Oggi la Bolivia festeggia una grande vittoria: il paese può diventare formalmente parte di nuovo della Convenzione unica del 1961 sugli stupefacenti, ma senza essere vincolato dal divieto – ingiusto e poco realistico – della masticazione delle foglie di coca. E’ la positiva conclusione di un processo lungo e difficile in cui la Bolivia ha cercato di conciliare gli impegni dei trattati internazionali con la modifica della Costituzione del 2009, che ha sancito l’uso della foglia di coca come parte del patrimonio culturale della Bolivia.
Dopo un primo tentativo di modifica della convenzione, fallito nel 2011, la Bolivia ha denunciato la convenzione con l’intento di rifirmarla inserendo però una riserva che tutela i diritti costituzionali dei boliviani e che ovviamente si applica solo al territorio boliviano, mentre l’esportazione di coca rimane vietata a livello internazionale.
Come già successo due anni fa, alcuni paesi, guidati dagli USA, hanno tentato di far deragliare ancora l’operazione condotta da Evo Morales a tutela delle usanze indigene boliviane. Gli Stati Uniti hanno prima promosso un accordo in base al quale tutti i paesi del G8 (Italia in primis) si sarebbero opposti; poi ci sono state ulteriori adesioni, fra cui Svezia e Canada e soprendentemente anche Paesi Bassi e Portogallo. Ma se il precedente emendamento fu bloccato grazie all’opposizione di un numero relativamente basso di paesi, 18 fra cui il Messico di Calderon, per contrastare la riadesione “con riserva” alla convenzione sarebbe stato necessario superare la soglia di un terzo degli stati aderenti (che sono in totale 184).
In realtà, il numero di obiezioni è risultato essere ben al di sotto delle 62 necessarie, nonostante un drammatico appello giunto dalla International Narcotics Control Board (INCB), secondo cui accettare il rientro della Bolivia avrebbe messo “a repentaglio l’integrità del sistema globale di controllo delle droghe.” In America Latina, l’unico paese che si è espresso per bloccare la Bolivia questa è stato ancora una volta il Messico, ora sotto la presidenza di Enrique Peña Nieto.
In effetti, la maggior parte delle obiezioni presentate contro la Bolivia non erano inerenti all’uso tradizionale delle foglie di coca, ma si sono concentrate su eccezioni formali alla procedura scelta. L’obiezione sostanziale della Svezia si è dimostrata l’eccezione: la Svezia ha sostenuto che masticare foglie di coca deve essere vietato, perché “l’obiettivo espresso nella convenzione è il divieto anche di usi tradizionali delle droghe.” Altre obiezioni riguardano anche il fatto che la riserva della Bolivia sulla foglia di coca potrebbe portare ad un aumento della produzione di cocaina.
Nonostante le contestazioni sull’iter formale, la procedura che la Bolivia ha utilizzato è pienamente legittima ai sensi del trattato, anche se tale iter è usato raramente ed è controverso secondo il diritto internazionale. In circostanze eccezionali e in assenza di strade alternative per risolvere i conflitti giuridici, tuttavia, questa procedura è generalmente consentita. Tali condizioni si applicano chiaramente in questo caso: la Bolivia non aveva presentata una riserva volta a proteggere gli usi tradizionali della coca quando il paese è entrato a far parte della Convenzione unica nel 1976, perché allora il paese era sotto una dittatura militare e le popolazioni indigene e i loro diritti erano ancora del tutto ignorati. Ora la Bolivia è diventata un ‘Stato Plurinazionale’ con un presidente indigeno e una nuova Costituzione, mentre a livello internazionale i diritti degli indigeni sono stati sanciti nella dichiarazione del 2007 delle Nazioni Unite. Inoltre la Bolivia aveva già tentato di risolvere la contraddizione tra la sua Costituzione e i trattati internazionali attraverso altre procedure – ma è stato bloccata in questo sforzo da molti degli stessi paesi che ancora oggi si sono opposti. Quindi, se c’è mai stato un caso in cui questa procedura potesse essere giustificata, è proprio questo.
“I paesi che si sono opposti con motivazioni di natura procedurale sono ipocriti. Le vere ragioni delle obiezioni non riguardavono né la legittimità formale né la stessa masticazione della foglia di coca”, secondo Martin Jelsma, coordinatore del programma Drugs&Democracy del Transnational Institute di Amsterdam “quello che fa loro veramente paura è dover riconoscere che per il quadro attuale il trattato è inconsistente, assolutamente sorpassato, e che quindi va riformato.”
In effetti, il successo della Bolivia indica la strada per gli altri paesi – vale a dire, Argentina, Colombia e Perù – dove gli usi tradizionali della foglia di coca sono consentiti e le cui leggi nazionali sono in contrasto con le convenzioni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) dovrebbe procedere anche ad una revisione della classificazione, togliendo la foglia di coca dalla Tabella I della Convenzione unica ( dove oggi si trova insieme a sostanze come cocaina ed eroina).
Il dibattito sulla politica sulle droghe sta finalmente cambiando, in particolare in America Latina, e un passo avanti per quanto riguarda la regolamentazione della cannabis è in corso in Uruguay e in due stati degli Stati Uniti, Colorado e Washington. In un futuro non troppo lontano, questi cambiamenti richiederanno che altri paesi si pongano il problema di conciliare i loro obblighi derivanti dai trattati con la legislazione nazionale. E’ venuto il tempo per le convenzioni sulla droga di evolversi, in modo da essere in grado di affrontale le sfide di questo secolo.
“Coloro che cercano disperatamente di salvaguardare il sistema mondiale di controllo delle droghe, rendendolo immune a qualsiasi tipo di modernizzazione stanno combattendo una battaglia persa”: è il parere di John Walsh, direttore del programma di droga WOLA. “Lungi dal minacciare il sistema, la Bolivia ha dato al mondo un esempio promettente: è possibile correggere gli errori storici e adattare i vecchi dogmi alle nuove realtà di oggi.”
Fonte: Fuoriluogo.it