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Discussione: Ecovillaggio Dolce Vita/Enjoint?

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  1. #1
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    Ragazzi, scusate l'ignoranza...potete spiegarmi in cosa consiste? :D
    Non l'amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia...datemi la verità!

  2. #2
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    ...Stupendo, un sogno covato da decenni!!! Go, Freacky Farmers!!! GoGoGo!!!

    Per il posto, sull'appennino tra Liguria e "Val Padana" (no padania, please!), di posti abbandonati e sfruttabili è pieno, inoltre abbiamo ottimi possibili consulenti, sul vivere isolati, come @Pawan Kumar - ASCIA, che credo/spero disponibile a metterci la sua esperienza...
    (cit. F. De Andrè)
    Per strada tante facce non hanno un bel colore,
    qui chi non terrorizza si ammala di terrore,
    c'è chi aspetta la pioggia per non piangere da solo,
    io sono d'un altro avviso,son bombarolo!
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  3. #3
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    w l'anarchia!!!!

  4. #4
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    Citazione Originariamente Scritto da punk lover Visualizza Messaggio
    w l'anarchia!!!!
    Anch'io l'amo...per questo sono solo!

    L'anarchia non potrebbe entrare nel villaggio purtroppo anzi qualcosa mi fa pensare che ci sarebbero delle regole ferree, pena il fallimento di cui ipotizzava Pawan
    Tessera ASCIA n.479

  5. #5
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    E' più fattibile di quanto si pensi!!! La sana cooperazione funziona di brutto!!
    Stay tuned!

  6. #6
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    Quella di un ecovillaggio enjoint di @ecko è un'idea per me molto interessante, dalle grandi potenzialità.

