Dal Manifesto di domenica.
«Adesso okkupagli il paradiso, Bagna»
Ieri mattina, in una piccola chiesa alle porte di Parma, i funerali del tifoso gialloblù morto domenica scorsa in autogrill. L'ultimo saluto di ultras e compagni di militanza
Alessandro Braga
Parma
Spalti gremiti, direbbe lo speaker del Tardini. E con un pubblico così, tanto numeroso e partecipe, vero e proprio dodicesimo uomo in campo, il Parma sarebbe da scudetto. Matteo, sicuramente, sarebbe stato in curva coi suoi amici Boys. A saltare, urlare, tifare. Pronto a gioire per un gol. Ieri, suo malgrado, era al centro del campo. Lo stadio, la piccola chiesa della comunità Betania di Marore, alle porte di Parma, non bastava a contenerli tutti. Matteo faceva il volontario in quel posto. Stava insieme ai ragazzi, li aiutava a reintegrarsi nella società, a uscire dalla tossicodipendenza. Il sagrato era pieno. Il piazzale accanto, un parcheggio sterrato, strabordante di persone. Tutti lì per salutarlo, dopo la sua ultima partita, conclusasi domenica scorsa in quella maledetta area di servizio alle porte di Asti. Non si sa ancora esattamente come è andata. «Spetterà alla magistratura chiarire la dinamica dell'incidente», si dice in modo asettico. Matteo, però, è morto.
I Boys Parma, gli amici della curva, se ne stanno impalati, increduli: sciarpe gialloblù al collo, occhi lucidi. Qualcuno piange, qualcuno nasconde la commozione dietro lenti da sole. «Non può essere vero, non doveva finire così», dice un ragazzo sui trent'anni, capelli corti e stemma del Parma sulla maglietta. Sono in tanti: giovani e meno giovani. Qualche ragazzino probabilmente avrà fatto buca a scuola per esserci. Il Bagna era uno di loro: seguiva la squadra, sempre. In casa e in trasferta. Perché il tifo è il tifo. Ma non è violenza. Lo aveva scritto lui stesso, in un articolo per il sito dei Boys: «Non siamo tifosi violenti, ma un conciliabolo di amici che crede nei valori della pace, della solidarietà, del comune sentire. E cerchiamo di portarli avanti anche nello sport». Ora sul sito c'è la sua foto, in curva, e la scritta «il tuo urlo libero sempre nella Nord».
In un angolo, composti, alcuni tifosi della Lazio. Si riconoscono per il piglio severo: bomber neri, occhiali a specchio, braccia incrociate al petto. In testa, un cappellino con la visiera: c'è scritto «curva nord Gabriele Sandri». Sono diffidati, si dice, e domani non saranno allo stadio, ma al funerale ci sono voluti venire lo stesso: troppe coincidenze con la morte di Gabriele Sandri per non esserci. Poi Empoli e Sampdoria, le tifoserie gemellate col Parma. Ma anche Brescia, Cremonese, Spezia, Modena. E, sempre più a sud, Napoli e Bari. Pure il Catanzaro. E il Bordeaux, che ha voluto esserci dalla Francia. Tutti a salutare Matteo Bagnaresi, il tifoso.
Al centro del sagrato un ulivo, pianta di pace, ondeggia al vento. Assiepati vicino al muro della comunità, ci sono i militanti del centro sociale Mario Lupo di Parma. Matteo ci andava spesso la sera. Giovani coi capelli rasta, orecchini, piercing. Una ragazza piange, il suo ragazzo la abbraccia. Un'altra si gira una sigaretta artigianale: due boccate, poi la butta per terra. Singhiozza. Hasta siempre, pugni chiusi. Loro sono lì per salutare Matteo Bagnaresi, il compagno.
Dal pulpito don Luciano Scaccaglia, prete no-global, vicino alla sinistra antagonista parmense, lo ricorda a tutto tondo: lo chiama tifoso, fratello, amico, compagno. Matteo era tutto questo. Contestatore no. «Piuttosto portatore di valori rivoluzionari», specifica don Luciano. «Che poi - aggiunge - condividiamo anche noi». Quei valori di pace e fratellanza che lo hanno portato a dedicarsi agli ultimi, ai diseredati, agli emarginati e ai più poveri della società. Quando la bara esce, un lungo, lunghissimo applauso. Sopra, una sciarpa del Parma. Ci sono alcuni giocatori (Lucarelli, Coly, Morfeo, Pisanu). Tanti fiori, molti sono gialloblù. Lacrime, pianti. Si accende un fumogeno. I compagni del Mario Lupo alzano i pugni chiusi. Matteo verrà seppellito nel cimitero di Imola, cittadina d'origine della famiglia Bagnaresi. Sulla lapide, anticipa don Luciano, verrà scritto: «Ho cercato la mia anima, non ho potuto vederla. Ho cercato Dio, mi è sfuggito. Ho cercato il povero e li ho trovati tutti e tre». Su un muro di Parma campeggia l'ultimo saluto. Un augurio, una speranza: «Bagna, mò okkupagli il paradiso».
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