Ciao a tutti,

si sono tornato !

Volevo chiedervi scusa per avervi abbandonati così di colpo, non perché i miei consigli siano indispensabili o la mia presenza essenziale per questo forum, semplicemente mi dispiace del mio comportamento, non è da me.

Ma, come potete immaginare, c'è un "ma"...e questo "ma" si chiama MC, che dopo 6 anni di fidanzamento e un matrimonio alle porte mi ha lasciato con un messaggio su whatsapp. Per poi bloccarmi ogni forma di comunicazione, dal telefono ai social.

Senza spiegazioni, senza motivazioni. Così, semplice, brutale, senza sentimento alcuno.


Dopo essere andato a vivere nel suo paese perché "ho bisogno di averti qui, non ce la faccio più a stare senza di te", abbandonando lavoro, famiglia e amici, ma senza il minimo dubbio o rimpianto.
Dopo 6 anni di palate di merda in faccia dai suoi genitori per il semplice motivo di essere italiano e di avere una "vita facile" perché provengo da una buona famiglia (la tipica famiglia del mulino bianco), benestante, che mi ha sempre appoggiato nelle scelte importanti, moralmente ed economicamente.

Ma alla fine durante questo ultimo anno hanno parlato i fatti, anche perché lei dopo il confronto dell'anno scorso in cui mi ha detto chiaro e tondo "o vieni qui o vieni qui" ha preferito non parlare più "perché speravo che i problemi si risolvessero da soli".
Lei che si è gettata nella spirale dello sport amatoriale vissuto come unico motivo di vita per sfuggire a questi problemi invece che parlarne con me. E ci è finita talmente tanto dentro da essere andata addirittura al campionato del mondo di nuoto master a Budapest (quindi amatoriale) a gareggiare. E questo, questo campionato, posso assicurarvi era l'obiettivo dell'ultimo anno e mezzo della sua vita.

Le miei serate quando ero in spagna erano andare in piscina da lei dopo gli allenamenti perché si fermavano tutti insieme a bere qualcosa al bar della piscina. Lei che si accontenta di un lavoro part-time (abbandonando i sogni di una vita, dai figli all'aprire una sua clinica) per avere il tempo di allenarsi.
Mi ha fatto affittare un'appartamento da solo perché secondo lei passare da vedersi così poco a vedersi tutti i giorni ci avrebbe fatto esplodere. Dopo 6 anni, svariate volte in cui abbiamo fisicamente vissuto insieme per più tempo e un matrimonio in organizzazione. Dopo aver già affittato un appartamento insieme mese prima per vivere insieme.
Questo perché? Perché sua madre le ha detto "cosa andate a convivere che vi conoscete a malapena" e "se inizi a dormire da Votto allora tanto vale che esci di casa perché questa casa non è un albergo". Ma sul capitolo madre torneremo dopo.

Lei è sempre stata una donna con le palle quadrate, di carattere e con una personalità forte e ben definita.
Ha sempre vissuto del suo a causa di questa situazione familiare, i genitori separati in casa, lei il classico esempio di "genitore manipolatore", lui mezzo alcolizzato e depresso clinico. La mia ex che "scappa" di casa perché non reggeva più la situazione, si trova un appartamento, un lavoro, degli amici (e un moroso) dall'altra parte della spagna e vive per anni felice e contenta, senza l'influenza della madre, circondata da persone che le volevano bene, io in primis.

