A me personalmente non è mai stato simpatico e mai mi starà, ho avuto modo di scambiarci due parole quando fece un tour in giro per l'Italia insieme ai Radicali per fare dei piccoli corsi di coltivazione nelle piazze, tutto questo parallelamente alla sua azienda rivenditrice di "cannabis che non funziona", del suo growshop e delle sue "pubblicazioni", però dubitare del suo antiproibizionismo, scusami davvero, ma mi viene da ridere. Oltre ad essere uno dei primi canapai italiani, e di conseguenza anche divulgatore di metodi, tecniche e consigli più disparati, il ragazzo, o meglio dire l'uomo, ha avuto diversi scazzi legali legati alla sua attività. Una vecchia amica dice che l'antipro si fa nelle aule di tribunale, sembra che oggi sia importante solo quello comunicativo, forse la ragione non sta da nessuna delle due parti, forse sta nel mezzo o magari hai ragione solo te, chissà. Guardando ai fatti però è naturale leggere tali affermazioni con un sorriso sulle labbra, soldi a parte, che se vogliamo dirla tutta sono anche meritati, 20 anni di antipro son 20 anni da antipro, mica un giorno.
Sul discorso fatto in casa vs importazione ho la mia idea e questa prescinde dalla cannabis. Fortunatamente siamo nati in un pezzo di mondo dove ci riesce, molto bene, fare un po' tutto quello che si può fare al mondo. In Italia, la tanto bistrattata Italia, siamo ancora in grado di produrre eccellenze a livello mondiale, fosse per me applicherei un vero e proprio proibizionismo su tutti quei prodotti che non vengono prodotti su suolo italiano, "cannabis che non funziona" o arance non fa differenza, è proprio la filiera italiana che andrebbe salvaguardata, andrebbero salvaguardate le aziende italiane che nonostante tutto ancora rimangono qui a produrre "made in Italy", andrebbero salvaguardati quei lavoratori che in Sicilia stanno a casa perché raccogliere un kilo d'arance costa più di quanto qualcuno ci ha detto a quanto venderle, andrebbero salvaguardate le botteghe che stanno aperte 364 giorni l'anno per sopravvivere. Ma capisco che questo è un altro discorso e che questo non è il momento o il luogo per discuterne, però in questo gran marasma di "cannabis che non funziona" una eventuale promozione di un prodotto certificato e prodotto all'interno dei nostri confini mi pare l'unica vera nota positiva. Ci sono i modi per lavorare bene ed arrivare al livello di quei prodotti senza fare nessuna azione di breeding, in realtà penso che sia uno e uno solo: LAVORO. Certo che la parola lavoro non collima con gli obiettivi dell'80% delle aziende "italiane", nessuno si sobbarca i costi di start di eventuali laboratori, proprio oggi leggevo del milione investito a Trento, e tutte preferiscono comprare per rimpacchettare, ingrassando così grossisti e standardizzando un prodotto particolare, consumato da una serie di consumatori particolarmente esigente. Poi se il problema è davvero il commercio, il business e lo scambio di soldi, beh allora ci rinuncio, fortunatamente ho ancora la terra sotto i piedi e il cervello connesso con il mondo, il sistema va così, io del sistema faccio parte, perché è il sistema stesso che ti permette di sopravvivere.