La gioventù assurda
Dal mondo anglosassone, militarmente liberatore e culturalmente conquistatore di tutto l’occidente, parte, dagli anni cinquanta in poi, un impulso autocritico nei confronti dei valori puritani e della società dei consumi. Questo anticonsumismo dalle simpatie marxiste e dagli interessi metafisici si contrapponeva al liberale individualismo, considerato spietato, e al materialismo dilagante. Gli eroi di questo movimento spontaneo, conosciuti oggi come “beat generation”, erano giovani intellettuali, nauseati dalla loro stessa cultura, che cercavano altrove (nel passato, nelle culture esotiche, nei bassifondi metropolitani e in stati allargati di coscienza) nuovi valori. Lo sregolamento dei sensi praticato sistematicamente dai poeti ottocenteschi, la possibilità di trascendere la mente intravista nella dottrina buddista, una vita innocentemente animalesca e libera da inibizioni incarnata in un giovane delinquente (tipo Neal Cassady, ovvero il Dean Moriarty di On the road) furono i valori di questi giovani contestatori esistenziali, ma furono anche i pilastri anticonsumistici su cui il consumismo stesso edificò il suo tempio-mercato beat e poi hippy. All’inizio, il mercato inglobò questo fenomeno outsider tramite l’editoria, poi con la discografia e quindi con merchandising vario, che si trasformò in vere e proprie linee di abbigliamento, arredamento, alimentazione, ecc.
Paul Goodman in “La gioventù assurda” si chiedeva come fosse possibile che questi giovani conoscessero strane cose sui geroglifici Maya e non sapessero quasi nulla sulla storia della loro nazione; nello stesso ordine di idee, il sociologo americano si chiedeva se questi “giovani assurdi” che guardavano con ammirazione allo zen conoscessero il contesto feudale in cui lo zen era nato. Invece, dalla scuola di Francoforte, ormai americana di adozione, si levarono alzate di scudi nei confronti di questo fenomeno giovanile: Herbert Marcuse, che profetizzava una rivolta contro il sistema ad opera di chi era emarginato dal sistema, vedeva in queste masse adolescenziali, che lasciavano gli agi della vita borghese per unirsi ai vagabondi, ai neri e agli emarginati, un presagio di rivolta imminente, in quanto per il filosofo la rivolta contro il “sistema dominante” sarebbe partita proprio dagli emarginati, ovvero da chi non ne prendeva parte in alcun modo. Più moderatamente, Erich Fromm paragonava i giovani hippy ai padri pellegrini e quindi li considerava i veri eredi del liberalismo tollerante statunitense.
Ma, a prescindere dalle interpretazioni sociologiche, su questa esplosione di energia, forse repressa, scatenatasi dagli anni sessanta agli anni settanta, e che ha intaccato tutti i campi della vita sociale, da quello artistico a quello politico, da quello famigliare a quello religioso, sono sorte in ambito esoterico due “leggende”, ottime cartine tornasole del nostro studio: una “nera” ed una “bianca”.
La leggenda bianca sugli anni sessanta
La leggenda “bianca” è il mito dell’età dell’acquario: un’era astrologica come quella dei pesci, caratterizzata da determinate influenze, lascia il posto gradualmente, dalla metà del ventesimo secolo, ad una conformazione astrologica (l’acquario) che influenza il genere umano positivamente: un risveglio spirituale, sentimenti di pace e fratellanza universale e good vibration.
Sotto l’ombrello di questa benedizione stellare nulla accade per caso nella leggenda bianca: Albert Hofmann scopre l’LSD, Aldous Huxley sperimenta stati alterati di coscienza assumendo droghe sacre come il peyote e rivela le sue intuizioni in “Le porte della percezione e Paradiso e inferno”, lo psicologo Timothy Leary si fa portavoce di una liberazione individuale e collettiva tramite l’uso di stupefacenti, i Beatles post Summer Love si convertono alla pratica della meditazione trascendentale del guru indiano Maharishi Yogi. I culti orientali “invadono” con dolcezza le menti (dalle porte percettive ormai spalancate) dei giovani hippy. Tutto è pronto insomma per una nuova era di pace e amore: i fiori finiscono nella bocca dei cannoni, la famiglia patriarcale si apre alla vita comunitaria ed il comunismo smette di essere una grigia discussione filosofico-economica e si tinge di libera sessualità, di bambini che corrono nudi per casa e di campi coltivati in solidarietà fra gli abitanti della casa-comune.
