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Discussione: novità giurisprudenziali

  1. #1
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    La Suprema Corte - Quarta Sezione – con la sentenza n. 27346/13 (ud. 23 maggio 2013 dep. 21 giugno 2013) coglie l'occasione per ribadire la fondatezza di quei criteri ermeneutici, che permettono di ricondurre una situazione di detenzione di stupefacenti, nel solco della non punibilità, quando essa venga configurata come ad uso esclusivamente personale.
    I punti salienti di diritto della pronunzia si sostanziano in tre osservazioni.
    La L. 49/2006 :
    1 . – pur avendo adottato una formulazione semantica del tutto “infelice” - “non contiene elementi di sostanziale novità rispetto al disciplina previgente, che sanzionava penalmente la detenzione di sostanze stupefacenti, che non fosse finalizzata all'uso personale”;
    2. non ha per nulla introdotto, nei confronti della persona che venga sorpresa nella detenzione di quantitativi che eccedano i limiti tabellari
    a) “nè una presunzione, sia pura relativa, di destinazione della droga detenuta ad uso non personale”,
    b) “nè un'inversione dell'onere della prova, costituzionalmente inammissibile ex art. 25 Cost comma 2 e art. 27 Cost. Comma 2”;
    3. non ha, inoltre, innovato affatto “i parametri indicati per apprezzare la destinazione ad uso non esclusivamente personale” della sostanza detenuta, già in passato adottati.
    La Corte di legittimità, dopo avere enucleato le premesse richiamate, sottolinea, in prosieguo, altri due argomenti di diritto, i quali appaiono dirimenti in relazione al caso di specie.
    A) In primo luogo, i parametri dati dalla quantità, modalità di presentazione o altre circostanze dell'azione, “non vanno considerati singolarmente o isolatamente”.
    Sicchè la presenza anche di uno solo di essi – e la Corte evoca, a titolo esemplificativo, il superamento del limite tabellare – non è sufficiente a conferire alla condotta automaticamente rilevanza penale.
    B) Indi, proprio ricollegandosi all'esempio tipico del superamento del limite tabellare (il cui richiamo dimostra come il dato ponderale risulti sempre di particolare rilevanza prognostica), la Suprema Corte evidenzia che tale situazione non risulta, di per sé sola, sintomatica di uso non esclusivamente personale di sostanze stupefacenti.
    Per potere sostenere l'illiceità della detenzione, la situazione di eccedenza del citato limite tabellare deve essere supportata e corroborata dalla effettiva sussistenza di qualcuno fra gli altri paradigmi valutativi che l'art. 73/1 bis dpr 309/90 prevede.
    Per potere pervenire, pertanto, ad una prognosi sfavorevole all'imputato, appare, infatti, necessario che anche le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione congiurino in senso di escludere convincentemente una destinazione a fini di consumo strettamente personale.
    Ciò posto, appare pacifico che rimane immutato il principio che ascrive sempre al PM l'onere di dimostrare l'illecito, escludendosi che la novella del 2006 abbia determinato una qualche forma di inversione dell'onere della prova.
    Per meglio comprendere il punto di diritto, si deve precisare che il caso di specie riguardava una persona rinvenuta in possesso di gr. 7,5 di eroina e che era stata condannata – previa concessione della circostanza attenuante ad effetto speciale prevista dall'art. 73 comma 5° dpr 309/90.
    I giudici di merito avevano posto a base della propria decisione due osservazioni.
    La prima consisteva nell'escludere che il quantitativo rinvenuto potesse integrare una scorta per uso proprio, in quanto, secondo i giudici di merito, l'imputato – per le sue buone capacità economiche – non avrebbe avuto necessità alcuna di costituire scorte consistenti.
    La seconda concerneva, invece, la scarsa convenienza dell'acquisto, attesa la scadente qualità della droga.
    Le due dedotte circostanze, unitamente alle modalità della condotta tenuta dall'imputato, avrebbero deposto – ad avviso della Corte territoriale - per la destinazione, anche solo parziale, a terzi dello stupefacente.
    L'intervento della Corte Suprema ha, invece, definito assolutamente illogiche le deduzioni dei giudici di appello quando sostengono :
    1. che la sussistenza di una buona capacità economica, concreti condizione incompatibile con la volontà di effettuare un acquisto, determinato da un prezzo di favore;
    2. che non sia conveniente acquistare sostanza stupefacente che si riveli di scarsa qualità.
    Nel primo caso, infatti, non pare ragionevolmente sindacabile la scelta del singolo di disporre autonomamente del proprio danaro, quando tale opzione venga effettuata liberamente e senza generalizzazioni di sorta.
    Nel secondo caso, invece, l'eventuale qualità scadente del compendio drogante, costituisce un'informazione che il compratore acquisisce in maniera ipotetica e solo ex post.
    L'eventuale condizione di recidivo, inoltre, viene superata dalla dimostrazione dello stato di tossicomania del soggetto.
    Unico neo della sentenza in commento riposa nel fatto che venga utilizzato, come parametro concernente il principio attivo contenuto nei 7,5 grammi di sostanza stupefacente in questione, il criterio della dose media giornaliera, si da derivare 48 d.m.g. .
    In realtà, si osserva che, vertendo in ipotesi di indubbia condotta detentiva, il canone ermeneutico corretto avrebbe dovuto essere quello della quantità massima detenibile.
    E', infatti pacifico che, mentre la d.m.g. (pari a 25 mg. di principio attivo) appare strumento originale, di carattere interpretativo, funzionale a quantificare la capacità diffusiva di un campione di stupefacenti, in relazione al quale si ha la certezza di una destinazione allo spaccio verso terzi; la q.m.d. costituisce un parametro di costruzione complessa (dato dalla d.m.g. moltiplicata per il coefficiente 20) che va utilizzata esclusivamente in presenza di condotte inerti, quale il possesso o la coltivazione.
    Soccorre, inoltre l'orientamento richiamato, la considerazione che proprio la motivazione della sentenza in commento, quando afferma che il superamento del limite tabellare, di per sé solo, determina la rilevanza penale della detenzione, indubbiamente utilizza il parametro della quantità massima detenibile, il quale, non caso, coincide con 500 mg. di principio attivo.

