Cannabis Uso e Abuso - Giancarlo Arnao
Giancarlo Arnao, medico, nato a Milano nel 1326 vive a Roma. Impegnato nella ricerca sulla politica della droga dai primi anni settanta, è stato fra i promotori del Convegno "Libertà e droga", tenuto a Roma nel 1973. Alla fine del 1987 è stato uno dei fondatori del GORA (Coordinamento Radicale Antiproibizionista), e nel marzo 1989 della Lega Internazionale Antiproibizionista. Membro dell'EMNDP (European Movement for the Normalization of Drug Policy) di Rotterdam e della Redazione di "The Internatìonal Joumal of Drug Policy" di Liverpool. Ha pubblicato numerosi articoli su riviste italiane e straniere, e una serie di libri: "Rapporto sulle droghe" (1976 Erba proibita - Rapporto su hashish e marihuana" (1978-19E '988); "La droga perfetta - Rapporto sul tabacco - il dilemma eroina" (1985) (tutti da Feltrinelli, Milano) "Proibito capire - Proibizionismo e politiche di controllo sociale" (1990). EGA Tonno; co-autore con Manconi, L. (a cura di ): "Legalizzare la droga: una ragionevole proposta di sperimentazione" (1991), Feltrinelli. Milano: "Cocaina e crack; usi, abusi e costumi" (1993), Feltrinelli, Milano.
1.1 DEFINIZIONE
1.2 EFFETTI
1.3 MOTIVAZIONI
DELL'USO
1.4 TOLLERANZA
E DIPENDENZA
2.1 LA
PIANTA
2.2 I
PRODOTTI PSICOATTIVI
3.1 TOLLERANZA
E DIPENDENZA
3.2 EFFETTI
FISICI
3.3 EFFETTI
PSICOLOGICI
3.3.1 PERCEZIONI
SENSORIALI
3.3.2 RIFERIMENTI
SPAZIO-TEMPORALI
3.3.3 PROCESSI
MENTALI
3.3.4 EMOZIONI
3.4 EFFETTI
COMPORTAMENTALI
3.4.1 Premessa
3.4.2 Interazione
sociale
3.4.3 Sessualità
3.4.4 Guida
dei veicoli
3.5 QUADRO
COMPLESSIVO DEGLI EFFETTI
3.6 UNA
TEORIA SUGLI EFFETTI DELLA CANNABIS
4.1 MOTIVAZIONI
DELL'USO
4.2 DATI
EPIDEMIOLOGICI
5.1 TOSSICITA'
ACUTA
5.1.1 REAZIONI
NEGATIVE FISICHE
5.1.2 REAZIONI
NEGATIVE PSICHICHE
5.2 TOSSICITÀ
CRONICA
5.2.1 Cromosomi
5.2.2 Tessuti
cerebrali
5.2.3 Azione
immuno-depressiva
5.2.4 Effetti
sul sistema riproduttivo
5.2.5 Apparato
cardio-circolatorio
5.2.6 Apparato
respiratorio
5.2.7 Sindrome
amotivazionale
8.1. PREMESSE
8.2 TOSSICITÀ
ACUTA
8.2.1 Fattori
di rischio
8.2.2 Rischi
comportamentali
8.3 TOSSICITA'
CRONICA
9.1 I
PRIMI TREMILLENNI
9.2 LA
PROIBIZIONE
9.2.1 Le
origini
9.2.2 USA
1937: la storia di Harry Anslinger
9.2.3 La
cannabis all'ONU
9.3 PROPOSTE
DI RIFORMA
9.4 ESPERIENZE
DI RIFORMA
9.4.1 Decriminalizzazione
in USA; 1973-1980
9.4.2 Legalizzazione
in Alaska: 1975-1990
9.4.3 Depenalizzazione
In Olanda
9.4.5 Decrtminalizzaztone
in Sud-Australia
La cannabis è in assoluto la "droga" illegale più usata nel mondo. Un libro sulla cannabis non può quindi iniziare senza qualche accenno ai concetti generali sulle "droghe": come vengono definite, perché vengono usate, che effetto fanno.
1.1 DEFINIZIONE
Dal punto di vista farmacologico, si definiscono "droghe" tutte le sostanze
che "modificano la psicologia o l'attività mentale" (definizione dell'O.M.S.).
Tale modifica è definita "effetto psicoattivo". Il termine "droga" è spesso
sostituito da quello di "sostanza stupefacente" (o "narcotico"), di cui è considerato
equivalente. Il significato di questo termine è però diverso, a seconda del
contesto. In senso strettamente scientifico, sì intendono per "sostanze stupefacenti"
una serie dì sostanze che hanno effetti Farmacologici analoghi a quelli tipici
degli oppiacei: sedazione, stato stuporoso, sonno. Nel linguaggio legale e burocratico,
che è adottato spesso anche dai mass media, il termine "stupefacente" non ha
alcun significato descrittivo degli effetti farmacologici, ma è semplicemente
una definizione applicata a tutte le sostanze illegali. Da questo equivoco semantico
deriva un equivoco concettuale. Infatti, gran parte dell' opinione corrente
ritiene che alcune sostanze (le "droghe") siano siate messe fuori legge perché
hanno in comune una fondamentale qualità farmacologica, quella cioè di essere
"stupefacenti", quando invece è vero il contrario: esse sono definite "stupefacenti"
solo perché sono illegali.
Negli ultimi decenni si è affermata nell'opinione corrente la distinzione fra droghe "leggere" e "pesanti": di queste ultime si da per scontata una maggiore tossicità e la possibilità di provocare tossicodipendenza. La cannabis viene tradizionalmente definita come "droga leggera", eroina e cocaina come "droghe pesanti". Questa classificazione non ha basi scientifiche: infatti accomuna sostanze assai diverse come l'eroina e la-cocaina e lascia ìnclassificate altre sostanze, come l'alcool, che pure provocano tossicodipendenza. Può essere accettabile soltanto in quanto sottolinea la diversità della cannabis da altre sostanze più nocive.
1.2 EFFETTI
A seconda degli specifici effetti (modifiche dell'attività mentale) le droghe
sono state classificate in tre fondamentali categorie farmacologiche:
a) PSICOLETTICI, che hanno un effetto calmante e depressivo: oppiacei, sedativi,
analgesici, sonniferi, alcolici, ecc.
b) PSICOANALETTICI (stimolanti), che eccitano l'attività mentale: cocaina, caffè,
amfetamine, ecc;
e) PSICODISLETTICI (psichedelici), che determinano una modifica dell'attività
cerebrale, caratterizzata da un modo diverso di interpretare le percezioni:
funghi allucinogeni, LSD, mescalina. "ecstasy", ecc. In questa classificazione,
la collocazione della cannabis è incerta: se ne parlerà al paragrafo 3.5.
Va peraltro chiarito che gli effetti stimolanti, depressivi
e psichedelici possono coesistere nella stessa sostanza. Gli effetti delle sostanze
non vengono determinati soltanto dalle loro proprietà farmacologiche, ma anche
dalle condizioni in cui vengono usate, e cioè:
MODALITÀ D'USO: dosaggio, via di assunzione (per bocca, per iniezione, per aspirazione
del fumo, ecc.)
SET: fattori legati all'individuo; personalità, età, condizioni fisiche, umore,
cultura, ecc.
SETTING: fattori legati alle circostanze esteme in cui la sostanza viene usata
(ambiente, persone, ecc.)
1.3 MOTIVAZIONI
Per quale motivo la gente assume le droghe? Le motivazioni possono essere collegate
a quattro modi di uso:
a) Uso sperimentale: motivato dalla curiosità o dal desiderio di nuove esperienze.
b) Uso sodale-ricreativo: per acquisire uno stato psichico-adatto al godimento
dei momenti ricreativi (musica, conversazione, balli, ecc.)
c) Uso strumentale: per affrontare una specifica situazione o condizione: ad
esempio per annullare la tensione (tranquillanti), per migliorare le prestazioni
fisiche o intellettuali (stimolanti), per dormire meglio (sonniferi), ecc.
d) Uso espressivo: motivato dalla esigenza di esprimere la propria identità
individuale o di gruppo. Questi diversi modelli sono spesso coesistenti.
1.4 TOLLERANZA E DIPENDENZA
Gli effetti delle droghe sono condizionati da due fenomeni fondamentali e tipici:
la "tolleranza" e la "dipendenza". ,
TOLLERANZA: dopo un certo periodo dì uso frequente, gli effetti della sostanza
si indeboliscono: di conseguenza, per ottenere l'effetto delle dosi iniziali,
i consumatori sono costretti ad.aumentare le dosi. Il fenomeno Si estingue dopo
un certo periodo di interruzione dell'uso.
DIPENDENZA FISICA: dopo un certo periodo dì uso continuato (per cui il corpo
umano non riesce a metabolizzare completamente la sostanza), la sospensione
dell'uso determina una serie di disturbi fisici: la crisi di astinenza
DIPENDENZA FISICA COMPORTAMENTALE; fenomeno farmacologico per curia sospensione
dell'uso determina disturbi psicologici, tra cui la compulsione (desiderio incontrollabile)
all'uso della sostanza. In certi casi, l'uso ripetuto della sostanza determina
una condizione di tossicodipendenza, in cui l'uso di droga diventa indispensabile
nell'esistenza del soggetto.
"Cannabis" è il nome della pianta da cui derivano le "droghe", conosciute nella cultura occidentale coi nomi di "hashish" e "marijuana". In questo capitolo vengono forniti alcuni dati essenziali sulle varietà botaniche della pianta, e sulla farmacologia dei suoi derivati psicoattivi.
2.1 LA PIANTA
Dal punto dì vista strettamente botanico, esistono tre specie dì cannabis: la
c.indica (che cresce in Asia), la c.sattva (che cresce in America ed Europa,)
e la c.ruderalis (in Siberia e Russia). In generale, è più usata la classificazione
della cannabis in due varietà:
- cannabis indica, che cresce spontaneamente nei paesi del sud, è alta circa
un metro, ha un fogliame fitto ed è ricca di resina;
- cannabis sativa, che cresce nei paesi del nord, è alta fino a sei metri ed
ha un fogliame più rado.
La cannabis sativa (canapa) è stata usata per secoli per la produzione di tessuti,
di fibre, di carta; i semi sono usati come mangime per gli uccelli e anche per
produrre olio (Grinspoon 1993,p.1). La varietà usata come droga è tipicamente
la cannabis indica. Anche la cannabis sativa ha comunque, un ridotto effetto
psicoattivo.
2.2 I PRODOTTI PSICO-ATTIVI
II "principio attivo" (cioè l'elemento determinante per gli effetti psicoattivi)
della cannabis è il delta-9-tetraidrocannabinolo (delta-9THC, abbreviato generalmente
in "THC"), Sebbene il THC determini gran parte degli effetti psico-attivi, i
suoi effetti non possono essere considerati equivalenti a quelli di tutta la
pianta.
Il contenuto di THC (espresso in percentuali) è variabile a seconda della specie
e delle condizioni di crescita. Le parti più ricche di THC sono le sommità fiorite,
meno ricche le foglie. Il THC può essere prodotto anche per sintesi. Dalla pianta
di cannabis sì ottengono diversi prodotti psico-attivi:
- hashish secrezione resinosa delle sommità fiorite, agglomerata in blocchi;
- marijuana (in America ed Europa),' bhang (in Asia): mistura di prodotti dell'intera
pianta;
- ganja (usata in India): sommità fiorite;
- sinsemilla: marijuana coltivata in maniera particolare che non contiene semi
(non utilizzabili)
- olio di cannabis: concentrato alcoolico.
Il contenuto di THC è generalmente superiore per l'hashish che per la marijuana:
convenzionalmente si attribuisce alla marijuana un contenuto dell'1%, all'hashish
del 5% (Canad. Comm. 1972,p.31). In realtà, la marijuana può raggiungere (in
determinate condizioni di crescita, specie se coltivata in serra) contenuti
di THC tino al 10%, l'hashish fino al 15%; l'olio ha contenuti tra il 20 e il
55%. Il contenuto di THC decresce col tempo: in media del 3-5% al mese; il deterioramento
è accresciuto dal calore e dalla luce. Marijuana e hashish vengono generalmente
fumati. Con questa modalità dì assunzione, parte del THC viene distrutta dal
calore, e i polmoni ne assorbono circa la metà.
