazione” inteso come localizzazione geografica della zona ove le piante si trovano materialmente pare introdurre, invece, ulteriori elementi di confusione.
Se il criterio interpretativo è quello della valorizzazione dell’ubicazione geografica del luogo ove si trovano le piante oggetto di coltura, allora si introducono gravi distonie.
Esemplificativamente, se a Catanzaro (tanto per citare la sentenza) il clima temperato permette una previsione favorevole di maturazione delle piante in via di coltura, e quindi la prognosi risulta sfavorevole all’indagato che viene ritenuto responsabile, l’adozione del medesimo metro di valutazione permette di concludere in senso diametralmente opposto, nell’ipotesi della messa a dimora di qualche pianta in qualche località di alta montagna della Alpi, dove il clima è assolutamente sfavorevole.
Il criterio sopra indicato che, quindi, permette di pervenire a decisioni opposte (affermando nell’un caso la responsabilità penale ed in altro negandola), all’esito dell’esame di condotte tra loro oggettivamente identiche, solo in dipendenza di fattori così eterogenei ed opinabili, non pare, a chi scrive, affatto condivsibile.
3. Non è, quindi, affatto sostenibile la tesi fatta propria dalla Corte (pg. 3) secondo la quale facendo “dipendere la sanzionabilità della condotta dai risultati a termini” si incorrerebbe in una “evidente aprioristica negazione del criterio dell’offensività”.
Valgano in proposito le considerazioni relative alla ragione che sostiene l’impianto del dpr 309/90 e cioè che si intende, attraverso una legislazione repressiva, evitare la diffusione delle sostanze stupefacenti.
La coltivazione di qualsiasi vegetale, però, proprio per la sua modalità, destinata a dipanarsi in un arco temporale o di stagioni (più o meno lungo) pur potendo essere in grado di suscitare un allarme, deve – però – presentare caratteri di concretezza produttiva (maturazione e produzione di principio attivo drogante) ai quali ricollegare la illiceità della condotta.
L’offensività della condotta, in tal modo, quindi, non viene affatto negata, anzi, viene determinata con sicurezza attraverso l’ausilio di parametri certi (dati dal livello di maturazione di ciascuna pianta e dalla rilevazione del principio attivo contenuto eventualmente in ogni arbusto).
4. Da ultimo, sia consentito dissentire decisamente anche dall’interpretazione del concetto di offensività che la Corte offre, in sentenza.
Come più volte sostenuto da chi scrive, l’offensività non può – e non deve - essere circoscritta alla sola possibilità delle piante – intese singolarmente – di produrre principio attivo.
Se come detto lo scopo principale del DPR 309/90 è quello di contrastare la diffusione e l’ampliamento del mercato degli stupefacenti, è considerazione elementare che si debba tenere in debito conto, per giudicare se una condotta effettivamente sia strumentale a tale illecito fine, la volontà della persona-agente.
Tale volontà è desumibile da una pluralità di parametri privi del carattere della tassatività (ad es. il numero delle piante, le modalità di tenuta delle stesse, lo stato di assuntore continuativo, eventuali prove di contatti con ambienti criminosi, etc.).
La verifica di questo orientamento personale, ad avviso di chi scrive, costituisce l’in sé dell’offensività, in quanto, laddove la persona giustifichi e dimostri convincentemente la condotta di coltura con il fine del consumo personale del prodotto ricavato, non può ravvisarsi offensività della condotta.
Non vi è, infatti, in tale occasione, intenzione alcuna di introdurre sul mercato ulteriori quantitativi di stupefacenti e, semmai, vi è il proposito del tutto opposto.
Il comportamento coltivativo, dunque, esaurirebbe la propria parabola, all’interno della sfera privatistica dell’agente, non minacciando in alcun modo alcuna proiezione ab externo.
Carlo Alberto Zaina