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L’art. 6 appare la norma criticabile per una pluralità di profili.
Seppur sia vero che il comma 1 lett. a) prevede una differenziazione di pena tra droghe leggere e droghe pesanti, operando un riferimento proprio all’art. 14 comma 1 lett. a) n. 6 che attiene alla tabella 1, è altrettanto vero, che manca il ritorno a quella concreta auspicabile distinzione fra le due grandi tipologie di stupefacenti, che esisteva inequivocabilmente, prima della l. 49/2006.
La distinzione non può prescindere, quindi, dal ripristino delle tabelle separate.
Dunque, si tratta di una specificazione adottata con una modalità discutibile, mentre la norma avrebbe dovuta essere concepita in modo differente, in virtù di una modifica a monte e cioè coinvolgente l’art. 14.
La lett. b) prevede sia la depenalizzazione della coltivazione ad uso personale che della cessione di piccoli quantitativi destinati al consumo immediato, salvo che il destinatario sia un minore.
Trovo ovviamente condivisibile il principio della depenalizzazione della coltivazione.
Credo, però, che la norma sia stata concepita in modo in accettabilmente generico e che, il pur interessante progetto Civati, perda un’occasione irripetibile per cercare di conferire un significato tangibile e certo alla locuzione coltivazione ad uso personale.
Un progetto di legge orientato in tal senso non può, poi, scaricare, indebitamente e successivamente, sulla giurisprudenza l’onere di conferire un univoco significato, sopperendo alle manchevolezze del legislatore.
Quindi, il testo in esame rimane una mera petizione di principio, in quanto mancano riferimenti concreti, solo per fare alcuni eclatanti esempi, al numero massimo di piante coltivabili, alle modalità e luoghi di coltivazioni, a condizioni personali del coltivatore, che possano essere ritenuti compatibili con il consumo personale.
Credo, quindi, che questo passaggio vada ripensato approfonditamente per essere completato.
Sulla cessione di piccoli quantitativi destinati al consumo immediato, salvo che il destinatario sia un minore, ho più volte espresso il mio assoluto parere contrario – che ribadisco in questa sede - attirandomi scomposti strali da parte di persone, che mostrano di non volere capire il succo del problema.
Sarò ancora più chiaro.
Esistono due profili che mi fanno sospettare di incostituzionalità una norma del genere.
1) Da un lato osservo che la depenalizzazione di questa forma di spaccio contrasta con la decisione 757/GAI/2004 art. 2 comma 1 lett. a), che vieta qualsiasi forma di cessione .
Tale contrasto determinerebbe la violazione dell’art. 117 Cost. che impone il recepimento delle decisione della UE, quale fonte del diritto internazionale, cui il diritto interno deve conformarsi.
2) Dall’altro lato, rilevo che la previsione in oggetto potrebbe violare anche l’art. 3 della Cost. .
Comportamenti materiali del tutto identici tra loro, verrebbero, invece, valutati dal legislatore differentemente, in modo illogico ed in maniera irrazionale.
A ben guardare, infatti, in entrambe le ipotesi la condotta incriminata (spaccio) è la stessa, in quanto l’unico elemento di differenziazione è, invece, la sostanza oggetto di cessione. Ci si deve, quindi, domandare quale differenza concreta, di natura materiale si possa, dunque, percepire tra due condotte (quelle di cedere piccoli quantitativi per uso immediato) del tutto analoghe tra loro, pervenendo alla proposta di giustificare solamente una delle due.
Nessuna.
Ed allora, vi è da chiedersi ulteriormente (e provocatoriamente), sulla base delle considerazioni che precedono, perché non vi debba essere la previsione di un’estensione della depenalizzazione alle condotte del tipo di quella descritta alle lett. b) concernenti tutte le sostanze vietate, nessuna esclusa ?
Depenalizzare lo spaccio di una sostanza (cannabis), mantenendo, al contempo, la rilevanza penale del medesimo spaccio per altre sostanze (cocaina od eroina), non è operazione normativa che si possa basare esclusivamente sulla pur evidente differente livello di pericolosità delle stesse.
Non dimentichiamo, infatti, che la giustificazione della rilevanza penale di talune condotte concernenti gli stupefacenti (la cessione è una di queste) attiene alla circostanza che – allo stato - tutte le sostanze tabellate, sono ritenute obbiettivamente nocive.
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Desidero, inoltre, ribadire la assoluta inutilità della norma, laddove taluno tenta di giustificarla per evitare che vengano sanzionate forme di uso di gruppo.
La giurisprudenza da tempo ha elaborato concetti che permettono di evitare la punizione dell’acquisto e dell’uso di gruppo.
Rinunziare a punire che invece forme di spaccio (anche modeste quantità) significa, in modo superficiale, favorire il proliferare di nuove forme criminose più insinuanti, posto che saranno le organizzazioni criminose – soprattutto straniere - le prime beneficiarie di questa esenzione, reclutando tossicodipendenti come nuovi pusher.
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L’art. 7 si limita a completare l’art. 75 dpr 309/90, comprendendo oltre alla detenzione anche l’ipotesi della coltivazione.
Purtroppo anche questa scelta dimostra un approccio assai superficiale al tema, perché il sistema delle sanzioni amministrative ha manifestato negli anni il proprio carattere di assoluta inadeguatezza dissuasiva ed inutilità, tanto che credo andrebbe del tutto abrogato.
Troppe volte i giovani assolti per detenzione ad uso personale, sono stati, poi, del tutto penalizzati e vessati dall’applicazione di misure (artt. 75 e 75 bis) sproporzionati ed ingiustificati, rispetto a violazioni amministrative di limitatissimo rilievo.
Dunque non basta un adeguamento lessicale della norma, la stessa andrebbe abrogata in toto.
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Da ultimo rilevo che non è prevista nessuna modifica al nuovo comma 5 dell’art. 73 (mod. ex d.l.vo n. 146/2013), il quale tuttora – pur modificando la lieve entità da circostanza attenuante in reato autonomo – prevede la stessa pena per qualsiasi tipologia di droghe.
Dunque esso appare incostituzionale perché unifica il trattamento sanzionatorio previsto.
Un progetto di legge che intende sottolineare le differenze naturalistiche e giuridiche rilevabili nella vasta gamma delle sostanze psicoattive, non può omettere di prevedere modifiche sullo specifico punto.