Gli effetti iniziano qualche minuto dopo l'assunzione, raggiungono il massimo
dopo circa mezz'ora, cominciano a diminuire dopo un'ora e svaniscono dopo circa
tre (cfr. Weil-Zinberg 1968, p.164). La cannabis può essere anche ingerita,
generalmente impastata in cibi dolci ("space cake"). In questi casi l'assorbimento
del THC è molto inferiore (1/3) a quello polmonare; l'effetto inizia dopo circa
45' a stomaco vuoto, dopo un paio d'ore a stomaco pieno, e dura da 6 a 12 ore.
Rispetto alla pratica del fumo, sono necessari quantitativi maggiori a parità
di effetto; d'altra parte, a differenza che per il fumo, è praticamente impossibile
una somministrazione graduale, che permetta un controllo del livello degli effetti.
II decotto di cannabis (cioè il liquido che residua da ebollizione per almeno
un'ora) è molto usato in India con il "bhang"; l'ebollizione prolungata sembra
determinare un aumento del 40% del contenuto di THC. L'olio di cannabis viene
in genere fumato insieme al tabacco.
I prodotti della cannabis presenti sul mercato illegale non sono generalmente
sofisticati. Fa eccezione l'olio, che sul mercato USA è spesso tagliato con
sostanze farmaceutiche (come il PCP, un tranquillante per uso veterinario, piuttosto
tossico).
I trattati sulle droghe danno generalmente poco o nessuno
spazio agli effetti delle sostanze, al di fuori di quelli tossici. La conoscenza
di questo aspetto ci sembra indispensabile per impostare e approfondire il problema.
In questo capitolo verranno descritti gli effetti della cannabis sul fisico,
sulla psicologia e sul comportamento. Gli effetti negativi o tossici vengono
trattati a parte nel capitolo 5, e quelli terapeutici nel capitolo 6.
3.1 TOLLERANZA E DIPENDENZA
Come si è visto (paragrafo 1.5) i fenomeni di tolleranza e dipendenza vengono
considerati fondamentali nella vantazione delle "droghe".
TOLLERANZA - Con uso continuato di cannabis, è dimostrato un certo livello di
tolleranza (necessità di aumento delle dosi). La tolleranza si estingue dopo
una interruzione dell'uso per un paio di giorni (cfr. N.A.S.1982,p.26)
DIPENDENZA - Non è dimostrata con l'uso di cannabis una vera e propria dipendenza
fisica. Sul problema si è così pronunciata l'O.M.S. nel 1965:
"[...] assenza di dipendenza fisica, così che non esiste una definita e caratteristica
sindrome dì astinenza" (W.H.O., 1965).
La questione della dipendenza psichica è stata così riassunta dalla Commissione
Canadese del 1972:
"...Molti consumatori trovano evidentemente la cannabis desiderabile e piacevole,
e spesso escono per acquistarla, a rischio di severi provvedimenti legali ...tuttavia,
non sembra si sviluppino l'insaziabilità e l'urgenza della dipendenza da oppiacei,
barbiturici, alcool e tabacco..." (Canad. Comm.1972,p.124).
La cannabis è usata spesso assieme ad altre persone in circostanze in cui una
serie di altri fattori è essenziale al raggiungimento della gratificazione:
musica, un certo tipo di abbigliamento e di consumi, ecc.. In questo contesto,
la dipendenza psichica da cannabis ha lo stesso valore della dipendenza dagli
altri fattori.
3.2 EFFETTI FISICI
L'arrossamento degli occhi e la diminuita salivazione (che si traduce in un
senso di "bocca secca") sono i sintomi più tipici (e ben conosciuti dai consumatori)
dell'uso di cannabis. Altri effetti fisici sono: accelerazione del polso e diminuzione
della pressione del sangue in posizione eretta.
3.3 EFFETTI PSICOLOGICI
Schematicamente, gli effetti psicologici della cannabis si concretano in diversi
aspetti: a) percezioni sensoriali; b) riferimenti spazio-temporali; c) processi
mentali; d) emozioni. Questi effetti sono stati studiati a fondo da alcuni autori
statunitensi (cfr. Anonynous 1969, Tari 1971); essi verranno qui brevemente
descritti e analizzati, corredandoli con alcune testimonianze di consumatori.
3.3.1 Percezioni sensoriali
Con l'uso di cannabis, le percezioni non vengono alterate, ma vengono intensificate
e in certi casi possono essere interpretate in maniera diversa da quella dello
stato di normalità. Questa diversità può essere meglio compresa con un esempio.
Quando vediamo un oggetto esterno, la sua forma viene riprodotta come immagine
dall'organo della vista, che è l'occhio; l'immagine viene interpretata dal cervello,
che te attribuisce un significato preciso; l'occhio agisce insomma come una
macchina fotografica, e l'elaborazione mentale traduce l'immagine nell'idea
di un oggetto riconoscibile. Quando l'immagine è alterata, si ha una "allucinazione".
La cannabis non altera l'immagine, ma può alterare l'interpretazione a livello
mentale.
Percezioni visive - Con l'uso dì cannabis si può determinare una percezione
più acuta dei contorni, dei colori, delta profondità delle immagini; in certi
casi, si può avere l'impressione di forme e significati particolari in immagini
visive di oggetti che hanno funzioni del tutto diverse.
Percezione dei suoni - Uno degli effetti più tipici della cannabis è quello
sulla percezione sonora. I consumatori percepiscono in misura più marcata la
separazione spaziale delle fonti sonore; i suoni possono evocare immaghi e colori.
Ascoltando la musica, viene particolarmente apprezzata qualità dei suoni, e
in certi casi vengono percepiti nelle linee armoniche significati particolari;
Hochman ha espresso una interessante teoria secondo cui la musica verrebbe interpretata
in maniera "professionale" (cfr. Hochman 1972, pp. 69-70).
Riportiamo qui un paio di testimonianze personali di consumatori:
"la musica non si limita a riempirti le orecchie, ma ti esplode dentro in un
discorso che ha una ferrea logica narrativa, dove ogni strumento un personaggio
che vive e racconta la sua storia" (testimonianza raccolta dall'autore).
"la melodia [...] si trasforma in una vasta operazione aritmetica, nella qua
i numeri generano numeri, e voi ne seguite le fasi e la generazione [...] con
una agilità uguale a quella dell'esecutore (Baudelaire 1970,p.43).
Percezioni tattili, gustative, olfattive - Vengono incrementate rispetto al
stato normale; è tipico l'effetto di aumentare l'apprezzamento per i sapori
dei cibi, che è collegato all'effetto di farmaco anti-emetico (cioè ad azione
contro il vomito) e stimolante dell'appetito.
3.3.2 Riferimenti spazio-temporali
Possibili modifiche della interpretazione delle distanze, che possono apparire
più lunghe o più brevi. Marcata e tipica la percezione di temporale, collegata
con la diminuzione dei legami col passato e col futuro. Ne deriva una particolare
concentrazione in tutto ciò che accade nel momento presente.
3.3.3 Processi mentali
Memoria - Un effetto tipico è quello di indebolimento della memoria immediata,
fino al punto di non ricordare l'inìzio della conversazione. Questo effetto
è stato riscontrato soltanto a dosaggi alti (cfr. Canad. Comi 1972,p.54).
Attività intellettuale - Gli effetti più frequentemente riferiti dai consumatori
sono:
- la maggiore accettazione delle contraddizioni e dell'ambiguità, maggiore recettività
al lato comico delle situazioni;
- significati diversi e profondi in situazioni familiari e scontate ("ja-mais
vu"); cosi' Benjamin descrìve la sua esperienza in un banale caffè di Marsiglia:
"gli eventi si producevano come se la visione mi avesse sfiorato con una bacchetta
magica facendomi sprofondare in un sogno su di essa" (Benjamin 1975,p.85);
- tendenza all'introspezione
- pensieri vaganti, associazioni vivaci e spontanee, sensazione di aumento dell'immaginazione:"può
[...] aversi una produzione addirittura tumultuosa di immagini, indipendentemente
da ogni restante fissazione e impegno della nostra attenzione. [...] sotto l'effetto
dell'hashish per presentarsi dinanzi a noi le immagini non hanno alcun bisogno
della nostra attenzione" (Benjamin, op.cit.,p.90).
L'esperienza del "jamaìs vu" può provocare, in dosi forti e/o in soggetti impreparati,
ad uno Spiacevole senso di "depersonalizzazione" e di perdita dell'identità.
Attenzione - Gli effetti sono complessi e contraddittori. Schematizzando al
massimo:
a) la modifica delle percezioni sensoriali sì concreta in una attenzione che
è aumentata di intensità ma con un minore raggio di estensione; ne deriva le
tendenza ad occuparsi dì una cosa per volta, come per es. ascoltare la musica
oppure parlare, anziché ascoltare e parlare allo stesso tempo;
b) a dosaggi bassi e medi, la percezione di tempo rallentato, determinando una
maggiore concentrazione sul presente, può aiutare a concentrarsi su determinati
stimoli intellettuali; ad alti dosaggi, l'aumentata produzione di associazioni
e fantasie può rendere difficile la concentrazione su un soggetto predeterminato.
3.3.4 Emozioni
In linea generale, sembra che la cannabis abbia un effetto intrinsecamente positivo
sull'umore, determinando rilassamento, serenità, tendenza al ridere. La facilità
al ridere, (a volte in maniera irrefrenabile), riferita spesso dai consumatori
iniziali, meno da quelli abituali. Le emozioni possono essere amplificate, ma
anche in senso negativo:
ciò può provocare reazioni negative di una certa gravita.
3.4 EFFETTI COMPORTAMENTALI
3.4.1 Premessa
Gli effetti comportamentali si riferiscono soprattutto alle modalità ci cui
gli effetti psicologici della sostanza influiscono sul comportamento delle persone.
Su questo argomento occorre chiarire subito una questione. È piuttosto diffusa
nell'opinione corrente la tendenza a confondere le condizioni dei consumatori
quando sono sotto gli effetti delle sostanze con l'aspetto complessivo e permanente
della loro personalità. Ad esempio, uno spot. pubblicitario antidroga USA del
1989 chiedeva al pubblico se sarebbe stato disposto a farsi operare da un chirurgo
che fumava marijuana. In realtà, è arbitrario estendere gli effetti della intossicazione
acuta a tutta l'esistenza del consumatore: chi usa cannabis, come del resto
alcool cocaina, non è necessariamente sempre in stato di intossicazione.
Va quindi ribadito che gli effetti comportamentali della cannabis sono strettamente
limitati al periodo dell'intossicazione.
Dopo questa doverosa premessa, passeremo a trattare gli effetti de cannabis
sul comportamento, in relazione ad alcuni aspetti specifici e ci sembrano fondamentali:
i rapporti sociali, la sessualità, e la. guida di veicoli.
3.4.2 Integrazione sociale
Secondo una analisi accurata di Tart (che si riferisce ai consumatori USA degli
anni 60), la cannabis ha un effetto "disintegratore" sui "ruoli sociali" imposti
dalle convenzioni; l'uso della sostanza determinerebbe i consumatori una minore
disponibilità a rispettare le regole non serie dei rapporti "formali" (Tart
1971, p.289).
Altri effetti considerati tipici: tendenza a diminuire la chiassosità (collegata
alla diminuzione dell'aggressività); maggiore solidarietà di gruppo.
La intensificazione dei rapporti con gli altri può essere un fattore positivo
se i rapporti sono tendenzialmente buoni. In caso contrario, può essere traumatico:
"nello stato di enorme sensibilità prodotto dall'hashish ogni sensazione di
non venir compresi minaccia di trasformarsi in una sofferenza" (Benjamin 1975,p.89).
Per meglio chiarire la questione, è opportuno un confronto con l'alcool. La
cannabis ha in comune con l'alcool l'effetto di indebolire le inibizioni. Per
l'alcool, l'effetto disinibitorio può risolversi nel superamento di regole sostanziali
di etica collettiva, e quindi in una incontrollabilità degli impulsi aggressivi
e violenti: l'alcool è infatti considerato in assoluto come la sostanza psico-attiva
più frequentemente collegata a comportamenti violenti. Per la cannabis si ha
un superamento di inibizioni che riguardano il modo di comunicare con il prossimo,
piuttosto che gli impulsi aggressivi: "Tutte le ricerche [...] hanno smentito
che l'uso di marijuana provochi un aumento di aggressività. [...] la marijuana
ha un effetto sedativo e può in qualche misura ridurre [...] la possibilità
di comportamenti aggressivi verso altre persone (NAS 1982, p.128).
