Conclusa la street parade incontriamo Chiara, una delle organizzatrici di Canapisa da molti anni all’interno dell’osservatorio antiproibizionista che ha dato vita a questa manifestazione che nonostante le difficoltà degli ultimi anni è ancora in piedi. A lei porgiamo alcune domande a commento dell’edizione 2012 e più in generale sulle politiche attuali sulle droghe in Italia.
Canapisa 2012 resiste. L’unica manifestazione antiproibizionista rimasta in Italia? Perché?
Ebbene sì, resistiamo! Dopo il duro attacco di Giovanardi dell’anno scorso e le sue dichiarate intenzioni di reprimere ogni movimento di controinformazione sulle sostanze, noi continuiamo a scendere in strada, ogni anno, fino alla fine del mondo proibizionista! Non siamo rimasti gli unici in italia a fare antiproibizionismo, anzi, quest’anno abbiamo riattivato una rete nazionale antiproibizionista. Possiamo però dire che siamo rimasti gli unici a portare in strada la forma della streetparade, con sounds, furgoni, musica, colori e migliaia di persone che si divertono alla faccia di chi ci vuole criminalizzare o medicalizzare! Diamo spazio alle realtà che sempre più vedono restringersi i propri spazi di socializzazione, di autogestione e di comunicazione, in una società che crede solo nel valore dello spread e non nell’energia che l’unione e la determinazione di più persone possono dare!
(Nota dell’Enjointeam: esiste anche la Million Marijuana March di Roma, che è più viva che mai)
Come è stata l’organizzazione di questa edizione quali scelte, quali problemi?
Possiamo dire di essere soddisfatti delle scelte che abbiamo fatto quest’anno. Le persone partecipanti aumentatno di anno in anno e questo rappresenta per noi una conferma. L’arrivo al carcere è stato significativo e simbolico. Il 40% delle persone detenute è lì dentro per la legge fini-giovanardi e per reati connessi. Siamo arrivati lì per dire che il proibizionismo genera solo criminalità, massimizzando i danni o peggio ancora uccidendo le persone, come nei casi di Aldrovandi, Bianzino, Uva, Cucchi e molti altri! I problemi sono questi e non di certo quelli logistici o di organizzazione della giornata, come invece cercano di far credere le istituzioni.
Come è andata, cosa è successo, e cosa emerge?
La giornata è andata motlo bene. Le persone hanno risposto nel miglior dei modi al nostro appello e lo hanno dimostrato portando tutta la loro positività! Siamo una fitta rete di realtà che collaborano ormai da anni per portare avanti questa lotta e lo facciamo mettendo prima di tutto in pratica la riduzione del danno nella gestione dell’evento. Distribuiamo acqua e succhi gratis da tutti i furgoni, ripuliamo ogni angolo della strade che attraversiamo, coinvolgiamo il progetto Extreme e il Lab 57 con i loro operatori e medici e portiamo 10000 persone in strada senza alcun problema o inconveniente!
Chi sono oggi i partecipanti
A Canapisa ci vengono tutti i tipi di persone…dai giovani, che hanno voglia di divertirsi, ai più politicizzati, che credono ad una necessaria depenalizzazione del consumo. Il consumo di sostanze è trasversale nella nostra società, riguarda tutti e tutte. E la repressione è l’unica risposta che il nostro Stato sa dare, portando le persone ad un isolamento, ad aver paura e a subire delle ingiustizie solo perchè ha uno stile di vita diverso da quello che ci vogliono imporre. Sul lavoro, in famiglia, nelle scuole e nelle strade ognuno vive quotidianamente le politiche proibizioniste sulla propria pelle ed il giorno di Canapisa è l’occasione buona per manifestare gioiosamente il proprio dissenso!
Come vedete gli scenari del consumo oggi in Italia?
Con la legge fini-giovanardi, che ha unificato tutte le tabelle e uguagliato tutte le sostanze, il consumo si è trasformato, in risposta ad un mercato nero che ha abbassato i prezzi della cocaina e dell’eroina, mentre ha aumentato quelli dell’hashish e della marjuana. Finchè le organizzazioni criminali gestiscono le sostanze avremo sempre elevati rischi e problematiche. Le migliori armi per difendersi da queste criticità collegate al consumo stanno nella conoscenza, nella socializzazione, nell’autoregolazione, nella consapevolezza degli effetti delle sostanze e in una “cultura dell’uso” che non demonizzi né criminalizzi le persone, ma le renda capaci di scegliere per sé, di essere autodeterminati nel gestire le sostanze di tutti i tipi ( quelle illegali, ma anche quelli legali come i farmaci)
Di cosa hanno bisogno i consumatori oggi in Italia?
In primo luogo una vera e propria depenalizzazione del consumo. Questo abbassarebbe il livello di terrore e favorirebbe un miglior accesso ad informazioni non tendenziose. In secondo luogo come dicevo sopra serve sviluppare una cultura dell’uso consapevole che vada oltre i pregiudizi morali, in quanto solo trattando l’argomento droghe in modo pragmatico possiamo gestire i rischi collegati al consumo. Questo vale soprattutto per I/ le ragazzi/e giovani che sperimentano il consumo sulla loro pelle mentre ricevono informazioni contrastanti dalle scuole e dalle famiglie, facendo quindi confusione. L’argomento droghe scotta…ma scotta di più l’ignoranza che il proibizionismo ha costruito in questi anni!
Di cosa hanno bisogno le politiche sulle droghe e sulle città oggi?
Le politiche sulle droghe hanno nell’immediato bisogno di incrementare in modo esponenziale le esperienze di servizi di riduzione del danno, nella società come nelle carceri. Solo così possiamo arginare i danni del proibizionismo. E ogni città dovrebbe pensare alle forme più adatte per mettere in pratica la riduzione del danno, fornendo mezzi, strutture, luoghi, dove le persone posssono incontrarsi, socializzare i propri bisogni e parlare con esperti che non sono lì per arrestarli ma per consigliarli e offrirgli una tazza di the’! Siamo noi antiproibizionisti a dar voce ai consumatori ed ai loro diritti… le istituzioni dovrebbero imparare ad ascoltare prima di tutto, prima di giudicare!
Fonte: Sostanze.info
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