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Ebbene si leggo il foglio, non lo legge quasi nessuno, ma a me piace abbastanza. Oggi ho trovato l'articolo sulla jella. Tradizione che sicuramente risale almeno ai greci...proprio perche' popolo cultore del razionale, ha generato cosi' la sua antitesi: l'irrazionale. Mi viene in mente il libro Universali di Etienne Balibar...detto questo, almeno a me e' risultato strano che, tra i vari libri citati, non ci sia quello di Dodds "I Greci e l'irrazionale". Perche' in fondo di questo si tratta. Quindi ho pensato visto che ultimamente ne ho parlato, di riportare alcuni stralci dalla prefazione. E' un po lungo non so se possa interessare, lo faccio per completezza.

Dodds "I Greci e l'irrazionale"

L'obiettivo di Dodds resta sempre quello di sostituire l'immagine dei Greci come popolo dominato dalla ragione -amministratori unici del logos -con una in cui trova piena cittadinanza anche ciò che al logos si oppone. Ecco perché, oltre all'antropologia, l'orizzonte metodologico di Dodds include anche la psicoanalisi, nella convinzione che l'inconscio possa esercitare un grosso peso nelle vicende umane: e quindi anche nei fenomeni storici o culturali. A Dodds insomma sta a cuore mostrare che «un popolo civile, di idee chiare, ragionatore come quello ionico» (l'autore sta parlando dell'epopea omerica) non aveva affatto eliminato credenze e comportamenti di tipo irrazionale. A questo punto, però, una domanda si impone: che cosa significa irrazionale?

Quale inglese moderno potrebbe attribuire caratteri di realtà all'esperienza onirica, come poteva accadere in Grecia? Nessuno, ammesso che costui non abbia forti propensioni per i fenomeni «irrazionali»; lo stesso dicasi per la credenza che manifestazioni psichiche come l'oblio, l'errore o lo stesso coraggio possano essere indotti nella persona da un operatore esterno -«nemmeno i miei superstiziosi connazionali irlandesi», dice Dodds, potrebbero credere a cose del genere; per non parlare della possibilità che l'anima possa distaccarsi dal corpo, credenza decisamente estranea a chi non abbia fede nelle virtù medianiche.

questo è un libro che ha avuto il coraggio di mettere in campo categorie estremamente forti, capaci di dare prima di tutto un senso specifico ai diversi fenomeni analizzati dall'autore. Faccio un esempio. Nel passaggio dal mondo omerico a quello che si manifesta nella lirica arcaica e talora nella tragedia, si assiste, secondo Dodds, a un diverso atteggiamento nei confronti della disgrazia o dell'errore in cui l'essere umano può incorrere: in Omero la spiegazione sembra essere fornita da un operatore psicologico esterno, ATE’, una sorta di accecamento che fa commettere agli uomini errori o colpe nei confronti di altri; nell'età successiva, l'ATE’ sembra invece assumere il valore di un castigo, di una punizione, che l'uomo riceve in seguito a una colpa commessa da lui o da qualcuno dei suoi antenati. Un castigo che a volte viene eseguito direttamente dalla divinità o da demoni spaventosi. Come interpretare questa importante differenza culturale?

Da un lato esistono infatti «shame cultures», civiltà di vergogna, in cui ciò che più preoccupa i singoli è «perdere la faccia» di fronte ai membri della comunità; dall'altro esistono guilt cultures, civiltà di colpa, in cui il bene supremo che viene perseguito è la tranquillità della coscienza e il timore degli dèi. Il mondo di Omero, con i suoi eroi costantemente preoccupati della propria timé, del proprio onore, ricade nel primo gruppo; l'età successiva, con Sofocle come suo ultimo e più emblematico rappresentante, ricade invece nella seconda. Ecco perché l'uomo omerico, se così si può dire, tende a scaricare la disgrazia da cui è colto sull'intervento di un operatore esterno che gli ha tolto il senno; mentre l'uomo greco della fase successiva appare convinto che la disgrazia lo colpisca a seguito di una colpa che lui stesso, o qualcuno dei suoi antenati, ha commesso nei confronti degli dèi.

Oggi l'irrazionale -o almeno quello che Dodds riterrebbe tale -si esplica perfino nella forma di insistenti fiction televisive e di speciali inchieste condotte sul luogo di presunti eventi soprannaturali. Alla base di questo fenomeno contemporaneo starebbero dunque, ancora una volta, la troppa libertà, la troppa apertura sociale, con la conseguente perdita dei tradizionali quadri di riferimento? Il fatto che il libro di Dodds sia capace di suscitare simili interrogativi, così attuali, costituisce naturalmente una prova ulteriore della sua magnifica vitalità. Giunto al capitolo conclusivo del libro, dedicato appunto al «timore della li-bertà», il lettore trarrà le sue personali conclusioni anche su questo argomento. Non possiamo però esimerci dal fare almeno un'osservazione. A parlare di eccesso di libertà, di perdita dei valori e di relativismo culturale, sono oggi soprattutto le grandi religioni, impegnate a riaffermare la loro supremazia sulla vita dei singoli e su quella delle nazioni. In altre parole, i pericoli della libertà vengono enfatizzati proprio dalle odierne agenzie del soprannaturale, quelle che presentano se stesse come detentrici di un sapere oltremondano e di un'etica rivelata. Dichiara Dodds in chiusura del libro:

Anche noi abbiamo conosciuto per esperienza diretta una grande epoca di razionalismo, caratterizzata da progressi scientifici che le epoche precedenti avrebbero ritenuto impossibili, e che presentò all'umanità la prospettiva di una società assai più aperta di tutte quelle finora conosciute. E negli ultimi quarant'anni abbiamo potuto avvertire anche qualcos'altro: i sintomi inconfondibili di un ripiegamento di fronte a questa prospettiva. [ ... ] Che cosa significano questo ripiegamento, questo dubbio? [ ... ] Non lo so. Un semplice professore di greco non è in grado di pronunciarsi. Ma una cosa può fare: può ricordare ai propri lettori che già una volta nella storia un popolo civile cavalcò fino a raggiungere l'ostacolo, se lo trovò davanti e non saltò. E può invitarli a riflettere su tutte le circostanze di quel rifiuto.