Il blog specializzato in coltura della cannabis, Alchimia web, racconta che nel 1998 “Consolidated Growers and Processors (CGP), l’azienda Phytotech, e l’Istituto di Bast Crop dell’Ucraina cominciarono i loro esperimenti piantando diverse specie vegetali per l’eliminazione dei metalli contaminanti sul suolo di Chernobyl“. Grazie ad un processo chiamato fitodepurazione, “le piante che hanno dato i migliori risultati sono il girasole e la cannabis, con una depurazione dell’80% del suolo di una zona infettata“.
Bernard Bigot, amministratore generale del Commissariato all’energia atomica (CEA) aveva evocato questa soluzione sul giornale Midi Libre lo scorso 8 aprile: “E’ sufficiente raccogliere la pianta, farla seccare e poi bruciarla, le ceneri in seguito vengono trattate come rifiuti nucleari“. Contattato dal quotidiano Liberation precisa tuttavia che “bisogna bruciare le piante contaminate in un luogo adatto munito dei necessari filtri per trattenere la contaminazione”, altrimenti c’e’ rischio di produrre un fumo radioattivo.
Per Jacqueline Garnier-Laplace dell’Istituto di Radioprotezione e Sicurezza Nucleare (IRSN), certe piante possono essere riutilizzate come biodiesel. Alcuni ricercatori citati dal quotidiano Le Parisien sostengono che “la colza ha la capacita’ di riassorbire le concentrazioni di superficie del cesium 137 e dello stronzio 90, che sono due radionucleidi che si trovano maggiormente nei territori contaminati in Ucraina e Bielorussia. Una volta raccolto, l’olio di colza sembra poco contaminato e puo’ essere riutilizzato per fabbricare del biodiesel”.
A parte gli estimatori della marijuana, anche se la coltivazione di piante di cannabis sembra possibile per la legislazione giapponese, questa ipotesi lascia scettici gli ecologisti.
Stéphane Lhomme, presidente dell’Osservatorio del nucleare, ritiene che “questa soluzione e’ aneddotica e ridicola per numerose ragioni. Bisognerebbe ricoprire tutte le zone con piantagioni di cannabis, e’ impossibile, e’ assurdo”. “Siamo nella fase della ricerca di soluzioni miracolose ma non c’e’ niente di possibile. In Ucraina e Bielorussia, 25 anni dopo, ci sono ancora milioni di persone che vivono nelle zone agricole sempre contaminate dal cesio. E ci sono segnali che la situazione si aggravi”.
In tutti i casi, in attesa che accada qualcosa, sul sito Cannaweed.com l’internauta Crécrerelle fa notare che non fumera’ piu’ canne giapponesi.
fonte: Notiziario Aduc