3.4.3 Sessualità
Tra gli effetti più frequentemente descritti dai consumatori, vi sono quelli
di aumento del desiderio sessuale, di un orgasmo più piacevole, di maggiore
contatto fisico e spirituale: "a volte è soltanto angoscia che si trasforma
in desiderio di contatto e 'mescolamento fisico secondo un ritmo insolitamente
lento quasi immobile con carezze che dai e sentì contemporaneamente perché si
trasmettono con vibrazioni sottilissime a tutte le parti del corpo unite e senza
confini" (testimonianza raccolta dall'autore).
Gli effetti della cannabis sull'attività sessuale sono stati analizzati da una
ricerca USA su 150 soggetti seguiti fra il 1970 e il 1977. Risultati in sintesi:
- la durata dell'atto sessuale tendeva ad aumentare;
- la qualità dell'orgasmo veniva percepita, come superiore alta norma dal 58%
dei maschi e dal 32% delle femmine:
- il desiderio del/la partner abituale veniva aumentato per il 50% di) maschi
e per il 60% delle donne; risultava invece diminuito in una esigua minoranza;
- in misura minore era aumentato il desiderio di un/a partner occasionale (per
il 43% dei maschi, per il 14% delle femmine);
- gli effetti sensoriali più accentuati erano il tatto (59% dei maschi e 57%
delle femmine) e la sensazione di intimità fisica (rispettivamente 51% e 56%)
(cfr. Halikas et al 1982).
Degno dì nota appare l'effetto di "aumentato desiderio per il/la partner abituale",
che è confermato da questa testimonianza di un consumatore 60enne, sposato da
27 anni:
"dopo aver fumato, sembrava di avere con mia moglie un'avventura ballavamo al
suono dei dischi rock, recitavamo o addirittura giocavamo come due ragazzini"
(Avanti, 11 agosto 1988).
Secondo un avvocato USA di 44 anni (consumatore quotidiano di cannabis), "la
marijuana aveva reso possibile una attività sessuale "eccellente anche negli
ultimi anni del matrimonio, nonostante l'aumento delle tensioni e dei risentimenti"
(cit. da Haas-Hendìn 1987,p.339). D'altra parte, la cannabis non ha un effetto
specificamente afrodisiaco vale a dire dì eccitazione diretta sulla fisiologia
del sesso; al contrario dosi forti (come avviene tipicamente per l'alcool) può
avere un effetto negativo sull'orgasmo.
3.4.4 Guida di veicoli
In linea generale, gli effetti farmacologici della cannabis rendono se sconsigliabile
il suo uso durante la guida dei veicoli.
I livelli di rischio dell'uso di cannabis, in confronto a quelli dell'uso di
alcool, sono stati oggetto dì diverse ricerche. Generalmente, l'uso di alcool
e risultato più pericoloso: questa sostanza infatti (diversamente dalla cannabis)
determina un aumento dei tempi dì reazione, dell'aggressività (e quindi della
tendenza alla velocità) (cfr. NAS 1982, p.1) Al contrario, l'uso dì cannabis
induce generalmente a una minore velocità.
D'altra parte, diverse ricerche hanno riscontrato che gli effetti dell'uso congiunto
di alcool e cannabis sono più rischiosi della somma di ciascuna delle due sostanze
usate da sola. Poiché questo avviene spesso, è un rischio che va tenuto presente.
Come si è già accennato, l'alterazione della capacità di guidaè strettamente
limitata al periodo dell'intossicazione. È quindi assolutamente priva di fondamento
la pratica di togliere la patente a soggetti che fanno uso di cannabis sulla
base dei test delle urine. che provano non lo stato di intossicazione in atto
(al contrario, essi possono essere addirittura negativi al momento della intossicazione),
ma una intossicazione nel passato: nel caso della cannabis, il test può risultare
positivo anche un mese dopo l'ultima assunzione.
3.5 QUADRO COMPLESSIVO OEGLI EFFETTI
La collocazione della cannabis nel contesto della classificazione di cui al
par. 1.2 è incerta. Qualcuno la considera "psicodislettica" (cfr. Canad.. Gomm.
1973, p.281), altri non la inseriscono in nessuna delle tre categorie.
In realtà, si può convenire che motti effetti della cannabis (in particolare
quelli che venivano ricercati dai consumatori negli anni '60 e 70 in un contesto
di "cultura alternativa") erano simili, seppure molto più blandi, a quelli delle
sostanze psichedeliche. D'altra parte, le proprietà della sostanza che venivano
utilizzate nella medicina tradizionale asiatica, e nella medicina occidentale
del secolo scorso, appartengono piuttosto all'ambito degli "psicolettici' :
e queste stesse proprietà si stanno rivelando essenziali per alcuni usi terapeutici
della cannabis che si sono affermati negli ultimi anni (e che vedremo meglio
nella parte 6). D'altra parte, il quadro complessivo degli effetti della sostanza
è caratterizzato da due componenti:
a) gli effetti sulle percezioni, sui riferimenti spazio-temporali, sull'attività
mentale, determinano nei consumatori una esperienza che ha qualche analogia
con quella delle droghe psichedeliche;
b) un effetto calmante, anti-ansia, rilassante, spesso soporifero, che viene
segnalato da molti consumatori.
Un quadro complessivo degli effetti della cannabis viene delineato dalla tabella
1, relativa ad una ricerca eseguita a New rork nel 1971 su 100 consumatori regolari
(almeno 50 volte negli ultimi sei mesi).
La ricerca di Halikas riguarda soggetti giovani all'inizio degli anni 80; i
soggetti tendono a riferire gli effetti che considerano più piacevoli o comunque
più significativi. Una ricerca eseguita in un contesto dverso (soggetti adulti,
anni 80) è riportato nella tab. 2 al cap. 4, e contributisce a completare il
quadro complessivo degli effetti.
TABELLA 1 - EFFETTI SOGGETTIVI DELLA MARIHUANA
(A = CONSUMATORI ABITUALI: O = CONSUMATORI OCCASIONALI)
LE % INDICANO I SOGGETTI CHE HANNO PERCEPITO ABITUALMENTE (A) O OCCASIONALMENTE
(0) I RELATIVI EFFETTI.
EFFETTO Abituali Occasionali3.6 UNA TEORIA SUGLI EFFETTI DELLA CANNABIS
EUFORIA 82% 17%
RILASSAMENTO 79% 76%
PIÙ ACUTA PERCEZIONE DEI SUONI 76% 21%
PACE 74% 25%
AUMENTATA SENSIBILITÀ 74% 23%
AUMENTO DELLA FAME 72% 24%
RALLENTAMENTO DEL TEMPO 62% 35%
SETE 62% 32%
BOCCA E GOLA SECCHE 61% 38%
SENSO DI FLUTTUAZIONE 45% 49%
PIÙ LOQUACITÀ 37% 51%
FAME DI DOLCI 37% 43%
TENDENZA AL RIDERE 36% 60%
AUMENTATA SENSIBILITÀ AL SESSO 34% 59%
AUMENTATO DESIDERIO SESSUALE 33% 59%
(FONTE: GOOODE 1972.P.51)
Nel capitolo destinato all'analisi dei consumatori, verranno
chiarite una serie di questioni: quali sono le motivazioni per cui viene usata
la sostanza, e quindi gli effetti più ricercati dai consumatori: la tipologia
dei consumatori; la frequenza e l'evoluzione dell'uso.
4.1 MOTIVAZIONI DELL'USO
Le motivazioni dell'uso di cannabis rientrano generalmente (nel nostro contesto
sociale) nell'uso sociale-ricreativo. Gli effetti della cannabis non vengono
graditi incondizionatamente da qualsiasi persona li sperimenti. Secondo Becker,
gli effetti possono essere apprezzati solo attraverso un processo di apprendimento,
che consiste in:
a) imparare a fumare in modo che la sostanza venga assorbita;
b) imparare a riconoscere gli effetti, che sono spesso piuttosto sottili;
c) imparare ad utilizzare gli effetti nel modo più piacevole; ciò implica anche
una "interpretazione in positivo" di esperienze che possono essere considerate
insignificanti o addirittura negative (cfr. Becker 1966,pp.40-58).
La fruizione degli effetti della sostanza varia quindi secondo gli individui:
alcuni più di altri sono predisposti ad apprezzarli e molti non li apprezzano
affatto. Infatti, la maggior parte di coloro che hanno smesso l'uso l'hanno
fatto perchè hanno trovato le prime esperienze poco interessanti. Le motivazioni
più frequenti sono riportate alle tab. 1 e 2. Si tratta di campioni molto diversi:
la tab. 1 riguarda studenti californiani dai 17 ai 25 anni all'inizio degli
anni 70; la tab. 2 soggetti adulti alla metà degli anni 80. Le differenze sono
evidenti. Fra i giovani, appaiono prevalenti le motivazioni ricreative (divertirsi,
stare con gli amici) o filosofiche (cambiare prospettiva, lato positivo, conoscere
sé stessi). Fra gli adulti, sono frequenti istestanze che hanno un certo carattere
di auto-medicazione (per dormire, o contro l'irritazione e la depressione) e
sono legate agli effetti calmanti.
TABELLA 1 - MOTIVAZIONI STUDENTI USA,1972
A= CONSUMATORI ABITUALI (TREO PIÙ VOLTE ALLA SETTIMANA PER PIÙ DI DUE ANNI)
O = CONSUMATORI OCCASIONALI (FINO A TRE VOLTE ALLA SETTIMANA PER UN PERIODO
FINO A DUE ANNI)
MOTIVAZIONE Abituali OccasionaliTABELLA 2 - EFFETTI PIU' APPREZZATI DA CONSUMATORI ADULTI
PER DIVERTIRSI E STARE BENE 72% 56%
PER STARE CON GLI AMICI 47% 38%
PER RILASSARSI 41% 30%
PER CAMBIARE PROSPETTIVA 28% 15%
PER UN RAPPORTO PIÙSTRETTO CON QUALCUNO 28% 12%
PER VEDERE IL LATO POSITIVO DELLE COSE 24% 11%
PER CONOSCERE SE'STESSI 22% 12%
PER MIGLIORARE IL SESSO 16% 6%
PER L'ISPIRAZIONE CREATIVA 16% 6%
PER CAPIRE GLI ALTRI 15% 6%
PER SFUGGIRE ALLA REALTÀ 10% 9%
(TABELLA StMPI IFiCATA. FONTE: HOCMMAN1972,P.120)
AUMENTATA POSSIBILITÀ Di RILASSARSI E GODERE LA VITA 76%
AUMENTATO GODIMENTO DEI CIBI 73%
POSSIBILITÀ DI DORMIRE MEGLIO 62%
POSSIBILITÀ DI EVITARE LA NOIA 61%
AUMENTATO GODIMENTO DEL SESSO 60% POSSIBILITÀ DI EVITARE L'IRRITAZIONE 58%
AUMENTATO GODIMENTO DELLE ATTIVITA' RICREATIVE 57% MIGLIORAMENTO DEI DISTURBI FISICI 54%
POSSIBILITÀ DI EVITARE LA DEPRESSIONE 50%
(FONTE: HAAS-HENDIN 1987. P. 337).
4.2 DATI EPIDEMIOLOGICI
Analisi epìdemiologiche in diversi Paesi hanno raccolto dati sul numeri di consumatori,
sulle loro caratteristiche demografiche, sulla frequenza e sull'evoluzione dell'uso.
1 dati più interessanti emergono da ricerche eseguite in California nel 1976
e in Olanda nel 1990.
CALIFORNIA 1976.
Una ricerca eseguita in California nel 1976 ha analizzato i livelli di uso dei
consumatori definiti "correnti", (chiunque abbia fumato cannabis almeno una
volta nel mese precedente all'inchiesta); i risultati sono riportati alla tabella
3; i dati sono relativi agli anni 1975 e 1976; essi rispecchiano quindi l'evolversi
delle frequenze di consumo in rapporto al mutamento legislativo (nel 1976 l'uso
di cannabis è stato decriminalizzato, vedi par. 9.4.1 ).
I dati fanno riscontrare che:
le frequenze dì uso prevalenti sono inferiori a quella quotidiana (74% nel 1975,81%
nel 1976);
la maggioranza relativa (più o meno la metà) dei consumatori si attestava su
frequenze che si possono definire "para-settimanali" (da una settimana su due
a qualche volta alla settimana): 53% nel 1975, 48% nel 1976.
TABELLA 3 - LIVELLI DI CONSUMO IN CALIFORNIA NEL 1975-76
LIVELLI DI USO % DEI CONSUMATORI CORRENTIOLANDA 1990.
1975 1976 DIFFER.