    Rimini, lì 3 luglio 2013

    Carlo Alberto Zaina

  2. #2
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    Sintetica, quanto esaustiva, appare la decisione della Sesta Sezione della Suprema Corte, pronunziata all'udienza del 10 gennaio 2013 e pubblicata il 5 giugno 2013, n. 24542/13, che riguarda la materia della detenzione di sostanze stupefacenti a fini di uso personale.
    Il Collegio, infatti, riformando la sentenza della Corte di Appello di Napoli, ha assolto due giovani, i quali detenevano un campione di cocaina, pari a 2,6 grammi lordi (con un principio attivo del 56%) ed un campione di eroina, pari a grammi 1.14 (contenente un principio a attivo del 40%).
    Il giudice di legittimità, nella fattispecie, ha accolto sostanzialmente la tesi difensiva, ravvisando due decisivi profili.
    1. Il primo concerne il dato ponderale, nel senso che è stato riconosciuto che i quantitativi (sia netti, che lordi) delle due sostanze detenute rientravano entrambi entro i limiti stabiliti ex lege.
    Sullo specifico punto si deve osservare che la Corte di Cassazione utilizza, ad avviso di chi scrive, del tutto impropriamente, l'espressione “dosi medie giornaliere”.
    Poiché si vertendo, infatti, in una condotta conclamata di mera detenzione, il paradigma ponderale, direttamente strumentale alla valutazione della capacità diffusiva potenziale della droga sequestrata, avrebbe dovuto essere, invece, ancorato alla quantità massima detenibile e non già alla dose media giornaliera.
    Il canone della quantità massima detenibile – che come si ribadisce, attiene al solo principio attivo della sostanza stupefacente - è, infatti, vocazionalmente correlato con condotte e comportamenti “inerti”, categoria nella quale appare collocabile sia la detenzione, che la coltivazione di stupefacenti.
    Vale a dire, quindi, che si tratta di condotte che non presentano, in re ipsa, quel carattere necessario proprio della diffusività ex publico dello stupefacente, a seguito di cessione a terzi.
    In special modo, la detenzione viene a coniugarsi concettualmente in modo assolutamente naturale con la q.m.d. (criterio di natura composta, in quanto costituito dalla moltiplicazione della d.m.g. - che per la cannabis è pari a mg. 25 – per un coefficiente pari a 20, ottenendosi così mg. 500).
    La q.m.d., vera e propria regola ermeneutica, infatti, è stata concepita inizialmente (ed impropriamente) dal legislatore del 2006, come forma di esclusivo canone/limite, atto a stabilire il quantitativo massimo di principio attivo di stupefacente detenibile dal singolo in modo lecito (cioè senza che si ravvisi rilevanza penale) .
    Tale criterio ha, via, via, perduto l'originario carattere di elevata assolutezza – che la novella della L. 49/2006 aveva inteso conferirgli – per assumere, invece, una funzione maggiormente orientativa, idonea, cioè, ad aiutare l'interprete a comprendere – di volta in volta - se lo stupefacente posseduto dal cittadino/indagato possa avere una effettiva destinazione ad uso personale o meno.
    La d.m.g., a propria volta, invece, ha continuato a mantenere quella sua prerogativa di fungere da metodo utile per potere determinare – sul piano quantistico – la potenzialità di diffusione di compendi droganti, laddove appaia plausibile che gli stessi – in toto od in parte – sia destinati alla collocazione sul mercato illecito in favore di terzi.
    2. Il secondo aspetto di rilievo riguarda la circostanza che, nel caso specifico, si era in presenza di una palese e dimostrata – già in sede di merito – condizione di tossicodipendenza in capo ai due imputati.
    E', ormai costante indirizzo giurisprudenziale, quello che valorizza alcuni elementi di carattere spiccatamente soggettivo, ai fini della prognosi di destinazione dello stupefacente all'uso personale o meno del detentore.
    Specifico rilievo assumono, dunque, esemplificativamente, la capacità economica dell'imputato, così come la prova di una condizione di tossicodipendenza, o, comunque, di costante e cadenzata assunzione della sostanza.
    Va osservato, da ultimo, inoltre, che la Corte – implicitamente – ha ritenuto (giudicando illogica la ricostruzione della Corte territoriale in punto a possibile destinazione della droga alla cessione in favore di terzi) teoricamente plausibile che si possa ritenere compatibile con l'uso personale, anche l'ipotesi di una detenzione finalizzata all'uso di gruppo dei possessori.