Ma purtroppo, quando nasci e cresci in un determinato ambiente, non pui sfuggire a certe dinamiche, perché spesso non ne sei a conoscenza nemmeno tu.
Così, qualche anno fa, sua mamma la costringe a tornare a Siviglia perché lei e il marito hanno deciso di tornare a vivere lì, dove hanno famiglia e parenti (sono tutti originari di Siviglia).
Lei molla lavoro e amici e torna a Siviglia, le avevo appena dato l'anello (più di 2 anni fa e dopo più di 4 anni di relazione), mi dice "solo per qualche mese finché non trovi lavoro fisso e capiamo dove andare a vivere". Svizzera, Italia, Spagna, tutto andava bene, bastava essere insieme.
I primi mesi mi chiamava spesso in lacrime per i comportamenti dei suo genitori, la madre che minaccia il divorzio, il padre che torna a casa ubriaco, il fratello fuori casa 24 su 24 per non stare in mezzo a quella merda, e lei a dover tirare su i cocci, a cercare di mediare, ad ascoltare sua mamma sputare sentenze convincendola che qualunque cosa lei dica o faccia è la cosa giusta.
Purtroppo, come dicevo, certe cose sono più forti di te, e lei alla fine le dava sempre ragione, magari controvoglia, magari dopo averci anche questionato sostenendo tesi contrarie, ma alla fine cedeva sempre, come se la madre le facesse il lavaggio del cervello. E questo valeva per tutto.

In tutto questo il nuoto, ed è buffo perché il consiglio è stato il mio. "ciccia, hai sempre nuotato, perché non ti cerco una piscina e ricominci? Ti sfoghi un po' facendo quello che ti piace più in assoluto, hai ancora qualche amica delle elementari che nuota, prova a sentire loro". E così si trova la squadra di nuoto master, e inizia la "malattia" vera.
Il gruppo è bello, io li ho conosciuto tutti ovviamente, sono andato a pranzi, cene, compleanni, eventi, gare con loro e non c'era nulla di male, niente "pericoli" di concorrenti in amore, persone buone, simpatiche, dai 30 ai 70 anni, alcune ragazze più o meno ella nostra età con cui stringere amicizia etc ec. Tutto molto bello e molto coinvolgente. Lei lanciata a mille nell'organizzazione di gare, disegnare costumi, cuffie, felpe, borsoni etc.
Ma eravamo insieme, ci vedevamo tutti giorni quei, facevamo l'amore, andavamo a cena, al cinema, in vacanza, insomma tutto nella norma.

Andava sempre tutto bene, l'unico nota dolente è che non trovavo uno straccio di lavoro. E a me questa cosa pesava enormemente. Siviglia non è un bel posto per cercare lavoro, almeno non con 2 lauree, un master e un percorso ben preciso in mente. Senza offendere nessuno, ho fatto il cameriere per 7 anni tutte le estati, dai 16 anni finché non mi sono messo con lei, ma non potevo tornare a fare il cameriere o il barista.
Così come ben sapete ho accettato un bella offerta qui in Italia e sono tornato. Andava sempre tutto bene, lei sempre innamorata (che pianti in aeroporto) e io che mi getto a mille sul lavoro per dimostrarle che i dubbi che aveva su di noi, sulle mie intenzioni di stare insieme, sul mio modo di pormi alla realtà, erano solo delle gran cagate.

Ci siamo visti a ottobre, a novembre, una settimana insieme in vacanza per capodanno, e a metà gennaio, giusto qualche giorno dopo essere tornati dalle vacanze. Sempre innamorati, sempre felici, mai un segnale, amore sempre dolce e passionale...
Il nuoto era sempre lì, prepotente, la famiglia non parliamone, spingevano sempre di più per farci mollare perché, diceva sua madre "ormai tu hai la tua vita qui, con la famiglia, con il nuoto, con gli amici. State insieme solo per abitudine"...
Intanto lei, per un litigio a causa di un cambio allenatore, molla la squadra dal giorno alla notte. Gli "amici della vita", "la seconda famiglia" mai più visti ne sentiti, anzi, sono diventati i nemici giurati. E' andata nella squadra rivale così da poter battere i suoi ex compagni, prendendo sempre sonore scoppole, lei è un talento vero, ma il resto della nuova squadra no, e alla fine arrivavano sempre dietro in classifica generale.