PIÙ DI UNA VOLTA AL GIORNO 8 13 +5
CIRCA UNA VOLTA AL GIORNO 18 6 -12
QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA 20 22 +2
CIRCA UNA VOLTA PERSETTIMANA 14 14 0
2-3 VOLTE AL MESE 19 12 -7
UNA VOLTA AL MESE O MENO 18 31 +13(FONTE: HEALTH ANDWELFARE AGENCY 1977, P.110)
ETÀ USO OCCASIONALE USO REGENTE USO CORRENTETABELLA 5 - FREQUENZE DIUSOPER CONSUMATORI CORRENTI
12-15 2,6 2,6 1.9 16-19 23,2 17,8 11.2 20-24 36,8 21 11.5 25-29 42,4 19,3 11.9 30-34 44 15,3 9.7 35-39 43,4 13 9.1 40-49 26,3 6,9 3,6 50-59 7,9 1,6 0,9 60 + 3,5' 0,9 0,9 TOTALE 24,7 9,9 0.6
USO OCCASIONALE = ALMENO UNA VOLTA NELLA VITA; USO RECENTE = ALMENO UNA VOLTA NELL'ULTIMO ANNO; USO CORRENTE = ALMENO UNA VOLTA NELL'ULTIMO MESE (FONTE^SANDWUKETAL1991,P.46)
1-4 VOLTE AL MESE (FINO A UNA VOLTA PER SETTIMANA) 47%
5-8 VOLTE AL MESE (FINO A DUE VOLTE LA SETTIMANA) 13.1%
9-14 VOLTE AL MESE = 8.2%
15-20 VOLTE 8.2%
20 VOLTE O PIÙ 21.3%
(FONTE: SANDWIJK ET AL 1991 ,P.28)
FREQUENZA DI USO ALCOL CANNABISTAB. 7 - EVOLUZIONE DELL'USO COMPARATA ALCOL/CANNABIS ETA' 16-19
OCCASIONALI 79,3% 23,2% RECENTI 71.9% 17,8% CORRENTI 55,8% 11,2% FREQUENTI 11,2% 2,4%
SU 188 CONSUMATORI CONSUMATORI FREQUENTI ALCOL CANNABIS OCCASIONALI 14.1% 10.3% RECENTI 15.6% 13.5% CORRENTI 20.1% 21.5%
Da questi dati emerge che:
1) La prevalenza di uso di cannabis per soggetti 16-19enni è molto inferiore
a quella dell'uso di alcool (meno di 1/4 per uso frequente);
2) La tendenza all'aumento dei livelli dì uso è complessivamente di poco inferiore
per la cannabis che per l'alcool.
La tossicità della cannabis si manifesta con effetti sia acuti che cronici Gli effetti acuti sono quelli che vengono determinati anche da una singola dose, e si manifestano durante lo stato di intossicazione. Gli effetti cronici derivano dall'uso prolungato della sostanza e incidono sullo stato psico-fisico dei consumatori anche al di fuori dello stato di intossicazione.
5.1.1 Reazioni
negative fisiche
La tossicità complessiva della cannabis è una delle più basse fra le sostanze
medicinali e non: "Nonostante la lunga storia del suo uso e il numero eccezionalmente
alto di consumatori, non esistono reperti medici credibili da cui risulta che
t'uso della cannabis abbia provocato un solo caso di morte. Al Contrario, una
medicina di uso comune come l'aspirina determina ogni anno centinaia di morti"
(D.E.A. 1988, p.57).
La dose letale della cannabis non si è potuta valutare neppure negli animali
da esperimento. In teoria, la dose letale negli umani ammonterebbe a 20.000-40.000
volte la dose singola (considerando come tale uno spinello di marijuana di 900
mg).
Sul piano tisico, l'uso dì cannabis può provocare una
serie dì disturbi
APPARATO CARDIO CIRCOLATORIO: tachicardia (aumento delle pulsazioni cardiache),
giramenti di testa, svenimenti.
APPARATO GASTRO INTESTINALE: nausea, vomito, diarrea.
APPARATO NERVOSO E MOTORIO: mal di testa, torpore, insonnia, tremori, incordinazìone
motoria.
Con che frequenza avvengono queste reazioni? Uno studio su 522 consumatori ha
riscontrato che qualche sintomo negativo è stati riscontrato almeno una volta
dal 48,5% dei consumatori.
gli effetti più frequenti erano: nausea (almeno una vota
dal 18,2% dei soggetti), vomito (11,9%), giramenti di testa (11,3%), mal di
testa (4,8%), spossatezza (3,8%), tendenza a svenire (2,9%), senso di freddo
(2,7%) (cfr. Berke-Hernton 1974, p. 279)
Questi disturbi hanno una breve durata, e non superano il periodo dell'intossicazione.
Se particolarmente gravi, possono essere curati con rimedi sintomatici. Poiché
sono spesso collegati con (e forse anche causati da) disturbi psichici, può
essere opportuno non drammatizzare più del necessario, come si vedrà nel paragrafo
successivo.
5.1.2 Reazioni negative psichiche
Le più frequenti reazioni negative acute da cannabis riguardanti t'aspetto psichico
sono essenzialmente due:
a) ansia, che può manifestarsi a un livello molto leggero, ma talvolta diventa
un vero e proprio senso di angoscia, di perdita dì controllo e di depersonalizzazione,
di timore di non poter più tornare allo stato normale; raramente è stata segnalata
una psicosi tossica (paranoia, allucinazioni, confusione mentale), che comunque
non va oltre il periodo dell'intossicazione.
b) depressione, che dipende essenzialmente da condizioni emozionali negative
preesistenti o da condizioni ambientali (abbiamo visto che la cannabis può amplificare
certe emozioni negative). L'incidenza statistica di questi disturbi è stata
indagata dallo studio di Berke-Hernton. Una reazione negativa psichica è stata
sperimentata almeno una volta dal 25,5% dei consumatori, mentre il 73% dei soggetti
non ha mai avuto alcun disturbo;
I sintomi più frequenti erano: paranoia (almeno una volta dall'8,17% dei soggetti),
paura (5,44%), depressione (5,44%), ansia (3,30%), derealizzazione (2,72%),
allucinazioni (2,52%), difficoltà di comunicazione (1,94%), confusione (1,75%),
dissociazione (1,14%), pensieri ossessivi (0,97%) (cfr. Berke-Hernton 1974,p.280).
II quadro degli effetti negativi acuti della cannabis
può apparire preoccupante, e in qualche modo giustificare i timori di chi attribuisce
alla cannabis l'etichetta di una droga "come tutte le altre". Sotto questo profilo,
può essere utile un confronto con una sostanza legale come l'alcool, che nella
nostra cultura viene usata in maniera analoga alla cannabis. Fra le reazioni
negative acute, l'abuso di alcool può provocare uno stato di coma che può talvolta
essere mortale. Sul piano delle reazioni psichiche, l'alcool può determinare
gravissimi effetti sul comportamento, che si traducono in atti di aggressività
su sé stessi e gli altri (è una delle cause più frequenti di suicidi, omicidi,
violenze sessuali e di altro, genere) (vedi tab.1).
Le reazioni negative psichiche della cannabis richiedono di rado un vero e proprio
intervento medico. Al contrario, un intervento di tipo "psichiatrizzante" potrebbe
essere interpretato dal soggetto come una conferma del suo stato di anormalità
mentale, e potrebbe aggravare la sua angoscia. L'intervento più efficace consiste
piuttosto nell'aiutare il soggetto a ridefinire e sdrammatizzare il contenuto
della sua esperienza, e soprattutto a convincerlo che il problema è comunque
destinato a risolversi da sé in breve tempo.
TAB. 1 - TOSSICITÀ COMPARATA ALCOL-CANNABIS
ALCOL CANNABIS DIPENDENZA FISICA SI NO SINDROME ASTINENZA DELIRIUM TREMENS NO % DEI TOSSICODIPENDENTI SUI CONSUMATORI (ITALIA) 6% - INTOSSICAZIONE ACUTA NARCOSI COMA NAUSEA ANSIA TACHICARDIA SVENIMENTO INTOSSICAZIONE CRONICA CIRROSI, ATROFIA DISTURBI POLMONARI (PER FUMO) CREBRALE, NEVRITE PSICOSI COMPORTAMENTO AGGRESSIVO SI NO OVERDOSE MORTALE SI NO DOSE EFFICACE/DOSE LETALE 1/10 1/20.000-40.000
5.2 TOSSICITA' CRONICA
Sugli effetti tossici cronici della cannabis è in corso da decenni un dibattito
scientifico, che ha individuato una serie di ipotesi dì rischio: esse verranno
analizzate separatamente.
5.2.1 Cromosomi
Effetti tossici sui cromosomi sono stati ipotizzati da diverse ricerche negli
anni 60 e 7.0. Tali effetti sono stati smentiti da tutti i Rapporti Nazionali
e, nel 1982, da quello della N.A.S. (cfr. N.A.S. 1982, pp.3-4). Non è dimostrato
un effetto nocivo della cannabis sul feto. Ciò non toglie che l'uso della sostanza
sia da sconsigliare in gravidanza, per le stesse ragioni prudenziali per cui
va evitato l'uso di alcool, di tabacco e dì una serie di farmaci di uso comune.
5.2.2 Tessuti cerebrali
Le ipotesi di danni permanenti al tessuto cerebrale (si è parlato sulla stampa
addirittura di "atrofia cerebrale") sono state rifiutate dai Rapporti nazionali
USA e Canadese, (1972), dal Rapporto della N.A.S. e da quello dell'A.C.M.D.
(1982). Analoghe conclusioni sono state tratte circa la psicosi da cannabis,
intesa come malattia mentale permanente.
A titolo di curiosità, va segnalata una ricerca eseguita in USA nel 1986 molto
citata dalle autorità come "prova" della intrinseca nocività della cannabis
sui tessuti cerebrali. Due gruppi di topi sono stati sottoposti a forti dosaggi
di THC, equivalenti (per il I gruppo) al consumo di 54 spinelli al giorno per
30-40 anni e (per il II) a 136 spinelli al giorno; danni cerebrali sono stati
riscontrati soltanto nel II gruppo, ma non nel I, che pure era stato sottoposto
a un dosaggio equivalente a consumi praticamente irrealizzabili negli umani
(cit. da Hìgh Times, Jan 1987).
5.2.3 Sistema immunitario
Una azione depressiva del sistema immunitario (cioè delle difese naturali dell'organismo
contro gli agenti patogeni) è stata dimostrata per una lunga serie di farmaci
anche di uso comune, nonché per alcool e tabacco.
Diverse ricerche hanno individuato, con studi di laboratorio, la:
possibilità dì una azione immuno-depressiva del THC, .ma senza alcuna,conseguenza
pratica: vale a dire che non è dimostrato che i consumatori di cannabis siano
più facilmente soggetti ad infezioni o ad altre malattie (cfr. N.A.S. 1982,
p.105). Secondo studi più recenti, la questione è stata abbandonata dai ricercatori
perché priva di sviluppi interessanti (cfr. Hollister 1988, p.7). È quindi del
tutto inattendibile l'ipotesi (ventilata di recente anche in Italia) che l'uso
di cannabis possa favorire lo sviluppo dell'AIDS in soggetti HIV-positivi.
5.2.4 Sistema riproduttivo
Le ricerche hanno rilevato che l'uso di cannabis provoca un abbassamento transitorio
del livello di testosterone e una leggera diminuzione della produzione di sperma.
Questi fenomeni non hanno alcuna conseguenza pratica sulla fertilità o sull'attività
sessuale (cfr. N.A.S. 1982,pp.3-4).
5.2.5 Apparato cardio-circolatorio
Alcuni studi hanno rilevato un effetto di abbassamento della pressione "posturale"
(cioè in posizione eretta), il che spiega svenimenti e capogiri in caso di abuso.
Altro effetto tipico è una leggera tachicardia (accelerazione del polso), "comparabile
a quella provocata da un esercizio fisico vigoroso ma non estremo o da uno stress
emozionale prolungato" (A.C.M.D. 1982,p.3). Gli effetti sull'apparato cardio-circolatorio
non provocano alcun danno in individui normali, ma possono aggravare la situazione
di soggetti ipertesi, affetti da malattia cerebro-vascolare o da arteriosclerosi
coronarica, (cfr. N.A.S. 1982,p.3).
Ricerche più recenti hanno chiarito che alcuni effetti sull'apparato cardio-circolatorio
sono determinati dall'assunzione per via polmonare: Lo sviluppo di ossido di
carbonio (CO) è uno degli effetti collaterali della combustione di qualsiasi
sostanza che venga fumata. II CO, a contatto col sangue, si lega con l'emoglobina,
formando carbossiemoglobina (COHb), che è un importante fattore di rischio per
la malattia coronarica.
