03/Dicembre/2013 - H. 12.29
RAVENNA - Otto piante di marijuana sul davanzale. E un altro po’ di hashish sul suo tavolo da pranzo. Una quantità di droga che al protagonista di questa vicenda poteva costare davvero cara: una condanna a quattro anni e tre mesi di carcere oltre a una multa da 20 mila euro. Perché tanto aveva chiesto la procura. E invece l’imputato è stato assolto, anche se sotto il cosiddetto “II comma”, formula usata dai magistrati quando la prova raccolta è contraddittoria o insufficiente. Per sapere perché, dovremo aspettare che entro 90 giorni il giudice Milena Zavatti depositi le motivazioni della sua decisione.
L’accusato, difeso dall’avvocato Nicola Casadio, è un 61enne di San Pancrazio praticamente incensurato (l’unica grana a suo carico è una guida in stato di ebbrezza contestatagli a metà anni ‘90). Nei guai per la droga ci è finito nel pomeriggio del 20 settembre 2011 quando i militari della guardia di Finanza hanno bussato al suo portone. Nell’alloggio c’erano quelle otto piante di marijuana sistemate in un paio di vasi. Più circa 3,5 grammi di hashish in soggiorno. Tutto sequestrato e congelato in un verbale per due capi d’accusa di non poco conto: la produzione di sostanza stupefacente; e la detenzione di droga ai fini di spaccio sebbene il padrone di casa avesse subito detto che era roba per uso personale. Certo, le piante, ancora piccole, non erano pronte a essere fumate. Ma lo specifico test aveva sgomberato il campo da ogni dubbio: si trattava proprio di marijuana. Da qui il calcolo della pesante richiesta pena formulata ieri mattina in tribunale.
La difesa se l’è giocata su due fronti: in primis ha rilevato che nella casa dell’uomo non erano stati trovati né strumenti del mestiere quali bilancini di precisione o materiale per confezionare le eventuali dosi; né tantomeno contanti che potessero fare pensare a un’avviata attività di spaccio. Ma soprattutto - ha continuato la difesa - l’uomo è afflitto da varie preoccupazioni economiche: e così coltivava in proprio le piante piuttosto che andare a comperare la roba da qualsivoglia spacciatore di strada, in questo modo sottraendo peraltro soldi alla criminalità. Non sappiamo se siano proprio queste le argomentazioni che hanno convinto il giudice. Di sicuro non è cosa frequente potere raccontare di un’assoluzione con tutte quelle piante stupefacenti in casa.