Desidero aprire una brevissima riflessione.
Il dott. Santacroce - Presidente della Corte di Cassazione - come riportato da più fonti, ha criticato la FINI-GIOVANARDI ed ha sottolineato come l'inasprimento della sanzioni, in materia di stupefacenti (ritengo specialmente nel segmento droghe leggere), risulti inutile non assolvendo nè a funzioni preventive, nè apparendo risposta repressiva idonea a ridurre fenomeni criminosi.
Niente da eccepire in linea teorica....ma nella pratica.....
Mi chiedo,infatti, come si coniughi questa apertura - puramente astratta - con quelle quotidiane decisioni che le varie Sezioni della Suprema Corte adottano, mostrandosi, così, invece, assai retrive a superare posizioni proibizioniste e punitive?
Mi domando come mai, nonostante la sentenza n. 33835/14 del 30 luglio 2014, che apre con cautela, ma indiscutibilmente, alla non punibilità della coltivazione ad uso domestico, persista una costante resistenza interpretativa che si traduce in troppe sentenza di segno avverso?
Giovani ancora condannati per la detenzione di qualche decina di grammi di sostanza psicoattive leggere, in assenza di qualsiasi prova di una volontà di dare corso a cessioni a terzi?
Mi interrogo, ancora, sulla circostanza che il consumo personale - quale circostanza scriminante della detenzione (e della coltivazione) - diviene troppo spesso un elastico per giudici di merito e di legittimità, i quali preferiscono evocare (erroneamente ed indebitamente), in forza di una mero ragionamento presuntivo, il dato ponderale, che - ormai è noto - non costituisce (salvo che per quantitativi elevati) elemento decisivo per escludere che lo stupefacente detenuto sia destinato alla cessione in favore di terzi.
Potrei procedere a lungo, ma risulterei noioso, nell'evidenza degli elementi che si possono addurre.
Per questo mi permetto di giudicare le parole del Presidente Santacroce null'altro che una considerazione personale che proviene da un grande giurista, ma che è destinata a rimanere ininfluente all'atto pratico.