Comparando gli effetti della cannabis fumata con quelli delle sigarette, sì
è riscontrato che l'effetto di uno spinello era complessivamente quattro volte
superiore a quello di una sigaretta. Ciò non è dovuto alla sostanza, ma alla
tecnica con cui viene fumata: la marijuana viene aspirata più a fondo e più
a lungo del tabacco. Poiché d'altra parte uno degli effetti del THC è quello
dì aumentare la frequenza delle pulsazioni, vi è un aumento di rischio di crisi
acuta per coloro che hanno una preesistente situazione di sofferenza delle arterie
coronariche.
Il rischio di effetti cronici (cioè una presenza permanente di COHb nel sangue)
sono invece inferiori per la cannabis rispetto al tabacco. Ciò dipende essenzialmente
dalla differenza di dosaggio: i fumatori di tabacco, a differenza di quelli
di cannabis, fumano ad intervalli troppo brevi per permettere uno smaltimento
della COHb. La possibilità di aumentare la COHb appare, sul piano pratico, l'unico
rischio realmente dimostrato dell'uso di cannabis fumata, limitatamente ai soggetti
affetti da patologia coronarica, (cfr. Tashkin 1988,pp.27-31).
5.2.6 Apparato respiratorio
Non sono dimostrati effetti specifici dei THC rispetto alla patologia del sistema
respiratorio (cfr. A.M.C.D. 1982,p. 15). La cannabis fumata determina gli stessi
rischi dei prodotti di combustione di altre sostanze.
Questo significa che vanno rifiutate due tesi opposte:
a) da una parte, quella secondo cui la cannabis ha un intrinseco potenziale
tossico superiore a quello del tabacco;
b) dall'altra, la diffusa opinione per cui fumare cannabis è meno pericoloso
che fumare tabacco.
Complessivamente, la potenzialità di rischio della cannabis equivale a quella
delle sigarette a parità di sostanza fumata; considerando però la differente
tecnica di aspirazione (il fumo viene aspirato più profondamente e trattenuto
piùa lungo), autorità sanitarie USA valutano che la potenzialità di rischio
del fumo di cannabis è, (a parità di sostanza fumata), circa quattro volte superiore
a quella delle sigarette (cfr. N.I.O.A. 1988, p.13).
A parità di sostanza fumata, si diceva: ma va ricordato che, a parità di effetti,
la quantità di sostanza fumata dai consumatori di cannabis può essere molto
variabile: va considerato ad esempio che uno "spinello" medio (100 mg dì hashish
misto a tabacco) può avere un peso di meno della metà di una sigaretta di tabacco,
e che viene spesso usato da più di una persona. Quindi l'equazione di 1 a 4
può essere sostanzialmente ridimensionata.
5.2.7 Sindrome amotivazionale
Fra le possibili conseguenze dell'uso cronico dì cannabis sulla personalità
dei consumatori (al di là quindi dello stato di intossicazione), si è parlato
molto negli anni 70 della sindrome amotivazionale, proposta da diversi autori
nei decenni scorsi.
Secondo tale ipotesi, l'uso prolungato di cannabis provocherebbe una modifica
della personalità, con un insieme di sintomi che includono apatia, inefficienza
e improduttività, e che si ritiene collegata con una generale mancanza di motivazioni"
(Canad. Comm. 1972,p.389). Questa sindrome deriverebbe da modifiche permanenti
di strutturei o funzioni biologiche provocate dall'uso prolungato della sostanza.
L'esistenza della sindrome amotivazionale è stata negata dai Rapporti Nazionali
degli anni70. Lo stesso parere è stato formulato nel 1982 dalla N.A.S. statunitense
e dall'A.C.M.D. britannico: "nelle circostanze attuali, non si può trarre alcuna
conclusione sulla questione se la sindrome esista, o sia una interpretazione
scorretta di alterazioni del comportamento di cui l'uso di cannabis sia soltanto
una conseguenza" (A.C.M.D. 1982, p.84)
Sugli effetti della cannabis nei giovanissimi, è interessante una ricerca dell'Università
dì Berkeley su 100 adolescenti che sono stati seguiti dall'età di 5 fino ai
18 anni
Rispetto all'uso di cannabis, i soggetti sono stati classificati in tre gruppi;
NON CONSUMATORI;
CONSUMATORI CASUALI: uso di cannabis fino a una volta al mese, e uso occasionale
di non più di un'altra droga illegale;
CONSUMATORI FREQUENTI: uso di cannabis una o più volte alle settimana e uso
occasionale di più dì un'altra droga illegale.
I soggetti, sottoposti a test psicologici, hanno fatto rilevare i seguenti risultati.
a) i consumatori casuali erano i più psicologicamente equilibrati di tutto il
gruppo;
b) i consumatori frequenti erano spesso disadattati, soggetti ad alienazione
interpersonale; scarso controllo degli impulsi e evidenti disturbi emotivi;
c) i non-consumatori erano relativamente tesi, ansiosi, con emotività bloccata,
e carenti nei rapporti interpersonali.
Ma ciò che appare più interessante è il fatto che le caratteristiche dei soggetti
di ciascun gruppo erano preesistenti al rapporto con la droga; esse erano infatti
presenti nell'età infantile, ed erano correlate al tipo di rapporto coi genitori.
Paradossalmente, la ricerca ha anche evidenziato una spiccata somiglianza fra
i non-consumatori e i consumatori frequenti per il tipo di rapporto con la madre
nell'età infantile. Gli autori ne deducono che l'uso problematico di droghe
è sintomo, non causa di disagio personale e sociale" (cfr. ShedIer-Block 1990,
p. 612).
Come per gli alcolici, l'uso dì cannabis non è incompatibile con una vita sociale
produttiva ed integrata. Una ricerca USA su 150 consumatori pesanti (una media
di 3 joint e mezzo al giorno per alcuni anni) di età fra 20 e 56 anni ha riscontrato
che i soggetti conducevano una vita professionale e sociale integrata (cfr.
Haas - Hendiin 1987).
Più di ogni altra droga, la cannabis evoca nell'opinione
corrente l'immagine di sostanza "voluttuaria", diametralmente opposta a quella
dì strumenti "utili" quali le medicine. In realtà, la cannabis ha una serie
di effetti terapeutici, alcuni dei quali hanno avuto importanti conferme sul
piano scientifico.
La cannabis è stata usata per secoli nella medicina tradizionale di alcuni paesi,
come l'India.
In Occidente, è stata usata fino all'inizio del secolo XX come antidolorifico,
anticonvulsivo e calmante. Successivamente è caduta in disuso, rimpiazzata dai
derivati sintetici dell'oppio.
La rivalutazione della marijuana come strumento terapeutico è collegato alla
storia dì Robert Randall.
Nel 1972, il dr. R. Randall di Washington, gravemente malato di glaucoma (malattia
dell'occhio dovuta ad aumentata pressione endo-oculare, e che può portare alla
cecità) aveva constatato che i suoi disturbi scomparivano ogni volta che fumava
marijuana. L'effetto curativo della cannabis sul glaucoma venne confermato dall'oculista.
Deciso ad ottenere la sua "medicina" legalmente e a un costo accettabile, Randall
ha intrapreso una lunga e difficile iniziativa politica; e nel 1986, dopo una
serie di processi, ha obbligato il Governo USA a fornirgli legalmente 10 sigarette
di marijuana al giorno (cfr. Randall 1988). A partire dal 1978, l'uso di cannabis
come medicamento è stato autorizzato in USA per:
a) il trattamento del glaucoma,
b) l'inappetenza provocata dai tarmaci chemioterapici (usati dai malati di cancro),
c) l'asma bronchiale.
L'autorizzazione ha stabilito un importante dato di principio, ma non ha assicurato
che la sostanza sia accessibile ai malati. L'accesso alla marijuana terapeutica
è stato limitato a una serie di casi speciali, che all'inizio del 1993 non superavano
le 40 unita (cfr. Grinspoon 1993, p. 158). Nel 1988, lo stesso Randall (che
aveva ne frattempo fondato la A.C.T, Alliance for Cannabis Therapeutics) ed
alcune organizzazioni private USA (Drug Polìcy Foundation e N.O.R.M.L.) hanno
costretto la O.E.A. (polizia antidroga) a pronunciarsi sulla libera prescrivibilità
di marijuana come farmaco.
La D.E.A. ha ammesso che:
la cannabis "è una delle sostanze farmacologicamente più sicure ";
la cannabis ha effetti terapeutici efficaci, oltre che per il glaucoma e per
l'inappetenza da chemioterapia, per gli attacchi di sclerosi multipla.
Il documento ha rivelato che alcuni malati di sclerosi multipla, costretti alla
sedia a rotelle, hanno riacquistato la mobilità e il controllo degli arti dopo
aver fumato uno spinello (cfr. DEA 1988)
Ciononostante, il Governo USA ha rifiutato di includere la cannabis nella categoria
dei farmaci liberamente prescrivibili dai medici privati. La vertenza è tuttora
in corso. La questione dell'uso medico della cannabis è diventata cruciale con
la diffusione dell'AIDS, che viene curato con tarmaci chemioterapici. Nel 1992,
un referendum nella città di San Francisco ha approvato con una maggioranza
del 79,5% una proposta di legalizzare l'uso medico di cannabis.
Un recente libro di Grinspoon-Bakalar ha aggiornato la casistica dei possibili
usi terapeutici della cannabis. Ne forniamo qui un elenco completo, con qualche
nota sul livello di conoscenza sull'efficacia terapeutica. Va ricordato che
per nessuno di questi casi sì è potuta fare un ricerca organica, analoga a quelle
che si usa per i tarmaci industriali, a causa della illegalità della sostanza.
L'efficacia terapeutica è stata provata su base empirica, cioè sulla constatazione
pratica dei risultati in una serie di casi.
a) INAPPETENZA DA FARMACI CHEMIOTERAPICI. In sostituzione di medicinali molto
forti o difficili da somministrare (fleboclisi). Efficacia provata dalla pratica
medica dì routine; centinaia di migliaia dì dosi di THC sintetico (Marino) sono
state prescrìtte ogni anno dagli oncologi USA (cfr. Grinspoon 1993, p.26 e p.38).
b) GLAUCOMA. In sostituzione di tarmaci molto tossici (cfr. cit.p.46). Lefficacia
della cannabis è stata provata da molti anni in numerosi casi.
c) EPILESSIA. In sostituzione di (armaci anticonvulsivi, che hanno gravi effetti
secondari anche sull'umore (cfr. cit.p.58). Efficacia provata in qualche caso.
d) SCLEROSI MULTIPLA. In sostituzione di farmaci tranquillanti ad alte dosi,
con rischi di letargia e dipendenza fisica. Efficacia sperimentata in molti
casi (cfr.cit.,pp.67-81).
e) PARAPLEGIA E QUADRIPLEGIA . In sostituzione di oppioidi o tranquitlanti.
Efficacia sperimentata in molti casi (cfr. cit.,pp.92-106).
f) DOLORI CRONICI. In sostituzione di derivati dell'oppio. Efficacia sperimentata
in qualche caso (cfr. cit., pp. 92-106).
g) EMICRANIA. Efficacia ancora non chiara (cfr.cit., p.109).
h) DEPRESSIONI E DISTURBI DELL'UMORE. In sostituzione di antidepressivi tri-ciclici,
anti-MAO, fluoxetine (Prozac), carbonato di litio, che possono dare anche gravi
effetti collaterali.
La cannabis era stata proposta per le depressioni fin dal 1845 da J.J. Moreau
de Tours. Attualmente, non esistono ricerche sistematiche sull'argomento. Grinspoon
(che è docente in psichiatria) ha citato diversi casi di pazienti che si sono
giovati dell'uso di cannabis più che dei farmaci prescritti dai medici.
Gli effetti terapeutici della cannabis possono essere ottenuti anche attraverso
la Somministrazione di THC sintetico per via orale. In gran parte dei casi,
la cannabis fumata ha avuto risultati migliori di quelli dei THC Sintetico (cfr.cit.,
p.39).
Un dato importante, che scaturisce dalla casistica di Grinspoon, è quello relativo
ai farmaci che possono essere vantaggiosamente sostituiti dalla cannabis: si
tratta infatti di prodotti molto tossici, con gravi effetti secondari, e spesso
anche un notevole rischio di dipendenza. La ricerca sugli usi medici della cannabis
è stata di fatto impedita dall'ideologia "antidroga" recepita dalle istituzioni
scientifiche.
