Lo sapevate che vi sono carceri dove la doccia non si può fare tutti i giorni? Sul serio, non è una battuta! E guarda caso di solito sono i più vetusti ed affollati, quelli dove l’impianto idraulico soffre di croniche disfunzioni e di mancanza di pressione. Una delle valvole di sfogo per i prigionieri è l’attività fisica che, una o due volte la settimana diventa la partita di calcio in cui attraverso il sudore e del sano agonismo, si espelle un po’ del veleno accumulato. I campi da calcio spesso non hanno che qualche filo d’erba negli angoli meno battuti, dato che l’uso del campo è a rotazione per le varie sezioni e quindi usato sette giorni su sette e di conseguenza ne risulta improponibile la manutenzione.
Ebbene, vi sono istituiti nei quali spesso capita che, alla fine di una partita di calcio giocata sulla terra battuta, i detenuti sporchi e impolverati salgano in sezione e la guardia di turno gli annuncia che in doccia non c’è acqua. Riuscite ad immaginare la temperatura che si raggiunge nei cubicoli esposti al sole, fatti di cemento armato e sbarre di ferro e nei quali basta un refolo d’aria per farti sentire in paradiso anche se sei in galera? In questi cubicoli di 4 metri per 2, progettati per una persona ma utilizzati come minimo per due, spesso si “vive” in quattro e quando la stagione diviene rovente, la doccia diventa un piccolo indulto giornaliero. Anche negli istituti dove gli impianti fanno il loro dovere la doccia è scandita da regolamenti dettati in base ad esigenze di sicurezza che ne impediscono l’uso in alcuni orari ed a troppe persone contemporaneamente. Non credo abbiate idea di quanto possa essere tremendo il non potersi lavare il culo quando ne avete bisogno.
Sono da tempo convinto che, nel corso del ciclo di studi che porterà un uomo ad essere titolare del giudizio in terra, dovrebbe essere contemplato un breve periodo di reclusione, cosicché vi sia in lui maggior cognizione di causa. In doccia si va con le mutande addosso in quasi tutti i carceri, ed anche se non lo trovo proprio così giusto, capisco possa essere un modo per esercitare una forma di pudore nell’ambiente in cui se ne è più privati al mondo. In doccia ci si lavano pure i calzini e la biancheria intima, le magliette e le tute, dato che i locali lavanderia sono contemplati solo sulla carta e non v’è corrispondenza nella realtà. Alla luce di questo e di molto altro, spero che non debba trascorrere un’altra rovente stagione di battitura dei ferri, senza che nessuno abbia il coraggio dopo così tanti anni, di concedere l’amnistia che tutti stiamo aspettando.
Jazzon
Pubblicato su Dolce Vita n°5 – Giugno/Luglio 2006