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Discussione: Il New York Times chiede la legalizzazione della cannabis: l’alcol fa molto più male

  1. #1
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    http://www.ilgiornale.it/news/mondo/...a-1041175.html


    Ma non ci sono neppure per il tabacco o l'alcool". Il board editoriale del New York Times, in un pezzo d'opinione pubblicato oggi, si è pronunciato a favore della legalizzazione, chiedendo agli Stati Uniti che non si ripeta una situazione simile a quella vissuta con il periodo del Proibizionismo, quando "la gente continuò a bere e persone che sotto ogni altro aspetto vivevano da cittadini irreprensibili divennero criminali".

    Il più autorevole quotidiano statunitense ha lanciato il primo di una serie di sei pezzi incentrati sull'argomento, con cui chiede che vengano riconsiderati i divieti attualmente in vigore, argomentando semplicemente che i danni che ne derivano alla società sono grandi, se si considera che servono "a proibire una sostanza molto meno pericoloso dell'alcool".

    La presa di posizione non è aprioristica, ma basata su un'analisi - così si legge nell'articolo - degli effetti dell'utilizzo di marijuana sulla salute, dell'impatto sulla società e delle consequenze dal punto di vista legale.

    Il Times ricorda che gli arresti per possesso di marijuana (i dati sono di due anni fa) superano grandemente quelli per cocaina, eroina e derivati e fa anche presente che molto spesso a farne le spese sono giovani afroamericani, che rischiano poi di imboccare definitivamente la strada del crimine. Poi che in molti Stati si sono avviate iniziative a livello locale. Ne è un esempio il Colorado, dove l'utilizzo di marijuana è ormai legalizzato.

    Il quotidiano pubblicherà nei prossimi giorni una serie di articoli a corredo della sua tesi e tira una stoccata all'amministrazione: "Riconosciamo - scrive - che questo Congresso difficilmente agirà sul tema della marijuana, come non ha agito su altre grandi questioni".

    Il tema sollevato dal Times era stato affrontato anche da Barack Obama, tra i molti temi trattati in una lunga intervista concessa a gennaio al New Yorker. Il presidente americano, che pure non aveva certo aperto alla legalizzazione, aveva detto di non ritenere la marijuana più pericolosa dell'alcool.
    ---
    OT: cattivissimo quel passamontagna!
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  2. #2
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    “Ci vollero 13 anni prima che gli Stati Uniti tornassero in sé e mettessero fine al proibizionismo dell’alcol, 13 anni durante i quali le persone hanno continuato a bere, cittadini altrimenti rispettosi della legge sono diventati criminali e le associazioni a delinquere sono aumentate e prosperate. Sono passati più di[Continua...]

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  3. #3
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    Proibizionismoo deve finire

  4. #4
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    http://www.corriere.it/esteri/14_lug...237763b1.shtml

    NEW YORK - Capovolgendo una linea editoriale da sempre contraria alla liberalizzazione delle droghe, comprese quelle più leggere, il New York Times abbraccia la causa della legalizzazione della marijuana, il cui consumo è stato autorizzato nei mesi scorsi da alcuni Stati, ma rimane un reato punibile col carcere a livello federale. Quello pubblicato ieri dal quotidiano non è soltanto un articolo di fondo che sancisce un cambio di rotta: il più autorevole giornale d’America ha riunito direzione e «board» editoriale per discutere della questione e, fatta la scelta di sostenere la legalizzazione, ha deciso di costruirci sopra una campagna: tre gli articoli pubblicati ieri, compresa la copertina della Sunday Review , l’inserto domenicale delle analisi. E l’annuncio che nei prossimi giorni verranno pubblicati altri sei editoriali a sostegno della marijuana libera, esaminando i vari aspetti del problema.
    Divieto di vendita per i minori di 21 anni
    Ma già ieri il giornale «liberal» che su questa materia era stato sempre molto prudente, ha spiegato le ragioni della sua svolta: «Non che non ci siano dubbi sui danni che possono venire dalla marijuana. Ma gli effetti tossici e la dipendenza per questo tipo di sostanza sono minimi, soprattutto se confrontati con alcol e tabacco». Secondo il quotidiano le preoccupazioni mediche principali riguardano la vulnerabilità dei giovani negli anni in cui il loro cervello è ancora in una fase di sviluppo: un problema da affrontare stabilendo, come per gli alcolici, il divieto di vendita a chi ha meno di 21 anni.
    Ieri tutti i siti politici, dall’«Huffington Post» a «Politico.com», hanno dato grande spazio alla svolta del «Times» anche perché solo l’anno scorso il giornale aveva sostenuto che la liberalizzazione poteva favorire l’uso delle formulazioni più potenti della marijuana da parte dei «teenager». Ancora nel gennaio scorso, dopo la legalizzazione decisa dal Colorado, il giornale di New York ribadì questo suo punto di vista e un mese fa ospitò il commento di un esperto che, convinto che la marijuana sia «molto più pericolosa di quello che molti di noi credono», collegò il suo uso alla schizofrenia.