Paradossalmente, ciò ha impedito una alternativa al trattamento con altre "droghe"
che, rispetto alla cannabis, determinano un maggiore livello di rischi sanitari.
Uno dei motivi principali che viene portato per mantenere
la proibizione legale della cannabis è la teoria della "droga di passaggio",
secondo cui chi usa cannabis, sarebbe indotto, attraverso un meccanismo in qualche
modo automatico, al successivo uso di eroina.
Qual'è la reale fondatezza di questa teoria?
L'argomento apparentemente decisivo della teoria della "droga di passaggio"
è la constatazione che gran parte dei consumatori di eroina ha fatto in precedenza
uso di cannabis.
Va subito chiarito che, in linea dì principio, la consequenzialità temporale
fra due fenomeni non dimostra un rapporto di causa-effetto. Se l'evento A precede
l'evento B non è dimostrato cheA è la causa di B.
Sta di fatto che la maggior parte dei consumatori di eroina ha usato in precedenza
cannabis. Ma è ampiamente dimostrata, fra questi soggetti, una analoga incidenza
di precedente usci di alcool e tabacco (cfr. Mattonai Commission 1972, p.109;
Canad. Commission 1973, pp.457 e 736). Questa associazione statistica è riportata
fra l'altro anche dai sostenitori della teoria del "passaggio"(cfr. O'Donnel
- Clayton 1982. p. 230: O'Doneli 1985, p.149; Jaffe 1987, p.597).
Dal punto di vista della associazione statistica, quindi, non esiste alcuna
differenza fra alcool, tabacco e cannabis rispetto al passaggio all'eroina.
Alla luce di questo dato, il ruolo della cannabis come droga di "passaggio"
all'eroina risulta scarsamente significativo. In realtà, è ragionevole supporre
che le persone destinate a ricercare gli effetti dell'eroina siano caratterizzate
da una tendenza a far uso di sostanze psicoattive e alla sperimentazione di
stati di coscienza alterali: questo tipo di persone si rivolgeranno in prima
istanza alle sostanze psicoattive legali (alcool, tabacco), e alla sostanza
illegale più diffusa e meno pericolosa (cannabis); successivamente, constatando
che esse non corrispondono alle loro esigenze, saranno spinti all'uso di eroina.
Fin qui si è trattato dell'incidenza di precedente uso di cannabis fra i consumatori
di eroina.
Sul piano del rapporto di causalità, una elaborazione
Statistica più corrretta (anche se non ha un valore dì prova) è quella che parte
dai consumatori di cannabis, valutando in che proporzione essi passino successivamente
all'uso di eroina. Se la teorìa della droga di passaggio fosse valida, ad ogni
aumento della diffusione della cannabis dovrebbe corrispondere un aumento della
diffusione dell'eroina.
Un'analisi della correlazione statistica fra uso di cannabis e uso di eroina
può essere elaborata sui dati epidemiologia sul consumo di droghe illegali in
USA, tenendo presente che l'uso dì eroina succede all'uso di cannabis dopo un
certo intervallo di tempo. Il periodo di latenza fra i due fenomeni è stato
stimato mediamente di due anni (cfr. Kaplan: "Marihuana", New York 1970, p.
261). Faremo quindi un confronto di dati relativi a periodi in cui l'uso di
cannabis precede quello dì eroina dì due-tre anni.
PERIODO 1972-78
Consumatori abituali di marijuana: 8 milioni nel 1972, 15 milioni nel 1976 (fonte:
N.I.D.A.) = AUMENTO DEL'87% Tossicodipendenti da eroina: 570.000 nel 1975, 380.000
nel 1978 (fonte: F.B.N. e D.E.A.) = RIDUZIONE DEL 33% PERIODO 1979-87
Per questo periodo, la diffusione dell'eroina viene dedotta dai dati sulla mortalità,
che costituiscono un indice attendibile del fenomeno. Consumatori abituali di
marijuana: 22,6 milioni nel 1979, 18,2 milioni nel 1985 = RIDUZIONE DEL 19,4%.
Mortalità da eroina: 659 casi nel 1981, 1572 nel 1987 (fonte: N.I.D.A.) = AUMENTO
DEL 93%.
Come si vede, quando la diffusione della marijuana è aumentata, quella dell'eroina
si è ridotta, e viceversa.
Altrettanto significativi sono i dati rilevati da una ricerca dell'Università
del Michigan sull'uso dì droghe da parte degli studenti USA (di 17-18 anni)
negli anni fra il 1975 e il 1989. I risultati sì riferiscono alla prevalenza
dì uso "corrente" (almeno una volta nell'ultimo mese) e sono riportati in tabella
1.
TAB. 1 - PREVALENZA di US0 CORRENTE di CANNABIS e
di EROINA
Anno CANNABIS EROINA
1975 27,1% 0,4%
1976 32,2% 0,2%
1977 35,4% 0,3%
1978 37,1% 0,3%
1979 36,5% 0,2%
1980 33,7% 0,2%
1981 31,6% 0,2%
1982 28,5% 0,2%
1983 27,0% 0.2%
1984 25.2% 0,3%
1985 25,7% 0,3%
1986 23,4% 0,2%
1987 21,0% 0,2%
1988 18,0% 0,2%
1989 16,7% 0,3%
(FONTE: UNIV. OF M1CHIGAM, 1990)
Una delle variabili più importanti sotto questo profilo
è certamente l'illegalità che accomuna l'uso e il mercato della cannabis con
quello dell'eroina. Per questa ragione, già nel 1972 uno dei componenti della
Commissione Governativa Canadese, Marie Andree Bertrand, aveva proposto la legalizzazione
della cannabis (cfr. Canad.Comm. 1972). La legalizzazione dì fatto della cannaabis
del governo olandese (adottata nel 1976) è stata appunto motivata dalla esigenza
di separare il mercato nero della cannabis da quello dell'eroina: in effetti,
nell'ultimo decennio il numero dei consumatori di eroina in Olanda è aumentato
in una proporzione inferiore a quella degli altri paesi europei, e il numero
dei morti per eroina è andato diminuendo.
La teoria della droga di passaggio, basata sulla correlazione statistica, è
stata sostenuta da ricercatori USA; significativamente, essi sono arrivati alle
seguenti conclusioni:
"L'uso regolare di marijuana (...) rende più probabile il contatto con spacciatori
e con la subcultura della droga. Tale contatto porta in certi casi alla frequentazione
di consumatori di altre droghe, che, a sua volta, aumenta la probabilità di
usare questa altre droghe" (O'Donnel 1985,p.149).
"Una politica che miri a ridurre l'uso di eroina dovrebbe (...) almeno considerare
una disponibilità legale di marijuana, per rompere il collegamento fra le due
droghe" (O'Donnel - Clayton 1982, p.239). In altri termini, i sostenitori della
teoria del passaggio ammettono che la causa del passaggio sta nel mercato illegale,
e propongono come rimedio la legalizzazione della marijuana.
I danni dell'uso di cannabis sono limitati rispetto a
quelli di altre droghe, ma in qualche caso possono avere gravi conseguenze.
Il luogo comune, diffuso fra i consumatori, della "innocuità" della cannabis
è stato paradossalmente confermato dalle informazioni terroristiche e scorrette
della cultura "proibizionista". Ne e risultata una tendenza a sottovalutare
sia i danni potenziali della sostanza, sia soprattutto le misure pratiche per
ridurne il rischio.
8.1 PREMESSE
La filosofia della "riduzione del danno" si è affermata nelle istituzioni sanitarie
e nell'opinione pubblica alla fine degli anni 80, inizialmente in Olanda e in
Gran Bretagna, poi in tutta Europa. Il principio cardine di questa filosofia
sta nell'impostare la questione della droga non più in termini di alternativa
secca fra uso e astinenza, ma in termini 'relativi", cioè nella formulazione
di una scala di priorità, secondo cui l'obiettivo dell'astinenza va subordinato
a quello della riduzione dei danni (sanìtari e/o sociali) ai consumatori. In
termini concreti, la politica della riduzione del danno si propone innanzitutto
di modificare i comportamenti dei consumatori di droghe in modo da evitare i
rischi maggiori.
Rimandiamo ad altre fonti per un approfondimento del soggetto (cfr. Manconi
et al 1991 ). La riduzione del danno è stata proposta e praticata soprattutto
per le droghe più tossiche (eroina e cocaina). Se ne è trattato poco rispetto
alla cannabis, in cui il livello di rischio sanitario è piuttosto basso, e i
problemi sociali dei consumatori non hanno la drammatica urgenza di quelli relativi
alte altre sostanze.
Come si è visto, il punto qualificante del concetto di riduzione del danno sta
nel rifiuto di una impostazione "assolutista" del problema l'alternativa è:
"drogarsi o no", il resto non conta, e nell'assumere una logica "relativista",
per cui ogni opzione va valutata in termini di Waiwo fra rischi e benefici.
Partendo da questo concetto, occorre innanzitutto fare una premessa di ordine
generale: cioè che la valutazione dei danni della cannabis va inquadrata in
un contesto più vasto, in cui l'uso di cannabis viene considerato parte di una
dinamica psicologica o socio-culturale più complessa. Pur senza entrare nel
merito delle motivazioni che spingono la gente a fare uso di agenti psico-attivi
(illegali e legali), va riconosciuto che queste motivazioni sono condivise da
un vasta porzione dell'umanità: di conseguenza, l'alternativa "assolutista"
che impone l'astinenza al consumatore della droga X non è in realtà una alternativa
tra usare la droga (illegale) X e non usarla, ma fra usare la droga X e usare
la droga (illegale) Y o la droga (legale) Z.
Ovviamente, se e quando l'alternativa è in questi termini, i "danni" della sostanza
X (la cannabis nel nostro caso) vanno valutati in confrontaci danni delle possibili
sostanze alternative, e inducono a considerare con attenzione l'entità del rischio
di una sostituzione.
Abbiamo visto che la cannabis viene usata in circostanze analoghe a quelle dell'alcool,
e può quindi essere considerata in una certa misura "alternativa" all'alcool.
Partendo da questa considerazione, nel 1975 le autorità sanitarie e giudiziarie
dello stato dell'Alaska hanno legalizzato di fatto e di diritto il possesso
e la produzione di cannabis. In questa ottica, a nostro parere, vanno considerati,
i rischi sanitari dell'uso di cannabis descritti al capitolo 5.
Queste considerazioni hanno peraltro un carattere generale, e valgono soprattutto
per l'elaborazione dì una politica sulla cannabis. Sul piano concreto, è utile
individuare i rischi dell'uso di cannabis e le .modalità per annullarli o per
diminuirli: essi verranno analizzati separatamente, a seconda che si riferiscano
alla tossicità acuta o a quella cronica.
8.2 TOSSICITÀ ACUTA
8.2.1 Fattori di rischio
I fattori di rischio della tossicità acuta sono essenzialmente:
a) dosaggio, b) set, c) setting.
DOSAGGIO - II dosaggio può essere controllato quando la cannabis viene fumata,
avendo l'accortezza di attendere che gli effetti si manifestino in pieno (il
che non avviene subito, ma a distanza di circa mezz'ora); più difficile il controllo
sulla cannabis ingerita. In ogni caso, il controllo del dosaggio coincide con
la capacità di fermarsi al momento giusto - un discorso analogo a quello che
nella nostra cultura viene fatto per l'uso degli alcoolici.
Un dosaggio eccessivo può scaturire anche da una sopravvalutazione degli effetti
della sostanza. È il caso ad esempio in cui il consumatore aumenta il dosaggio
perché ritiene di poter ottenere dalla sostanza un effetto che non è realizzabile,
ad esempio il mutamento di una situazione (interna o esterna) che è oggettivamente
immodificabile. O il caso in cui si pretende dalla cannabis un effetto stimolante
"puro" (che non rientra nelle sue proprietà farmacologiche) e, aumentando il
dosaggio, si ottengono invece effetti depressivi.
SET - I disturbi psichici sono ovviamente più probabili in personalità non mature
(quindi in soggetti adolescenti); in linea generale, possiamo affermare che
l'uso di cannabis in soggetti molto giovani sia inopportuno e in certa misura
anche inutile - dato che gli effetti farmacologici della sostanza tendono a
creare un assetto mentale molto vicino a quello delle età giovanili.