La leggenda bianca potrebbe continuare pressappoco così: tanta luce non può, però, essere sopportata dai potenti del mondo, dai cattivi ancora influenzati dall’età dei pesci; essi allora vietano nell’anno della bestia (1966) l’LSD, inaspriscono il proibizionismo sulle droghe leggere ed immettono sul mercato nero l’eroina con l’obbiettivo di stroncare e sterminare gli “apostoli della nuova era” (cfr. D. Taylor, Estate d’amore e di rivolta, Shake 1997, e F. Pivano, L’altra America negli Anni Sessanta, vol. 1 e vol. 2, Arcana 1993). Ancora di più: il capellone gentile col fiore in mano che parla di pace e amore non deve risultare simile a Gesù ma al diavolo; allora ecco che dal sistema carcerario americano esce un giovane capellone che dall’età di quattordici anni ha passato più anni in galera che fuori, Charles Manson. Dalla galera il giovane Manson(1) finisce, guarda caso, nella capitale mondiale degli hippy: il quartiere di Hight Ashbury a San Francisco. Qui il suo “carisma” e i suoi studi carcerari sulla scientologia, probabilmente ampliati dall’uso delle droghe psichedeliche, lo portano a convivere con una bibliotecaria di Berkley che lui convince alla poligamia, dando vita ad una comune hippy itinerante composta per la maggior parte da donne. Questa comune viene studiata da giornalisti e sociologi come esempio di esperimento utopico e viene battezzata dai suoi osservatori The family. Ma l’utopia si infrange: una serie di omicidi feroci, fra cui quello della celebre attrice Sharon Tate (moglie del regista Roman Polanski) porta gli investigatori sulle tracce di The family. Manson diventa allora il mostro, l’incubo del sistema americano che lo processa e lo condanna a morte (in realtà la pena capitale verrà poi mutata in ergastolo). Il caso è molto più complesso di quello che sembra, e sarebbe fuorviante parlarne qui (2); secondo la leggenda bianca, comunque, Manson fu una pedina del potere per gettare discredito sull’intero movimento hippy.
Tuttavia, la leggenda vede nello scontro frontale fra “l’establishment influenzato dall’età dei pesci” e il movimento acquariano una battaglia su due livelli: la prima, immediata, vinta dal sistema dominante che porterà alla “restaurazione” degli anni ottanta, la seconda vinta dagli acquariani che, entrati nel sistema, lo cambiano dall’interno. Ed ecco allora il fiorire del new age in ambiti prima impensabili. Effettivamente, si deve dare atto che lo stile di vita vegetariano, il culto della natura, una visione olistica del mondo, la pratica di discipline meditative orientali e della psicoterapia umanista ed una certa liberalità nei costumi sessuali non sono certo, oggi, caratteristiche di un’avanguardia giovanile anticonformista, ma piuttosto tratti specifici della nostra società contemporanea. Come scrive Matteo Guarnaccia, ovvero uno che ha contribuito a ricamare e divulgare la leggenda bianca: “Il risultato più appariscente e duraturo della rivoluzione psichedelica è ben visibile nella riscoperta dello sciamanesimo e del buddhismo, delle tecniche yoga e sufi; nella diffusione di una nuova coscienza ecologica; nella riconnessione con l’anima femminile del pianeta e nella messa in discussione del folle sciovinismo culturale occidentale”(3).
La leggenda nera sugli anni sessanta
Se la leggenda bianca è ovviamente fiorita in ambiti che nel nostro studio abbiamo in senso lato definito di sinistra, la “leggenda nera” sul movimento hippy, ovviamente, si ritrova in ambienti che definiremmo di destra. A prescindere dall’allarmismo creato sulla stampa riguardo alla droga e alle numerose fughe dalla casa famigliare verso comuni hippy, che vedevano come protagonisti minorenni, e a prescindere dalle tesi dell’America conservatrice che vedeva nei “freak” l’ennesimo complotto comunista, vale la pena di riportare alcune tesi, non sospette di allarmismo bigotto, mosse da ambienti tradizionalisti. Se già i quieti, rispettabili, eleganti ed educati membri della Società Teosofica erano visti come agenti di “influenze occulte” che avevano voluto prevenire il pericolo della scoperta delle tradizioni orientali rendendole, tramite la Società stessa, volgarizzate e adattate ai “pregiudizi” del mondo moderno, e in ultima analisi ridicole agli occhi di coloro che avrebbero potuto seriamente interessarsi ad esse (vedi cap. 3), figuriamoci come il superficiale sincretismo acquariano potesse apparire agli occhi dei fautori della Tradizione. Anche l’antirazzismo degli hippy non fu certo ben visto, in quanto considerato più che altro una promiscuità pericolosa.