    @wow un ecovillaggio è fondamentalmente un'esperienza di vita alternativa comunitaria, vissuta in un ambiente naturale, come un villaggio in campagna o in montagna o anche sul mare o su un lago, generalmente improntata su tecniche agricole e artigiane ecosostenibili, con un certo livello di autosufficienza.
    Negli ultimi decenni gli ecovillaggi sono fioriti numerosi in tutto il mondo, ognuno è una storia a sé, alcuni si sono sciolti, altri ancora resistono, altri se ne creano, tutti cambiano costantemente alla ricerca di un'armonia migliore.
    Non sono per tutti, ma certamente solo per persone molto speciali, che siano disposte a metterci in gioco tutta la loro esistenza, bisogna sentirselo dentro in una maniera fortissima. Ed è molto importante essere un gruppo di persone capaci di essere molto affiatate e che condividano gli stessi valori di base che animano la comunità stessa.
    Certo è nella nostra natura sociale ancestrale vivere in un una comunità stretta, il villaggio tribale è stato da sempre la forma di aggregazione umana di tutti i popoli, in ogni epoca preistorica e storica, in tutti i luoghi, anche dopo la formazione delle prime città. La necessità di sopravvivere e di difendersi erano il cemento legante della comunità tribale arcaica, determinavano un senso di appartenenza al villaggio e una capacità di sacrificio individuale spontaneo e naturale per il bene di tutta la collettività, che veniva vissuta come una grande famiglia alla quale si era fieri di appartenere. Si viveva pienamente appagati del semplice lavorare insieme e del sostenersi a vicenda, dall'affrontare insieme le avversità e risolverle, ognuno mettendo il meglio che poteva di sé stesso. Ma non sono tutte rose e fiori, come non lo erano neanche allora.
    Personalmente, dalle diverse esperienze di vita comunitaria che ho vissuto negli ultimi 38 anni, ritengo che noi moderni civilizzati abbiamo perso molto di questa capacità di vita comunitaria e dobbiamo anche lavorare su noi stessi, sul nostro individualismo egocentrico, per ritrovare, insieme ad altri, la capacità di vivere armonicamente con gli altri e la natura in modo semplice.
    @bluedigit, vi dico queste cose non per distruggervi i sogni sul nascere, perché credo, invece, che ogni storia sia unica in sé e il sogno di una vita comunitaria è stato anche il mio da quando ero ragazzo (gli anni '70) e secondo me vale sempre la pena di tentare almeno un'esperienza di vita comunitaria nella nostra breve vita.
    Ho fatto la mia prima esperienza veramente forte di vita comunitaria nel 1976, a 16 anni, in due viaggi in Friuli come volontario per la ricostruzione di un piccolo villaggio di montagna dopo il forte terremoto distruttivo del maggio 1976, è stata una bellissima esperienza umana che mi ha toccato e da allora ho ricercato e vissuto anche diverse altre esperienze di vita comunitaria, sia in Italia che in India, ho seguito gli sviluppi degli ecovillaggi negli ultimi 20 anni, ho anche degli amici che sono venuti qui a cavalcare che vivono nell'ecovillaggio di Upacchi, uno dei primi nati in Italia, vicino Anghiari, prov. di Arezzo, e sono stato diverse volte a trovarli là.
    Anche nell'Appennino Umbro-Marchigiano e in quello Tosco-Emiliano e Tosco-Romagnolo, dove vivo, si potrebbero trovare casolari e villaggetti da comprare in posti bellissimi, ma stanno rimanendo solo quelli più sperduti e diroccati, perché se li stanno comprando gli stranieri (per lo più tedeschi e inglesi con soldi da investire in ristrutturazioni).
    Per esempio, qui a 6 chilometri da me c'è una bellissima ex azienda agricola agrituristica in vendita dalla mia banca a un prezzo ragionevole, con bella casa grande già ristrutturata, piccola cucina per il ristorante agrituristico a noma di legge, con strutture di maneggio per cavalli e box già costruiti, svariati ettari di terreno lavorabile, in un posto rupestre veramente spettacolare, a 500 metri dalle rupi spettacolari del paese e della rocca che torreggiano maestose davanti e a soli 300 metri dalla strada provinciale montana, questa azienda è chiusa e abbandonata da tre anni e messa in vendita all'asta dalle banche a seguito di fallimento, (in paese si dice che l'ultimo proprietario fosse un poco di buono) sono già due o tre volte che l'asta va deserta e nessuno la compra... Se avessi i soldi la comprerei io, per lavorare coi miei cavalli in passeggiate eco turistiche nei parchi montani circostanti, solo che per me da solo e senza soldi sarebbe comunque troppo grande da gestire, ma con un piccolo gruppo di persone affiatate e motivate, appassionate di cavalli, attività agricole, agriturismo e corsi vari, la storia potrebbe avere interessanti sviluppi, anche nel campo delle opportunità lavorative per i partecipanti, considerando la pubblicità che internet consentirebbe di fare all'estero, per esempio in Germania, Svizzera, Scandinavia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Australia, Nuova Zelanda, paesi in cui girano i soldi e la passione di fare delle vacanze alternative, come esplorare a cavallo un territorio così bello come il Montefeltro. Queste sono le potenzialità che secondo me una tale azienda potrebbe offrire.
    Io, per esempio, ci potrei mettere i miei cavalli con tutte le selle e i finimenti e la mia esperienza per l'addestramento e per le escursioni ecoturistiche a cavallo, la mia esperienza di agricoltura e permacoltura, di apicoltura (per proteggere le api) più 20 arnie, di corsi di Yoga e arti marziali, di cucina mediterranea vegan e macrobiotica, i contatti locali che ho sviluppato negli ultimi 24 anni.
    Questo tipo di cose si potrebbero provare in ogni bella zona montuosa o di mare o lacustre d'Italia, e rilancio l'idea di ecko pensando addirittura a diversi ecovillaggi futuri di Enjoint che potrebbero svilupparsi in tutta Italia, sulle Alpi, gli Appennini e le nostre bellissime Isole, con gli Enjointers del luogo, dove si creano le occasioni, ognuno con le sue peculiarità, dall'agricoltura biologica all'artigianato, dalle gite turistiche in barca alle escursioni naturalistiche in parchi e luoghi di interesse.
    Potrebbe essere un modo bellissimo di viverci una nostra vita alternativa ecosostenibile in Italia e di guadagnare dignitosamente quanto ci serve.
    Però, ovunque e in ogni caso, servirebbe un gruppo veramente affiatato di persone veramente giuste, perché già sarebbe difficile solo per il fatto di farlo in Italia, se poi ci si mette a litigare per questioni personali da poco, si è già sconfitti in partenza. La cosa più difficile, secondo la mia esperienza, è mettere insieme le persone veramente giuste, per non disperdere energie, risorse e tempo in tentativi troppo infruttuosi.
    Vogliate perdonarmi il poco entusiasmo, quando ero ragazzo ne avevo tantissimo, ma ne ho viste di tutti i colori, ho vissuto delusioni e amarezze di tutti i tipi ed ora preferisco un allegro distacco ed il realismo, o, meglio, quello che ritengo sia realismo dal mio punto di vista. Non a caso ho finito per fare l'eremita.
    Secondo me, quindi, prima di imbarcarsi nell'avventura (stupenda) di un ecovillaggio, sarebbe saggio conoscersi prima personalmente, meglio lavorando anche insieme per qualcosa di più piccolo inizialmente, così da mettersi reciprocamente alla prova e di potersi scegliere i compagni più congeniali.
    Questo potrebbe essere il primo passo da fare, poi i posti si trovano.