Disturbi psichici sono possibili anche in personalità rigidamente strutturate,
in cui l'azione farmacologica della cannabis sull'attività mentale è inconsciamente
rifiutata: il rifiuto può manifestarsi nel fatto che gli effetti non si realizzano
(o non vengono riconosciuti) o in reazioni di ansia e paranoia. Altro fattore
importante è la familiarità con la sostanza. In effetti, gran parte delle reazioni
negative psichiche si sono realizzate in consumatori inesperti. La preesistenza
di una psicosi (anche latente) può essere un elemento di rischio per l'insorgenza
di una psicosi.
SETTING - Abbiamo già visto che gli effetti della cannabis sono fortemente condizionati
dall'ambiente, e che la labilità emotiva determinata dalla sostanza può" accentuare
il disagio di un setting negativo. I consumatori esperti scelgono l'ambiente
e soprattutto la compagnia di persone con cui vi è il massimo di sintonia. Una
sintonia che non è automaticamente acquisita dal fatto dì essere in compagnia
dì altri consumatori.
8.2.2 Rischi comportamentali
I rischi maggiori della intossicazione acuta sono quelli comportamentali. Per
prevenirli, è indispensabile considerare e limitare le circostanze di uso, evitando
quelle in cui è necessaria una completa lucidità, prontezza di riflessi e integrità
delle percezioni, come la guida di veicoli.
A questo proposito va ricordato che i rischi comportamentali sono aumentati
dall'uso congiunto dì cannabis e alcool. In particolare, l'effetto anti-emetico
della cannabis può essere un elemento di ulteriore rischio in presenza di intossicazione
alcolica grave, in quanto potrebbe impedire una reazione di vomito.
8.3 TOSSICITA' CRONICA
I maggiori rischi di tossicità cronica sono legati al fumo; e riguardano l'apparato
cardio-circolatorio e quello respiratorio. Tali rischi potrebbero essere evitati
usando la sostanza per via orale, che però determina grossi problemi di controllo
dei dosaggi.
I danni cardio-circolatori riguardano esclusivamente soggetti ipertesi, affetti
da patologia cerebro-vascolare o da arteriosclerosi coronarica.
Per una prevenzione dei rischi del fumo, occorre tener presenti le seguenti
considerazioni:
a) Per chi fuma sigarette di tabacco, il rischio legato al fumo dispinelli può
concretarsi (per quantitativi rilevanti, ad es. mediamente più di uno spinello
al giorno) in un aumento di rischio significativo.
b) II rischio, essendo proporzionale alla quantità di sostanza fumata, per un
determinato quantitativo di cannabis mista a tabacco è superiore a quello dello
stesso quantitativo dì cannabis da sola.
c) A parità di effetto, il rischio è superiore per i prodotti a bassa concentrazione
di T.H.C, (cfr. Grinspoon 1993).
d) È probabile che l'effetto irritante del fumo sia diminuito da alcuni artifici
tradizionalmente adottati da culture in cui l'uso dì cannabisè abitudine diffusa,
in particolare la pipa ad acqua (usata nei paesi arabi) e l'applicazione di
un filtro dì tessuto umido (applicato al "chilum", usato in Pakistan e Afganistan),
che riducono la temperatura del fumo (cr, N.A.S. 1982,p. 62). Studi sul tabacco
hanno infatti provato che la riduzione della temperatura del fumo diminuisce
i suoi effetti irritanti sui tessuti polmonari.
Quale politica per la cannabis? Per affrontare l'argomento,
occorre dare uno sguardo alla storia antica della sostanza, e analizzare con
cura le vicende che hanno portato alla sua proibizione. Ma la questione cannabis
è oggi più che mai controversa: riforme anche radicali sono state proposte da
numerose autorità scientifiche e politiche, e in qualche caso concretamente
realizzate.
9.1 I PRIMI TREMILA ANNI
II luogo di origine della cannabis è probabilmente l'Asia Centrale. L'uso della
pianta dì canapa per la fabbricazione dei tessuti è dimostrato in Cina 5000-6000
anni fa; l'uso come medicinale (e quindi come "droga") è documentato da uno
scritto dell'Imperatore Shen-Nung datato attorno al 2700 a.C. Secondo altre
fonti, risale invece alla preistoria.
L'uso della cannabis è passato poi all'Asia Occidentale, e all'India, attraverso
le tribù dei nomadi. L'uso sacro di cannabis è descritto da Erodoto in Assiria,
Babilonia e Palestina.
Nei primi secoli dopo Cristo i mercanti arabi hanno diffuso la cannabis in Africa
settentrionale.
Nelle Americhe la cannabis sarebbe stata introdotta dagli schiavi africani;
secondo alcuni l'uso di cannabis già conosciuto dagli Indiani aborigeni.
L'uso di cannabis sì è diffuso in Europa attraverso i soldati di Napoleone,
reduci dalla spedizione in Egitto del 1798. Fino ai primi decenni del secolo
XX, la sostanza è stata impiegata dalla medicina occidentale.
La cannabis come droga voluttuaria si è diffusa nell'ultimo secolo in tutto
il mondo. Secondo l'O.M.S., i consumatori erano circa 300 milioni nel 1980.
9.2 LA PROIBIZIONE
9.2.1 Le origini
La cannabis è stata proibita a livello di singoli stati tra la fine del XIX
e l'inizio del XX secolo: in Egitto nel 1879, in Grecia nel 1890, in Jaiamaica
nel 1913, in Canada nel 1923, nel Sud Africa nel 1928 (cfr. Arnao 1982, p. 124).
I motivi sono diversi: perché ritenuta causa di pazzia (Egitto, Grecia, Giamaica),
o di tossicodipendenza (Sud Africa): riguardo al Canada, la Comm, Governativa
del 1972 afferma che la proibizione venne instaurata "senza alcuna evidente
ragione scientifica" (Canad. Comm. 1972, p.230). Non è chiaro se la proibizione
fosse effettivamente osservata. La proibizione della cannabis a livello mondiale,
attraverso gli organismi internazionali, è stata promossa soprattutto dagli
USA.
Vale quindi la pena raccontarne la storia.
9.2.2 USA 1937: la storia di Harry Anslinger
Secondo diversi studiosi, la vicenda che ha determinato la proibizione legale
della cannabis in USA è il tipico esempio di una legge che viene direttamente
promossa dalle istituzioni destinate ad applicarla, con il risultato (intenzionale
o no) di accrescere la loro sfera di influenza (cfr. Young 1971, p. 103; Dickson
1968, pp. 143-156: Becker 1966. p. 138).
La vicenda va collegata a quella del proibizionismo sugli alcolici, che era
stato in vigore in LISA fra il 1919 e il 1933. Quando la legge sugli alcolici
viene abolita, ne deriva una brusca calata delle operazioni del F.B.N. (Federai
Bureau of Narcotic, la polizia antidroga dell'epoca), e di conseguenza una riduzione
del suo budget di circa il 25% in quattro anni (cfr. Young 1971, p.103).
È proprio negli anni immediatamente successivi alla fine del proibizionismo
che inizia negli USA una grande campagna di opinione per l'inserimento della
cannabis nella lista degli stupefacenti, nonostante che l'uso di cannabis non
costituisca un problema ne per l'opinione pubblica, ne per le forze di polizia
(cfr. Becker 1966, p. 137).
Significativamente, il protagonista assoluto della campagna è il Commissario
del F.B.N., che si era dedicato alla repressione del traffico di alcoolici durante
il proibizionismo: Harry Anslinger. La campagna dì Anslinger per sensibilizzare
l'opinione pubblica sul "pericolo marijuana" avviene attraverso un lavoro intenso
e capillare sui mass media, che egli stesso così descrive: "lo ho scritto articoli
perle riviste; i nostri agenti hanno dato centinaiadi conferenze a genitori,
educatori, operatori sociali e politici. Nelle reti radiofoniche io ho descritto
l'elenco crescente dei crimini, fra cui assassini e stupri. [...].
Credo che abbiamo fatto un buon lavoro, perché la gente è stata spaventata,
e sono passate le leggi che la proteggevano" (cit. da Shofield1971,p.46).
In un articolo pubblicato sull'American Magazine" (luglio 1937), Ansliger descrive
il caso di un giovane, normalmente tranquillo, che dopo aver fumato marijuana
ammazza a colpi di scure padre, madre, due fratelli e una sorella. Una sintesi
dei contenuti della campagna di Anslinger è espressa da questa sua dichiarazione
sugli effetti della marijuana: "La droga è omogenea alla sua antica tradizione
di assassinio, rapine, stupri, demoralizzazione psichica e collasso mentale
(...). Gli schedati della polizia provano che il suo uso è associato con pazzia
e crimine. Di conseguenza, dal punto di vista dell'attività di polizia, è una
droga più pericolosa di eroina o cocaina" (cit. da Whita.ker 1987,p.219).
Il problema della marijuana viene affrontato dal Congresso USA. La documentazione
tecnica del dibattito viene fornita in gran parte dal F.B.N. e dallo stesso
Ansinger (cfr. Becker 1966, p. 143). La legge che proibisce ì'uso e il traffico
di cannabis (Marihuana Act) viene approvata il 1 ottobre 1937.
Le attività del F.B.N. riprendono ad espandersi. I dati sulle operazioni antidroga,
che tendevano a declinare, risalgono: già nel 1938, un arresto su quattro per
droga è collegato al Marihuana Act (cfr. Young 1971 ,p.103). Sulla fondatezza
delle argomentazioni di Anslinger, vale la pena di riportare il parere della
Commissione Nazionale USA del 1972, che ha affermato che la proibizione della
cannabis è stata decretata "senza che nessuna ricerca seria e completa fosse
stata eseguita sugli effetti della marijuana: la sostanza veniva accusata di
essere stupefacente, di causare dipendenza fisica, di provocare crimini violenti
e pazzia" (National Com-mission1972,p. 16).
9.2.3 La cannabis all'O.N.U.
L'influsso determinante degli USA sulla politica della droga da parte dell'O.N.U.
è stato ampiamente documentato. Esso è ulteriormente dimostrato dal fatto che
Harry Anslinger viene nominato rappresentante degli USA alla Convenzione Unica
(C.U.) dell'O.N.U. Anslinger rimane poi nella Commissione O.N.U. per le droghe
stupefacenti fino al 1970. Le risoluzioni per mettere la cannabis nella lista
degli stupefacenti hanno motivazioni analoghe a quelle del Marihuana Tax Act.
Già nel 1955 la Commissione O.N.U. decide di inserire la cannabis nella lista
delle sostanze proibite sulla scorta di un rapporto dì P.O.Wolff dell'O.M.S.
secondo cui la cannabis ha effetti criminogeni: un documento che la Commissione
Canadese ha giudicato "scientificamente poco documentato sulla connessione fra
cannabis e criminalità" (Canad. Commission 1972,p.108).
Nel 1961, nel corso della Conferenza che ha portato alla
ratifica della Convenzione Unica, gli effetti criminogeni della cannabis vengono
denunciati dal rappresentante dell'Interpol - che evidentemente non ha alcuna
qualifica per esprimere un parere che dovrebbe essere scientifico (cfr. A.C.D.D.
1968, Appendìx 2, par.20) e da quelli di Ghana. Brasile, Venezuela (cfr.cit.,par.22).
L'allineamento alle tesi americane trova alcune notevoli eccezioni. Il rappresentante
olandese fa notare come il problema cannabis non possa considerarsi peggiore
di quello dell'alcool (cfr.cit., par. 20); quello indiano, che del problema
ha una vasta esperienza (la cannabis è usata tradizionalmente in India come
intossicante voluttuario e come medicina) smentisce che la sostanza determini
problemi sociali; quelli di. Francia e Gran Bretagna, dove la cannabis è quasi
ignota, sostengono che l'eventuale proibizione dovesse essere decisa dai governi
nazionali (cfr.cit., par. 22).
Ciononostante, la Convenzione Unica viene poi sottoscritta da quasi tutti i
paesi. La Convenzione classifica la cannabis nella Taccila IV. che è sottoposta
al massimo livello di controllo (infatti comprende anche l'eroina) con questa
motivazione:
"particolarmente adatta a determinare abuso ed effetti nocivi... questa caratteristica
non è compensata da alcun sostanziate vantaggio terapeutico".
Vale la pena di analizzare in dettaglio questa formulazione
Il termine abuso non ha un significato chiaro; esso non viene definito dal "Glossario"
della C.U., ed è stato successivamente criticato dalla stessa O.M.S. perchè
"piuttosto impreciso" e privo di oggettività in quanto indicativo di un comportamento
"giudicato da alcune persone o gruppi come sbagliato (illegale o immorale)"
(Kramer-Cameron 1975, p. 16).
