Fratelli, alla fine hanno approvato la legge sull’indulto e non si può certo dire sia passata in sordina. Gli sciacalli sono già in attesa dei primi riarresti per poter sputare veleno su un provvedimento sacrosanto che aveva chiesto persino il Papa, ma tant’è! Un ministro dello stesso governo che ha varato la legge grazie a cui qualche migliaio di disperati ha potuto lasciare anzitempo le patrie galere, ha manifestato in piazza come un moderno Pilato, per garantire ai propri elettori che non ha mai dismesso la toga di P.M. sulla quale ha costruito la propria sgrammaticata carriera. Pochi si son preoccupati di chiedersi cosa faranno coloro che dopo essere stati in galera si ritrovano per la strada, magari senza niente e nessuno.
È proprio quando si esce che ci si rende conto di ciò che ti hanno fatto gli anni trascorsi dietro le sbarre, in un universo che non ha punti di contatto con il mondo “di fuori”. Molti subiscono un processo di istituzionalizzazione dettato da quelle regole che si è stati obbligati a seguire per anni, ma che una volta all’esterno sono fuori luogo. Parecchi ricommettono reati stupidi che li riporteranno presto in carcere, perché è l’unica cosa che riescono ad immaginare. Ricevo in una lettera:”il sistema impone il carcere a chi reputa bisognoso di giusta e doverosa eliminazione sociale, non rieducazione, reinserimento o anche solo mezza possibilità e non tanto per la mancanza di strutture atte all’uomo… quanto per carenza cronica di disposizione mentale all’accollarsi l’onere ed il fastidio di provarci! Ergo: mascherandosi dietro ad una facciata legale, fanno in modo che da un errore sociale od eventualmente, da una serie di errori, si inneschi una perdita umana destinata a perpetuarsi indefinitamente nella quasi totalità dei casi.”
Non mi stancherò mai di ripetere che le radici del problema sono sociali e che senza un inversione di tendenza radi- cale che ci porti a considerare i reati una forma di ribellione, dalla quale ci si esime soltanto quando ci si rende conto che è ingiusta. Questo avviene soltanto quando si crede nel consorzio civile in cui si vive perché la società è in grado di rispondere alle nostre aspettative. Certo, non è facile buttarsi alle spalle sistemi nei quali siamo incancreniti da anni, forse perché comodi, ma potrebbe fare la differenza. Fratelli, con la forza non si è mai ottenuto nulla di veramente duraturo! La storia ci insegna che è con la convinzione e non con la persuasione coatta che si educano i popoli.
Togliere dalla circolazione chi non rispetta le regole e tenerlo in condizioni indegne non ne farà certo un cittadino migliore domani, per questo molti ricadranno nella trappola. Tuttavia la felicità di chi ha provato la prigionia, di fronte ad un provvedimento che quantomeno darà a molti la possibilità di rigiuocarsela, supera la vena polemica che spesso guida la mia penna. Se ne incontrate qualcuno trattatelo con delicatezza, perché probabilmente non ricorda più nemmeno che possa succedergli.
Jazzon
Pubblicato su Dolce Vita n°6 – Settembre/Ottobre 2006