  7. #7
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    Potrò essere lì, non prima del tardo pomeriggio il 6, ma cercherò di esserci!!!!!!!!!!!!!!!!!

    ps. Isopaz, .....scusa????
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    "Rammentiamoci sempre che ogni qualvolta lasciamo scritto qualcosa,si lascia solo delle parole messe li,ognuno poi le interpreta come vuole,non é la stessa conversazione fatta faccia a faccia .." cit. Dantep

  8. #8
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    Beh devo dire che la cosa è molto interessante! Forse un po' difficile, sicuramente un cambiamento drastico. Non so se riuscirei a viversi 365 giornil'anno, ma se doveste fare una cosa del genere verrò a trovarvi sicuramente qualche settimana l'anno! :D Ovviamente si può coltivare erba, si?
    Non l'amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia...datemi la verità!

  9. #9
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    Così finisce subito che l'ecovillaggio lo facciamo in galera: l'ecoprigione! Stili di prigionia alternativi. Sai che divertimento! Già l'ho fatto.
    Però, dato che ci sono già stato, preferirei allora continuare a fare l'ecoeremita sobrio ma libero e continuare a cavalcare. E a combattere il proibizionismo.

    Battute a parte, credo che la tua battuta sia un'occasione per chiarire a tutti il fatto che una comunità o un ecovillaggio enjoint debba essere basato sulla sperimentazione di stili di vita alternativi comunitari e di lavori in equilibrio con l'ambiente naturale piuttosto che sulla coltivazione illegale segreta di canapa.
    E' evidente che sarebbe strategicamente stupido fare l'opposto, creare una comunità o un ecovillaggio significa metterci la faccia e il nome, non è come l'anonimato permesso da internet. E' ovvio che le forze dell'ordine svolgano poi dei controlli in una comunità dichiaratamente antiproibizionista. Sarebbe come dipingersi un bersaglio sul petto.
    Metterci faccia e nome insieme al nome di Enjoint, secondo me, richiede di essere impeccabili e irreprensibili nel rispetto della legge, questa è una parte del sacrificio personale richiesto a chi partecipa in prima persona, bisogna pensarci bene prima di decidersi.
    Altrimenti è meglio continuare a rimanere anonimi. In una comunità lo sbaglio grave di un singolo viene pagato inevitabilmente da tutti.
    Sarebbe assurdo creare una comunità enjoint e metterci la faccia per farsi beccare subito a coltivare ganjia e chiudere subito per finire in galera, non credete?
    Che ne pensate?

  10. #10
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    Citazione Originariamente Scritto da Pawan Kumar - ASCIA Visualizza Messaggio
    Così finisce subito che l'ecovillaggio lo facciamo in galera: l'ecoprigione! Stili di prigionia alternativi. Sai che divertimento! Già l'ho fatto.
    Però, dato che ci sono già stato, preferirei allora continuare a fare l'ecoeremita sobrio ma libero e continuare a cavalcare. E a combattere il proibizionismo.

    Battute a parte, credo che la tua battuta sia un'occasione per chiarire a tutti il fatto che una comunità o un ecovillaggio enjoint debba essere basato sulla sperimentazione di stili di vita alternativi comunitari e di lavori in equilibrio con l'ambiente naturale piuttosto che sulla coltivazione illegale segreta di canapa.
    E' evidente che sarebbe strategicamente stupido fare l'opposto, creare una comunità o un ecovillaggio significa metterci la faccia e il nome, non è come l'anonimato permesso da internet. E' ovvio che le forze dell'ordine svolgano poi dei controlli in una comunità dichiaratamente antiproibizionista. Sarebbe come dipingersi un bersaglio sul petto.
    Metterci faccia e nome insieme al nome di Enjoint, secondo me, richiede di essere impeccabili e irreprensibili nel rispetto della legge, questa è una parte del sacrificio personale richiesto a chi partecipa in prima persona, bisogna pensarci bene prima di decidersi.
    Altrimenti è meglio continuare a rimanere anonimi. In una comunità lo sbaglio grave di un singolo viene pagato inevitabilmente da tutti.
    Sarebbe assurdo creare una comunità enjoint e metterci la faccia per farsi beccare subito a coltivare ganjia e chiudere subito per finire in galera, non credete?
    Che ne pensate?
    Hai toccato dei punti interessanti e realistici! Chiaramente non e' implicito che ecovillaggio = coltivazione/breeding cannabis....ma meglio non girarci intorno alla questione altrimenti sarebbe un fallimento gia' in partenza. Poi vorrei aggiungere che la politica/politiche meglio lasciarle fuori dei cancelli se no sarebbe un'altro centro sociale versione 'contadina'. Io parlo da esperienza personale..un ecovillaggio per funzionare deve avere regole chiare, scopi chiari e sopratutto operare in maniera legale. Se poi un giorno cambia qualcosa in questo paese sarei uno dei primi ad investire denaro, dedicare terreno ed offrire lavoro per fare del vero 'breeding' al'italiana che farebbe sbavare americani e canadesi...lasciamo stare amsterdam che tanto...

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