A Los Angeles è partita la crociata anti marijuana
19/10/2009 (7:35)
Il procuratore contro la cannabis «terapeutica». Che però riempie le tasche dello Stato
GLAUCO MAGGI
NEW YORK
A Los Angeles sta per finire la pacchia della marijuana, che è oggi liberamente acquistabile in un migliaio di punti-vendita. Il procuratore distrettuale della contea, Steve Cooley, ha detto infatti che passerà alle maniere forti, incriminando i commercianti che di fatto spacciano l’erba proibita, celandosi dietro la foglia di fico della Proposition 215 del 1996, che rese legale il possesso e la coltivazione della marijuana per i malati e per chi li ha in cura.
La norma, «Compassionate Use Act», è stata interpretata dal «mercato» come una sorta di via libera. Lo scopo era di consentire alle persone con gravi disturbi di ottenere lecitamente una dose congrua di «fumo» a fine terapeutico, ma dalla pura finalità medica il passo alla liberalizzazione mascherata è stato però inevitabile, accelerato recentemente dalla posizione assunta dall’amministrazione Obama di non perseguire i pazienti che usano marijuana.
Nel 2003, il Congresso californiano passò anche una misura che dava il permesso «ai malati e ai loro guardiani di coltivare marijuana per scopi medicali collettivamente o in cooperativa», ma senza che ci fosse la finalità del profitto. I dispensari sono spuntati come funghi, in varie città dello stato di Schwarzenegger. Nella sola Los Angeles, le ultime stime raccolte dal Los Angeles Times sono arrivate a contare 966 «farmacie» registrate.
In quella che il giornale definisce «l’ultima follia per il commercio al dettaglio», in una sola strada sono state presentate 58 domande di licenza. Non bastasse, a rendere più smaccata l’illegalità debordante che ora è finita nel mirino delle autorità, un’ordinanza cittadina proibisce che questi negozietti del «pot» possano operare nel raggio di 300 metri da una scuola, da un parco o da una biblioteca: ma almeno in 260 casi i «dispensari» sono spuntati nelle zone proibite.
Il municipio aveva già fatto una analisi del fenomeno nel 2007, permettendo a 186 spacci di continuare a funzionare: ma simultaneamente, e nei mesi successivi, diverse altre iniziative di imprenditori, «collettivi» o in «cooperativa», hanno preso la forma di banchetti e negozi sfrontatamente commerciali. In agosto Cooley e lo sceriffo Lee Baca hanno scritto ai sindaci e ai capi delle polizie locali ricordando che le vendite «al banco» sono una pratica illegale, e invitando le municipalità a intervenire per via amministrativa.
«La grande, grandissima maggioranza, circa il 100% dei dispensari della Contea di Los Angeles stanno operando illegalmente», hanno detto Cooley e il procuratore della città Carmen Trutanich. «Stanno trattando la marijuana in modo illecito, è tempo di sistemare questo problema». I due procuratori pensano anche di perseguire i medici che firmano le ricette a gente in realtà sanissima, che è il tassello truffaldino su cui si regge l’intera industria.
Ma anche se Coley e Trutanich confidano di aver la legge con loro, e citano in proposito pure una recente sentenza della Corte Suprema restrittiva verso l’uso della «droga curativa», il problema non è di facile soluzione. Innanzitutto, i difensori dell’uso medico dello stupefacente sono agguerriti: «Sono fiducioso nel fatto che Cooley abbia torto», ha detto Joe Elford, capo consulente degli Americani per l’Accesso Sicuro. «Se avesse ragione significherebbe che migliaia di californiani malati, per i quali il Compassionate Use Act era stato concepito non sarebbero più in grado di avere la medicina di cui hanno bisogno».
Poi c’è il favore popolare. Centinaia di pazienti e attivisti hanno sfilato per protesta all’esterno del Montebello Country Club, dove erano riuniti 150 magistrati e ufficiali della sezione narcotici, e un sondaggio recente ha rivelato che la maggioranza di californiani, il 56%, è a favore della completa liberalizzazione. Infine, c’è l’aspetto economico: lo Stato ha incassato 18 milioni di dollari nel 2009 dalle «farmacie» che il procuratore ora vuole chiudere.
E la California non è nella condizione di chiudere alcun rubinetto che immetta soldi nelle sue casse esauste. La tentazione della liberalizzazione, che di miliardi ne porterebbe a palate, è forte, e i suoi fautori pensano a un referendum durante le elezioni di fine 2010. Del resto, per aggiungere caos normativo, è di queste settimane la notizia che due aeroporti della California, Oakland e San Francisco, hanno disposto che i pazienti o i loro guardiani possono imbarcarsi con un paio d’etti di marijuana, legittimamente. Sarà però responsabilità loro di sbrigarsela all’arrivo, quando dovranno sperare di trovare la stessa benevolenza californiana.
IL CASO de LA STAMPA
[ Questo Messaggio è stato Modificato da: favolantica il 19-10-2009 08:33 ]