Qui è ora necessario aprire una parentesi sul razzismo e il tradizionalismo: il luogo comune che vuole Evola, per citare il caso più noto, un razzista è fuorviante quanto quello che afferma “Evola non si riferisce ad un razzismo biologico”. Entrambe le posizioni sono in parte false ed in parte vere; qui ci basti citare, introducendo la leggenda nera sul movimento hippy, alcuni passi del filosofo, riguardanti il fenomeno underground, la psichedelia e la promiscuità razziale e sessuale: “L’uso delle droghe – dell’LSD, della marijuana e dello stesso hascisc – si associa a quello di uno jazz che riprende ed esaspera ritmi ossessivi analoghi a quelli delle cerimonie evocatorie e estatiche dei negri, aggiungendovisi talvolta gli spettacoli “psichedelici” e danze che, di nuovo, ricordano quelle impiegate dai selvaggi come strumenti estatici. Del resto la frammissione di negri in questi ambienti è significativa […]a noi interessa considerare tutto ciò dal punto di vista di possibili involontarie evocazioni di forze “infere”. […]In effetti, riguardo ai fenomeni di gruppo si sarebbe portati a vedere un’analogia con la macuba e il cadombè, cerimonie che […]mirano coscientemente a provocare fenomeni di invasamento […].Certe azioni criminali e assurde compiute in margine a quel mondo dovrebbero spiegarsi riferendosi ad esse [forze extraindividuali infere, nda], più che poter essere attribuite all’individuo e alle sole influenze di una ideologia che nega ogni concetto di colpa”(4).
Forze infere, ovvero forze antitradizionali, in una visione esoterica di destra sono all’opera dalla rivoluzione francese in poi, sotto la bandiera di “libertà, uguaglianza e fratellanza”. In questa visione, il movimento hippy è una sorta di esperimento messo in atto da “poteri occulti” dominati da “forze infere” ancora più occulte, per svariati fini che qui di seguito elenchiamo, dopo averli estrapolati da diverse fonti che li denunciano.
Il fine economico: anche in un’epoca di boom economico, bisogna comunque pensare al futuro: negli anni sessanta il mercato si accorgeva di un nuovo target da non sottovalutare, i giovani. Tutto ciò che era giovane e nuovo poteva diventare fonte di business. La pubblicità aggiunse l’aggettivo “nuovo” e “giovane” ai suoi prodotti, così come negli anni settanta sarebbe accaduto per “rivoluzionario” (un celebre esempio: il detersivo Dash, che fu addirittura una “rivoluzione nel bucato”) e negli anni ottanta per “vincente” e nei novanta per “naturale”. Negli anni sessanta, quindi, il “giovane” si contrapponeva al “vecchio”, cambiava abiti, cambiava musica, cambiava stile di vita. Inoltre, lo slogan giovanile “sesso, droga e rock’n’roll” apriva nuove appetibili occasioni per i mercati: riviste, libri, film, dischi, abbigliamento.
Il fine politico: Esistono tesi complottiste che vedono dietro la storia umana alcune famiglie di burattinai che, attraverso una serie di tesi e antitesi da loro messe in scena, perseguono con “pazienza” e determinazione il loro fine: controllare il mondo. In quest’ottica esse sono responsabili di ciò che la persona comune considera grandi conquiste dell’umanità: la diffusione della cultura e l’alfabetizzazione sarebbero stati progetti specifici atti a controllare gli uomini non con la forza ma in modi più subdoli, illudendoli comunque di essere liberi. Le guerre mondiali sarebbero state fatte scaturire per suscitare nella popolazione globale un disgusto per la guerra e per i nazionalismi affinché le genti aspirassero ad un mondo unito. Un mondo unito nel quale queste famiglie avrebbero ottenuto un controllo sovranazionale. In quest’ottica la creazione dello stato d’Israele diventa, per tali tesi complottiste, l’intenzione di scatenare una nuova guerra mondiale atta a sradicare e quindi incorporare la cultura araba in questo progetto mondialista. Il movimento hippy ha indubbiamente gettato i semi, germogliati nella cultura ufficiale contemporanea, per una aspirazione cosmopolita e multietnica, non più di matrice esclusivamente intellettuale, ma popolare.