    Rimini, lì 4 luglio 2013

    Carlo Alberto Zaina

  3. #3
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    alcune delle battaglie più significative si svolgono in Tribunale c'è poco da fare
    detesto 2 delle 3 droghe sopra citate ma a livello di diritti personali, è un grosso passo nella direzione giusta!
    la libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile
    che si risolve per molti nella libertà di morire di fame

    (S. Pertini - 1983)

  4. #4
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    Il Giudice Monocratico di Trento precisa, con una sentenza che si fa apprezzare per chiarezza e puntualità, (quale quella resa all’udienza dell’8 maggio 2013, nel procedimento penale Rg. 10038/13 Trib.), il limite che caratterizza il valore probatorio dell’esame dei liquidi biologici (nella fattispecie delle urine), svolto allo scopo di accertare, la sussistenza – al momento della guida – dello stato di alterazione determinato dal’assunzione di sostanza stupefacent, in capo al conducente di un’autovettura.
    Tale esame, infatti, di per sè non può assumere valore di decisività e concludenza.
    Decisiva, infatti, risulta la assenza di ulteriori verifiche tossicologiche, quale appare l’indagine ambulatoriale ematica, oppure l’omissione di eventuali preliminari verifiche empiriche cognitive dirette da parte delle forze dell’ordine, che permettano la sicura percezione di uno stato di alterazione psico-fisica (consistente nei noti e più volte ribaditi parametri offerti da comportamenti spiccatamente anomali, marcia irregolare e pericolose del veicolo, assenza di equilibrio nei movimenti, sudorazione, loquacità eccessiva, aggressività ingiustificata, incapacità di connettere il discorso etc.)
    Il principio sancito dal giudice di merito tiene, infatti, in debito conto la circostanza che l’accertamento svolto utilizzando le sole urine “decreta solo l’esito positivo o negativo dell’esame che viene stabilito in base al riscontro nei campioni prelevati di ng/nl di sostanza superiore a 50”.
    Siamo, dunque, dinanzi ad un accertamento di esclusiva natura qualitativa (esso non misura, infatti, l’intossicazione) e come tale, suscettibile – ad avviso della letteratura medica mondiale – di interferenze fatali, (idonee a falsarne il risultato), da parte dei più vari fattori, se non addirittura da parte di errori tecnici o procedurali.
    Vi è, poi, un ulteriore dato che milita per privare di efficacia referente il test in questione, ove non suffragato da altri sicuri elementi di riscontro.
    Esso consiste nel carattere di notevole permanenza stanziale che le droghe, in genere, ed i cannabinoidi – nella specie -, presentano nell’organismo umano.
    E’, infatti, notorio che possono venire rinvenute tracce degli stessi nei campioni biologici anche ad apprezzabile distanza di tempo dall’atto dell’assunzione.
    La cannabis, addirittura, è la sostanza che – per definizione – rimane presente nei liquidi biologici da un minimo di una settimana ad un massimo che può variare dai 40 ai 60 giorni, a seconda del livello e della cadenza delle assunzioni.
    Deriva, pertanto, il concreto rischio, che il risultato dell’analisi, incentrata solo sulla prova di liquidi biologici, non risponda al quesito fondamentale, al fine di dirimere il dubbio nodale della violazione dell’art. 187 CdS e cioè quello “dell’attualità degli effetti dell’intossicazione” a seguito di sicura e pregressa assunzione di sostanze stupefacenti.
    La metodica utilizzata nella fattispecie in commento, dunque, appare del tutto inidonea, perché non permette di raggiungere la prova dell’esistenza del reato supposto ed ha legittimato l’assoluzione dell’imputata.
    Costei è certamente risultata positiva al test delle urine, ma come detto, questo esito – proprio per la sua incapacità ad assolvere alla dimostrazione dell’attualità dello stato di intossicazione (presupposto irrinunciabile per la contestazione del reato di cui all’art. 187 CdS) – è rimasto dato sterile e neutro ai fini procedimentali.