Però la nuova squadra è più strutturata, più organizzata, più stimolante. Eventi, gare, grigliate, allenamenti in trasferta, nuoto in acque aperte etc. E lei, che per queste cose esce di testa, ci si butta a mille ancora più che con la vecchia squadra.

Una sera, il 28 febbraio, torno da una cena di lavoro, dopo aver preso qualche giorno i biglietti per l'anniversario di comune accordo, mi arriva un messaggio. Poche righe, un dolore indescrivibile. Non ho motivazioni, non posso replicare. Il messaggio inizia con "non ho il coraggio di farlo di persona e non posso lasciare passare più tempo". Poi frasi sul futuro comune che non c'è più, sull'essere "abituati a stare bene insieme per abitudine", sul fatto che si, stavamo benissimo insieme quando ci vedevamo, ma che c'era sempre un pizzico di voglia di tornare alla realtà, a casa, al nuoto.
Chi non l'avrebbe? La realtà non è la settimana insieme al mare, la realtà è che per vederti devo uscire prima da lavoro, prendere l'aereo, arrivare a orari improponibili, riprendere l'aereo per tornare a casa, arrivare a casa domenica sera alle 2 di notte e essere in ufficio alle 8:30 il lunedì mattina. Dopo un po', dopo 6 anni, a 30 anni, questo stanca, non fisicamente, ma psicologicamente. Ed eravamo entrambi sfiniti, consapevoli che così non si andava avanti, e non c'era altro da fare.

Io sono il primo ad ammettere che una situazione così non era più gestibile, non per una persona come lei in cerca di garanzie, di sicurezze, di tranquillità.
Ma la realtà è un’altra, la realtà è che comportarsi come ha fatto lei è solo più facile, eliminare i problemi perché è più semplice che guardarsi in faccia e affrontarli insieme. Non è mai stato vero per noi, per un rapporto come il nostro, lo “stare bene così quando ci vediamo è facile”. Anzi, è il contrario, ed è proprio lì che sta l’incredibile, la differenza.
Facile è prendere la scelta più semplice, che nell’immediato ti fa essere un po’ più felice, col minimo sforzo, e sei felici lì, in quel momento, ma per quanto? E’ questa la sua promessa di felicità?
E’ facile amarsi e volersi bene, nella coppia, quando tutto va bene, e si è spinti solo dal piacere, dalla soddisfazione. Diventa più complesso quando arrivano le incomprensioni e le difficoltà. Tanti cadono, tanti mollano.

La difficoltà vera, la bellezza vera, sta nell’amare anche nella difficoltà, rimanere, confrontandosi e trasformando queste difficoltà, queste incomprensioni, per evolvere, lavorando su se stessi. Con i problemi di entrambi, le difficoltà di entrambi, ma anche la felicità di entrambi, non mia, non tu, ma nostra. Perché io non ti voglio perché mi rendi felice, la mia promessa di felicità non si riassume in MC, “io ti amo perché mi rendi felice” non è amore, è possesso. Così si finisce con l’abuso, l’assuefazione alla persona che si ama, vedendo in questa uno strumento da usare per la propria felicità, per la propria soddisfazione.
Non si può trattare di una persona come si tratta di una cosa. La cosa io la prendo per la mia utilità, la sfrutto. Ma una persona, un essere che ha un’anima, che non posso possedere, non può essere sottomesso all’utilità di un altra persona.
Le cose si prendono, alle persone ci si dona. Ovvero, le cose si usano, le persone si amano.

Le cose si prendono, alle persone ci si dona. Ovvero, le cose si usano, le persone si amano.
Ma in un rapporto se tu trattassi la persona che ami come se questa dicesse: "Ti basto io. Io sono tutto quello per cui tu vivi." questo sarebbe una bugia.
Per me la base di un rapporto è guardare l’altro, trattare l'altro col desiderio che si avveri, che si compia il suo destino, senza aspettarsi nulla in cambio. Senza amore al destino non c'è amore, senza amore al destino dell'altro non c'è amore all’altro.