Il referto delle analisi attesta la presenza di cannabinoidi nell’organismo dell’imputato? Deve essere dimostrata anche l’epoca di assunzione delle sostanze stupefacenti.
Il caso
Un ragazzo, noto alle autorità quale abituale assuntore di sostanze stupefacenti, mentre era a piedi, veniva sottoposto dai carabinieri a perquisizione personale con esito negativo. Il giovane, in ottemperanza dell’invito rivoltogli dai militari, raggiungeva la caserma alla guida della propria automobile. Il Tribunale di Sondrio, nel giudizio instauratosi a carico del ragazzo, lo mandava assolto – perché il fatto non sussiste – dalla contravvenzione per aver guidato in condizioni di alterazione psicofisica dopo aver assunto sostanze stupefacenti o psicotrope (art. 187 cod. strada). Insomma, secondo il giudice di merito, l’imputato aveva agito semplicemente adempiendo ad un ordine impartitogli dai carabinieri, configurandosi così la scriminante prevista dall’art. 51 c.p., e, d’altra parte, mancava la prova dell’attualità della guida in stato di alterazione. A rivolgersi alla Corte di Cassazione è il Procuratore, ma il verdetto non cambia. Gli Ermellini, infatti, affermano che il Tribunale si è correttamente attenuto ai principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione. Nello specifico, la Suprema Corte (sentenza 33617/12) sottolinea che «ai fini della configurabilità del reato di guida in stato di alterazione psicofisica determinato dall’assunzione di sostanze stupefacenti, è necessario dimostrare, previa analisi dei liquidi biologici dell’imputato, non solo la precedente assunzione di sostanze stupefacenti, ma anche il fatto concreto ed attuale della guida sotto l’effetto psicotropo delle stesse». Quindi, anche se il referto delle analisi avesse attestato la presenza di cannabinoidi nell’organismo, non poteva tuttavia dirsi dimostrata l’epoca di assunzione delle sostanze incriminate.
Fonte: LaStampa.it