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Discussione: Spaccino nero

  1. #1
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    Per chi pensasse che tutti gli spaccini neri siano dei mafiosi con il Cayenne...
    Letta sull'ultimo numero di Fuoriluogo a pag 9.
    Auguri, Fratello nero! ;-) e un GRAZIE all'associazione Antigone!
    Booommm!!!


    C’era una volta un ragazzo con la testa piena di sogni. A
    casa erano in tanti. La madre, vedova, faticava a mandare
    avanti la famiglia. Avevano un solo televisore scassato
    che trasmetteva immagini da tutto il mondo. Spesso si
    vedeva l’Italia con i suoi posti di mare, pieni di bella gente,
    barche, ville e ragazze bionde che prendevano il sole
    con quei costumi strizzati. Molti dei suoi amici erano partiti.
    Qualcuno non era mai arrivato, morto in mare su
    quelle assurde carrette, qualcun altro era tornato subito,
    rimpatriato a forza. Pochi ce l’avevano fatta ma, quando
    tornavano, portavano di tutto. Avevano un lavoro e una
    casa, i loro figli andavano a scuola, sembravano sereni.
    Per quei pochi valeva la pena di tentare. Così si era imbarcato,
    era arrivato per miracolo e aveva preso un treno
    per il nord. Per Firenze, la culla del Rinascimento. Aveva
    visto un servizio alla tv, quella parola gli piaceva, anche
    lui voleva “rinascere�. Possibilmente ricco. Aveva cercato
    lavoro ovunque ma tutti gli dicevano: “Ripassa più
    avanti, ma ... senza permesso...�. Così aveva cominciato a
    vendere fumo in una delle piazze, era divertente, c’erano
    tanti ragazzi, e non pareva pericoloso. Fino alla sera che
    l’avevano caricato su una volante, portato prima in questura,
    poi in carcere. In tasca aveva un po’ di hascisch e
    qualche soldo, ovviamente gli avevano preso tutto.
    La galera non era neanche tanto brutta, il suo compagno
    di cella era gentile. Poi erano cominciati gli interrogatori.
    Volevano sapere chi dirigeva il traffico, erano su una
    grossa pista e convinti che lui ne sapesse qualcosa. Invece
    lui conosceva solo quello che gli passava il fumo, ma
    fare il nome no, non era mica un infame. E poi aveva altro
    cui pensare, sua madre stava male, aveva chiesto di
    telefonare a casa ma gli avevano risposto che non poteva,
    era in corso l’indagine, zitto. E infatti stava zitto. Muto
    anche la mattina che l’avevano caricato su un cellulare e
    trasferito a Livorno. Lì non conosceva nessuno e lo trattavano
    come un appestato. Sospettava che non gli consegnassero
    i pacchi e la posta dei suoi amici di Firenze. Stava
    sulle sue e rispondeva a monosillabi. Non aveva sprecato
    parole neanche quando l’avevano portato al carcere
    di Genova e poi imbarcato per la Sardegna. L’isola gliel’avevano
    fatta girare in lungo e in largo. Alla fine l’avevano
    portato in un piccolo paese e, quel che era peggio,
    messo in cella con uno fuori di testa che non si lavava mai
    e non faceva il suo turno di pulizie. Litigavano spesso e
    un giorno erano passati alle mani. Così erano arrivati gli
    agenti, l’avevano portato in infermeria e gli avevano dato
    una tale passata da spaccargli la testa. Quando l’avevano
    riportato in cella, solo, malconcio e semisvenuto,
    aveva avuto una visione del suo futuro, nero come la notte
    nel deserto. Aveva preso le lenzuola, le aveva stracciate,
    arrotolate e appese alla branda di sopra, poi c’aveva
    infilato il collo, era salito sullo sgabello e gli aveva dato
    un calcio. Si era svegliato in un letto d’ospedale, guardato
    a vista dagli agenti. Il dottore gli aveva spiegato che
    doveva stare lì perché era a rischio, non potevano permettere
    che rifacesse quel gesto. Ammazzarsi, a 26 anni?
    Ma intanto lui non sapeva ancora niente di sua madre,
    scriveva lettere che forse venivano stracciate. Era abbandonato
    da tutti ma c’era una speranza. Una delle sue amiche,
    che conosceva un’associazione che lavorava perché
    la gente come lui potesse avere una voce, una possibilità ,
    dei diritti. La strada era lunga ma forse valeva la pena di
    aspettare. Aveva fatto bene, perché quella mattina l’agente
    di servizio l’aveva accompagnato a telefonare a sua
    madre. Era malata ma viva. Era tornato in camera sollevato.
    Forse l’avrebbero dimesso, forse l’avrebbero mandato
    in un carcere dove avrebbe potuto lavorare, forse il
    filo del suo sogno si poteva aggiustare, forse...
    [email protected]
    Un mondo migliore è possibile, ma bisogna sbattersi!!
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  2. #2
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    sempre spaccino è

  3. #3
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    Non ci piove, Whiteman, ma il trattamento che gli hanno riservato non è degno di una nazione civile che osa dirsi cattolica!
    Dalla storia si legge che ha provato a cercare un lavoro onesto, ma la società \"civile\" si è attivata solo quando si è trattato di metterlo in galera.
    Se era un mafioso o un principe, avrebbe avuto un trattamento ben diverso!
    Booommm!!!

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  4. #4
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    28-07-2006 alle ore 15:17, rouge :
    Non ci piove, Whiteman, ma il trattamento che gli hanno riservato non è degno di una nazione civile che osa dirsi cattolica!
    Dalla storia si legge che ha provato a cercare un lavoro onesto, ma la società \"civile\" si è attivata solo quando si è trattato di metterlo in galera.
    Se era un mafioso o un principe, avrebbe avuto un trattamento ben diverso!
    Booommm!!!


    </BLOCKQUOTE></FONT></TD></TR><TR><TD><HR></TD></TR></TABLE>
    viva l'italia !!!

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