Rieccoci in primavera fratelli, e riaffiora alla memoria quella strofa del mai troppo compianto Fabrizio De Andrè, che recitava “…tante le facce le ghigne, i musi, vagli a spiegare che è primavera, e poi lo sanno ma preferiscono vederla togliere a chi va in galera”.
Lo sapevate che in galera non tutti quelli che vogliono lavorare ci riescono? Mi spiego meglio: la domande per svolgere un’attività lavorativa superano di gran lunga l’offerta di lavoro e così vien data la priorità ai detenuti teoricamente più bisognosi, che son quasi sempre extracomunitari senza niente e nessuno. Tuttavia per effetto della turnazione, nell’arco di un anno, ogni detenuto che lo richieda riesce a lavorare per uno, due, o tre mesi, a seconda delle regole interne all’Istituto in cui è recluso. Fanno eccezione quei prigionieri che, essendo magari particolarmente specializzati in alcuni lavori come l’idraulico o il muratore, entrano nella squadra preposta alla manutenzione ordinaria, che si chiama MOF (acronimo di cui ignoro il significato) e possono così contare su uno stipendio fisso a tempo indeterminato (e fino all’eventuale fine della pena da scontare).
I lavori che i detenuti possono svolgere principalmente sono: lo scopino, il portavitto, lo scrivano e lo spesino. Lo scopino: è quello preposto alla pulizia del corridoio sul quale si affacciano le celle (normalmente 25 per lato) e delle docce comuni. Viene “aperto” il mattino ed a seconda del regolamento interno agli Istituti, gli è permesso di circolare nella sezione e per questo è anche colui che porta “le ambasciate” (i messaggi) da cella a cella. Il portavitto: ha il compito di servire colazione, pranzo e cena “al carrello” agli altri detenuti, che all’ora di pranzo son chiusi nelle celle. Il portavitto assolve anche alla funzione di “portapiatti”, passa ciò è da una cella all’altra, i piatti di pasta o le pietanze che i detenuti che cucinano in cella vogliono mandare ad altri prigionieri, per evitargli di mangiare la “sbobba” del carrello. Viene “aperto” appena prima che arrivi al piano “il carrello del mangiare” e richiuso alla fine del servizio. Lo scrivano: è una specie di “avvocato dei poveri” ed l’unico a cui, per svolgere questa mansione, viene richiesto un minimo di qualifica, che non è necessariamente sancita da un titolo di studio, ma potrebbe derivare dai “gradi guadagnati sul campo”; vi sono infatti detenuti che, ahi loro, per il numero di anni passati in carcere, conoscono la legge e l’ordinamento penitenziario, meglio di molti avvocati. Lo scrivano ha contatto con tutti i detenuti che richiedono di poterlo vedere e questo gli da la possibilità di mantenere i contatti tra tutti i prigionieri.
Normalmente si occupa della stesura di Istanze di ordinaria amministrazione, come la richiesta della liberazione anticipata, la nomina di un legale d’ufficio e cose di questo genere, ma a volte può prendersi soddisfazioni immense, aiutando detenuti senza le capacità di farlo, a rivendicare ed a volte veder riconosciuti i propri diritti. Lo spesino: poichè i detenuti che hanno qualche soldo possono comprare dall’ufficio soppravvitto alcuni generi alimentari, detersivi ed altre cose, vi è questa figura il cui compito è quello di raccogliere le richieste e passarle all’ufficio preposto, che poi provvederà ad acquistare all’esterno le cose che i detenuti richiedono; tutte queste cose acquistate vengono successivamente smistate per sezioni e consegnate ai rispettivi spesini di ognuna di esse, che provvedono poi con il carrello, a recapitarle ad ogni detenuto. Lo spesino deve anche tenere i conti dei soldi detratti dai libretti e questo lo fa somigliare un po’ ad un ragioniere, perchè in un modo o nell’altro, i conti in galera non tornano mai. Qualche volta, vi sono spesini particolarmente “intraprendenti” che riescono a fare “la cresta” su alcune cose, ma devono essere molto lesti, perchè fratelli, quando ti beccano a rubare (IN GALERA) son c…i! Alla prossima.
Jazzon
Pubblicato su Dolce Vita n°9 – Marzo/Aprile 2007