Il fine culturale-religioso: Creazione di stili di vita alternativi alla famiglia tradizionale, patriarcale e monogamica, disgregazione della ragione tramite il mito dello “stato alterato di coscienza”; involgarimento dei modi, del linguaggio e dell’arte; promiscuità sessuale; ridicolizzazione del platonismo e dell’idea implicita di una verità superiore a favore di una “verità pluralizzata”, riesumazione delle dottrine gnostiche con conseguente aspirazione ad un paradiso terrestre ed infine, come conseguenza finale, indebolimento della civiltà di matrice cristiana, ultimo baluardo, seppur già “perverso” per alcune tesi, del mondo tradizionale.
Psichedelia ed esoterismo
Da sempre le sostanze psicoattive sono state usate dall’uomo come chiave per accedere a stati di coscienza non ordinari. L’ordinarietà del quotidiano implica infatti l’utilizzo di determinati schemi mentali, che poi si manifestano nel linguaggio e nelle percezioni sensoriali. Alcune piante, ritenute anticamente sacre quanto contemporaneamente fuorilegge, facilitano l’accesso a percezioni non ordinarie; da ciò deduciamo e constatiamo il loro uso storico in quanto sostanze sacre. Esistono, al di là degli ovvii esempi spesso riportati da vari saggisti, come i misteri eleusini, il soma vedico, il peyote messicano e l’hashish consumato nei contesti della tradizione iniziatica Sebayah, solo per citarne alcuni, anche altre, azzardate ma tuttavia possibili, ipotesi: la più sconvolgente è quella sull’origine del cristianesimo, inteso come resoconto di intuizioni spirituali sulla natura umana, ottenute sotto l’effetto allucinogeno di un fungo (tagliato in quattro a mo’ di croce) e immortalato dai suoi mistici consumatori in una serie di metafore, poi divulgate, travisate, prese alla lettera e diventate i nostri vangeli (cfr. J. M. Allegro, Il fungo e la croce, Ciapana 1980).
Riguardo invece all’utilizzo di sostanze psicoattive nell’occidente moderno, esso non inizia certo negli anni sessanta con la psichedelia, piuttosto l’uso di tali sostanze era già noto all’interno di ristretti ambienti esoterici e di certe avanguardie artistiche. Negli ambienti esoterici sono noti gli esperimenti di Aleister Crowley, quasi al confine con la tossicofilia, e meno noti quelli cui anche Julus Evola si prestò in gioventù; riguardo alle avanguardie artistiche, invece, tralasciando i fenomeni ottocenteschi, citiamo qui solo figure come Antonin Artuad e René Daumal.
In un contesto del tutto estraneo all’arte avanguardista e ai circoli esoterici, nel 1943 un chimico svizzero, Albert Hofmann, stava compiendo per conto dell’azienda farmaceutica Sandoz, degli esperimenti sull’ergot, un fungo parassita della segale, da cui aveva già tratto due farmaci di successo ad uso antiemorragico e antidolorifico, quando accadde ciò: “Venerdì scorso, 16 novembre 1943, a pomeriggio inoltrato ho dovuto interrompere il lavoro in laboratorio e far ritorno a casa. Ero affetto da una profonda irrequietezza, accompagnata da leggere vertigini. Mi sono sdraiato e sono sprofondato in uno stato di intossicazione niente affatto spiacevole, marcato da una immaginazione particolarmente vivida. In una condizione simile al sogno (la luce del giorno era abbagliante e fastidiosa), riuscivo a scorgere un flusso ininterrotto di figure fantastiche, di forme straordinarie che rivelavano intensi giochi caledoiscopici di colore. Dopo circa due ore questo stato svaniva. Il decorso di questi sintomi singolari faceva sospettare l’esistenza di un’azione tossica esterna; ipotizzai una relazione con la sostanza cui stavo lavorando, il tartrato della dietilamide dell’acido lisergico”(5).