    Le ragioni del dietrofront
    Perché l’improvviso dietrofront? Gli estensori dell’editoriale dicono di essersi convinti che il divieto stabilito nel 1970, nell’era Nixon, da un Congresso che votò in modo frettoloso ed emotivo dopo il discorso di un senatore che attribuì una strage di soldati americani in Vietnam provocata da un loro commilitone ad «allucinazioni da marijuana», ha portato a un’era di vero e proprio proibizionismo. Che, come quello degli alcolici degli anni Venti e Trenta del secolo scorso, ha prodotto distorsioni e danni più gravi di quelli che i politici volevano prevenire. A cominciare dagli enormi costi sociali: nel 2012 negli Usa ci sono stati 658 mila arresti per possesso di marijuana rispetto ai 256 mila relativi a cocaina, eroina e loro derivati.
    Gli editorialisti del «New York Times» hanno anche una preoccupazione di tipo legale: la legge federale del 1970 è talmente antiquata che molti Stati hanno cominciato da tempo a superarla con loro provvedimenti locali: 34 Stati hanno già legalizzato l’uso di marijuana per scopi medici, mentre il Colorado e lo Stato di Washington sono stati i primi ad autorizzarne anche il suo consumo «ricreativo». Ma, mentre la legge del Colorado consente di coltivare fino a 10.200 piante di cannabis, la legge federale prevede un minimo di 10 anni di carcere per chi coltiva più di mille piante. Ora è vero che il ministero della Giustizia ha dichiarato che non applicherà questa parte delle norme se verranno prese alcune precauzioni (come la tutela dei minori), ma c’è sempre il rischio di interventi di giudici conservatori zelanti o di un cambio di rotta del governo dopo la fine del mandato di Obama.
    Anche Obama favorevole
    Lo stesso presidente già nel 2012 aveva chiesto la depenalizzazione, ma il Congresso non l’ha seguito su questa come su molte altre proposte. Un Parlamento sempre più paralizzato di certo non si metterà al lavoro per la spinta di un quotidiano «liberal» inviso a tutti i conservatori. Ma anche in politica le cose stanno evolvendo perché sulla questione delle droghe leggere, come qu quella dei matrimoni gay, è lo stesso stato d’animo del popolo americano che sta cambiando rapidamente. I sondaggi del Pew Research Center dimostrano che, se ai tempi del varo della legge proibizionista l’85% degli americani era contrario alla legalizzazione della marijuana, la situazione è andata gradualmente cambiando fino a quando, due anni fa, i favorevoli alla liberalizzazione hanno superato i contrari (oggi siamo al 54%). Con una maggioranza schiacciante di favorevoli tra i progressisti: il pubblico di riferimento del «New York Times». Che, cambiando rotta, ha fatto sì una scelta etica, non priva però di riflessi commerciali.
    ---
    Chi dorme non piglia pesci e non raccoglie nemmeno l'erba... magari la ruba dal suo vicino che pare ce l'abbia sempre più verde della sua...

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  5. #5
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    E' un segnale notevole. C'è un altro articolo al riguardo postato stamattina da sifone900 su News dal mondo, che si potrebbe unire con questo. In più vi giro anche quest'altro che mi ha inviato la nostra efficientissima internetnauta di ASCIA:

