E’ l’appello lanciato da Juan Manuel Santos, il Presidente della Colombia, il paese primo esportatore di droga al mondo. Il suo è un appello ai leader mondiali affinchè abbiano un approccio coordinato nel trattare il narcotraffico e l’uso delle droghe pesanti come la cocaina e l’eroina.
“Il mondo ha bisogno di discutere nuove strategie di azione e di sviluppare più cooperazione non solo dall’America Latina ma anche in Europa e dagli Stati Uniti, paesi che tendono a sottovalutare l’importanza di questo crimine, sminuendo anche l’efficacia delle nostre azioni. Legalizzare le droghe leggere come la cannabis potrebbe rivelarsi una mossa vincente, solo se fatta a livello globale” – ha spiegato.
Per la Colombia è una questione di sicurezza nazionale. Il traffico di droga finanzia la violenza e i gruppi criminali. E’ per tale motivo che Juan Manuel Santos cerca partners ed appoggi che ne condividano l’iniziativa, se facesse il passo lui per primo sarebbe crocifisso e tacciato, quanto meno, di collusione con i cartelli.
La Colombia è, senza dubbio, il Paese che più ha sofferto ed è maggiormente impegnato nella lotta al narcotraffico. Santos, è uno dei combattenti di spicco nella guerra contro le droghe ed il suo appello teso alla liberalizzazione di quelle cosiddette leggere, sembra più una inconsapevole resa che una presa di posizione, seppure comprensibile, volta a trovare soluzioni alternative in un settore così difficile e particolare.
Il mondo globalizzato, i trattati tra Paesi, i protocolli, le collaborazioni e la facilità di connettersi in “rete” scambiando informazioni e conoscenze, nei fatti altro non sono che semplici esternazioni e palliativi. Lo dimostra il risibile interesse che i Governi e le Amministrazioni internazionali riservano alle problematiche dirette a fronteggiare lo spaccio degli stupefacenti, lasciando la materia all’esclusiva competenza di chi sul campo ne deve contrastare il fenomeno e bloccare lo smercio e prima ancora la produzione. Nei fatti vi è scarsa univocità d’intenti e le prese di posizione del Presidente Juan Manuel Santos, appaiono uno sfogo ultimo da parte di un uomo che non sa più che pesci prendere.
In Europa e negli Stati Uniti il traffico di sostanze stupefacenti è visto più come una questione di salute e di criminalità connessa, che un’emergenza planetaria da bloccare all’origine, appoggiando e sostenendo quei Paesi che per primi ne combattono la coltivazione e l’esportazione.
Al Presidente Santos dobbiamo essere grati per l’impegno profuso nel contrastare criminali senza scrupoli ed a lui deve andare la più completa solidarietà. Ciò detto, però, non mi sento di appoggiare e condividere la sua proposta. Le droghe sono tali, leggere o pesanti che siano. La distinzione si concretizza negli effetti che producono attraverso la loro assunzione. Peraltro, non è detto che chi spaccia sia esso stesso assuntore.
Per cui, facciamo attenzione e riflettiamo bene sulla possibilità di legalizzare una sostanza, seppure considerata leggera, che non aiuta comunque chi ne fa uso a migliorare la propria condizione.
I primi a sollecitarne la legalizzazione sono stati i Radicali, il partito Transnazionale da sempre impegnato a promuovere battaglie avverso ogni tipo di divieti o imposizioni Stataliste, viste come la negazione della libertà individuale. Il suo leader massimo Marco Pannella durante gli anni della prima Repubblica ne fece una battaglia politico-parlamentare, lasciandosi platealmente più volte denunciare dopo aver pubblicamente assunto hascisc.
Erano gli anni della contestazione giovanile, delle lotte studentesche, delle brigate rosse, degli anarchico-insurrezionalisti, erano i tempi delle stragi e della legge che consentiva l’aborto assistito, che autorizzava il divorzio tra i coniugi. Stravolgimenti e liberalizzazioni sociali che dettarono cambiamenti profondi nella vita di noi cittadini. E’ il mondo che cambiava. Come cambiò negli anni seguenti l’approccio che l’Autorità Politica ebbe nei confronti delle droghe, considerate appunto leggere. Modificando l’impianto giuridico-penale, il Parlamento depenalizzò la norma che ne prevedeva la restrizione. Il famoso spinello venne considerato un peccato veniale e pertanto declassato e sottoposto non più al controllo dell’Autorità Giudiziaria, ma a quello Amministrativo, in specie il Prefetto, che dispone e vigila sul segnalato che ne fa un uso personale.
A ben guardare, quindi, un cambiamento non da poco nel nostro costume e nel nostro ordinamento c’è stato, eccome, per le droghe come l’hascisc o la cannabis.
Renderle del tutto libere e fuori controllo sarebbe, a mio parere, una sciocchezza. Non siamo ancora pronti ad una eventualità del genere, soprattutto oggi, dato che i nostri giovani hanno perso punti di riferimento importanti come la famiglia, il lavoro, gli ideali, la voglia di guardare avanti con fiducia.
L’Italia ha una sua connotazione sociale estremamente particolare, da sempre. E’ il Paese dove è nata la mafia e per giunta quello che l’ha esportata. Come la Colombia, anche noi subiamo il deflagrante impatto che i mafiosi producono sul nostro territorio. Paragonando la proposta di Juan Manuel Santos in tema di legalizzazione delle droghe, sarebbe come se il nostro Presidente Napolitano proponesse un accordo con alcune cosche o ‘ndrine di non belligeranza o di sopportazione reciproca, in una sorta di collaborazione bilaterale.
Un’assurdità impraticabile, d’accordo, ma è il senso di quanto si potrebbe immaginare nell’ipotesi in cui venisse legalizzata la cannabis o qualsiasi altra sostanza ritenuta droga.
Non siamo pronti, né mai dovremmo esserlo, a mio parere.
di Francesco Saverio di Lorenzo
fonte: mondoliberonline.it