Hofmann sperimenterà poi appositamente su di sé gli effetti della sostanza che in breve tempo, per le sue qualità introspettive, divenne un farmaco impiegato in psichiatria con risultati alquanto brillanti. Ma anche altri ambienti erano interessati alla pozione magica scoperta da Hofmann: “La CIA e il KGB seguivano con attenzione i progressi della ricerca. Finita la guerra mondiale, i servizi segreti delle due grandi potenze erano a caccia di nuovi strumenti per combattere la Guerra Fredda e l’LSD rientrava perfettamente nel novero delle armi invalidanti. Hofmann, contattato direttamente dalla Divisione Guerra Chimica dell’Esercito degli Stati Uniti, si rifiutò di collaborare e fece pressione sulla Sandoz che forniva ai ricercatori occidentali la sostanza, affinché disattendesse le richieste americane. Gli statunitensi bypassarono il problema producendosela direttamente a casa loro. Oltrecortina se ne occupò la Spofa un’azienda con sede a Praga (città in cui l’alchimia è da sempre di casa) che mise in atto una produzione su vasta scala. Le sperimentazioni in Cecoslovacchia, svoltesi all’Istituto Psichiatrico di Praga e dirette dai dottori Hanzlicek e Roubicek, coinvolsero personaggi come lo psicologo Grof, il commediografo Havel (attuale presidente della repubblica ceca) e alcuni quadri del partito comunista che in seguito avrebbero dato vita alla Primavera di Praga. La CIA nel 1953 iniziò in America un progetto denominato MK-ULTRA (ultra controllo della mente) emanazione diretta del piano Bluebird ereditato dai nazisti (che già usavano la mescalina sui prigionieri del campo di concentramento di Dachau per provocare modificazioni sul comportamento umano). Per nulla interessata alle qualità mistico-spirituali delle sostanze psichedeliche, l’agenzia governativa sponsorizzò una serie di ricerche sulle potenzialità dell’LSD in strutture ospedaliere e istituzioni universitarie”(6).
Intanto, la disponibilità dell’LSD come farmaco ne facilitò la diffusione in alcuni ambienti intellettuali, frequentati ed animati da psichiatri, scrittori, ricercatori etico-spirituali del calibro di Aldous Huxley, Ernst Junger e Alan Watts. Il termine “psichedelico” (da “psiche”, anima, e “delos”, rivelare) fu coniato proprio in questi ambienti dal dottor Osmond, già promotore di terapie antialcoolismo a base di LSD.
Da questi ambienti, l’LSD si diffuse fra artisti alla ricerca di esperienze estetiche fuor dall’ordinario e da qui ad altri strati sociali con una velocità incredibile, probabilmente dovuta a veri e propri vescovi lisergici che vedevano nel trip acido una vera e propria iniziazione dell’uomo nuovo per un mondo nuovo.
“L’esistenza dell’LSD venne perfino salutata dai suoi sostenitori come una coincidenza fatale; ai loro occhi doveva essere scoperto proprio in quel periodo, per aiutare le persone che soffrivano delle condizioni di vita di allora. Non è un caso che l’LSD, nel suo ruolo di stupefacente, si diffuse per la prima volta negli Stati Uniti, il paese dove l’industrializzazione, la meccanizzazione di tutti i settori produttivi compresa la lavorazione della terra e l’urbanizzazione erano più avanzate che in altre nazioni. Sono gli stessi fattori che hanno determinato la nascita e la crescita del movimento hippy, contemporaneo al fenomeno LSD. Sono questi, due eventi che non possono essere separati. Varrebbe la pena di indagare fino a quale punto il consumo di sostanze psichedeliche abbia dato impulso a questo movimento e viceversa”(7).
Pontefice psichedelico per eccellenza fu, senza ombra di dubbio, Timothy Leary. Affermato professore di psicologia nella prestigiosa università di Haward, condusse entusiasta una serie di esperimenti con i suoi studenti che lo portarono a richiedere 100 grammi di LSD e 25 chili di psilocibina alla Sandoz (l’equivalente di un milione di dosi di LSD e due milioni e mezzo di dosi di psilocibina). Nel frattempo, le autorità accademiche di Haward avevano disapprovato il proseguimento del progetto di ricerca di Leary, sempre più informale e fanatico, tanto che il singolare “ordine” fu in un secondo momento riconfermato da Leary non più come docente di Haward ma come presidente di una organizzazione da lui fondata, la IFIF (International Federation for Internal Freedom). La Sandoz restituì quindi l’acconto e cancellò l’ordine (cfr. A. Hofmann, LSD, il mio bambino difficile, Urrà-Apogeo 2001).