    Il Tribunale, inoltre, offre anche una indicazione pregevole, in relazione a quel dato probatorio soggettivo, costituito dalle percezioni de visu e de auditu, cui, spesso, le forze dell’ordine verbalizzanti attingono, per potere contestare all’interessato l’ipotesi di reato in questione e che viene evocato a supporto dell’esame dei liquidi biologici.
    In primo luogo, si deve osservare che si fa, nei verbali dell’autorità giudiziaria, un uso smodato – ai limiti dell’abuso – della dizione “pupille dilatate, stato di agitazione, nervosismo ingiustificato”.
    Or bene, alcune considerazioni permettono di sottolineare non solo la assoluta indeterminatezza di tali criteri soggettivi, ma anche la equivocità degli stessi, che divengono meri stereotipi.
    Non dimentichiamo, infatti, il carattere esasperatamente soggettivo dei riferimenti richiamati, che appare costituire limite intrinseco alla valenza degli stessi.
    Senza nulla togliere al principio del “fidei facere”, seppur fino a prova contraria – vera e propria presunzione juris tantum – che assiste l’attività operativa e di verbalizzazione delle forze dell’ordine, appare opportuno che la soggettiva percezione di chi interviene, cui si attribuisce valenza probatoria di riscontro o di presupposto, non si ammanti di genericità assoluta, ma offra, invece, elementi che contengano profili di maggiore potere individualizzante.
    D’altronde., risulta piuttosto evidente il carattere spiccatamente equivoco dei parametri che nella fattispecie sono stati valorizzati.
    Essi, infatti, ben si coniugano con una naturale reazione emotiva, propria di chi - non avvezzo a dinamiche giudiziarie - si trovi in una situazione del tutto inusuale e caratterizzata da concitazione, quale è quella di un controllo – in ora notturna – da parte delle forze dell’ordine.
    Il Tribunale, dunque, conformandosi all’indirizzo illustrato dalla Suprema Corte (Sez. IV, 18 gennaio 2013, n. 2762) impone, al dedotto fine di conferire valore sintomatico ai dati cognitivi raccolti de visu et auditu dalle forze dell’ordine, un quid pluris che renda maggiormente effettiva e concreta la ipotizzata situazione di attuale alterazione da assunzione di sostanze stupefacenti.
    Tale elemento valutativo ulteriore viene individuato esemplificativamente in alcun paradigmi che possono riassumersi, tra gli altri, in “manovre di guida pericolose o irragionevoli, loquacità eccessiva, linguaggio sconnesso, etc.”.
    La conclusione cui si deve addivenire è, dunque, nel senso di potere affermare che
    1.la dimostrazione di una precedente assunzione di stupefacenti non coincide necessariamente con uno stato di intossicazione attuale, tale da integrare la violazione dell’art. 187 CdS.
    Si tratta, quindi, di situazioni che possono verificarsi tra loro in modo differente ed indipendente;
    2.la prova della sussistenza di uno stato di intossicazione, che configuri il reato di cui all’art. 187 CdS, può essere desunta in due modi
    a)attraverso lo specifico esame ematico, che, di per sé, è idoneo a superare qualsiasi dubbio,
    b)attraverso anche il solo esame dei liquidi biologici, purchè esso venga supportato da inequivoche rappresentazioni testimoniali, che si fondino su riferimenti individualizzanti, le quali risultino idonee a certificare l’attualità e la persistenza di effetti alterativi, propri di un’assunzione di stupefacenti recentissima.


    Rimini, lì 10luglio 2013

    Carlo Alberto Zaina

  5. #5
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    Grazie mille avvocato per questa importantissima novità!
    Purtroppo so sulla mia pelle quanto sia facile per le forze dell'ordine scrivere "Guida a zig zag, pupille dilatate" ecc.

