Se fossimo nel Seicento, la scienza ufficiale non darebbe assolutamente credito alle teorie di Galileo.
Capisci cosa intendo?
Anche quando si parla di scienza bisogna saper "distinguere il grano dalla crusca", altrimenti si cade in un altra cieca credenza.
Tu credi che la scienza ufficiale sia trasparente come un laghetto di montagna?
Anche in questo caso si tratterebbe di "credere". Io almeno ti parlo di "esperienze dirette". Mi sembrano un po' troppe le coincidenze per parlare solo di effetto placebo. Prendo oscillococcinum tutti gli inverni a scopo di prevenzione e mai che mi sia venuta un influenza. Prima invece mi veniva. Suggestione? Sarà.
Io invece credo che la scienza si sia adeguata come molte cose all'unica logica oggi possibile: quella del mercato.
Siamo in un'epoca in cui il flusso pressoché illimitato di dati grazie alla tecnologia, invece che averci reso più consapevoli, ci ha reso più sballottati, più influenzabili (infatti è nata una nuova figura professionale, l'influencer…) più spiazzati e molto più in preda al terrore (prima ancora che al terrorismo).
A questo punto per distinguere cosa è vero da cosa non lo è ci sono solo due metodi (lasciamo perdere i libri, che in questo caso, significa credere a ciò a cui altri credono):
1. L'esperienza diretta
2. Il "sentire", l'"istinto", sento che una cosa è buona, sento che una cosa mi fa chiudere il cerchio rispetto ad un'idea che avevo.
Masaru Emoto non ha fatto altro che rendere concreta, tangibile e visibile quella che finora era solo stata un'impressione, un sentire, un sentimento.
A me piace ciò che mi fa stare bene.
Se ci pensi ciò che ti fa stare male, oggi, è falsa propaganda. Non conduce alla verità, perché la verità è bellezza, e sta molto molto più in alto delle favole che ci raccontano per spartirsi quattro formaggini quaggiù. I soliti, sempre gli stessi, tra l'altro.