Ma Leary era ormai lanciatissimo e calato nel suo ruolo di profeta: grazie all’aiuto economico di un facoltoso discepolo fondò una comunità psichedelica, Castalia, nella quale unì all’assunzione del farmaco esercizi di yoga e meditazione, nonché tentò, con tale esperimento, di concretizzare il romanzo utopico di Huxley L’isola. Huxley, per inciso, gli darà del “cretino”. L’appellativo offensivo del filosofo fu dovuto sia alla chiassosa propaganda di Leary (articoli, interviste, dischi) che richiamava l’attenzione del potere su una rivoluzione di coscienze che poteva essere silenziosa e discreta, sia all’incoscienza con cui divulgava l’LSD anche fra individui non maturi e psicolabili, senza opportuni controlli medici. Effettivamente, la diffusione dell’LSD non provocò solo “aperture di coscienza” ma anche veri e propri attacchi psicotici degenerati in omicidi e suicidi. L’LSD verrà messo fuori legge e Leary verrà incastrato per una scatoletta contenente marijuana, subendo la più pesante condanna per possesso di erba: 30 anni e 630.000 dollari.
“Turn on, Tune in, Drop out! ”, letteralmente “Accenditi, sintonizzati, parti” e liberamente e giustamente tradotto come “Accenditi, sintonizzati, esci dal sistema”, è stato lo slogan più celebre di tutti gli anni ‘60 e fu coniato da Leary. Tale slogan sintetizza non solo il pensiero del controverso psicologo ma anche la filosofia di fondo del movimento hippy, nonché le radici esoteriche della Nuova sinistra: “accendersi”, nel senso di scoprire o ri-scoprire qualcosa di straordinario, “sintonizzarsi” nel senso di sentirsi parte di un cambiamento in atto verso un nuovo mondo e uscire dal “gioco” del sistema dominante.
Definire Leary un fanatico delle droghe, seppur tale affermazione non possa essere facilmente contestata, è comunque fuorviante: Leary era un fanatico della democrazia; egli aveva avuto una esperienza privilegiata, aveva assaggiato una pozione magica in un momento in cui i suoi interessi si spostavano dalla psicologia all’esoterismo e voleva divulgarla e condividerla con tutti. Il libro tibetano dei morti, da lui usatissimo durante le sedute di LSD, venne riletto come esperienza antica e depositaria del Misterium tremens e reso comprensibile assai facilmente, soprattutto nei passaggi di colore che l’anima del defunto compie nel testo, grazie all’uso dell’LSD o di altri modificatori di coscienza.
Paradossalmente, le sue istanze democratiche, affinché ognuno potesse fare l’esperienza iniziatica di “morte e rinascita” tramite LSD, furono assai dannose sia nei confronti di quanti, senza recar danno a nessuno, nei propri ambienti sperimentavano stati alterati di coscienza tramite l’LSD, sia nei confronti di una massa di persone impreparate ad un’esperienza così sconvolgente.
Ovviamente, manco a dirlo, una certa dietrologia, comunque da tener presente, considera Leary uno dei tanti pazzi usati dalle solite forze occulte per i propri fini. Se da “sinistra” tali forze sono individuabili nel potere costituito e in macchinazioni della CIA, che avrebbe manovrato nell’ombra la diffusione indiscriminata di LSD, per danneggiare un movimento spontaneo e creativo e per criminalizzare chi avrebbe potuto seriamente usare le chiavi delle porte della percezione (magari per intuire alcune dinamiche nascoste e intrinseche al potere), da “destra” tali forze sono individuabili in infiltrazioni infere che agirebbero a più livelli e avrebbero divulgato indiscriminatamente tale sostanza per creare dei varchi sociali quanto psichici atti a favorire il loro “demoniaco” e “antitradizionale” inserimento.
Tratto dal libro:
Fabrizio Ponzetta, L’esoterismo nella cultura di destra, l’esoterismo nella cultura di sinistra