    http://www.corriere.it/esteri/14_lug...237763b1.shtml

    Anche il 54% degli americani a favore della legalizzazione

    NEW YORK - Capovolgendo una linea editoriale da sempre contraria alla liberalizzazione delle droghe, comprese quelle più leggere, il New York Timesabbraccia la causa della legalizzazione della marijuana, il cui consumo è stato autorizzato nei mesi scorsi da alcuni Stati, ma rimane un reato punibile col carcere a livello federale. Quello pubblicato ieri dal quotidiano non è soltanto un articolo di fondo che sancisce un cambio di rotta: il più autorevole giornale d’America ha riunito direzione e «board» editoriale per discutere della questione e, fatta la scelta di sostenere la legalizzazione, ha deciso di costruirci sopra una campagna: tre gli articoli pubblicati ieri, compresa la copertina della Sunday Review , l’inserto domenicale delle analisi. E l’annuncio che nei prossimi giorni verranno pubblicati altri sei editoriali a sostegno della marijuana libera, esaminando i vari aspetti del problema.
    Divieto di vendita per i minori di 21 anni
    Ma già ieri il giornale «liberal» che su questa materia era stato sempre molto prudente, ha spiegato le ragioni della sua svolta: «Non che non ci siano dubbi sui danni che possono venire dalla marijuana. Ma gli effetti tossici e la dipendenza per questo tipo di sostanza sono minimi, soprattutto se confrontati con alcol e tabacco». Secondo il quotidiano le preoccupazioni mediche principali riguardano la vulnerabilità dei giovani negli anni in cui il loro cervello è ancora in una fase di sviluppo: un problema da affrontare stabilendo, come per gli alcolici, il divieto di vendita a chi ha meno di 21 anni.
    Ieri tutti i siti politici, dall’«Huffington Post» a «Politico.com», hanno dato grande spazio alla svolta del «Times» anche perché solo l’anno scorso il giornale aveva sostenuto che la liberalizzazione poteva favorire l’uso delle formulazioni più potenti della marijuana da parte dei «teenager». Ancora nel gennaio scorso, dopo la legalizzazione decisa dal Colorado, il giornale di New York ribadì questo suo punto di vista e un mese fa ospitò il commento di un esperto che, convinto che la marijuana sia «molto più pericolosa di quello che molti di noi credono», collegò il suo uso alla schizofrenia.

    Le ragioni del dietrofront
    Perché l’improvviso dietrofront? Gli estensori dell’editoriale dicono di essersi convinti che il divieto stabilito nel 1970, nell’era Nixon, da un Congresso che votò in modo frettoloso ed emotivo dopo il discorso di un senatore che attribuì una strage di soldati americani in Vietnam provocata da un loro commilitone ad «allucinazioni da marijuana», ha portato a un’era di vero e proprio proibizionismo. Che, come quello degli alcolici degli anni Venti e Trenta del secolo scorso, ha prodotto distorsioni e danni più gravi di quelli che i politici volevano prevenire. A cominciare dagli enormi costi sociali: nel 2012 negli Usa ci sono stati 658 mila arresti per possesso di marijuana rispetto ai 256 mila relativi a cocaina, eroina e loro derivati.
    Gli editorialisti del «New York Times» hanno anche una preoccupazione di tipo legale: la legge federale del 1970 è talmente antiquata che molti Stati hanno cominciato da tempo a superarla con loro provvedimenti locali: 34 Stati hanno già legalizzato l’uso di marijuana per scopi medici, mentre il Colorado e lo Stato di Washington sono stati i primi ad autorizzarne anche il suo consumo «ricreativo». Ma, mentre la legge del Colorado consente di coltivare fino a 10.200 piante di cannabis, la legge federale prevede un minimo di 10 anni di carcere per chi coltiva più di mille piante. Ora è vero che il ministero della Giustizia ha dichiarato che non applicherà questa parte delle norme se verranno prese alcune precauzioni (come la tutela dei minori), ma c’è sempre il rischio di interventi di giudici conservatori zelanti o di un cambio di rotta del governo dopo la fine del mandato di Obama.
    Anche Obama favorevole
    Lo stesso presidente già nel 2012 aveva chiesto la depenalizzazione, ma il Congresso non l’ha seguito su questa come su molte altre proposte. Un Parlamento sempre più paralizzato di certo non si metterà al lavoro per la spinta di un quotidiano «liberal» inviso a tutti i conservatori. Ma anche in politica le cose stanno evolvendo perché sulla questione delle droghe leggere, come qu quella dei matrimoni gay, è lo stesso stato d’animo del popolo americano che sta cambiando rapidamente. I sondaggi del Pew Research Center dimostrano che, se ai tempi del varo della legge proibizionista l’85% degli americani era contrario alla legalizzazione della marijuana, la situazione è andata gradualmente cambiando fino a quando, due anni fa, i favorevoli alla liberalizzazione hanno superato i contrari (oggi siamo al 54%). Con una maggioranza schiacciante di favorevoli tra i progressisti: il pubblico di riferimento del «New York Times». Che, cambiando rotta, ha fatto sì una scelta etica, non priva però di riflessi commerciali.

    28 luglio 2014 | 07:47

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