Se una legge viene dichiarata incostituzionale riprende vigenza la legge precedente.
Vale a dire che se la L. 49/2006 dovesse venire dichiarata incostituzionale, perchè emessa in assenza delle condizioni di urgenza ed indifferibilità che un decreto legge richiede e, soprattutto, perchè vi sarebbe discrasie fra il decreto legge e la legge di conversione, torneremmo al regime regolato dalla L. 162/90 (che converte il dpr 309/90).
Io credo che una simile decisione, che colpirebbe certamente alcune parti nefaste della FINI-GIOVANARDI, ma anche alcune altre parti (ad esempio la scelta di abbassare il minimo edittale per il delitto di cui all'art. 73, l'innalzamento del limite di pena a sei anni per l'affidamento al servizio sociale del tosssicodipendente, tanto per citare i più importanti, ma non i soli) non sia auspicabile.
Credo, invece, come sostengo da tempo (avversato ed in contrasto con altre opinioni che vogliono un abbattimento indiscriminato della legge sugli stupefacenti, sperando ingiustificatamente, di fruire di chissà quali vantaggi), che gli interventi di modifica giurisdizionale - vale a dire quelli ad opera dei giudici sia di legittimità, che della Corte Costituzionale - debbano attenere a specifici problemi.
Ricordo ad esempio, non solo la diversificazione di pena fra reati di cannabis e reati di droghe pesanti, ma anche l'ampiamente del concetto di uso personale anche per la coltivazione, ed ancora la riqualificazione della lieve entità - comma 5 art. 73 - come reato autonomo e non come circostanza attenuante.
Se la giurisprudenza proseguirà su quel cammino di sostanziale modifica di importanti istituti della legge sulle droghe, recependo quegli imput (ragionevoli) che anche da parte mia sono stati formulati in questi anni, si può creare una sorta di ponte di collegamento con l'ipotesi di una nuova legge sugli stupefacenti.
Una simile legge non può essere frutto di sortite estemporanee di uno specifico movimento antipropibizionista, piuttosto che del parlamentare di turno, i quali presentano proposte per mutare un solo articolo di legge, in modo parcellizato e raffazzonato.
Mi sorprende, infatti, leggere ipotesi generiche e demagogiche di depenalizzazione della coltivazione ad uso personale, senza che una simile condotta non venga raccordata con la detenzione, o con altre condotte che possono essere propedeutiche ad un uso personale.
Una nuova legge che disciplini la materia degli stupefacenti deve, quindi, essere seriamente articolata e deve affrontare tutta una serie di temi, che vuoi per impreparazione, vuoi per sottovalutazione, vuoi per non reddività politica, non vengono affrontati da coloro che si improvvisano legislatori.
Credo anche che se chi intende lodevolmente fornire un contributo normativo cercasse un confronto con quelle figure professionali (avvocati, magistrati, consulenti tecnici) che quotidianamente fanno i conti con la realtà di una legge che ha pochi aspetti chiari e molti lati oscuri, forse si perverrebbe ad un risultato positivo.
Devo, invece, negativamente constatare che la materia degli stupefacenti sia usata come foglia di fico per scatenare istinti puramente ideologici.
Da più parti, infatt, non si tiene conto della necessità di proporre ipotesi legislative costituzionalmente orientate e, soprattutto, di formulare un'ipotesi legislativa che soddisfi il diritto, più che la politica.