Senza l'IO. Psicoterapia e Bhuddismo.
Salve, mi sto’ interessando ultimamente, alla psicoterapia e al buddhismo, purtroppo soffro di disturbi bipolari, avevo nutrito molte speranze nella meditazione, ma come sospettavo i miei dubbi si sono rivelati fondati…di seguito un brano tratto dal libro di Mark Epstein “Psicoterapia senza l’IO. Una prospettiva buddhista.”:
“ All'epoca (la metà degli anni '80), si andava
affermando l'idea, nell' ambiente della psicologia transpersonale californiana,
che lo sviluppo spirituale dovesse avvalersi di una solida
base di sviluppo psicologico; che la psicoterapia, qualora necessaria,
potesse essere fruttuosamente intesa come un preludio al lavoro spirituale.
Questo punto di vista viene riassunto efficacemente dallo
psicologo Jack Engler, che intorno a quegli anni scrisse: "Prima di
riuscire a non essere nessuno, bisogna essere qualcuno" (Engler,
1986,p.47).
Engler rispondeva a una tendenza preoccupante notata da lui come
da altri: i seguaci occidentali delle discipline orientali che si lanciavano
nella pratica della meditazione intensiva senza un'adeguata preparazione
soffrivano a volte di disturbi emotivi. Molti praticanti
motivati, delusi dalla terapia o da quanto essa sembrava promettere,
si rivolgevano alla meditazione nella speranza di risolvere i propri
problemi psicologici, ma vedevano emergere materiale emotivo che
né loro né i loro insegnanti erano in grado di affrontare . Engler notò
giustamente la prevalenza di patologie borderline e narcisistiche fra
molti di coloro che erano attratti dalla meditazione, e suggerì che la
psicoterapia fosse un approccio preferibile per chi avesse un senso
del sé scarsamente coeso. I terapeuti di formazione analitica avevano
più familiarità con questo tipo di patologie in più, possedevano un
bagaglio tecnico specifico, sapevano come gestire i fenomeni transferali
e potevano impegnarsi in quel tipo di esplorazione a lungo termine
nel contesto di una relazione a due, che si richiede in tali casi.
Per converso, gli insegnanti buddhisti, orientali o occidentali che
fossero non avevano per lo piu’ una formazione psicoterapeutica,
erano impreparati a fronteggiare l’intenso disagio che poteva emergere
nei praticanti occidentali, e non erano motivati a sostenere un
rapporto interpersonale a lungo termine con gli studenti incontrati a
un seminario o a un ritiro. Engler cercò di ovviare a un problema
molto concreto, suggerendo che la meditazione fosse una sorta di
meta-terapia, adatta a chi avesse già superato con successo le varie
fasi di sviluppo della personalità, ma sconsigliabile a chi ancora avesse
del lavoro da fare sul piano psicologico. “
un brano lungo da leggere, ma se qualcuno di buona volonta’ ed esperienza sapesse darmi lumi in merito gli sarei grato.