La nostra civiltà occidentale, arroccata sul PIL e sui drammi delle borse e sui furti autorizzati della politica è ormai concentrata solo sulla difesa di se stessa e della propria civiltà, ormai irrimediabilmente in declino. Noi siamo disperati perchè non abbiamo un futuro… o meglio non abbiamo il futuro che vorremmo: cioè sempre un pochino migliore dei nostri padri. Dimenticando troppo spesso che il nostro futuro e il nostro benessere è stato finora costruito sulla sofferenza degli altri. per la morte di Francesco Mastrogiovanni, spirato durante una contenzione lunga quattro giorni nel reparto di psichiatria della Asl di Vallo della
Lucania, si è concluso con la condanna per sei medici a pene che vanno da un minimo di due a un massimo di quattro anni e con l’assoluzione di dodici
infermieri. Bisognerà attendere ancora, sino al terzo grado di giudizio, per disporre di una verità processuale definitiva che accerti colpe e responsabilità.
Ma forse, se vogliamo rendere sin da ora giustizia alla morte di un omo innocente, dovremmo avere la lucidità di intervenire subito per
evitare che simili episodi si possano ripetere. E penso che i nodi critici da affrontare siano questi. Mastrogiovanni non si era ricoverato volontariamente. È stato ricoverato, senza una reale esigenza, in virtù di un “trattamento sanitario obbligatorio” previsto dalla legge.
Non bisogna attendere che si verifichino epiloghi tragici per sostenere che la contenzione è un’ orribile scorciatoia alla reale presa in carico di un
sofferente psichico. Nell’economia dell’organizzazione di un reparto, certo, si perde molto meno tempo a legare che a curare. Peccato che ai medici non si
chieda di custodire ma di curare e proteggere il malato.
La morte di Mastrogiovanni, il 4 agosto 2009, era giunta in seguito ad un 'Trattamento sanitario obbligatorio'; legato mani e piedi ad un letto di
contenzione per quattro giorni dopo aver subito il Tso, il maestro elemenatre morì in modo disumano, violento: una vera condanna a morte inflittagli dai
suoi carcerieri.
La sorella Caterina, che da quel giorno conduce una guerra quasi in solitaria per la verità sulla morte del fratello, ha spiegato: "La nostra è una battaglia perché non accadano più cose del genere, c'è troppa disumanità in questa storia, non si riesce a capire come si può trattare un essere umano in questo modo, legato mani e piedi, senza acqua, senza essere lavato, senza avere l'affetto dei suoi familiari. Una persona è assistita durante la morte e
mio fratello lo hanno fatto morire come una bestia. Come si fa a portare da mangiare ad una persona legata e poi riprendersi quel vassoio dopo quattro
ore? Al capezzale si sono avvicendate 18 persone, nessuno ha avuto un gesto di umanità".
Una fine barbarica, quella di Mastrogiovanni, una "persona particolare, ma buono, molto buono" come viene ricordato da chi lo conosceva; il caso era
balzato alle cronache nazionali grazie ad un video pubblicato dall'associazione 'A Buon Diritto' su L'Espresso che mostra le immagini integrali del "ricovero" dell'uomo all'ospedale San Luca.
Un anno e mezzo di dibattimento che non ha disdegnato qualche colpo di scena, come il trasferimento del primo pm Francesco Rotondo a Salerno, le cui accuse sono state riconosciute in giudizio: ora è necessaria l'apertura di un dibattito pubblico che ponga fine al vuoto legislativo sui metodi di
contenzione applicati nei reparti psichiatrici e sui Tso; un vuoto che ha negli Ospedali psichiatrici giudiziari la sua cartina tornasole ancora sbiadita
da una riforma incompiuta. Diamoci da fare, cari amici, sputtaniamo i corrotti, denunciamo i sopprusi e le cattive persone, combattiamo per una società migliore, affinchè la morte di questo Maestro non sia stata vana. Dedichiamo almeno dieci minuti di una nostra giornata, a sottoscrivere le ingiustizie di questa civiltà ormai in declino, con le azioni di tutti noi si può fare tanto...Scusaci Maestro, se non siamo riusciti per tempo a fermare quelle mani criminali.