Quanto agli effetti nocivi, nel dibattito generale della C.U. essi erano stati
qualificati soprattutto in termini di comportamenti criminali e malattie mentali.
Tali effetti erano dedotti da una documentazione scientificamente inadeguata,
e sono sfati esclusi da tutte le ricerche dei decenni successivi.
Resta il discorso sull'uso terapeutico. Negli anni 50, l'uso della cannabis
come farmaco è ancora abbastanza o diffuso nella medicina tradizionale di alcuni
paesi orientali (come l'India); nei paesi occidentali, dove l'uso era comunque
limitato, tende ad essere sostituito dai tarmaci sintetici.
In effetti, i lavori della C.U. cercano soprattutto di dimostrare che l'uso
terapeutico di cannabis è inopportuno.
Secondo I' Advisory Council on Drug Dependence del Governo britannico, "la presenza
della cannabis nella Tab.lV si spiega più con la diffusione del suo abuso e
la sua obsolescenza nella pratica medica che con i suoi effettivi pericoli"
(A.C.D.D. 1968 ,par.24). Dato che il concetto dì "abuso" è, come si è visto,
piuttosto vago, ne risulta che l'impossibilità di un "uso terapeutico" è l'unica
ragione oggettivamente sostenibile per cui la cannabis viene messa al bando.
Sta di fatto che, nel 1961, la cannabis non viene usata come farmaco, ma come
intossicante voluttuario da centinaia di milioni di persone. Non è quindi chiaro
il motivo per cui la cannabis debba essere giudicata secondo il parametro dell'
"uso terapeutico" e non di quello di intossicante voluttuario. Il parametro
di "uso non medico", applicato surrettiziamente ad alcune sostanze piuttosto
che ad altre, è il trucco semantico che consente alla C.U. di selezionare arbitrariamente
la categoria delle cosiddette "droghe".
Se tale parametro fosse usato per l'alcool, la C.U. non potrebbe ignorare che:
a) fin dal 1954 l'alcool era stato classificato dall'O.M.S. come una sostanza
che provoca una condizione dì dipendenza (cfr. Bruun 1975,p.176);
b) è notoriamente in grado di "provocare effetti nocivi", in particolare rispetto
ai comportamenti aggressivi;
c) non ha alcun uso medico. II confronto fra alcool e cannabis diventerà in
seguito ancora più imbarazzante, alla luce delle definizioni delle dipendenze
specifiche coniate; dall'O.M.S. nel 1965, laddove la dipendenza da alcool verrà
qualificata come una vera e propria "dipendenza fisica", come tale assai più
grave di quella da cannabis.
Ma la C.U. di alcool non parta neppure. Al contrario, vengono comunicate esplicite
istruzioni da parte dei vertici dell'O.N.U. che l'alcool deve considerarsi "al
di fuori dei termini di riferimento della Conferenza" (Official records, II,
1961:94 cit. da Bruun 1975,p.253). Va ricordato inoltre che le argomentazioni
della C.U. circa l'obsolescenza dell'uso medico della cannabis sono state clamorosamente
smentite negli ultimi anni dal riconoscimento ufficiale dell'efficacia terapeutica
della cannabis (vedi cap.6).
Per concludere, l'analisi storica della C.U. del 1961 dimostra che i motivi
addotti a suo tempo per proibire la cannabis sono tutti scientificamente insostenibili,
e non sono sostenuti neppure da chi oggi insiste a proibirla. L'atteggiamento
dell'O.N.U. non ha subito alcun mutamento fino ai giorni nostri. Al contrario,
documenti anche recenti hanno ribadito il princìpio della assoluta equivalenza
della cannabis alle altre droghe, arrivando al punto di vietare l'uso dell'espressione
"droghe leggere" (cfr UN 1987 p.49).
9.3 PROPOSTE DI RIFORMA
Proposte di riforma delle leggi proibizioniste sulla canapa sono state formulate
in molteplici occasioni da istituzioni mediche, scientifiche e politiche. Riporteremo
qui soltanto le proposte di organismi statali o governativi.
Nel 1968 il Comitato Consultivo del Governo Britannico (Comitato Wootton) raccomanda
di legalizzare la cannabis per usi medici o sperimentali, e di ridurre le sanzioni
per uso e piccolo spaccio (fino a 4 mesidi prigione e/o multa fino a 100 sterline)
(cfr. A.C,D;D., Recommenda-tions).
Nel 1972 la Commissione Nazionale USA (nominata dal Presidente Nixon) propone
la depenalizzazione completa della detenzione, uso e distribuzione di marijuana
in privato; multa di 100 dollari per detenzione in pubblico di più di un oncia,
per distribuzione in pubblico di piccole quantità, e per uso in pubblico (cfr.
National Comrhission 1972,pp.192-195).
Nel 1972, la Commissione del Governo Olandese propone la cancellazione della
cannabis dalla lista degli stupefacenti (cfr. Baan - Van Galen1972).
Nel 1972, la Commissione del Governo Canadese propone di depenalizzare il possesso
e la coltivazione di cannabis per uso personale (cfr. Ca-nad. Comm. 1972, p.302).
Da queste proposte si dissociano due dei sei membri della Commissione: secondo
I.L. Campbell, l'uso personale va punito con una multa fino a 100 dollari (cfr.cit.
pp. 310-316); M.A. Bertrand propone invece una legalizzazione completa del traffico
e dell'uso (cfr. cit.,pp. 303-310).
Nel 1977, il Comitato Parlamentare Australiano propone di decriminalizzare coltivazione
e possesso per uso personale, sottoponendoli ad una multa fino a 150 dollari
(cit. da The Journal, aprile 1978). , Nel 1989, al culmine del furore repressivo
della "guerra alla droga" di Bush, il Comitato Consultivo di Ricerca dello Stato
della California propone la legalizzazione della coltivazione e del possesso
(fino ad un'oncia) di-marijuana per uso personale (cfr. Research Advisory Pa-nel1989,p.233).
9.4 ESPERIENZE DI RIFORMA
Le riforme alla politica della cannabis si sono concretate in tre livelli:
a) decriminalizzazione: il comportamento (uso, produzione o vendita) è equiparato
ad infrazione minore, punibile con la multa;
b) depenalizzazione: il comportamento è forma/mente un reato, ma di fatto non
è punito;
c) legalizzazione: il comportamento è legalizzato dì fatto e di diritto.
9.4.1 Decriminalizzazione
in USA: 1973-1980
La cannabis è stata decriminalizzata fra il 1973 e il 1978 in dieci stati USA:
Oregon (1973), Colorado, Ohio (1975), Califomia, Maine. Minnesota (1976), Mississippi,
N. Carolina, New York (1977). Nebraska (1978).
In questi stati, il possesso per uso personale di marijuana fino a un'oncia
(28,5 grammi) è un reato minore, punito con una multa fino a 100 dollari. In
pratica, le multe venivano applicate molto di rado. Se poi si considera cne
la coltivazione di marijuana veniva tacitamente tollerata, si può dire che per
un certo periodo l'uso di marijuana è stato sostanzialmente legalizzato.
La situazione è poi radicalmente cambiata con la presidenza Reagan: a partire
dai primi anni 80. Le coltivazioni sono state progressivamente eliminate, e
la decriminalizzazione dell'uso è stata di fatto annullata da una serie di provvedimenti
extra-gìudiziarì adottati dal governo USA contro i consumatori di tutte le droghe.
Sono peraltro interessanti le conseguenze che la decriminalizzazione ha avuto
sul consumo della sostanza, nell'Oregon si è registrata, fra il 1974 e il 1976,
questa evoluzione:
- aumento dei consumatori occasionali (almeno una volta nella vita) dal 19 al
24%;
- aumento dei consumatori correnti (quelli che hanno usato la sostanza almeno
una volta nell'ultimo mese) dal 9 al 12%.
L'evoluzione del livello di consumo fra i consumatori definiti "correnti" era
la seguente:
- uso aumentato nel 9% dei soggetti;
- uso inalterato nel 50%;
- uso diminuito nel 39% (cfr. Drug Abuse Council 1977. p.92).
Vi è quindi un aumento (seppure contenuto) del numero dei consumatori, ma una
riduzione complessiva del livello dì uso.
In California, si è registrato un aumento dei consumatori: dal 9 al 14% della
popolazione adulta; ma si è avuta una diminuzione complessiva dei livelli di
uso:
- uso frequente (circa una volta al giorno o più): -7%
- uso medio (da una a qualche volta la settimana):+2%
- auso sporadico (meno di una volta alta settimana): +6%
Disaggregando i dati per età, risulta che l'aumento più marcato riguarda la
fascia dei 30-39enni (cfr. Arnao 1982, p.161).
La decriminalizzazione in California ha determinato anche un risparmio di circa
100 milioni di dollari all'anno da parte dell'amministrazione della giustizia
(cfr. Aldrìch - Mikurìya 1988, p.80).
9.4.2 Legalizzazione in Alaska: 1975-1990
A differenza che negli altri Stati USA, in Alaska vi è stata una legalizzazione
non soltanto "di fatto", ma anche "di diritto": nel 1975, la Corte Suprema ha
sancito il diritto costituzionale dei cittadini di coltivare, possedere e usare
marijuana (fino a 4 once =113 grammi) in privato per uso personale, in aperta
e clamorosa contraddizione con la Convenzione dell'O.N.U. L'altra singolarità
del caso dell'Alaska è che il prowedimento è stato motivato su basi sanitarie.
Infatti, la Corte ha considerato che le conseguenze provocate dall'alcoolismo
in Alaska ("danni .alla salute, morte, violenza su familiari, abuso di minori
e criminalità") erano di gran lunga superiori ai rischi dell'uso di marijuana
(cit. da Trebach 1987, p.103) - riconoscendo che l'uso di cannabis- può vantaggiosamente
sostituire quello di alcool.
Non risulta che la decriminalizzazione della marijuana in Alaska, durata per
quindici anni, abbia provocato effetti negativi. Nel 1982, la prevalenza di
uso quotidiano di marijuana fra gli studenti dell'Alaska era del 4%, contro
il 6,3% degli studenti USA (cfr.cit, p.103). Al contrario, nel periodo 1982-1988
l'uso di cocaina fra i teenagers è diminuito molto di più che nel resto degli
USA (cfr. New York Times, 24 ottobre 1990).
Nel novembre 1990 la legalizzazione è stata sottoposta a un referendum, appoggiato
dal governo federale USA e finanziato dall'industria petrolifera (cfr. cìt.).
La proibizione della marijuana è stata ripristinata con una maggioranza del
54%.
9.4.3 Depenalizzazione in Olanda
A partire dal 1976, il governo olandese ha depenalizzato "di fatto" l'uso, il
possesso e la vendita al dettaglio della cannabis; la legge prevede formalmente
sanzioni per questi comportamenti, ma non viene applicata in base a motivi di
priorità stabiliti dal Ministero della Giustizia. La vendita della cannabis
avviene in piccoli bar, chiamati "coffee shop" i cui gestori sì impegnano a
non esporre richiami pubblicìtari, a vietare l'uso di altre droghe, a limitare
la vendita ai maggiorenni.
A distanza di quasi un decennio, la prevalenza di uso dì cannabis fra i giovani
ha segnato questa evoluzione:
- 15-16enni: 3% nel 1976, 2% nel 1985;
- 17-18enni:10%nel1976,6% nel 1985;
Secondo un'inchiesta eseguita nel 1984 nelle scuole, la prevalenza degli studenti
che usa cannabis quotidianamente è dell'1 per 1000 (cfr. Engelsman 1987, p.57).
9.4.5 Decriminaiizzazione in Sud Australia
In Sud-Australia (uno Stato a governo laburista) vige dal 1987 la "cannabis
expiation notice" (C.E.N.), secondo cui le "infrazioni semplici per cannabis"
sono punite con una multa: i reati che rientrano nella C.E.N. sono:
- possesso di marijuana fino a 100 grammi e di hashish fino a 20 grammi;
- coltivazione fino a mille piante:
- possesso di accessori per uso e coltivazione.
Non rientra nella C.E.N. l'uso di cannabis in pubblico o in veicoli.
Altri comportamenti relativi a possesso o coltivazione di quantitativi maggiori
restano reati penali. La legge è in vigore nello Stato della Sud-Australia,
ed è stata confermata dal Parlamento nel marzo 1990, quando l'opposizione ha
presentato emendamenti per abolire la C-E.N. La C.E.N. non ha determinato un
aumento di consumatori nella popolazione scolastica (cfr. Sutton - Sarre 1992,
p.579-590).