Sud america e dittature...pensiero debole vs nuovo realismo.

La differenza in realta' politicamente, sta nel fatto che il postmoderno pensiero debole vuole erodere dall'interno il liberismo (ma anche aime' il liberalismo), mentre il nuovo realismo con le armi, per fare cosa, il fine e' il medesimo la dittatura.

Vi riporto parte di una critica mossa a queste filosofie...

A questo punto la parte del “mattatore” la fa proprio il “pensiero debole”, con la sua tesi capitale “la metafisica è violenza”, imposizione di razionalità o comunque di “assoluti”, di una “volontà di verità” che altro non è, nietzscheanamente, che maschera dissimulata di una “volontà di potenza”. Il pensiero “violento”, “autoritario” della “ragione” tradizionale, fatto ancora valere dall’Illuminismo, dal Romanticismo, e perché no, perfino dal materialismo storico (ma quest’ultimo è trattato con un po’ più di indulgenza), si ancora stabilmente alle “categorie forti” dell’essere, vale a dire “verità”, “unità”, “superamento delle contraddizioni”, movimento verso un fine e un significato della storia, e simili. Ora tutto deve essere rovesciato da cima a fondo. Le vere categorie non saranno più quelle “forti”, ma quelle deboli: transitorietà, divenienza, evenemenzialità (dal francese évenement) del momento, fantasia, liberazione del potenziale simbolico del desiderio (cfr. i vari Deleuze e Guattari), indifferenza e indistinguibilità fra ciò che appartiene alla natura e ciò che è prodotto della cultura. Va perseguito l’”antifondazionalismo” spinto alle estreme conseguenze.
Ben a ragione Zygmunt Bauman definisce l’età postmoderna come l’età della “società liquida”, perché in essa tutto si scioglie e si liquefa, tutto si fa inconsistente, dai legami sociali e affettivi all’arte, alla coscienza religiosa e alla filosofia, mentre si ingigantiscono i valori dell’economia e del profitto. Nessuna meraviglia che contro tutto questo culto della décadence si sia levata la voce di qualcuno che ha proclamato la necessità di ritornare a guardare in faccia alla “realtà”, perché c’è una “realtà forte” che “resiste”, e dunque “esistenza” significa “resistenza”; c’è una realtà che non è fatta solo di interpretazioni.
nel panorama mondiale l’avvelenamento progressivo del pianeta Terra da parte di una tecnica folle, irresponsabile che crea solo ingordigia del profitto e che è pure sostenuta da una scienza miope e piena di supponenza; nel mondo sociale la realtà è fatta dalla disoccupazione, dai dissesti affettivi ed emozionali delle coppie, dalla stortura, dalla falsità, dalla corruttibilità e dalla fondamentale malvagità dell’egoismo umano, per non parlare dei tanti malanni che affliggono la vita quotidiana ordinaria e di cui abbiamo ogni giorno notizie in abbondanza. La sua proposta potrebbe essere interessante e meritevole di attenzione. Senonché non sembrano proprio essere queste le “realtà” che preoccupano il “nuovo realista”. E così il “nuovo realismo” non va molto lontano; rimastica solo un po’ l’”ontologia” dell’“esistere” e del “non esistere”, di recente provenienza dalla filosofia analitica attuale . L’inconsistenza filosofica della sua proposta è palese, visto che il “nuovo realismo” non intende di certo anelare ad una restaurazione della metafisica. Esso in fondo continua a condividere molte convinzioni fondamentali del debolismo filosofico e del “postmodernismo”, contro i quali si scaglia accusandoli di essersi messi a servizio del “populismo”, senza però preoccuparsi di distinguere bene tra ciò che può considerarsi legittima aspettativa di innalzamento della qualità e del tenore di vita di vasti ceti sociali con la più becera propaganda egualitaria e demagogica.
In fondo la contesa tra le due parti si riduce a questo: il debolista afferma “non ci sono fatti, ma soltanto interpretazioni”; al che il “nuovo realista” gli può ribattere “ma anche la tua interpretazione diventa un fatto”. E di qui non si esce più, ma si può andare avanti all’infinito. La filosofia italiana ha proprio perso il senso della realtà che una volta per lo meno aveva dimostrato di tenere in un certo conto.