    Ma quando alla fine sul punto "b" scrive: "attraverso anche il solo esame dei liquidi biologici, purchè esso venga supportato da inequivoche rappresentazioni testimoniali" cosa intende? Che le forze dell'ordine devono trovare dei testimoni che avvalorino i loro sospetti? Ed in quel caso spero che come testimoni non vengano accettati i loro colleghi giunti sul posto proprio per quel motivo!

    Questa sentenza si sofferma molto sull'esame delle urine, ma si potrebbe sostenere questa tesi anche se sottoposti ai classici drog test fatti direttamente al posto di blocco (In quel caso non si arriva ai 40-60 giorni dell'esame delle urine, ma l'intervallo che calcola è sempre molto ampio quasi una settimana)?

    Se invece una persona si rifiuta di fare qualsiasi tipo di accertamento verrà ritenuta sempre e comunque in torto e quindi potrà fare ben poco, giusto?

    Grazie mille per la sua grandissima disponibilità!

  6. #6
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    Effettivamente non ci si deve, né si può rifiutare la sottoposizione alla verifica.
    Il principio è che non esiste una forma di analisi che permetta di dire con certezza che una persona si trova in stato di intossicazione da stupefacenti, salvo che si tratti dell'esame ematico.
    In presenza di esame dei liquidi biologici è necessario che vi siano dei riferimenti precisi di carattere percettivo da parte sia dei verbalizzanti, che di testimoni.

  7. #7
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    Vero, ma quali sarebbero questi riferimenti precisi, occhi rossi e lucidi, parlare rilassato, abbigliamento "strano", simbologie tatuate sulla pelle del soggetto, orecchini, piercing, capelli lunghi, evidente fastidio nel rapportarsi con gli agenti....?!? Le possibilità di riferimento sono assolutamente soggettive! Cosa non dovrebbero rilevare per non essere evidentemente e palesemente razzisti o fascisti?!?
    Temo che il problema non sia di sola origine giuridica in questo ambito....
    (cit. F. De Andrè)
    Per strada tante facce non hanno un bel colore,
    qui chi non terrorizza si ammala di terrore,
    c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo,
    io sono d'un altro avviso,son bombarolo!
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  8. #8
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    Citazione Originariamente Scritto da bluedigit Visualizza Messaggio
    Vero, ma quali sarebbero questi riferimenti precisi, occhi rossi e lucidi, parlare rilassato, abbigliamento "strano", simbologie tatuate sulla pelle del soggetto, orecchini, piercing, capelli lunghi, evidente fastidio nel rapportarsi con gli agenti....?!? Le possibilità di riferimento sono assolutamente soggettive! Cosa non dovrebbero rilevare per non essere evidentemente e palesemente razzisti o fascisti?!?
    Temo che il problema non sia di sola origine giuridica in questo ambito....
    Caro Bluedigit non banalizziamo inserendo criteri che nessuno ha indicato, per favore.
    Non rendiamoci qualunquisti utilizzando argomenti che non hanno attinenza e Sono inutilmente polemici.
    L'elenco che lei ha fatto "abbigliamento "strano", simbologie tatuate sulla pelle del soggetto, orecchini, piercing, capelli lunghi, evidente fastidio nel rapportarsi con gli agenti...." non c'entra nulla e lei lo sa molto bene!
    Sono altri i criteri!
    Il riferimento al razzismo od al fascismo, poi, francamente mi pare del tutto fuori luogo e avrebbe potuto risparmiarcelo
    Questo e' un post di informazione giurisprudenziale al quale non è' necessario partecipare, puo' piacere, puo' non essere gradito, ma se si vuol scrivere, almeno risparmiamo interventi vittimistici e privi di fondamento.
    Grazie

  9. #9
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    Avvocato un ultima piccola precisazione.
    Come ha già detto solo un esame ematico può verificare effettivamente se si è sotto effetto di stupefacenti nel momento della guida, ma questo esame può essere richiesto dalle forze dell'ordine durante il controllo, o possono al massimo richiedere l'esame delle urine o fare sul momento il drog test?

  10. #10
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    Mi scusi Avvo, ma il sarcasmo non era completamente fuori luogo, parlo per esperienza diretta ovviamente! Non è raro che il fermato venga giudicato per canoni che nulla hanno a che vedere con la giurisprudenza, e da quello alle verifiche ematiche o non, il passo spesso é breve.
    Comunque scusi l'OT!
    (cit. F. De Andrè)
    Per strada tante facce non hanno un bel colore,
    qui chi non terrorizza si ammala di terrore,
    c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo,
    io sono d'un altro avviso,son bombarolo!
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