MURAVERA. Spogliato completamente nell'ufficio del preside, davanti agli occhi del capo d'istituto. Costretto a mostrare la propria intimità a tre carabinieri, impegnati a cercare qualcosa che addosso proprio non aveva. E' l'esperienza vissuta da un tredicenne, che ora è affidato alle cure del servizio sociale dell'Asl 8. A denunciarla è il padre, un'operaio di Muravera, che ha nominato un legale e si prepara a combattere una battaglia giudiziaria contro l'Arma, colpevole a suo giudizio di aver oltrepassato i limiti delle procedure di controllo nei confronti di un minorenne: «Mio figlio è terrorizzato - accusa l'operaio - non discuto il diritto e il dovere dei carabinieri di indagare, ma credo che in questo caso sia stato commesso un abuso. Mio figlio è un bambino, dovevano avvertire me e perquisirlo davanti a me, non davanti agli occhi del preside».
Il fatto è del 23 febbraio scorso e il racconto dell'operaio coincide quasi perfettamente con il verbale di perquisizione personale e domiciliare elaborato dai carabinieri della stazione di Muravera. Sono circa le 8.15 quando Francesco - il nome è di fantasia - esce di casa per comprare un panino nel negozio quasi di fronte a casa della nonna. Nel breve tragitto incontra un giovane che, secondo i carabinieri, è uno spacciatore di droghe piuttosto conosciuto. Fra i due c'è uno scambio di saluti, il ragazzo si avvicina, ai militari che assistono alla scena sembra che si verifichi anche un passaggio di qualcosa, di mano in mano.
Francesco rientra a casa col panino e poi va a scuola: è la medi
a Dante Alighieri. Dove lo attendono il maresciallo capo Gino Paventi e gli appuntati scelti Riccardo Piraino e Gaspare Bianco. Prima ancora che il ragazzo entri in classe lo fermano e lo accompagnano nell'ufficio del preside Giuseppe Pilia. Gli spiegano il perchè del controllo, poi - questo è il racconto del ragazzo, riferito dal padre - lo invitano a spogliarsi e comincia un'ispezione piuttosto invasiva. Non trovano nulla, allora chiamano la nonna e tutti insieme vanno a casa della donna, dove Francesco aveva trascorso la notte. Sono le dieci e mezzo, un'ora per perquisire l'appartamento con quello che il verbale indica come «esito negativo». Tutto torna, tranne la procedura della perquisizione personale: «Hanno spogliato mio figlio davanti al preside» denuncia il padre.
«L'hanno solo controllato» minimizza il dirigente scolastico Pilia. Il maresciallo Paventi, chiamato al telefono dal cronista, rimanda gentilmente al comandante della compagnia di San Vito, il capitano Lojacono. Che è informato di tutto: «Il controllo c'è stato - conferma l'ufficiale - e l'abbiamo condotto come prevede la legge. A Muravera circolano spacciatori, la vigilanza serve proprio a tutelare i minori dal rischio di essere usati da questi personaggi. Il nostro obbiettivo non era il ragazzo ma lo spacciatore, questo è evidente. Non credo che sia stato costretto a spogliarsi, comunque il controllo è stato fatto nell'ufficio del preside, non in mezzo alla strada».
L'ufficiale non è preoccupato dall'annuncio di una querela da parte del padre del ragazzo: «Magari dovrebbe occuparsi un po' di più del figlio - è il commento del capitano Lojacono - piuttosto che denunciare chi cerca di difenderlo. Lui era irreperibile e abbiamo avvertito la nonna. Comunque denunciare è un suo diritto, faccia pure. I carabinieri di Muravera hanno fatto soltanto il proprio dovere e non hanno nulla da temere. Il verbale è nelle mani della Procura dei minori».
Opposta la tesi dell'operaio, che al telefono appare ancora scosso per l'accaduto: «Io sapevo che mio figlio era a scuola, era affidato alla scuola, non avevo nulla di cui preoccuparmi - insiste - poi vengo a sapere che già all'ingresso ha trovato i carabinieri armati di mitraglietta, che l'hanno preso e spogliato nudo. Certo che le indagini vanno fatte, ma si può trattare così un ragazzino di tredici anni solo perchè ha salutato una persona sospettata di essere uno spacciatore?». (m.l)
29 febbraio 2012
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